L'Università Cattolica di Milano
nella storia delle istituzioni educative italiane
1. Dall'Università piemontese all'Università italiana
La prima legge organica di riforma degli Studi Superiori del Regno Sabaudo, emanata il 4 ottobre 1848 [1] dal ministro conte Carlo Boncompagni di Mombéllo (1804-1880), è caratterizzata da un indirizzo accentratore e laicistico che si concretizza nel controllo governativo delle scuole di ogni ordine e grado, statali e libere [2]: l'innovazione più evidente è costituita dal Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione [3], cui compete ogni proposta per l'ordinamento degli studi, i piani didattici delle diverse facoltà e l'approvazione dei programmi dei corsi nonché dei libri e dei trattati adottati. Nella stessa legge è eliminato il nihil obstat vescovile alla nomina dei professori [4], cancellato l'antico ruolo dei delegati vescovili per la collocazione dei gradi accademici e la firma del vescovo sui diplomi relativi [5].
La Boncompagni pone le premesse [6] e viene sostanzialmente confermata dal Regio Decreto del 13 novembre 1859 n. 3725, fatto approvare dal ministro conte Gabrio Casati (1798-1873) [7], che introduce la nomina regia anche per i docenti ordinari, straordinari e i membri delle commissioni che devono esaminarli [8]. A sua volta, pur tra numerosissimi provvedimenti integrativi ed emendativi, la legge Casati detterà l'orientamento dell'istruzione del Regno sino al 1923, influenzando anche quella successiva [9].
L'orientamento in tema di politica universitaria, sempre oscillante tra i modelli d'Università franco-napoleonica e tedesco-humboldtiana [10], con una generale predominanza di quest'ultima, è confermato alla proclamazione del Regno d'Italia (1861) dal ministro della Pubblica Istruzione, Carlo Matteucci (1811-1868), il quale mette in guardia dal "lanciarci in una via necessariamente oscura, come sarebbe quella di sciogliere lo Stato da ogni ingerenza nell'insegnamento superiore per abbandonarlo a mani meno esperte e meno interessate" [11].
2. Persecuzione amministrativa e libertà d'educazione
Pertanto, la creazione ex nihilo della nuova nazione rende necessario abbattere ogni ostacolo: alle violenze di piazza nei confronti degli oppositori politici del regime, seguono sanzioni amministrative verso l'opposizione culturale.
E' utile riportare qualche momento di questo aspetto della politica educativa dello Stato unitario, tanto ignoto quanto ricco di episodi significativi. Nel novembre del 1864, si ha la destituzione di tre professori cattolici dell'Università di Bologna, rifiutatisi di prestare il giuramento di fedeltà al re ed alle leggi dello Stato italiano; all'interpellanza originata dalla contestuale assoluzione di un professore repubblicano, il ministro della Pubblica Istruzione barone Giuseppe Natoli (1815-1867), che diverrà Gran Maestro Aggiunto del Grand'Oriente d'Italia [12], spiegherà che "nell'applicare detta legge si può essere benigni se chi la rifiuta è liberale, ma si deve essere inflessibili se, come nel caso di specie, il rifiuto è motivato dalla fedeltà al Pontefice" [13]. Il 14 ottobre 1868 un deputato cattolico intransigente, il barone Vito d'Ondes Reggio (1811-1885), presenta alla Camera un disegno di legge che reclama la piena libertà d'insegnamento e l'abolizione della laurea come titolo necessario per esercitare le professioni: il progetto, riproposto due volte anche nel 1870, viene respinto tra numerose interruzioni e proteste della Sinistra.
Il 10 maggio 1872, è la volta della soppressione delle Facoltà di teologia delle Università statali [14], un fatto che suscita viva impressione non solo tra le fila dei cattolici. Il 12 marzo 1876, viene chiusa l'Università "illegale" di Palazzo Altemps a Roma, costituita dai professori che avevano rifiutato un nuovo giuramento di fedeltà al re, richiesto il 26 settembre 1871 [15]. Il clima di crescente totalitarismo vede, n
el 1898, la soppressione di oltre 6.000 associazioni "sovversive" cattoliche da parte del ministro dell'interno marchese Antonio Di Rudinì (1839-1908). A queste ed altre discriminazioni di carattere legislativo, sono da aggiungere il continuo boicottaggio verso i docenti cattolici delle Università statali e le loro opere, contrapposto, tra l'altro, alle nomine di preti ribelli all'autorità ecclesiastica o apostati [16].
3. L'idea di un'Università cattolica
Non è possibile comprendere la maturazione dell'idea di un ateneo cattolico italiano se si prescinde dal totalitarismo culturale esercitato dello Stato unitario. A differenza delle Università medievali — originariamente nate come libere associazioni di studenti o docenti miranti alla ricerca della verità [17] —, la necessità di un'Università cattolica scaturisce, di fatto, dalla reazione a un processo di secolarizzazione forzata: e, in Italia, sono proprio gli esponenti del cosiddetto "intransigentismo" [18] a farsi promotori dell'iniziativa verso fasce d'opinione sempre più ampie e anche non cattoliche. E' questa necessità di assicurare la trasmissione di principi e conoscenze non più accettate dall'insegnamento statale che suscita, già dal primo Congresso cattolico (Venezia, 1874), gli interventi a favore di un'Università cattolica da parte di Giovanni Acquaderni (1838-1922) e Giambattista Casoni (1830-1919). Fino al XV Congresso cattolico (Milano, 1897) l'idea è quindi tenuta viva da Giuseppe Tovini (1841-1897) — beatificato nel 1998 da Giovanni Paolo II —, e, in tale occasione, formulata in modo più articolato da don Davide Albertario (1846-1902).
La realizzazione del progetto deve, tuttavia, attendere un radicale mutamento del clima politico, che avrà luogo solo dopo la Prima Guerra Mondiale (1914-1918), anche a seguito degli accordi di collaborazione elettorale tra cattolici e liberali, stipulati in vista della consultazione del 1913 [19] e miranti a minimizzare le possibilità di successo del fronte socialista.
L'iniziativa di dare attuazione all'ateneo cattolico era stata perseguita s
in dal 1907 da padre Agostino Gemelli O.F.M. (1878-1959), che si avvarrà di un ristretto gruppo di collaboratori fra i quali spicca la figura di Mons. Francesco Olgiati (1886-1962). Il Gemelli — già repubblicano, socialista, assistente alla cattedra di Medicina dell'Università statale di Pavia e divenuto francescano nel 1903 —, sarà Magnifico Rettore della Cattolica dal 1921 fino alla morte.
4. Il P.P.I. nella fondazione dell'Università Cattolica di Milano
Analogamente a quanto fatto nei confronti di altre iniziative del movimento cattolico, il Partito Popolare Italiano — fondato da don Luigi Sturzo (
1871-1959) il 18 gennaio 1919 — si innesta fin da subito anche sul moto di reazione suscitato dalla politica scolastica governativa. Per l'istruzione è l'On. Antonino Anile (1869-1943) [20] a guidare le scelte dei popolari in tema, sia all'interno del partito che come sottosegretario all'Istruzione durante il ministero retto da Benedetto Croce (1866-1952) — cui è legato da amicizia personale e d'idee — e Ministro (1922). Proprio nove giorni dopo la nomina al M.P.I. del Croce [21], si ha il primo riconoscimento giuridico dell'ente morale Istituto di Studi Superiori G. Toniolo (R.D. 24 giugno 1920), che fungerà da organo di controllo e di sostegno economico dell'Università. Al Toniolo, retto da un Comitato permanente i cui membri sono nominati per cooptazione, spetterà la designazione della maggioranza dei componenti del Consiglio di amministrazione del futuro ateneo.Così, l'Istituto Toniolo dà vita all'Università Cattolica, che viene riconosciuta come tale dalla Sede Apostolica il 25 dicembre del 1920 ed inaugurata il 7 dicembre 1921.
In merito all'avvenimento, il settimanale intransigente Fede e ragione, pur non escludendo che l’Università Cattolica possa assumere "forma e contenuto più cattolici", non manca di lamentare "la preponderanza del P.P.I. nel nuovo istituto" — di cui il discorso inaugurale tenuto dall’On. Anile e l'intervento di don Sturzo sono conferma —; il discorso di un altro deputato popolare sul patriottismo del mazziniano Goffredo Mameli (1827-1849); la "pessima relazione su Scienza e fede" tenuta dal padre barnabita Giovanni Semeria (1867-1931); il "troppo spazio dato nei programmi allo studio della sociologia e dell’economia politica a scapito della filosofia e l’assenza nei programmi della teologia e della storia" [22]. Non si deve tuttavia considerare padre Gemelli come un popolare: la sua posizione costantemente critica verso il carattere di aconfessionalità del partito, è confermata, tra l'altro, dalla pubblicazione assieme a mons. Olgiati, nel maggio del 1919, di un opuscolo dal titolo eloquente: Il Programma del P.P.I. che non è come dovrebbe essere.
5. Le caratteristiche dell'Università Cattolica di Milano
Le principali peculiarità del nuovo ateneo riguardano le finalità degli studi e l'accettazione di ordinamenti organizzativi e pedagogici statali.
La nuova finalità degli studi
— che muove dai contributi dei cardinali John Henry Newman (1801-1890) [23] e, ancor più, Désiré Mercier (1851-1926) [24] —, consisteva nel progetto neoscolastico di far fronte al diffondersi del positivismo e, più in generale del processo di secolarizzazione, con la costruzione di una nuova sintesi dei dati della fede con quelli della scienza e della ragione. Purtroppo, alcuni docenti della neonata Università non comprenderanno appieno tale prospettiva [25], come accadrà con Giuseppe Zamboni (1875-1950) cui nel 1931 è revocato il nihil obstat necessario all'insegnamento.Relativamente al secondo aspetto, occorre tenere conto della nuova
riforma dell'Università (R.D. del 30 settembre 1923) fatta dal ministro Giovanni Gentile (1875-1944). Tale decreto, pur essendo di natura più liberale dei precedenti [26] perché prevede l'esistenza di università libere, vincola tuttavia il riconoscimento giuridico — e, pertanto, il valore legale dei titoli di studio — all'adeguamento degli ordinamenti al disposto della stessa legge di Stato [27]. Pur nella totale assenza di contributi economici statali [28], la scelta che porta al riconoscimento giuridico all'Università Cattolica del Sacro Cuore (R.D. del 2 ottobre 1924) preferisce una libertà limitata e compensata dal pieno valore legale dei titoli di studio, alla totale libertà senza riconoscimenti statali [29]. Nonostante questa limitazione, la Cattolica diviene uno dei più importanti centri di diffusione del neotomismo in ogni disciplina insegnata.Con l'introduzione del nihil obstat alle nomine dei professori — introdotto con l'articolo 38 del Concordato dell'11 febbraio 1929 tra lo Stato italiano e la Santa Sede — si consolida la relativa libertà dell'ateneo, che verrà tuttavia riproposta in sede di Assemblea Costituente (1946-1947).
6. L'Università Cattolica dal Secondo Dopoguerra ad oggi
A fianco della rinascita neotomista, il clima prodotto dalla Conciliazione e del conseguente temporaneo minor controllo statale [30] favorisce, già all'inizio della Seconda Guerra Mondiale (1938-1945), la costituzione nell'ateneo di un gruppo di docenti che costituirà la componente intellettuale del futuro partito della Democrazia Cristiana [31], mentre la stessa Sede di Piazza Sant'Ambrogio diverrà un centro clandestino della Resistenza [32]. Nel Dopoguerra, il gruppo catto-progressista di Cronache sociali, sarà costituito per buona parte dai cosiddetti "professorini della Cattolica", quali Giuseppe Lazzati (1909-1986), Giuseppe Dossetti (1913-1996), Giorgio La Pira (1904-1977) e Amintore Fanfani (1908).
La successiva legislazione universitaria repubblicana non conosce provvedimenti legislativi di grande portata [33], tanto che il cambiamento maggiore nella vita accademica è provocato da una legge di liberalizzazione delle iscrizioni da parte dei diplomati degli Istituti tecnici (L. 21 luglio 1961 n. 685), che porta gli iscritti della Cattolica dai 6.800 del 1944 ai 21.000 del 1968. La secolarizzazione, l'aumento geometrico degli iscritti ed il conseguente reclutamento di docenti meno selezionati, fa sì che l'ateneo divenga già dal 1967 uno dei maggiori centri di aggregazione e di espressione della contestazione studentesca: è la totale eterogenesi dei fini, che si manifesterà nell'abbandono del sempre decisivo sostegno economico da parte del mondo cattolico [34] e abbisognerà di un comitato di vescovi designati dalla Conferenza Episcopale Italiana.
Nell'attuale temperie di riforme "autonomistiche" operate dal Governo dell'Ulivo (1994), è auspicabile che l'Università Cattolica sappia trovare nuovi modi per raggiungere quanto si proponeva il suo fondatore, p. Gemelli: "Perché questo è il nostro scopo: lavorare per la Chiesa cattolica […]. Lavorare per il nostro paese, per ridonarlo a Gesù Cristo" [35].
David Botti
Per approfondire
: sulle origini dell'Università Cattolica, Francesco Olgiati, L’università cattolica del Sacro Cuore, vol. I, Vita e Pensiero, Milano 1955; sul ruolo del P.P.I. nei confronti del movimento cattolico, Marco Invernizzi, Il movimento cattolico in Italia dalla fondazione dell’Opera dei Congressi all’inizio della seconda guerra mondiale (1874-1939), 2a ed. riveduta, Mimep-Docete, Pessano (Milano) 1995; sullo sviluppo dell'Università Cattolica, Nicola Raponi, voce Università Cattolica, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, vol. I/1, I fatti e le idee, Marietti, Torino 1981.
NOTE
1) Legge 4 ottobre 1848, Titolo II (artt. 7-16).
2) Simonetta Polenghi, La politica universitaria italiana nell’età della destra storica. 1848-1876, La Scuola, Brescia 1993, p. 16.
3) Così si esprime Antonio Santoni Rugiu in Chiarissimi e magnifici. Il professore nell’università italiana (dal 1700 al 2000) (La Nuova Italia, Scandicci 1991), mentre, in realtà si dovrebbe più propriamente parlare della conferma della Regia Patente n. 652 del 30 novembre 1847, istitutiva del CSPI e della Regia Segreteria di Stato per l'istruzione pubblica.
4) Il Nihil obstat era stato già soppresso in epoca napoleonica e fu reintrodotto da un regolamento del 1822.
5) Antonio Santoni Rugiu, op. cit., p. 45. "L'ordinamento era imperniato sul più fermo accentramento ministeriale, ma […] più che nascere da intento monopolistico, aveva un significato antiecclesiastico, come Boncompagni chiariva nella sua relazione", Polenghi, op. cit. p. 20.
6) Cfr. Giovanni Genovesi, Storia della scuola in Italia dal Settecento ad oggi, Laterza, Bari 1998, p. 63.
7) Parte del Titolo II, relativo all'istruzione superiore è trascritto in Giorgio Canestri / Giuseppe Ricuperati, La scuola in Italia dalla legge Casati a oggi, Loescher, Torino 1976, p. 34.
8) Polenghi, op. cit., p. 58-59; ibid. "l'autorità suprema era il ministro, il quale "governava" l'insegnamento pubblico e "sopravegliava" quello privato, secondo una terminologia desunta dalla legge Lanza".
9) Questo giudizio è abbastanza condiviso. Cfr., ad es., Giunio Luzzatto, L'Università, in La scuola italiana dall'Unità ai nostri giorni, a cura di Giacomo Cives, La Nuova Italia, Firenze 1993, III rist.: "Anche nei dibattiti più recenti si è spesso affermato che la riforma del 1923 è il portato non del fascismo appena nato, ma del liberalismo appena morto" (p. 170).
10) L'annosa questione del modello ispiratore dell'Università italiana ha di recente trovato unità di giudizio con l'identificare, pur nei diversi e alterni momenti di predominio delle preferenze di quanti hanno definito le politiche universitarie italiane, nel modello messo in atto nel 1809 da Wilhelm von Humboldt (1767-1835) all'Università di Berlino. Il problema è tutt'altro che peregrino perché, a seguito dell'avvicendarsi di successive fasi del processo di secolarizzazione, anche il mondo della "migliore destra" ha finito con l'identificare le caratteristiche del modello tedesco con quello medievale (sul tema, dal punto di vista contro-rivoluzionario, cfr. soprattutto Vladimiro Lamsdorff Galagane, L’organizzazione dell’università, in Verbo, n. 87-88, agosto-settembre-ottobre 1970, ora tradotto in http://users.iol.it/ac.mi/). In effetti, il modello tedesco, preparato dall'idealismo filosofico e dal neoumanesimo romantico del XVIII secolo, vede la contrapposizione di una Bildungsbürgertum e Wirtschaftsbürgertum (borghesia degli studi ed economica) al modello napoleonico statal-borghese. Tuttavia, tale contrapposizione è ben lungi dal rimandare all'idea di Università medievale. Sul tema, oltre a tutte le opere in argomento citate nel presente lavoretto, il decisivo AA.VV., L’Università tra Otto e Nocevento: i modelli europei e il caso italiano, a cura di Ilaria Porciani, Jovene Editore, Napoli 1994. Per quanto concerne, invece, l'aspetto teoretico-pedagogico del modello humboldtiano, si veda M. Ivaldo, La teoria dell'Università in Humboldt, in AA.VV., L’Unità del sapere. La questione universitaria nella filosofia del XIX sec., Città Nuova, Roma 1977, arricchito da testi antologici.
11) Carlo Matteucci, Raccomandazione e proposte, riportati in Canestri / Ricuperati, op. cit., p. 53-54. Cfr. pure Gaetano Bonetta, Storia della scuola e delle istituzioni educative, Giunti, Firenze 1997, capitolo settimo L'Università, p. 349. Il ministero giacobino di Matteucci partorirà solo la "leggina", "apparentemente innocua ma in realtà dirompente" (cfr. Santoni Rugiu, op. cit., p. 68-69) che attraverso la determinazione statale delle tasse studentesche andava a ripercuotersi in senso statalistico e regolamentativo sulla retribuzione e, pertanto, sulle residue libertà dei liberi docenti e, in genere, dei professori. Il ministero Matteucci, tra l'altro, può essere considerato come ispiratore delle modalità operative del governo dell'Ulivo e del ministro On. Luigi Berlinguer: "questa legge confermò e rafforzò un presupposto già presente nella legge Casati: quello di lasciare al ministro la possibilità di definire programmi e curricula con un semplice regolamento, elaborato all'interno del Gabinetto, senza il controllo di commissioni parlamentari e di discussioni in aula" (I. Porciani, Lo Stato e la questione dell'Università, in L'Università tra Otto e Novecento…, op. cit., p. 139).
12) Aldo A. Mola, Storia della Massoneria italiana dalle origini ai nostri giorni, Bompiani Milano, 1992, p. 115. Sull'influenza della massoneria, dalle posizioni altalenanti ma sempre determinanti, nelle politiche scolastiche italiane cfr. Tina Tomasi, Massoneria e scuola dall’unità ai nostri giorni, Vallecchi, Firenze 1980.
13) Polenghi, op. cit., p. 290. Interpellanza presentata da Vito d'Ondes Reggio e Cesare Cantù. Nel suo intervento in Parlamento Cesare Cantù parlerà di 35 professori destituiti, comprendendovi anche professori emeriti, assistenti o docenti dal titolo puramente onorifico che avevano ricevuto dal Papa.
14) Già progetto di Legge del 17 dicembre 1971 del senatore Cesare Correnti (1815-1888), ministro della pubblica istruzione nel 1866. Ho mantenuto la data riportata da Mons. Francesco Olgiati (L’università cattolica del Sacro Cuore, vol. I, Vita e Pensiero, Milano 1955) e dall'Enciclopedia Cattolica pongono, anche se è la data dell'approvazione al Senato, mentre fu discusso alla Camera nell'aprile e divenne legge il 26 gennaio 1873 (Polenghi, op. cit., p. 372).
15) Decreto del ministro Ruggero Bonghi (1826-1895); cfr. Polenghi, op. cit., p. 373 e p. 463.
16) In quest'ultima categoria hanno particolare rilievo l'hegeliano Bertrando Spaventa (1817-1883), il positivista Roberto Ardigò (1828-1920) — che riuscirà a realizzare i suoi ideali al secondo tentativo di suicidio — e Cristoforo Bonavino (1821-1895) che prese il nome di Ausonio Franchi (i.e. "italiano libero") per non conservare neppure il ricordo del suo passato sacerdotale e che tornerà alla fede cattolica poco prima della morte.
17) Sulla natura e caratteristiche delle Università medievali, cfr. gli splendidi Le università nel medioevo (Jacques Verger, Il Mulino, Bologna 1996) e Le origini dell'Università (a cura di Girolamo Arnaldi, Il Mulino, Bologna 1974). In sintesi, Verger, distingue tra (A) università spontanee "nate dallo sviluppo spontaneo di scuole preesistenti"; (B) università nate per migrazione "nate da secessioni di maestri o studenti allontanatasi per vari motivi da università più antiche" (C) università di fondazione "interamente fondate dal Papa o dal sovrano". A nessuna di queste categorie è assimilabile l'origine Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, nonostante il costante, ma successivo, appoggio della Sede Apostolica.
18) Gli storici di matrice modernista (cfr. Pietro Zerbi, Per una storia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, in AA.VV., Per una storia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Vita e pensiero, Milano 1997, pp. 39-71) oscillano continuamente tra l'attribuzione della paternità dell'idea agli intransigenti ed il ruolo delle frange liberali e moderniste: sul tema ritornerò nel corso della trattazione. Tipico è l'esempio di Nicola Raponi, che nel Dizionario storico del movimento cattolico in Italia (voce Università Cattolica, vol. I/1, I fatti e le idee, Marietti, Torino 1981, pp. 264-272) propende nettamente per questa tesi, mentre nella Enciclopedia Pedagogica (voce Università Cattolica del Sacro Cuore, in Enciclopedia Pedagogica diretta da Mauro Laeng, vol. VI, Brescia 1994, pp. 12129-12139) ridimensiona fortemente il contributo intransigente. In ogni caso, resta come monito il lapidario giudizio della Enciclopedia Cattolica (Pio Paschini, voce Università Cattolica del Sacro Cuore, in vol. XII, Ente per l’Enciclopedia Cattolica e per il libro cattolico, Città del Vaticano 1954, pp. 865-867): "Il vero significato storico dell'istituzione sta nell'aver realizzato l'ideale della libertà della scuola anche nel campo dell'alta cultura".
19) La tesi del cambiamento politico provocato dalla UECI del conte Gentiloni è esplicitamente proposta da Giuseppe Tognon, Benedetto Croce alla Minerva. La politica scolastica italiana tra Caporetto e la marcia su Roma, La Scuola, Brescia 1990, p. 247.
20) Sull'importanza del pensiero e dell'azione dell'On. Anile nella politica scolastica dei popolari verso il mondo cattolico, cfr. Giuseppe Tognon, op. cit., p. 255 e succ. Il caso Anile (professore di anatomia all'Università di Napoli, eletto nelle liste del PPI a Catanzaro nel 1919) è esemplare dell'intreccio esistente tra tattica e grande politica, nonché della separazione che spesso si crea tra sedi di governo e sedi di salvaguardia ed elaborazione dei principi: Ernesto Codignola sosteneva che egli "aveva accettato pienamente il loro programma" (Ernesto Codignola in 50 anni di battaglie educative; Dal carteggio con Ernesto Codignola, p. 615, cit. in Tognon), avendo firmato quasi tutti i documenti pedagogici idealisti; è certo che in casa cattolica si adoperò affinchè la stampa di partito presentasse sempre, anche quando Gentile divenne ministro, in maniera pacata e corretta le tesi attualiste. Sostenne a spada tratta la riforma Gentile, fu ministro dell'Istruzione nei due governi Facta (1922), nel 1925 aderì al manifesto antifascista di Croce, non condivise l'Aventino dei Popolari e, così, rientrò alla Camera. Di giudizio opposto è F. Olgiati, del cui libro, tuttavia, lo Zerbi afferma, con probabile verità, che "non è un libro di storia, anche se contiene alcuni elementi […] storicamente validi. La partecipazione, che si rileva ad ogni pagina, è quella di chi sta ancora combattendo una battaglia, è quella dell'apologeta e del polemista […]. L'Olgiati è ancora, mentre scrive, il campione dell'intransigentismo; e non riesce pertanto a rendere piena giustizia nemmeno all'altro schieramento dello stesso mondo cattolico italiano, detto volta a volta dei "cattolici liberali" o "transigenti" o "conciliatoristi"; né a mettere nel dovuto rilievo la parte che il Croce e il Gentile ebbero nella fondazione dell'Università" (op. cit., p. 44). L'Enciclopedia cattolica, nella voce relativa ad Anile sembra tacere.
21) cfr. Giuseppe Tognon: "A mano a mano che si aprivano all'azione dei popolari prospettive di crescita e di successo, aumentava anche la pressione congiunta e combinata […] di coloro che, impegnati in progetti esterni ed autonomi, come padre Gemelli alle prese con la costruzione dell'Università cattolica, spingevano perché in Parlamento si ottenesse al più presto il massimo di garanzie giuridiche e di riconoscimenti formali", op. cit., p. 261.
22) Catholicus, L’Università Cattolica di Milano, in Fede e ragione del 15 gennaio 1922, cui segue un acutissimo articolo dell’Avv. Venier sul valore legale dei titoli di studio, che implicitamente confuta la posizione in tema del PPI e dello stesso p. Gemelli. Il deputato PPI che parla di Mameli è l'On. Egilberto Martire, che diverrà esponente di spicco del clerico-fascismo.
23) Primo rettore dell'Università di Dublino, fu costretto alle dimissioni per contrasti con la gerarchia ecclesiastica irlandese. Nel corso della sua vita, la sua idea di Università (cfr. Opere: Apologia, Sermoni universitari, L'idea di università di John Henry Newman, a cura di A. Bosi, UTET, Torino 1988) ha sviluppato la concezione di una cultura pienamente umanistica e relativamente indipendente nei confronti della fede, probabilmente all'origine di qualche confusione sull'autonomia delle scienze umane. A questo proposito, cfr. Giovanni Paolo II, Enciclica Fides et ratio: "Con il sorgere delle prime università, la teologia veniva a confrontarsi più direttamente con altre forme della ricerca e del sapere scientifico. Sant'Alberto Magno e san Tommaso, pur mantenendo un legame organico tra la teologia e la filosofia, furono i primi a riconoscere la necessaria autonomia di cui la filosofia e le scienze avevano bisogno, per applicarsi efficacemente ai rispettivi campi di ricerca. A partire dal tardo Medio Evo, tuttavia, la legittima distinzione tra i due saperi si trasformò progressivamente in una nefasta separazione" (n. 45).
24) Il card. Mercier, fondatore dell'Istituto di Filosofia (Università cattolica) di Lovanio, fu interprete autentico dello spirito dell'Enciclica Aeterni patris (1879) di Leone XIII. Anch'egli auspicava la formazione di "uomini che si dedichino alla scienza per se stessa", ma la concepiva sistematicamente ancorata al tomismo teologico e, in effetti, la sua opera fu di grande aiuto alla rinascita della neo-scolastica. P. Gemelli dichiarò di aver subito l'influenza di mons. Mercier, conosciuto nel 1907, tra l'altro, nella fondazione della Rivista di filosofia neoscolastica (1909).
25) Lo Zerbi (op. cit.) aggiunge serenamente a questa categoria padre Emilio Ciocchetti O.F.M. (1867-1931) e Gustavo Bontadini (n. 1903).
26) Gentile ripetè di "non aver nulla inventato" con quella riforma, che era piuttosto da intendersi come una restaurazione dei sani criteri liberal-moderati che avevano a suo tempo ispirato Casati e, in particolare per l'Università, di essersi ispirato alle proposte della commissione reale dl 1910 e alla relazione finale di Luigi Ceci del 1914 (Cfr. Santoni Rugiu, op. cit., p. 157-158).
27) Lo Zerbi (op. cit., p. 60-61) ritiene che il controllo dello Stato riguardasse più l'aspetto amministrativo che l'autonomia didattica, anche se riconosce che quest'ultima sarà "presto però compressa"; rimanda, inoltre, al regolamento generale universitario (emanato col R.D. del 6 aprile 1924) per la nomina dei professori e segnala difficoltà verificatesi in occasione del concorso — concluso il 22 gennaio 1925 — per la cattedra di storia moderna e per riuscire ad allontanare il prof. Luigi Russo dalla cattedra di Lingua e letteratura italiana, prescelto dalla commissione ministeriale statale.
28) Il tema della natura e consistenza degli attuali finanziamenti statali è controverso: l'assenza ai tempi della Costituente è affermata dal Raponi in Enciclopedia pedagogica (op. cit., p. 12137); lo Zerbi (op. cit., p. 69) li ritiene "inadeguati" alla situazione attuale; un recente articolo di Repubblica del 21 Novembre 1998 (Marco Politi, Tutti i soldi della chiesa) sostiene che "Circa 140 miliardi vanno poi conteggiati per le università e gli istituti superiori non statali (che possono essere laici come la Bocconi o confessionali come la Cattolica)".
29) Il gruppo dei fondatori si trovò sostanzialmente di fronte a due modelli di Università cattolica: quello di Lovanio - realizzato in un contesto di libertà e pluralismo istituzionale educativo- riconosciuto dallo Stato belga, e quello francese - in una realtà totalitaria e laicistica assai più simile a quella italiana -, di totale separazione dallo Stato. Mancano elementi per dire se corrisponda a verità l'attribuzione all'Olgiati della decisione.
30) Cfr. Marco Invernizzi, Il movimento cattolico in Italia dalla fondazione dell’Opera dei Congressi all’inizio della seconda guerra mondiale (1874-1939), 2a ed. riveduta, Mimep-Docete, Pessano-Milano 1995, pp. 109-128; Giorgio Candeloro, Il movimento cattolico in Italia, Editori Riuniti, Roma 1982: "Vi fu insomma negli anni della guerra negli ambienti cattolici […], un lavorio di orientamento ed una ripresa abbastanza intensa di contatti tra elementi antifascisti di vecchia e nuova formazione. I cattolici si trovavano anzi avvantaggiati rispetto ad altri gruppi per il fatto che essi avevano conservato un'organizzazione propria" (Il movimento cattolico in Italia, Editori Riuniti, Roma 1982, IV ed. p. 526); Tina Tomasi "La pedagogia cattolica ha poi il vantaggio di essere stata stretta non al silenzio ma solo ad una certa cautela durante la dittatura" (La scuola italiana dalla dittatura alla repubblica. 1943-1948, Editori Riuniti, Roma 1976, p. 144).
31) E' il cosiddetto gruppo di "casa Padovani", da cui prenderà corpo il gruppo di Cronache sociali.
32) Da segnalare, in particolare, l'opera del prof. Ezio Franceschini, che sarà Magnifico Rettore negli anni della contestazione del Sessantotto (cfr. E. Franceschini, L'Università Cattolica del Sacro Cuore nella lotta per la liberazione, Vita e Pensiero, Milano 1946). Utile anche la ricostruzione fatta da Pietro Zerbi Il beato cardinale Ildefonso Schuster e l'Università Cattolica, in Vita e pensiero, marzo 1996.
33) Cfr. Giunio Luzzatto, L'Università, in La scuola italiana dall'Unità ai nostri giorni, op. cit.; Idem, I problemi universitari nelle prime otto legislature repubblicane, in La scuola italiana dal 1945 al 1983, a cura di Mario Gattullo e Aldo Visalberghi, La Nuova Italia, Firenze 1986.
34) Il contributo economico del mondo cattolico era iniziato nel 1923 , ed proseguì con l'istituzione da parte di Pio XI - il 24 marzo 1924 -, della annuale "Giornata universitaria".
35) Agostino Gemelli O.F.M., Medioevalismo, in Vita e pensiero, rassegna italiana di cultura, n. 1 del 1 dicembre 1914, riportato in F. Olgiati, op. cit., p. 412.