Cronistoria di una pratica medica

I medici di famiglia hanno iniziato nell'estate del 1994 a trattare pazienti con problemi di tossicodipendenza da oppiacei, somministrando loro la terapia sostitutiva con metadone, nell'ambito di programmi terapeutici concordati in ambulatorio.

Questa pratica è stata resa possibile perché il Referendum Popolare dell'aprile 1993 ha abrogato alcune parti del "Testo Unico in materia degli stupefacenti e sostanze psicotrope", legge che dal 1990 ordinava tutta la materia riguardante la tossicodipendenza.

Più precisamente ha abrogato alcuni commi o parti di commi dei seguenti articoli che qui riteniamo di elencare:

Art 2 comma 1, lettera e), punto 4 (limiti e modalità d'impiego dei farmaci sostitutivi)

Art 72 comma 1 e 2 (attività illecite)

Art 73 comma 1 (produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti)

Art 75 comma 1, 12 e 13 (provvedimenti dell'autorità giudiziaria, sanzioni per l'inosservanza)

Art 76 (provvedimenti dell'autorità giudiziaria, sanzioni per l'inosservanza)

Art 78 comma 1, lettera b e c (quantificazione della sostanza)

Art 80 comma 5 (aggravanti specifiche)

Art 120 comma 5 (terapia volontaria ed anonimato)

Art 121 comma 1 (segnalazioni al servizio pubblico per le tossicodipendenze)

Vista la complessità e la delicatezza dell'argomento, solo dopo qualche mese il Ministero della Sanità, sollecitato da numerose richieste in merito, dava indicazioni con la circolare 1100/1993 per l'interpretazione delle restanti norme riguardanti la materia della tossicodipendenza.

Il ruolo del Medico di Base rispetto al percorso clinico-assistenziale del tossicodipendente cambia radicalmente.

Prima del Referendum il medico di famiglia veniva citato quasi esclusivamente riguardo all'obbligo di segnalazione del tossicodipendente suo assistito, al Servizio Pubblico che se ne faceva carico completamente (sia dal punto di vista medico che assistenziale).

Dopo il Referendum il Medico di Base acquista un ruolo di rilevante importanza sociale, gli viene data cioè la possibilità di prescrivere farmaci sostitutivi degli oppiacei, limitatamente al Metadone Sciroppo, e non ha più obblighi di segnalazione, ma gli viene solamente consigliata una collaborazione con il Servizio Pubblico.

Gli viene quindi garantita l'autonomia operativa atta a rivalutare il rapporto medico-paziente, fondamentale per la riuscita di ogni trattamento.

Il tossicodipendente, altresì, ritorna ad essere un paziente, spesso un malato cronico, da curare anche nell'ambulatorio del medico di famiglia.

Il rapporto è più di fiducia che non di controllo.

La circolare dava inoltre indicazioni generali riguardanti la distribuzione e la modalità di prescrizione del farmaco sostitutivo.

Nonostante questa ed altre circolari della Federazione Nazionale dell'Ordine dei Farmacisti, le farmacie ed i depositi continuavano ad essere sprovvisti del metadone.

Nel luglio 1994, grazie alla sensibilità di alcune forze politiche, si riuscì a fare breccia nell'opinione pubblica, facendo pubblicare una serie di articoli che mettevano in evidenza l'emergenza della situazione. Vennero tenute conferenze ed interventi sulle televisioni locali sia dai medici sia dalle menzionate forze politiche.

Finalmente nel luglio 1994 si riuscì ad iniziare la terapia sostitutiva.

All'inizio ci fu una certa diffidenza da parte dei farmacisti, ma il numero sempre crescente delle ricettazioni e la correttezza dei pazienti ha sortito però un effetto positivo. Oggi la presenza del tossicodipendente in farmacia non crea quasi più alcun imbarazzo né problemi.

In quel periodo si è costituito, su nostra iniziativa, il Coordinamento Medici di Base per l'Assistenza Territoriale alle tossicodipendenze, affiliato alla Società Italiana Tossicodipendenze (COMBATT -SITD) che ha permesso la riunione periodica dei "medici pionieri" in questa pratica, finalizzata alla discussione dei risultati ed alla progettazione di una prassi comune.

Su sollecitazione del COMBATT, seguirono delle circolari sia da parte della Direzione Regionale della Sanità, sia da parte del Sert, volte a rilevare l'importanza ed anzi l'obbligatorietà per i farmacisti di tenere sempre il farmaco, in dose almeno sufficiente a coprire due giorni di terapia, in quanto considerato "salvavita" ed incluso tra i farmaci di classe "A".

Per la prescrizione, ci siamo attenuti alle disposizioni dell'articolo 43 (CTU 309/90), utilizzando i ricettari per stupefacenti, timbrati dall'Ordine dei Medici, prescrivendo la quantità di farmaco non superiore a quello sufficiente per otto giorni di terapia.

La modalità di somministrazione secondo l'articolo 42 (che prevede la possibilità per il medico di prelevare direttamente il metadone in farmacia, con richiesta in triplice copia, di conservarlo egli stesso e di tenere un registro carico-scarico vidimato dall'Autorità Sanitaria Locale) non è stata presa in considerazione da parte di nessun medico, in quanto considerata meno agevole, più complessa e rischiosa (tenere il metadone in ambulatorio aumenta il rischio di scasso).

Nello stesso periodo il Coordinamento era partecipe dell'attività dell'Agenzia Comunale per le tossicodipendenze ed ha continuato ad incontrarsi con il Servizio Pubblico, per allineare il lavoro dei Medici Generali con le attività di tutti gli operatori, volte al progetto di riduzione del danno. Pur differenziandosi negli intenti.

Il 30 settembre 1994 il Ministero della Sanità, con la circolare n°20, pubblicata sulla G.U. n°241 del 14/10/94, prevede delle Linee Guida per il trattamento della dipendenza da oppiacei con farmaci sostitutivi.

Il documento mette in evidenza l'importanza del trattamento con farmaco sostitutivo, soprattutto dei pazienti che presentano una radicata dipendenza e che non sono motivati all'astensione permanente dall'eroina. Tale importanza è accentuata dal fatto che, in questo modo, si potrebbero ottenere sia una riduzione dell'incidenza delle malattie infettive virali (epatiti, HIV), sia una riduzione dell'incidenza di mortalità per overdose sia una diminuzione delle attività criminali collegate alla condizione di tossicodipendenza (in effetti rubare, spacciare o prostituirsi spesso diventano le uniche vie per il reperimento del denaro necessario all'acquisto di eroina).

In questo senso il parere ministeriale veniva a coincidere con quelle che erano le nostre indicazioni, anche se, nella medesima circolare, alcuni criteri per l'affidamento del farmaco ci sembravano troppo restrittivi ed in contraddizione con le norme di Legge.

Infatti la circolare prevede la consegna del farmaco ad un famigliare ben identificato, stretto congiunto del paziente che, attendibilmente, garantisca sull'uso appropriato del farmaco.

Inoltre questa modalità di affidamento è praticabile solo per due giorni e solo nei casi di lunga permanenza in trattamento, accertata cessazione dell'uso di eroina e di altre droghe, miglioramento clinico, recupero lavorativo, impossibilità per il paziente di lasciare il proprio domicilio per documentati e comprovati motivi.

Di fronte a questa contraddizione normativa, forti di poter fare comunque riferimento preferenziale alle disposizioni di Legge, si è cercato di mediare tra la forma più restrittiva e quella meno restrittiva, tenendo ben presente il fine della nostra pratica.

A nostro avviso, infatti, la riacquisizione di una dignità da parte del paziente tossicodipendente coincideva anche con la sua progressiva responsabilizzazione e il riconoscimento del suo diritto alla gestione autonoma del farmaco. Venivano, in ogni caso, tenuti presenti parametri come l'anzianità del paziente in programma, l'assenza di sintomi fisici o psicologici di astinenza, l'esistenza e la gravità di patologie concomitanti, l'assenza di problemi comportamentali, l'adeguatezza del contesto in cui vive, il potenziale riabilitante di questa scelta terapeutica per ogni singolo paziente.

Il principio che informava ed informa le nostre decisioni sull'affidamento domiciliare è quello di garantire al paziente la terapia in un regime di libertà e di autonomia personale proporzionale alla sua compliance.

In questo senso, appunto, il percorso riabilitativo può passare attraverso una "riconquista relazionale" che riesca progressivamente a staccare il soggetto dall'abitudine e dalla dipendenza, ma che lo rimetta nel frattempo, a confronto con la responsabilità e l'autonomia che aveva perduto, che gli era stata tolta o che non aveva mai conquistato.

Ciò avviene nello scambio psicoterapeutico con l'operatore, ma anche e soprattutto con l'ausilio di una risocializzazione "forte" mediata dalle strutture e dalla professionalità della rete territoriale. Si capisce quindi l'importanza che il rapporto tra strutture territoriali, medico di medicina generale e servizio pubblico può avere anche nel senso di alleggerire quest'ultimo di parte del lavoro che altrimenti sarebbe tutto a suo carico, a danno, a volte, della "qualità" degli interventi.

Non tutti i tossicodipendenti sono disoccupati, frutto dell'emarginazione sociale, della povertà o della criminalità, ma molti, comunque, possono diventarlo progressivamente nel loro percorso quasi obbligato.

Il problema della riabilitazione sociale è molto importante ed in questo senso viene portato avanti un tentativo di lavoro che, come per i pazienti psichiatrici, cerca di limitare al massimo la logica della reclusione e combattere il pregiudizio.

Dopo la pubblicazione della circolare i medici del coordinamento hanno organizzato, con l'aiuto economico dell'Agenzia Comunale per la Tossicodipendenza e della Società Italiana di Medicina Generale, un corso di aggiornamento per medici su questo tema.

Altri corsi sono stati organizzati in collaborazione con la SITD ed alcuni medici hanno partecipato al corso "Master" organizzato dalla Società Europea per la Medicina Generale (SEMG), in modo da poter a loro volta organizzare corsi di formazione locali. Più di 50 medici di famiglia prescrivono ora, ambulatorilamente, farmaco sostitutivo.

Ancora, in collaborazione con l'Azienda Sanitaria ed il Servizio Pubblico si sono aperti degli ambulatori distrettuali dove operano cinque medici di medicina generale ed un infermiere professionale, nei giorni feriali, per un massimo di quindici pazienti ciascuno. Attualmente sono attivi quattro ambulatori distrettuali.

L'idea portante della presa in carico, da parte del medico di famiglia, di un paziente tossicodipendente è quella di riconoscere a tale tipo di paziente il diritto alla salute ed il diritto di poter scegliere, essendo un "malato", a chi formulare la richiesta di aiuto.

Il tossicodipendente potrebbe attribuire al Sert una valenza negativa, percependolo come un "grosso contenitore" in cui riceve una sorta di "omologazione" da parte degli operatori o come "luogo a rischio" per il contatto con altri "tossici" e per l'ulteriore perdita d'identità.

La possibilità di scegliere la cura presso il servizio pubblico, il medico di medicina generale o l'ambulatorio distrettuale, rafforza il concetto di dignità della persona e restituisce la persona al territorio stesso.

Infine, un ulteriore obiettivo raggiunto è stato quello di ottenere la remunerazione economica per i medici di medicina generale a titolo di incentivo come previsto dalla convenzione.

Visti i risultati acquisiti si è deciso di porre fine al COMBATT e di costituire un "gruppo monotematico sovraregionale" in questo ambito (medici di medicina generale e tossicodipendenze), all'interno della Società Italiana Tossicodipendenze, al fine dell'implementazione nazionale dell'esperienza e di una più organizzata supervisione scientifica.

Per informazioni:

dott. Andrea Michelazzi

via S. Lazzaro, 19 - Trieste Tel. 040/7600419

Cell. 0347/2778247

dott. Franco Vecchiet

via S. Francesco, 18 - Trieste Tel. 040/635730

dott.ssa Tiziana Cimolino

via Zenatti, 5/5 - Trieste Tel. 040/813327

FAX 040/308929

e.mail:

combatt-sitd@trieste.com

Trieste 2/12/98