L’impatto antropico sugli ambienti fluviali pugliesi:

Ofanto, il fiume da salvare!

L’idrografia superficiale pugliese, a causa della natura carsica della regione, è caratterizzata prevalentemente da corsi d’acqua a regime torrentizio, ridotti al minimo o assenti durante l’estate (Fortore, Cervaro, Carapelle, ecc.). L’unico corso d’acqua perenne è l'Ofanto.

L’Ofanto, costituisce un’importante riserva idrica e quindi una considerevole risorsa economica per l’agricoltura pugliese.

Il fiume nasce nell’altopiano irpino, a 715 m s.l.m.. Si dirige quindi prima lungo il margine settentrionale delle Murge e, dopo un tratto di circa 170 Km, sfocia nell’Adriatico a nord di Barletta. Il relativo bacino idrografico si estende per circa 2.800 Km2. Il suo letto è formato in gran parte da terreni quaternari permeabili.

La portata media dell’Ofanto è di circa 15 m3/sec, con punte massime in primavera-autunno e minime nei mesi estivi. A regime di piena, eccezionalmente, può superare i 2.000 m3/sec, con conseguenti inondazioni che provocano ingenti danni alle colture.

Il paesaggio del bacino fluviale è piuttosto vario. Nell’alta valle si alternano zone aride ad aree ricche di vegetazione. In prossimità della foce, il fiume scorre lentamente solcando ampi meandri in un’area che anticamente fu una grande zona paludosa allagata stagionalmente dal fiume stesso. Ancora oggi, nonostante la devastante antropizzazione, quest’area è visitata da uccelli acquatici che vi trovano rifugio.

Alla foce un tempo era presente un delta che si protendeva nel mare per quasi un chilometro. Vi era, inoltre, una fitta vegetazione che costituiva un valido freno alle erosioni e alla divagazione dell’alveo.

Oggi la deturpazione antropica del territorio dell’Ofanto non conosce limiti. Oggetto di accaparramento e snaturamento, gli impatti delle attività umane concorrono inesorabilmente al degrado dell’unico fiume perenne pugliese.

In alcune zone gli argini volutamente manomessi, creano potenziali rischi in caso di piena, per i terreni adiacenti. I prelievi di acqua sia per scopi industriali che agricoli, superano le capacità di portata del fiume. I terreni in prossimità della foce risultano edificati.

La vorace occupazione agricola dei terreni golenali fin sotto la riva del fiume (ved. Art 822 Cod. Civ., ed Art. 633, 633-bis Cod. Pen.) con sostituzione della naturale vegetazione ripariale ha innescato gravi fenomeni di erosione dei terreni. Tutto in barba alla legge 431/85 (L. Galasso) che sancisce il vincolo paesaggistico per fiumi, torrenti, corsi d’acqua e relative sponde per una fascia di 150 m.

Le opere di sistemazione idraulica realizzati lungo il tragitto del fiume, avrebbero dovuto, arginare e imbrigliare i corsi d'acqua, al fine di difendere i terreni dalle alluvioni o dalle erosioni di sponda; nella realtà non sempre si sono ottenuti gli effetti desiderati.

Lo smisurato utilizzo di pesticidi ed anticrittogamici nelle campagne circostanti, contribuiscono ad avvelenare il fiume provocando morie nella fauna e nella flora tipica dell’habitat fluviale. Situazione alquanto deprimente per un ecosistema, già noto duemila anni fa e descritto da Orazio, il poeta latino cui tanto caro era il fiume (l’Aufidus tauriforme).

Intanto scarichi di reflui di ogni tipo hanno ormai reso il fiume una vera fogna a cielo aperto, con gravi ripercussioni anche all’habitat marino presente oltre la foce. Luogo, questo, di per sé già martoriato da "bombaroli" e pescatori che utilizzano le reti a strascico anche sotto costa.

La foce del fiume ha subito, in questi ultimi anni, un vistoso arretramento a causa di un progressivo ed inarrestabile processo erosivo di origine antropica. I primi a pagarne le conseguenze sono stati i contadini dei fondi costieri sabbiosi che hanno perso, nel giro di pochi anni, vaste aree messe a coltura, inghiottiti dall’inesorabile azione erosiva del mare.

Sul finire degli anni Cinquanta l’Istituto Geografico Militare eseguì dei rilievi aerei che evidenziarono come il delta del fiume si protraeva nel mare per diverse centinaia di metri rispetto alla linea di costa. Analoghi rilievi eseguiti agli inizi degli anni Novanta, evidenziarono un netto arretramento della costa con conseguente scomparsa del delta. Le variazioni dinamiche costiere in prossimità di una foce, dipendono principalmente da un equilibrio tra azione erosiva esplicata dai fiumi a monte, ed azione di sedimentazione ad opera del mare alla foce. Variando l'apporto dei sedimenti che il fiume porta al mare, si crea un disequilibrio tra le due azioni con ripercussioni alla foce.

Altro fattore che ha contribuito all’arretramento della linea di costa è stato la distruzione progressiva della vegetazione marina a causa dell’inquinamento. La flora acquatica, infatti, è fondamentale nell'assorbire l'energia delle onde e nel non far disperdere i sedimenti di spiaggia a profondità elevate.

Pertanto sia le opere fluviali, sia il continuo saccheggio di sabbia e ghiaia dall'alveo (opera che in genere necessita di V.I.A., ved. Direttiva CEE 85/337 all. II, prog. 1 C) e non ultimo l’inquinamento, hanno determinato l’attuale morfologia della foce.

In questi anni si è dato vita al progetto per la "Rete nazionale SINA (Sistema Informativo Nazionale dell’Ambiente)" che ha come obiettivo il monitoraggio delle acque superficiali dell’intero territorio nazionale. I dati elaborati nel 1996 dal Ministero dell’Ambiente, su dati forniti dalle Regioni, non citano l’Ofanto (in realtà nessun fiume pugliese e pochissimi nel meridione). Infatti, per i parametri presi a campione, BOD, COD, ammonio, fosfati, nitrati, coliformi fecali, l’Ofanto presenta "dati non disponibili".

Per la tutela dell'Ofanto si rende indispensabile l'attuazione della legge 183/89 che prevede un organo di programmazione e di governo per l'intero bacino idrografico.

Per la tutela ed il restauro del paesaggio, occorrerebbe candidare l'Ofanto, a parco regionale fluviale. D’altronde esperienze condotte in altre zone d’Italia (fiume Ticino) hanno dimostrato che la foce di un fiume può rappresentare un’eccezionale occasione di promozione turistica con ovvie ricadute occupazionali. Una tale iniziativa avrebbe anche lo scopo di salvaguardia del territorio e conservazione del suo habitat naturale.

Qualche anno fa il Ministero per l'Ambiente, aveva già stanziato alcuni miliardi per un parco della foce dell'Ofanto rimasto allo stadio di progetto.

Nel febbraio 1996 l'Unione Europea ha avviato un programma per l'assetto integrato delle zone costiere al fine di raggiungere per esse uno sviluppo sostenibile.

Nonostante le leggi nazionali, regionali, e le numerose delibere dei comuni interessati, finora non è stato fatto quasi nulla per migliorare le condizioni in cui versa l’intero bacino dell’Ofanto.

 

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