Suonare Django - Prima Puntata

Le descrizioni del personaggio Reinhardt gitano, imprudente e perdutamente amante degli spazi aperti e della libertà, si contrappongono alla sua statura enorme di musicista ed esecutore. Completamente autodidatta, Django è stato probabilmente, e questo senza tradire le  proprie radici europee o derivare il fraseggio dalle strutture armoniche del blues, il più grande improvvisatore "melodico" del Jazz. 

Musicalmente, le principali influenze sono costituite dalle melodie popolari e dalle sonorità delle orchestrine "musette", alle quali seguirà, dopo la folgorazione del jazz  e la nascita del Quintetto,  la trasposizione «a corde» dei brani americani più famosi (vedi ad esempio "Lady be Good" di Gershwin o  "It Don't mean a thing" di Ellington). E' eloquente l'affermazione di Django in proposito: "il jazz mi ha attirato perché vi ho trovato la perfezione della forma e la precisione strumentale che ammiro nella grande musica, ma che è carente nelle musiche popolari". Non meno trascurabile è la successiva influenza (dall'inizio degli anni  quaranta), da un lato di "forme classiche" che rimandano direttamente a Debussy, Tchaikowsky o addirittura a Bach (molte di questi esempi li possiamo cogliere nelle mitiche "Rome Sessions") dall'altro dal Bop di Parker e Gillespie. In merito a quest'ultimo aspetto, se si presta un attento ascolto alla complessità delle frasi chitarristiche, il Bop (ma questo è evidente anche per altri grandi artisti dell'era Swing, vedi Lester Young, Roy Eldridge e lo stesso Coleman Hawkins),,cosa che  approfondiremo nelle prossime puntate, era comunque stato in buona parte anticipato dallo stesso Reinhardt. In ogni caso quelle di Django sono performance scintillanti, con parti solistiche quasi sempre straordinarie, che spesso mettono in risalto il differente spessore artistico dei vari partners musicali (lo stesso Grappelli pur notevole, nel confronto risulta a volte un tantino prolisso, e, diciamo la verità, quando si ascolta un brano del quintetto, si sta sempre ad attendere l'assolo di chitarra).  Lo stesso un approccio ritmico è straripante di accenti ritmici e di swing, in contrasto con le varie sezioni ritmiche, che, nota dolente, (e questo soprattutto nei primi anni trenta) risultano in più occasioni, monotone e obsolete.  Comunque sia, e come sentenziano i posteri, "Django Reinhardt Est Intemporel!" perché la sua musica, risulta tutt'ora gioiosa, spontanea, e fuori dal tempo. 

L’analisi di Django chitarrista, è estremamente complessa. La stessa rarità dei documenti da cineteca accresce l’impossibilità di comprendere appieno le caratteristiche del suo stile chitarristico, a seguito, come noto, della grave menomazione nell’utilizzo dell’anulare e del mignolo della mano sinistra (non vale la pena di approfondire ulteriormente i fatti del famoso incendio del carrozzone, ormai luogo comune).Azzardo però un’ipotesi: e se il mancato completo recupero di queste due dita, appena dopo l’incidente, non fosse dovuto ad una volontaria mancata e costante rieducazione? Forse anche prima dell’incidente, lo stile di Django prescindeva l’utilizzo completo di queste due dita? Difficile crederlo; si pone comunque il problema di comprendere la modalità di esecuzione di numerosissimi passaggi ritmici e solistici che risultano estremamente complessi e difficoltosi anche con l'uso di quattro dita.Questo anche in ragione del fatto che Django pare non facesse troppo esercizio con lo strumento, semmai alla pratica, preferiva le sale da biliardo.

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