-LXI-


 
 

   Il sette novembre rientravo a Torino. Avevo capito di essere malato; dovevo assolutamente fare qualcosa, esami, ricerche mediche di qualche tipo. Non sapevo dove cominciare, mi sentivo solo e spaventato. Fu allora che rividi per la prima volta quel ragazzo -ormai, dopo così pochi anni, già sposato e medico affermato- che mi aveva prestato la sua macchina moribonda per andare fino a Ginevra, in quel primo viaggio dentro alla mio destino, al destino di Ahasvero: Silvano.
Era l'unico medico che conoscevo e col quale avevo un rapporto di vecchia amicizia; quello "della mutua" lo detestavo, era una persona gentilissima, ma mi sembrava l'uomo più stupido e incompetente della terra.
Silvano era sempre stato di poche parole, ma questa volta si mostrò entusiasmato dal fatto di sentirmi al telefono; mi disse che aveva comprato tutti i miei dischi, e che erano «incredibili!».
Ripeté almeno tre volte la frase: «non potevo che credere che la musica potesse darmi così tanto!», poi mi invitò a cena da lui, di lì a due giorni. Entrai per la prima volta in casa sua, ricordandolo ancora povero studente, ed ero in un appartamento da milionario, in una delle zone residenziali più costose della città.
Sua moglie, Rossana, era incinta di due mesi del loro primo figlio; erano entrambi in un periodo felice, pieni di entusiasmo. Fui accolto con le note della della prima Sonata di Alfredo Piatti, nella mia esecuzione, che si espandevano in tutti gli ambienti, amplificate da uno straordinario impianto hi-fi dagli effetti davvero «incredibili». Rimasi incantato: il mio suono aveva qualcosa di inaspettatamente straordinario. C'era tutta la "presenza" del mio gesto, dell'arcata, del respiro; la profondità dell'ambiente, la grandiosità del pianoforte... dissi subito che non credevo di aver mai dato alle stampe un disco così bello. Lui mi guardò sorridendo, poi mi guidò nel suo studio: sul tavolo, un computer mostrava le videate di onde sinusoidali tipiche dei programmi per editing musicale.
Mi disse: «Il programma non puoi conoscerlo: è sperimentale, ma il disco è proprio il tuo; solo che io l'ho rimasterizzato! Guarda: non è il tuo CD che sta suonando, è la rimasterizzazione che ho fatto io!»
Su quello schermo scorreva il tracciato grafico dei miei suoni, in disegni che mostravano complesse trasparenze tridimensionali, immagini affascinanti, fantascientifiche, incredibili.
Rossana arrivò con l'aperitivo, chiedendomi cosa ne pensavo del suo "geniale maritino". Risposi che non avevo parole, e cominciai a chiedere spiegazioni, raccontando di quante difficoltà avevo incontrato nel realizzare quei dischi.
«Silvano, io non credo alle mie orecchie: ho fatto impazzire fior di tecnici per queste incisioni. La presa del suono non è durata meno di due giorni per ogni disco, il montaggio l'ho fatto io, in uno studio che sembrava la cabina guida di un'astronave aliena... in quello studio c'era una tal quantità di soldi spesi in elettronica che ci si sarebbe potuto costruire un ospedale in India... ma qui tu hai un semplice "personal", un unico tavolo... più questo programma incredibile! Se a febbraio l'avessi avuto anch'io, mi sarei sentito l'uomo più felice della terra!»
«Sì, posso immaginarlo, ma a febbraio non era ancora messo a punto; questo è un nuovissimo programma che ho creato io!»
«Tu? Ma non sei un medico?»
«Sì, certo: sono uno specialista in Otorinolaringoiatria, e un audiologo; ma fin da ragazzo anche un "virtuoso" del computer... non te lo ricordi?»
«Sì... cioè... no: non abbiamo mai parlato molto dei tuoi studi, e neanche di te... ma diventare un programmatore...»
«Oh, non ci vuole molto, sai? In ogni caso, è con i miei programmi che io e Rossana ci siamo comprati questo appartamento, e molto altro!»
«Straordinario... e chi l'avrebbe immaginato! Fammi vedere come si usa!»
«Dopo; ora vieni a mangiare! E raccontami dei tuoi concerti, dei viaggi e dei tuoi progetti futuri!»
Fu una serata allegra, vitalizzante; mi feci spiegare tutto di quel programma, lo provai, discutemmo a lungo delle sue possibili utilizzazioni. All'una di notte mi resi conto che Rossana era già andata a letto, Silvano stava crollando dal sonno, e io non gli avevo ancora detto nulla dei miei problemi di salute.
 
 

-LXII-


 
 

«Silvano... ora ti lascerò andare a dormire; scusa per l'ora così tarda... sai, per me è normale... ma devo dirti una sola cosa: credo di essere malato; devo fare analisi, ricerche, e ho bisogno di aiuto per queste cose; sono solo, e non ci capisco nulla, sono un pasticcione, non so cosa è meglio fare, dove andare... insomma, mi sento impaurito e ho bisogno di consigli...»
«Cos'hai?»
«Non lo so, ma intanto l'udito è uno dei problemi: sento male, e sento dei fischi, fortissimi; a volte, poi sento i suoni distorti, e li sento provenire da posizioni non corrispondenti al vero...»
«Questo è da controllare subito! Vieni di là con me...»
Dall'altra parte del corridoio c'era un laboratorio e una sala per visite audiologiche. Mi sembrava miracoloso.
Mi sottopose a una mezz'ora circa di test, sui suoni e sulla pressione nel canale auditivo. Il risultato era preoccupante: avevo un abbassamento molto grave dell'udito su tutt'e due gli orecchi, incapacità di compensare la pressione dell'orecchio interno, e i segni di una forte otite mal curata.
Silvano sembrava sconvolto, non sapeva cosa dirmi.
«...Claudio, dobbiamo fare diversi esami, perché tu rischi davvero molto. Non riesco a capire come tu faccia a suonare, ma evidentemente riesci a compensare con il cervello, là dove manca la funzionalità dell'orecchio... sei pure un caso davvero interessante da studiare!»
«...Certo... ma i miei problemi più pesanti temo non siano questi... che non m'ero neppure accorto di avere... pensavo fosse solo catarro fermo nelle tube...»
«Cos'altro hai, allora?»
«Le gambe... mi danno dolori insopportabili, poi, alle volte, sono insensibili, e come paralizzate...»
«...So a chi indirizzarti. Ora non ti abbattere, però tirati su le maniche e dedicati per un po' a farti rimettere a posto dalla medicina. In genere siamo gran fanfaroni, ma alle volte ci capita perfino di miracolare qualcuno!»
«Se no... almeno mi garantite un tentativo a Lourdes?»
«Senz'altro! Viaggio e soggiorno gratuito, a nostre spese! Basta che tu continui a far dischi come quelli che ci hai fatto!»
Fissai con lui un altro appuntamento, già per il pomeriggio dell'indomani.