Composizioni originali di Claudio Ronco,

per due cori, due violoncelli
e strumenti elettronici

E al mattino uno strato di rugiada era tutt'intorno all'accampamento.
Quando la rugiada evaporò al sole, ecco che sulla superficie del deserto apparve qualcosa di minuto, di granuloso, fine come brina gelata in terra.
I figli d'Israele si chiesero l'un l'altro:
«Man-hu ?», «Che cos'è questo?»,
perché non sapevano cosa fosse.
E Mosè disse loro: «Questo è il pane che il Signore vi ha mandato per cibo».

Esodo 16 : 13/15

AM É N / MAN - HU?

La musica nasce dalla voce umana e dalla necessità di comunicarsi, e da sempre gioca con la parola e con il senso, frammentando, separando, riunendo; in breve, de-costruendo e ri-costruendo ininterrottamente il discorso e la parola significante. Si può ben dire, infatti, che la musica inizi da un paradosso: non può esservi costruzione di significato senza una iniziale decostruzione dello stesso.

In tal modo ho inteso l'atto del comporre per le voci di un coro, decostruendo il testo in complessi contrappunti, intesi a formare tessuti sonori il cui spessore lasciasse trasparire del testo e della parola solo valori sublimati, cercando di «liberare il testo dal suo malessere di libro» (E. Lévinas), ovvero dalla prigionia di un luogo chiuso e finito, dove il significato cessa di tendersi verso l'infinito significare e si immobilizza in sterili dogmi. Per questo, il titolo di queste composizioni è la parola più nota e condivisa nelle religioni di radice ebraica: Amen. Essa rappresenta la dichiarazione di fede e si pronuncia al termine di ogni preghiera. La tradizione ebraica assume che la parola Amén significhi “fedeltà alla tradizione”, ma invita a riflettere sulle tre lettere che la compongono: Aleph, Mem e Nun, intese come due nomi in sequenza: quello dell'Aleph , la prima lettera dell'alfabeto ebraico o il numero uno, seguito dal nome della misteriosa sostanza di cui si cibò il popolo d'Israele nel deserto: la Manna (Mem–Nun), così chiamata perché coloro che la videro per la prima volta si domandarono: «Man-hu?», «Che cosa è questo?». Due lettere/consonanti, dunque: Mem e Nun , la cui lettura vocalizzata in «Man» diventa la parola con la quale l'ebreo comunica la sua non-conoscenza di qualcosa, come distanza fra il sé e un mondo che non è possibile dire o possedere.

Nel mio lavoro musicale ho frammentato, separato e riunito consonanze e dissonanze, parole latine e parole ebraiche da testi liturgici la cui sacralità è oggi in un bilico tra il significato e il significante, o si è esaurita, per effetto dell' oblìo e della saturazione. Da quei frammenti di testo sono disceso, come in un abisso, alle sole lettere dell'alfabeto ebraico, potenziali energie dialettiche ancor prima di assemblarsi in parole, e da lì ancora più lontano, fino all'impronta della parola impressa nei suoni del violoncello solo, per infine riemergere nella maestosa sacralità dell'espressione corale di voci e testo, in un inno alla vita.

 

Claudio Ronco,
Venezia, aprile 2005

Dedicato a René Clemencic

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In copertina:

"Omaggio a Camille Claudel"
scultura in gesso di Vannetta Cavallotti, 1990

Musica:

Introduzione ad "Hashkivenu" ,
dai cori per "Amen/Man-hu?" di Claudio Ronco

 

 

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