IL VIOLONCELLO DI DAVID
IN AMERICA

 

 

 

               «...David Popper attraversò l'Oceano, verso il grande sogno dell' America.
Era il 1870, e il viaggio in nave era molto lungo. Per ingannare il tempo, David divertiva i bambini della terza classe con meravigliosi giochi di prestigio. Era abilissimo: sapeva far scomparire e riapparire ogni sorta di oggetti, estraeva fazzoletti e monetine da ogni cosa; in prima classe ne parlavano tutti con entusiasmo.
Approdato da pochi giorni a New York, gli venne offerta la prima, favolosa offerta in denaro per una sua serata da solista. Il giorno prefissato si recò alla casa del ricco committente con un servitore appresso, caricato della pesante cassa da trasporto per il suo prezioso violoncello.

Il padrone di casa lo accolse esultante e lo presentò a tutti i suoi ospiti:


«Amici miei, eccovi il grande, l'ineguagliabile Popper! »

Lo prese poi in disparte, e gli sussurrò all'orecchio: «ma mi dica... in quella grossa cassa, che cosa c'è?»
«Il mio... violoncello!» rispose stupito.
«Un cosa? Un... violoncello? Ah, capisco, capisco... Benissimo! E' un altro di quei suoi fantastici trucchi di cui parlano tutti?»


Per tutta quella serata David non suonò una sola nota, ma offrì il suo violoncello a tutto quel ricco pubblico, mentre faceva apparire e sparire miriadi di fazzoletti simili a uccellini colorati, a fantasmi leggeri, a sfuggenti guizzi di luce.

 

C.R.

 

LE VIOLONCELLE DE DAVID
EN AMERIQUE

Sulla scena tutta nera,

c’è solo una sedia bianca.
Entra il violoncellista, sullo scrosciare di applausi registrati, come suonati da un vecchio disco; comincia ad eseguire un recitativo: la melodia di uno
Shemà Israel dalla liturgia Ashkenasita.
Una voce fuori campo recita l'aneddoto di Popper in America; un prestigiatore viene allora in scena, e comincia il suo spettacolo intorno al violoncello, mentre uno dopo l'altro scorrono gli Studi op.40 di David Popper, alternati a brevi letture di poesie di Heinrich Heine, alle quali segue sempre una Sarabanda di
Bach.
Nel finale, il violoncello e il violoncellista entrano in una grande valigia, e il prestigiatore se la porta via, salendoci sopra come fosse un cavallo
alato, cantando:

 

 Ein Jahrtausend schön und länger,


Dulden wir uns brüderlich,

Du, du duldest, daß ich atme,

Daß du rasest, dulde Ich.

Manchmal nur, in dunkeln Zeiten,

Ward dir wunderlich zu Mut,

Und die liebefrommen Tätzchen

Färbtest du mit meinem Blut.

Jetzt wird unsre Freundschaft fester,

Und noch täglich nimmt sie zu;

Denn ich selbst begann zu rasen,

Und ich werde fast wie Du.

 

(Heinrich Heine: da "Briefe".)

 

 

«Da un millennio e più, fratello,

continuiamo a sopportarci,

tu sopporti ch'io respiri,

io sopporto che t'arrabbi.

Qualche volta, in tempi bui,

ti veniva la mattana,

e gli unghielli ben forbiti

col mio sangue coloravi.

Ora, amici più di prima,

sempre più di giorno in giorno:

ché la rabbia viene a me,

sono quasi come te.»

 

(Trad. Claudia Sonino)

 


DAVID'S CELLO
IN AMERICA


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