Claudio Ronco

INVITO A UN ASCOLTO DIFFICILE

Scritto per il disco:

«per Voce e per Violoncello»

 

Cantate e Sonate di G.F. Haendel, Salvatore Lanzetti, Jean Barrière.

 

Lone Loëll, Contralto

Claudio Ronco e Julie Mondor, violoncelli

Andrea Coen, clavicembalo e organo.

Due Cd ideati, diretti e incisi da Claudio Ronco.


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Il formarsi dell'idea,

o l'apologia dell'onnivoro

 


«Caro Claudio, eccoti qua le tue corde di budello di montone, come mi avevi ordinato (ma che mai avranno fatto questi poveri montoni per meritarsi nuovamente questa fine?). Non sono di agnello come vorresti, per via di quel violino/kinnòr del biblico Re Davide, che deriverebbe dall'ebraico kinnìm/agnelli (ho capito giusto?), perché quel budello costa troppo caro, in quanto nel montone ci insacchiamo il maiale tritato con sale e pepe, e nell'agnello no. Quindi scordatelo almeno fino al prossimo Millennio...»
«Caro Mimmo, grazie delle corde. Comunque non è esattamente così la storia dei kinnim, che non sono proprio agnelli e, come al solito, è un bel po' più complicata, ma anche ben più bella, se si ha tempo e voglia di conoscerla. Se chiedi a un vecchio ebreo piemontese, ti dirà che sono le stoffe a pois neri, perché i kinnìm sono i pidocchi; se pensi però all'agnello sacrificale, e guardi al significato letterale della parola ebraica qinnim (suona uguale, ma si scrive con lettere diverse), che è "nido d'uccelli", riferito però a coppia, o nidiata di uccelli sacrificali, come tortore, o piccioni, troverai che in comune hanno, se non altro, il sacrificio.
Gettare buoni semi alla terra dà sempre buoni frutti, e l'amico ebraista Giulio Busi ne ha raccolto uno da questa tua lettera coi kinnim: è un passo del Talmud babilonese, dove si legge di una donna che non sapeva quanti animali portare in sacrificio. Il Maestro Rav Joshua affermò che il suo caso, nel quale il numero delle offerte si ampliava in segno di lode a Dio, era simile al moltiplicarsi delle voci nel passaggio dell'animale dalla vita alla morte: "quando l'animale è vivo non possiede che un suono, ma quando è morto il suo suono si sente sette volte. In che modo ciò accade? Perché le sue corna diventano due trombe, le due lunghe ossa delle gambe due flauti, la sua pelle il tamburo, l'intestino tenue diventa le corde della lira, e quello crasso si trasforma nelle corde delle arpe [kinnoròt]..." (Mishnah, Qinnim III.5; bQinnim 25a). Come vedi, sette suoni, o sette note, addormentate dentro a un nido di uccelletti...»
(Mimmo Peruffo, ricercatore e studioso della storia delle corde armoniche; lettera a Claudio Ronco, maggio 1993. Risposta di Claudio Ronco e Giulio Busi, un po' di tempo dopo.)

«La materia prima, [come per gli Alchimisti], è quanto esiste prima della divisione del senso: enorme paradosso perché, nell'ordine umano, all'uomo non è dato nulla che non sia immediatamente accompagnato da un senso, quello dato da altri uomini, e così di seguito, risalendo, all'infinito.»
(Roland Barthes, "La saggezza dell'arte", New York, 1979; in "L'ovvio e l'ottuso", Einaudi, 1985, trad. D. De Agostini.)

«Ex Archtypo enim ad Angelicum orbem sive ad sphaeras, & inde ad terrenae habitationis orbem, unitas illa omnia consonantissima reddens, descendit; ut quicquid in unoquoque est, itidem in reliquis suavissima proportione vocibus vitae energia canoris respondeat. DEUS enim est, in quo vivimus, movemur & sumus, illo spiritu mediante, qui intus alit, menteque, quae molem agitat rerum fabricatarum, vera illa a Platonicis intenta mundi anima, quae mundi membra vivificando harmoniaque colligando concordia, mundani decachordi concentus reddit consonantissimos»
(Athanasius Kircher, "Misurgia universalis", Roma 1650, libro II, pp. 456-457)

«Et questo spirito agitante & nutritivo [il Prothomaestro creatore, dispositore, governatore], che vive per entro tutta la mole della Natura, fu da' Platonici Anima del Mondo nominato, percioché vivificando le membre di questo immenso corpo, & con armonico groppo insiememente legandole, il concento dello stromento mondano rende consonante.»
(Gio. Battista Marino, «Dicierie Sacre», Venezia 1643, pagg. 108/109)

«Non si debba far giamai concerto alcuno di strumenti Musicali senza darli accompagnamento di voce humana, & quella ben conforme sempre alla materia della cantilena; & ciò per fuggire, che tale Armonia, & concento non possa da sapiuti & intelligenti esser detta muta.»
(Ercole Bottrigari, «Il Desiderio», Bologna, 1599, pag. 12)

«Ma che più? di già habbiamo, che il Mondo non può conservarsi salvo, che col motto sonoro; e l'Homo d'armonia composto, armonicamente ancor conservarsi.»
(Lodovico Casali, «Generale invito alle Grandezze, e Maraviglie della Musica», Modena, 1629)

«...benché alla debolezza del nostro udito non si permetta di sentire l'armonia delle sfere celesti, non si toglie però alla perspicacia del nostro intelletto il conoscerla, ed internarsi anco a ravvisarla, quando ella si trovi nell'Anime grandi»
(Domenico Scarpione, "Mottetti... Libro secondo", Roma, 1675)

«Mi dica, se fra le Sfere si trova veramente l'armonia. Non vi è da dubitare, poiché questo gran volume di cieli altro non è, che una Muta di Musica, disse un bell'ingegno, ma non già muta, poiché Coeli enarrant gloriam Dei.»
(Angelo Berardi, «Ragionamenti musicali», Bologna, 1681, pag. 29.)

«Anche nel calcolo astronomico ho applicato le proporzioni musicali. Son infatti affini tra loro, le une e le altre servendo sia all'intelletto sia al senso; e come gli occhi per l'astronomia, così le orecchie appaiono fabbricate per il moto armonico; perciò i Pitagorici ritengono, e Platone con loro, che queste scienze siano sorelle»
(Andrea Matteo Acquaviva, «Illustrium, et exquisitissimarum Disputationum», libro IV, Helenopoli, 1609.)

«Non solo intellettuale armonia formano quelle sostanze spirituali, ma anche sovente volte con musico suono sensibilmente si lasciano intendere» «Poiché hebbe questo Eterno Maestro composta, & posta in luce la bellissima Musica dell'Universo; distribuite le parti, & assegnata a ciascuna la sua. La dove egli faceva il Soprano, l'Angiolo il Contralto, l'Huomo il Tenore & la turba de' gli altri animali il Basso.»
(Gio. Battista Marino, «Dicierie Sacre», Venezia, 1643, pag. 111 e 132.)

«Nelle Chiese si canta Miserere mei Deus; ne' Teatri si va alla morte con le migliori grazie musicali suddette. È bene, che l'assuefazione e il costume non dian luogo alla riflessione.»
(Giuseppe Tartini, «Trattato di musica», Padova 1754, pag. 149)

«Sì sì, ch'egli è vero, ò del vero Apollo santissime & beatissime Muse, che de' passaggi delle vostre lire, & de' versi vostri le contrade del celeste Parnaso risuonano.»
(G. B. Marino, op. cit. pag. 112)

«Ma qual sì vario & pellegrino accento modula il Rosignuolo, il qual con sillabe articolate non descriva con l'agilità della humana lingua; & non si scriva con la velocità della penna? intanto che, non pure gli orecchi ascoltino, ma gli occhi stessi trascendendo il proprio obietto, veggiano il canto.»
(Emanuele Tesauro, «Il cannocchiale aristotelico»
Torino, 1670, pag. 167)

«Ptr.. r..r.. ring - twing-twang -prut-trut- 'tis a cursed bad fiddle. -Do you know whether my fiddle's in tune or no? -trut.. prut. - They should be fifths.- 'Tis wickedly strung- tr...a.e.i.o.u. -twang.»

(Laurence Sterne, «The life & opinions of Tristram Shandy...», Vol.V, cap.15; Londra 1761)

«Maledetta voce umana, violino di carne e di sangue, cavata dai sottili strumenti di Satana e dalle sue mani sagaci!»
(Vernon Lee, "La voce malefica", da "Hauntings", 1892; ed. Sellerio, 1982; trad. A Brilli)

«Si direbbe che la voce umana è qui tanto più presente quanto più è delegata ad altri strumenti, le corde: il sostituto diventa più vero dell'originale; il violino e il violoncello "cantano" meglio - o, per essere più precisi, cantano più del soprano e del baritono, perché se esiste un significato dei fenomeni sensibili, è sempre nello spostamento, nella sostituzione: in breve, nell'assenza, che si manifesta con più evidenza.»
(Roland Barthes, "Il canto romantico", in France-Culture, 12 maggio 1976; trad D. De Agostini)

«Sono anch'io nella catena dei narratori, anello fra gli anelli, e ridico ancora la vecchia storia; se essa suona ancora come fosse nuova, è perché il nuovo dormiva in lei fin da quando fu detta la prima volta.»
(Martin Buber, «La leggenda del Baal Shem»; trad. di Dante Lattes e M. Belinson, Roma s.d.)

«I bambini, quanto a storie, sono abbastanza a lungo conservatori. Le vogliono riascoltare con le stesse parole della prima volta, per il piacere di riconoscerle, di impararle da cima a fondo nella giusta sequenza, di riprovare le emozioni del primo incontro, nello stesso ordine: sorpresa, paura, gratificazione.»
(Gianni Rodari, «Grammatica della fantasia», Einaudi 1973, cap.16)

«Gli illustrai per filo e per segno quello che io intendevo far comunicare al suo personaggio nel mio film; lui ascoltò pazientemente, e poi, cortesemente, quando vide che avevo finito, mi guardò e disse "caro dottore... vorrei che voi mi diceste una sola cosa: questo personaggio tiene fame
(Da un'intervista televisiva al regista Nanni Loy, parlando di Antonio de Curtis, in arte Totò; RAI, 1990)

«[...] non siamo più autori di nessuna opera [...] non si può dare opera d'arte, si può solo più essere opera d'arte [...] bisogna disfarsi degli autori, e farsi, semmai, "visitare" da chi li ha visitati [...] il significato è un sasso in bocca del significante [...] siamo in balia di una selva di significanti -tanti e chissà quali- che non possiamo tirartli in campo, perché, appunto, non sono dei significati. [...] la lettura va frequentata come oblìo, come non ricordo della pagina scritta, affinché sorta la differenza dal testo [...] l'uso e l'abuso dell'amplificazione ha interdetto la comunicazione, sì da precipitarmi da un "dentro", da un interno, in un altro interno [...] del suono resta l'alone, la risonanza [...] l'atto coincidendo col suo immediato svanire [...]»
(Carmelo Bene, al "Maurizio Costanzo Show", Canale 5, novembre 1995)

«These fragments I have shored against my ruins»
"Con questi frammenti ho puntellato le mie rovine"
(T. S. Eliot, «The Waste Land», "La terra desolata", Londra, 1936)

«La Sapienza, la sefirah Hokmah, è l'ordine e l'armonia, che non ha materia, giacché essa stessa è il tessuto della manifestazione. Se dobbiamo immaginarla, la riempiremo solo di suoni, del tintinnare delle parole, del ritmo delle frasi, di consonanze, di equilibrio senza alcuna costrizione fisica.»

(Giulio Busi, ebraista; da una lettera a C. Ronco, Venezia, 19 settembre 1996)

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