Legni e Divinità

 

       «(...) Una scultura esiste nello spazio in modo assai simile a un essere umano o una montagna, un albero o una nuvola, e per aprezzarla appieno dobbiamo prima accedervi come faremmo in un territorio ancora inesplorato.»

D. Finn: “How to look at sculpture”

 
Tamburo a fessura, nel suo contesto originale,
Vanuatu (ex Nuove Ebridi), Ambrim, Fanla.
 
Gianpietro Carlesso
Monumento clandestino, 2001.
pietra vulcanica, erba; cm. h. 175 x 120 x 110

 

 
L'albero
 

(VACUUM)

Uno spazio vuoto, in un'interiorità,
dove l'anima possa ascoltare la propria voce. L'albero abbattuto, tagliato e ridotto a tronco, scavato, scolpito e infine nuovamente portato nella sua terra e rizzato come cosa vivente, non espande più rami e radici nella terra e nel cielo, ma il suono profondo che si genera nelle sue cavità risponde o dialoga con l'ambiente che lo attornia, abitato da uomini, animali, uccelli, insetti, vegetali, fenomeni atmosferici.
Così come uno specchio riflette la luce, la sua interna risonanza riflette il mondo esteriore.

La divinità che si rivela "dentro" questa maestosa scultura –un autentico strumento musicale, ibrido di tamburo, violino e flauto eolico– appare chiusa in se stessa, concentrata come un individuo immerso in profonda meditazione, ed è il potere ineffabile dell'istante che precede l'emissione della voce musicale, la perfetta tensione dell'arco che deve scagliare la freccia verso il bersaglio.

E' ancora albero, ma anche e nuovamente seme, destinato ad espandersi nella ciclica complessità della vita.

 

Il tamburo ligneo a fessura con testa di antenato,
proveniente da Vanuatu (ex Nuove Ebridi),
Ambrim, Fanla; altezza 360 cm,

"parla" con la voce dell'albero da cui è stato ricavato.

Sopra: i l proprietario originale del tamburo a fessura,,
Yacinthe To For, di fronte alla sua capanna a Fanla.

Sotto: fotografia dei primi del 900, tamburo a fessura gigante, nella sua capanna; Ao-Naga, Assam. (In Curt Sachs, Storia degli strumenti musicali, ed. Norton, 1940).

 

Il seme


Intagliato nella forma di un seme, un grande tronco di quercia apre con grazia il suo corpo e mostra il suo grembo caldo. Anche questa "memoria" scolpita da Carlesso sembra avere un volto, disegnato nelle linee somiglianti al sorriso del muso nobile di un delfino che schiude la bocca per accogliere la vita.

 

Giampietro Carlesso, La memoria del bosco, 2004
legno di rovere, cm. 110 x 340 x 110
 

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«Ora, tutte le opere d'arte qui in mostra possono essere capite senza alcuna spiegazione, perché esse non vogliono essere capite storicamente: esse vogliono essere intese quali esse sono nel nostro momento presente»

Ludwig Goldsheider

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« Infine, la scultura è verità, la pittura è sogno:
la prima è interamente rappresentazione,
l'ultima è magia narrativa »

Johann Gottfried Herder
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« Poiché potete guardare una scultura da cento o più lati,
un dipinto da uno solo. »

Benvenuto Cellini

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« Quod numen in isto corpore sit, dubito,
sed corpore numen in isto est.
Quisquis es, o faveas, nostrisque laboribus adsis! »

« Non so quale dio si celi in questo corpo, ma in questo corpo si cela un dio.
Chiunque tu sia, oh aiutaci e assistici nelle nostre fatiche!»


« Undique dant saltus multaque adspergine rorant emerguntque iterum redeuntque
sub aequora rursus inque chori ludunt speciem lascivaque iactant corpora
et acceptum patulis mare naribus efflant. »

« Da tutte le parti si tuffano, levando grandi spruzzi, riemergono, tornano sott'acqua,
e intrecciano una specie di danza dimenandosi voluttuosamente
e soffiando via dalle larghe narici l'acqua marina aspirata.»


Ovidio, Metamorfosi, Libro III, 611 e 683
I marinai trasformati da Bacco in delfini.

 

 

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