-XIII-

  

         Ahasvero - oppure Hans, ma mi era impossibile chiamarlo così - chiamò un taxi, e mi aiutò a salirci. Avevo la sua promessa che ci saremmo rivisti il giorno dopo al mio hotel, in qualche modo e a una qualche ora.
All'hotel, sul tavolo della mia stanza, c'era un biglietto del mio agente.
«Vieni immediatamente da me. Fossero anche le tre del mattino. Devo parlarti con urgenza.»
Feci uno sforzo sovrumano per sciacquarmi il viso, darmi un'aria presentabile, a bussare alla sua porta. Era in pigiama, ma non dormiva.
«Caro Claudio, dobbiamo assolutamente parlare. Questa mattina ti ho seguito: non riuscivo a crederci... Pensavo che tu avessi un appuntamento, non so, qualcosa... ti ho guardato girare come un pazzo in un giardinetto squallido per due ore, poi sono andato a pensare, poi sono tornato e tu eri ancora lì che giravi; allora sono tornato a pensare e a mangiare, e quando alle cinque del pomeriggio ti ho rivisto ancora lì mi sono detto: andiamo male, molto male... Che ti succede?»
«Succede che avevo un appuntamento con uno che non sapeva di averlo.»
«Con uno che... ma ti rendi conto di cosa dici?»
«Sì, è una faccenda lunga da spiegare, ma ne parliamo domani. Buonanotte.»
«Domani un corno! Ne parliamo adesso! Qui e subito! Se tu per metterlo in culo a qualcuno lo aspetti dieci ore in mezzo al freddo schifoso che fa qui, tu sei completamente fuori di testa!»
«...Ma... vaffanculo!! Chi credi di essere per potermi parlare così?!»
«Cosa?!... Ma caro mio, sono uno che pensava che lavorando con la musica classica anziché il rock si potesse lavorare con gente seria, che sa il fatto suo! E vaffanculo tu, che ti stai fregando questo concerto!»
«Il concerto lo farò benissimo!»
«Non lo farai per niente, perché il direttore vuole già annullarlo!»
«Come?! E perché?»
«Perché lui è un rognoso, pignolo, insicuro piccolo verme, e tu evidentemente avrai fatto un po' schifo, visto come ti sei ridotto!»
«Ma lui l'ha annullato o no?»
«No, ancora no. Ma gli orchestrali sono perplessi, - e quelli sono carogne -, e lui, il direttore, è perfino andato a chiedere un parere su di te alla sua segretaria. Pensa un po' che razza d'imbecille: non si fida nemmeno del suo giudizio! Ma tu stai a rischio grosso, da' retta. Tu così finisci male. Ricordati che sei a Vienna, che non ti puoi fregare questa occasione.»
«E perché?»
«Cazzo, Claudio! Allora sei proprio scemo! Anzi, sei un incosciente! Se sbagli questo concerto tu rischi di non lavorare più, te lo dico io. Tu non sei a metà carriera o già alla fine; tu sei proprio solo all'inizio! Senti, ascoltami bene: tu suoni da dio, ma di violoncellisti al tuo livello attuale ce ne sono migliaia. L'unica differenza fra te le loro è che a te basterebbe solo un gradino in più ben fatto, e saresti nelle decine... »
«...Lo posso sempre salire in un'altra occasione.»
«Non ci saranno più altre occasioni così, se fallisci questa! Lo vuoi capire? Su questa sono basati i futuri investimenti promozionali, e se questa fosse andata bene, con tutte le promesse che ci hanno fatto, tu avresti avuto il concerto del millennio: a dicembre del '99 o a gennaio del 2000 tu suonavi lì, con tutte le televisioni su di te; mi hai capito?»
«Ascoltami tu, invece: ci sono persone ben potenti che mi seguono e mi spingono. Altrimenti non sarei qui adesso.»
«Appunto. Ecco lì che non capisci un cazzo. Ficcati in testa che se quelle persone ti hanno offerto il Musikverein, è perché loro ritengono che quello deve essere il tuo posto. E al Musikverein ci si deve andare col cervello vestito in frack di seta e il cravattino ben annodato. Poi puoi fare tutte le porcate che vuoi, basta che nessuno ti veda. Se tu, la prima volta che ci vai - e, bada bene, è una vera e propria "prova"- tu ci fai una figura di merda, tutti i tuoi bei protettori dicono: "ahi ahi ahi, ci siamo sbagliati", e sei tagliato fuori; io forse no, però sono uno stronzo lo stesso se non corro ai ripari, perché qui sono in ballo un sacco di soldi e... ma tu stai malissimo!»
«Sì, ma domani passa, se mi fai andare a dormire.»
«Fatti vedere alla luce... sei bianco come un cadavere! Che hai? La febbre? Dai, adesso chiamo il dottore! Se hai la febbre siamo a posto: si perdono un po' di soldi ma ci salviamo la faccia! Dài, bello, fattela venire alta che ce la caviamo!»
«Ti ho detto che... va bene, d'accordo: chiama il medico di turno e cancella la mia prova di domani mattina... Ma sia ben chiaro che domani pomeriggio io sarò là a provare!»
«Sì, benissimo, da bravo, tu hai il febbrone da cavallo per via di questo clima di merda, e ora vai a letto. Fra un po' ti mando il dottore che ti fa un bel certificato come dico io. Buonanotte!»
Gli urlai, uscendo, che io avrei suonato in quel concerto e basta, e se veniva il dottore l'avrei risbattuto a calci nella sua stanza; lui continuò gridandomi che ero rovinato.
Riuscii a dormire fino a tardi, e al risveglio credevo di sentirmi bene. Senza neppure scendere prima per la colazione, telefonai immediatamente al direttore d'orchestra e mi scusai per il mio stato di salute, assicurandogli la mia presenza per la prova pomeridiana. Lui rispose con molta freddezza, si mantenne sul vago, con poche parole asciutte, pungenti; cominciavo a sentirmi molto preoccupato: tutto quello che il mio agente m'aveva detto, in fondo era vero. Avrei fatto meglio a darmi malato, ma ora che la febbre era passata non potevo più prendere in giro un medico mandato da loro.
Arrivai alla prova puntualissimo, vestito in modo elegante.
Trovai in tutti quella gentilezza eccessiva, infida, che reggevo a fatica. La prima ora di prove passò senza problemi, e credetti fosse accettabile: io mi tenevo rigorosamente sotto controllo, senza mai eccedere in nulla, suonando nel modo più preciso e distaccato possibile. Nella sala c'erano tutti: agente, direttori e vicedirettori, perfino quella dannata segretaria dalle opinioni così determinanti. Parlavano sottovoce fra loro, avevano sguardi molto seri, mi lanciavano sguardi e li rilasciavano subito.
Nella seconda ora cominciai a soffrire d'emicrania, ma reggevo bene, pensando alla pausa vicina. Poi finalmente ci fermammo, e potei andare al bar per cercar di fermare il dolore alla testa con qualcosa di caldo.
Gli orchestrali erano tutti là: chiacchieravano pacificamente anche con me; questo mi tranquillizzava, pensavo di farcela. Cinque minuti prima della fine della pausa mi venne incontro il direttore d'orchestra.
«Maestro, dovrei parlarle un momento in privato.», mi disse con un sorrisetto perfido.
«Si tratta di questioni amministrative?»
«No, nulla di questo.»
«Allora possiamo benissimo parlare qui!»
«No, le ho detto che devo parlarle in privato. Venga.», e mi costrinse a seguirlo in un corridoio laterale, dov'eravamo soli.
« Mi dispiace dirglielo, ma è meglio annullare il concerto: lei non si è preparato a dovere.»
«Non sono assolutamente d'accordo. La mia preparazione è corretta, solo che io sto passando alcuni giorni difficili. Comunque il concerto è di qui a una settimana, e io già oggi sono uscito dai miei problemi.»
«Caro Maestro, il concerto è fra una settimana, ma le prove sono adesso: oggi e domattina; poi ci sarà solo la generale. E lei oggi dimostra di essere impreparato. Io non posso far perdere tempo all'orchestra: hanno altro da studiare.»
«Ma per dio! La prova sta andando benissimo!»
«Questo lo dice lei, ma noi siamo di diversa opinione. Lei sta suonando approssimativamente le note, ma senza nessuna espressione, senz'arte!»
«Certo! È solo una prova! Cerco di far sì che si possano mettere a punto nel modo più preciso tempi e frasi! Che altro vorrebbe: che dessi il sangue della lotta finale?»
«Oh no, basterebbe l'espressione
«E l'espressione avrà!»
«È troppo tardi adesso. Io non la conosco: me l'hanno imposta dalla direzione. Ma se fosse stato per me, io non avrei scelto certamente lei: lei suona con lo stomaco, non con l'intelligenza. Comunque io faccio il mio lavoro, e per il mio lavoro mi preparo adeguatamente e studio la partitura: è così che mi conquisto il diritto di essere qui, in un posto serio e di grandi tradizioni. Invece lei, fin dai primi giorni delle prove col pianista, lei ha dimostrato di non avere la benché minima idea di cosa sia la serietà e il rigore dello studio! Lo studio è devozione, è sofferenza, è dedicazione totale e incondizionata all'arte, non alle proprie pulsioni erotiche personali!»
«...Io le sono stato imposto dalla direzione; quindi sarà solo con la direzione che io parlerò. Quello che lei mi ha detto è inaccettabile. Ora ricominciamo la prova, se non le spiace.»
«No, a questo punto la prova non si ricomincia finché non mi verrà dato un ordine in merito dalla direzione. L'orchestra non può sprecare il suo tempo, dato che evidentemente dovremo fare un concerto sostitutivo, e comunque sappia che ci sono qui a Vienna ben altri violoncellisti, pronti e preparati ad eseguire quel concerto molto meglio di lei.»
Corsi a parlare con la direzione, e tutti furono estremamente prudenti, misurando parola dopo parola. Convennero che era meglio cambiare il calendario delle prove e riprendere il discorso il giorno dopo, tutti insieme, riunendoci alle tre del pomeriggio.
Mi sentivo disperato.
All'hotel c'era un breve messaggio di Ahasvero: «Spero che lei stia meglio. Sarò in casa tutta la sera se vuole che ci vediamo. Suo amico Hans Haas».
Decisi di andar subito da lui, senza neppure mangiare.