SESSANT'ANNI DOPO;
SECOLI DOPO.

 

 

     “...E quando echeggiò quella voce straziante, gonfia di patos e che, oppressa dai desiderî, dalla nostalgia di oscuri ricordi e da un amore infinito, non riesce a dire quello che vorrebbe dire — quando quella voce echeggiò d'un tratto in mezzo al brusio dell'orchestra, mi sembrò udir echeggiare d'un tratto in mezzo al brusio di una grande città, la voce miracolosa di un onagro.”

Alberto Savinio, "La voce del violoncello" in Scatola sonora, ed. Einaudi.

 

 

Lettori di pagine web,

prendetevi tempo: queste pagine vanno lette con ritmi antichi, fermando il mondo per ogni frase; almeno quel tanto che basti a viverne coi sensi e l'anima il contenuto, e renderlo così prezioso...  

 

  ...Giuseppe Gaccetta,
il vecchio falegname genovese che un tempo era stato violinista, aveva riso di gusto a sentirmelo raccontare, quella sera, a Genova, dopo il mio concerto... e io a pensarmi asino, per aver citato così, con tanta leggerezza, quella frase di Savinio in cui si paragona la voce del violoncello a quella di un asino. Infatti Savinio la paragonava, forse per prudenza, a quella “dell'onagro, l'antenato dell'asino”. Esso, dice, “è un mammifero che nel suo stesso suono ha qualcosa di panico, di sacramento naturale e ormai, disabituati come siamo di udirla, di lontano, d'inaspettato, di sorprendente...”.

Eppure proprio su quell'idea ci eravamo incontrati, per quella nostra naturale predisposizione a cogliere d'istinto le schegge sparse dell'arte armonica, nel rumore assordante della grande città moderna, che non ci è possibile percepire come "contemporanea"... Gaccetta mi parlò allora dei suoni di Paganini, magicamente ancora udibili nella sua città invasa da macchine, televisori e cemento. "Sono ancora là, sospesi, vicino al luogo in cui era la sua casa, il teatro in cui fece ascoltare il miracolo del suo violino...", mi raccontò.

E dopo qualche settimana, nella mia casa a Venezia, io ricevevo un pacco pieno di trucioli di legno e un disco in vinile, su cui era scritto: "Niccolò Paganini - CAPRICCI - n.23, n.24 Tema con variazioni dall'1 all'11 - n.5, n.19, n.22, n.11, n.13, n.5, n.7 - Registrazione eseguita su rullo nel 1931 da Giuseppe Gaccetta"; e dall'altro lato, scritto a mano con la bella calligrafia delle persone anziane, "A Claudio Ronco, con infinita stima e ammirazione, Gaccetta Giuseppe, il vecchio!". Le prime note di quel disco erano esattamente quel che mi aspettavo: il suono di Paganini, lontano, inaspettato, sorprendente... un suono panico...

Pan, dio dei pastori, dio della Natura terrificante... il suo tempio era rotondo, come un disco... e quel violino miracoloso suonava per me, attraversando quei lunghi sessant'anni in cui, incisione dopo incisione, avevamo invaso il mondo di suoni registrati, sognando ancora l'immortalità dell'arte, mentre invece moriva banalizzandosi, saturandosi, globalizzandosi, tecnicizzandosi...

Gaccetta suonava per me da un altro tempo, e io lo ascoltavo sbalzato fuori dal mio tempo. Subito ho sentito l'oppressione mortifera della mia indigestione di musica data al disco, anno dopo anno, in un crescendo inarrestabile di nomi, titoli, interpretazioni, stili, sonorità nuove, sonorità antiche... Poi ho capito che volevo suonare ancora, o nuovamente. E così il mio violoncello si è unito in duetto con quel violino del 1931, appena dietro il velo sottile, la nebbia dei fruscii di quei cilindri in cui si era scolpita la forma della sua voce.

L'emozione di quel momento si rinnova ogni volta. Alla fine del secolo della musica registrata —mai il mondo ha avuto tanta musica, e forse mai è giunto a renderla così banale...— io dialogo con un virtuoso di violino che in un mondo riempito fino all'orlo di libri immortali, quadri immortali, sculture immortali, poesie immortali, musiche immortali, ha scelto di essere solo nove Capricci di Paganini incisi per caso, un giorno qualunque del 1931, su cilindri simili ad antichi rotoli di scritture sacre.

C.R.

continua


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Cliccando qui sotto puoi ascoltare due dei Capricci di Niccolò Paganini, incisi su rullo da Giuseppe Gaccetta nel 1931:

ascolti


  Nelle immagini in alto:
N. Poussin, "Les Bérgers d'Arcadie", Parigi, Louvre; Giuseppe Gaccetta con la viola, in Quartetto, in una fotografia dei primi anni Trenta.
  
Nella pagina:
alcuni ritratti di Gaccetta, dal servizio fotografico di Italo Banchero, giugno 2000, per il Secolo XIX. A metà pagina: la celebre violoncellista Beatrice Harrison durante l'incisione discografica del Concerto per violoncello op.85 di Sir Edward Elgar, con l'autore alla direzione dell'orchestra, nel 1926 a Londra, in Abbey Road; ovvero gli stessi "Studios" in cui i Beatles incisero i loro dischi, un po' di anni dopo.

Potete leggere la novella su Giuseppe Gaccetta cliccando qui:
"Quale voce per il violoncello di Alfredo Piatti?"

Oppure visitare la prima pagina che avevo scritto per lui, tre anni fa:
"Giuseppe, falegname a Genova"


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