Le Combat du Dragon


Il Combattimento del Dragone

Quando anni fa ritornai nei luoghi della mia adolescenza, passeggiando sulle stesse orme che mi sembrava di vedere impresse nella desolazione di quei luoghi —la cui memoria, per me, era solo dolore—, lo spavento fu troppo forte e ne fuggii, solo per ritrovarli presenza costante e ossessiva nelle mie notti e nei miei momenti di abbandono al sonno.

Temevo di non potermene più liberare, di finire afflitto da quell'angoscia fino al punto di morirne. C'era allora Jacob, mio figlio maggiore, che aveva solo quattro anni, e io feci con lui un viaggio nella mia città natale. Una sera lo portai con me a vedere la mia vecchia casa, nella periferia anni '70, verso i monti, fra strade larghe quanto i campi di grano cancellati dall'asfalto. I marciapiedi, le case, le automobili parcheggiate e le foglie degli alberi avevano lo stesso colore sotto i fari dell'illuminazione pubblica, e le linee convergenti della prospettiva di quelle strade sembravano chiudere qualsiasi orizzonte in una soffocante strettoia simile all'interno di un cono, senza uscita. Jacob mi dava la mano, come fanno tutti i bambini, stringendo e carezzando la mia senza sosta, come a comunicarmi ininterrottamente qualcosa, in un linguaggio segreto di gesti minimi e sensibilissimi. Poi si mise a parlare di colpo, a voce alta e sicura, fermandosi a fissarmi dritto negli occhi: «Papà, tu qui non stai bene, sei triste. Adesso mi dai la mano e vieni a spasso con me, che io ti proteggo».

Camminai per un tempo indefinibile seguendolo come avrebbe fatto un bambino col padre, e a ogni passo diventavo più leggero, fino a sentire chiarissima, dentro di me, la gioia della sicurezza, della libertà dagli incubi. O meglio: guidato verso la memoria della mia innocenza, dalla mano gentile dell'innocenza stessa.

Tutto questo può esistere solo in una remota memoria, che l'arte cerca di far riaffiorare.

Alla "cognizione del dolore" deve corrispondere l'energia della gioia, il luminoso canto dell'alba e della vita; ad ogni tono minore il suo maggiore, ad ogni nota sensibile la sua Tonica, ad ogni dissonanza armonica la sua risoluzione. Per questo il teatro lega insieme, con unico laccio, le maschere della commedia e della tragedia. E in tal modo nessuna realtà può mostrare della vita e dell'esistenza più "realtà" di quanto è dato svelare al teatro stesso.

 

Claudio Ronco.
Dedicato a Zerlina.