Michele Bolaffi, canti liturgici ebraici per solo, coro e strumenti; 1826, Sinagoga di Livorno.



Il manoscritto livornese.
La musica sinagogale in Italia e l'opera di Michele Bolaffi.
Cenni biografici.
Il concerto.

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Il manoscritto livornese.

Fra i tesori della Birnbaum collection, custodita presso la Hebrew Union College Library di Cincinnati, USA, si trova un prezioso manoscritto, regolarmente classificato e minuziosamente descritto da Israel Adler nel volume del R.I.S.M. dedicato ai manoscritti di musica ebraica notata, contenente quattordici composizioni per una o due voci solistiche, coro e basso continuo (la prima, però, con grande orchestra) intitolate: "Versetti posti in musica dal Professore Michele Bolaffi, dedicati al Signor A.Crocolo, 1826".
Questa raccolta rappresenta sostanzialmente un unicum di grande interesse, poiché i canti in essa contenuti sono destinati alla regolare liturgia dello Shabbat, che secondo il precetto ebraico in tempo di diaspora non permette l'uso di strumenti, né della polifonia, durante il periodo di tempo che intercorre fra la sera del venerdì e quella del sabato, in attesa del ritorno del Messia e della conseguente ricostruzione del Tempio di Gerusalemme. Due di questi "Versetti" —certamente composizioni originali di Michele Bolaffi, dato lo stile indubbiamente caratteristico della sua epoca— sono tutt'ora cantati in molte sinagoghe italiane di rito sefardita, sebbene ridotti a semplice melodia monofonica e senza alcuna memoria del nome del loro autore. Ciò deve dunque farci immaginare un breve momento durante il quale, intorno al primo quarto dell'Ottocento e indubbiamente ispirati dalle grandi innovazioni culturali e sociali dell'epoca, in qualche sinagoga livornese si è creduto di dover rinnovare la solennità del rito attraverso la gioia degli strumenti così com'era nei tempi biblici, forse interpretando il concetto di "era messianica" in modo metaforico, là dove il Sabato inteso non solo come riposo ma soprattutto quale interruzione del tempo lineare poteva essere concepito come "luogo" in cui il Messia è già presente, o forse semplicemente anelando a una rapida venuta del Messia, inteso come tempo di pace universale e comprensione della fratellanza umana, al di sopra di ogni divisione e differenza.
La storia ebraica, tristemente, è sequenza ininterrotta di persecuzioni e dolore, e forse anche l'oblìo in cui era finito questo gruppo di composizioni musicali insieme al loro autore, è qualcosa che nasconde un segreto racconto di speranze cancellate e di disillusione. Tuttavia, nel conservarsi di quelle melodie sembra sopravvivere l'idea del proseguire di un sogno meraviglioso, mai abbandonato, eternamente attuale, scritto nel linguaggio universale della musica: quello di un mondo nel quale le differenze giungono a convivere sotto lo stesso cielo, in perfetta armonia.

La musica sinagogale in Italia e l'opera di Michele Bolaffi.

Sh'lomo me Adumìm, ovvero il celebre violinista e compositore ebreo Salomone de' Rossi, pare sia stato il primo musicista a introdurre la polifonia e forse anche gli strumenti nel servizio liturgico ebraico, contribuendo in maniera determinante al rinnovamento svolto nei primi del Seicento presso le comunità di Venezia, Mantova, Ferrara, Padova e Casale Monferrato. E' la sinagoga di Ferrara, nel 1605, a tener conto per prima delle innovazioni proposte da Salomone e difese a Venezia dal Rabbino Leone da Modena, deciso a modernizzare il rito, fino ad allora tradizionalmente legato al concetto per cui "l'allegrezza e le canzoni erano state proibite nella Sinagoga fin dalla distruzione del Tempio" (Teudath Sh'lomo, Sh'lomo Lifschitz, Offenbach, 1718, intorno ai responsa sulla controversia veneziana, pubblicati più volte da Leone da Modena e poi ridiscussi un secolo dopo in Germania, dove venne introdotto l'uso di strumenti prima del calar del sole il venerdì sera). L'unico esempio rimasto è appunto quello pubblicato a Venezia nell'ottobre 1622: Ha shirim Asher LiSh'lomo, i "Canti di Salomone", di Salomone de' Rossi, stampa a caratteri mobili con testo ebraico da destra a sinistra e musica da sinistra a destra, in parti separate. In quelle composizioni non c'è però alcuna traccia di caratteri melodici o armonici di derivazione tradizionale ebraica, proprio perché volevano essere, appunto, una "modernizzazione". Il tentativo durò poco: già nel 1715 nella sinagoga di Ferrara fu cambiata la musica di una benedizione, e il responsabile di quel fatto, Nehemia Cohen, venne scomunicato. Sono dunque proprio i quattordici versetti di Bolaffi l'unico altro indizio di rinnovamento della musica liturgica sinagogale in Italia, nei quali però, a differenza dei tentativi di Salomone de' Rossi due secoli prima, le melodie sono ispirate dai modi tradizionali ebraici, con la chiara intenzione di evidenziarne i caratteri, pur nel modernizzarne la forma secondo lo stile dei suoi tempi: quelli di un'Italia musicale che ascolta Rossini e Paganini, ma comincia a studiare con curiosità e rispetto l'opera di Beethoven e dei grandi classici tedeschi.
Quanto alla tradizione musicale ebraico/livornese cui l'autore di questo prezioso manoscritto si ispira e offre le sue composizioni, è utile ricordare la figura di Federico Consolo, violinista ebreo nato ad Ancona nel 1841 e morto nella Firenze di Bolaffi nel 1906, autore del Libro dei canti d'Israele, Antichi Canti Liturgici del Rito degli Ebrei Spagnoli: Consolo si era dedicato proprio allo studio dei canti sinagogali degli ebrei di Livorno, una delle principali comunità ebraiche italiane, formatasi a seguito della cacciata degli ebrei dalla Spagna, nel 1492. Di fatto, però, come dimostra Abraham Zvi Idelsohn (Jewish Music in Its Historical Development, New York, 1929; ed.italiana: Storia della musica ebraica, Giuntina, Firenze 1994, a cura di Alberto Jona), le musiche riportate sono esclusivamente omofoniche ed esclusivamente vocali, generalmente in forma responsoriale con solista e coro, e non solo d'origine sefardita, ma in gran parte derivate dalla tradizione dell'Italia settentrionale, contenendo, infatti, influenze sia levantine sia ashkenasite, o derivando semplicemente dal canto italiano del XVII e XVIII secolo. Sembra dunque possibile che Bolaffi abbia voluto fondere la più colta tradizione musicale italiana ed ebraica prendendo a modello l'esperienza delle sinagoghe dell'Europa centrale, che a differenza di quelle italiane avevano adottato l'innovazione del canto polifonico con accompagnamento strumentale, sviluppando quella grande tradizione di cui il kletzmer è figlio legittimo, poiché la vita mondana e il servizio divino, nella cultura di vita ebraica, si intrecciano e compenetrano senza mai separarsi.

Michele Bolaffi, notizie biografiche.

Sappiamo poco o nulla di Michele Bolaffi (1769-...): fra le poche, stringate notizie sulla sua vita, quelle del Dizionario Universale dei Musicisti di Carlo Schmidl, pubblicato a Milano nel 1938 dalla casa editrice Sonzogno, dove si legge, nell'appendice al primo e secondo volume: "Nacque a Livorno (non a Firenze). Nel 1822 era stato in Venezia precettore in casa dell'avv. Aless. Vivanti; fu maestro di cappella alla Corte di Luigi XVIII (1816 - 1818), poi di quella di Toscana in Livorno (1835). Compose anche 6 Salmi penitenziali a 2 voci con B. di accompagnamento."
Nel sito web dedicato da Marco Bazzotti ai chitarristi cosiddetti minori dell'Ottocento, inoltre, è presentato come "compositore della prima metà del XIX secolo", autore di una Romanza per voce, pianoforte e chitarra pubblicata a Firenze presso Lorenzi nel 1860. Una più approfondita ricerca attraverso il data base nazionale delle Biblioteche dei Poli SBN aggiunge ad essa Six nouveaux nocturnes italiens a deux voix avec accompag.t de piano ou harpe : oeuvre 2.me, pubblicati a Parigi presso Carli, nel 1815 ca.; Il mese armonico per canto, chitarra e pianoforte, Lorenzi 18.., e potrebbe forse trattarsi della stessa Romanza citata: La pace, cantata a voce sola opera 4. poesia e musica di Michele Bolaffi fiorentino ..., non databile e senza indicazione di pubblicazione, e infine Il pastore e la pastorella delle alpi: Farsa Per Musica su libretto di G.D. Campagna, stampata a Venezia per i tipi di Rizzi. A completare questo piccolo catalogo, una Lettera di Michele Bolaffi sull'opera Maria di Rudenz, (Livorno, Tipografia Meucci, 1838), oltre alla misteriosa Teodia, o sia, Inno filosofico a Dio: odi semilibere, traduzione da antico testo orientale, Livorno, Angeloni, 1836, conservata quest'ultima presso la Biblioteca comunale Labronica di Livorno. E' tutto quanto sembri rimanere di un autore inesorabilmente assente dalle enciclopedie, dai dizionari biografici e persino dai principali testi dedicati alla musica ebraica.
Infine, grazie al dono del manoscritto che David e Itzach Crocolo consegnarono nel 1826 alla sinagoga di Livorno in memoria di loro padre, cantante e amico di Michele Bolaffi, siamo oggi in grado di conoscere la versione originale e il nome dell'autore di alcune delle melodie liturgiche più amate, trasmesse oralmente e conservate nella tradizione sinagogale italiana di rito sefardita.

Il concerto.
I "Versetti posti in musica..." di Michele Bolaffi sono stati integralmente eseguiti in forma cameristica e in prima assoluta nella sinagoga di Ancona, venerdì 14 luglio, alle ore 16, prima dell'inizio di Shabbat con il baritono Alberto Jona, Andrea Coen all'organo positivo e Claudio Ronco al violoncello, nell'ambito della quinta edizione del Festival di musica Kletzmer.

Il progetto di Claudio Ronco per uno spettacolo teatrale con le composizioni di Michele Bolaffi è brevemente descritto a questa pagina: il sogno...

Andrea Coen
Alberto Jona
Claudio Ronco


Per informazioni sul Festival,
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Michele Bolaffi, Jewish liturgical songs for solo, choir and instruments; 1826, Synagogue of Leghorn.



The manuscript
Jewish liturgical music in Italy
Biography
The concert

Some musical extracts

Midis


The manuscript

Among the treasures of the Birnbaum Collection, conserved at the Hebrew Union College Library in Cincinnati, Ohio, U.S.A., there is a priceless manuscript, duly classified and minutely described by Israel Adler in the R.I.S.M. book devoted to the manuscripts of written Jewish music, featuring fourteen compositions for one or two solo voices, choir and bass throughout (the first, however, with full orchestra) titled: "Versetti posti in musica dal Professore Michele Bolaffi, dedicati al Signor A. Crocolo, 1826".
This collection is actually a highly interesting unicum, since the songs it features are intended for the regular liturgy of the Shabbat, that according to the Hebrew rule at the time of the diaspora forbids the use of instruments, as well as of polyphony, during the span of time between Friday evening and Saturday, before the return of the Messiah and the consequent reconstruction of the Temple of Jerusalem. Two of these "Versetti" —certainly original compositions by Michele Bolaffi, considering their style, clearly characteristic of his time— are still sung today in a number of Sephardic-rite Italian synagogues, although reduced to a simple monophonic melody, and without the slightest trace of their author's name. So this should allow us to imagine a short period of time in which, around the first quarter of the nineteenth century and undoubtedly inspired by the great cultural and social innovations of the period, in a synagogue of Leghorn it was felt to be time to refresh the solemnity of the rite by the joyfulness of instruments as in Biblical days, perhaps interpreting metaphorically the notion of "Messianic era", when the Sabbath, meant not just as a time of repose but especially as an interruption in linear time, could be conceived as a "place" in which the Messiah was already present, or perhaps simply longing for a swift coming of the Messiah, seen as a time of universal peace and understanding of the brotherhood of men, beyond separations and differences.
It is a sad fact that Jewish history has been an uninterrupted series of persecutions and sorrows, and maybe the oblivion in which this group of musical compositions and their author had fallen conceals a secret tale of denied hopes and disappointments. Nonetheless, the conservation of these melodies seems to signify the survival of the idea of continuing a wonderful dream, never abandoned, eternally present, written in the universal language of music: the dream of a world where differences can live under the same sky, in perfect harmony.

Synagogal music in Italy and the work of Michele Bolaffi.

Sh'lomo me Adumim, in other words the Jewish famous violinist and composer Salomone de' Rossi, appears to have been the first musician to introduce polyphony, and maybe even the use of instruments, in the Jewish liturgy, thus largely contributing to the renewal that occurred in the early seventeenth century in the communities of Venice, Mantua, Ferrara, Padua and Casale Monferrato. The Ferrara synagogue, in 1605, was the first to follow the innovations suggested by Salomone and backed in Venice by Rabbi Leone da Modena, who was determined to modernize the ritual, up to then traditionally bound to the idea that "joyfulness and songs were forbidden in the Synagogue since the destruction of the Temple" (Teudath Sh'lomo, Sh'lomo Lifschitz, Offenbach, 1718, about the responsa in the Venetian controversy, published several times by Leone da Modena and then again discussed a century later in Germany, when the use of instruments before sundown on Friday night was introduced). The one remaining example is precisely the one published in Venice in October 1622: Ha shirim Asher LiSh'lomo: the "Songs of Solomon", by Salomone de' Rossi, printed in mobile characters with the Hebrew text from right to left and the music from left to right, in separate parts. Yet in these compositions there was no sign of traditional Jewish melodic or harmonic features, precisely because they were in fact intended as a "modernization".
The essay was short-lived: already by 1715 in the synagogue of Ferrara the music of a benediction was altered, and the one who was responsible for it, Nehemia Cohen, excommunicated. So those fourteen Versetti by Bolaffi are precisely the only other indication of renewal of synagogal liturgical music in Italy; however in these, unlike Salomone de' Rossi's endeavours two centuries earlier, the melodies were inspired by traditional Jewish manners, with the clear intention of displaying their features, while also updating their form in the style of his time: that of a musical Italy that listened to Rossini and Paganini, but was beginning to examine with curiosity and respect the works of Beethoven and the great German classics.
As regards the Jewish/Leghorn musical tradition, from which the author of this precious manuscript drew his inspiration and to which he offered his compositions, it is worthwhile mentioning the figure of Federico Consolo, a Jewish violinist born in Ancona in 1841 and who died in Bolaffi's Florence in 1906, the author of the Libro dei Canti d'Israele, Antichi Canti Litugici del Rito degli Ebrei Spagnoli: Consolo had actually devoted himself to the study of the synagogal songs of the Jews of Leghorn, one of the leading Hebrew communities in Italy, formed after the Jews had been cast out of Spain in 1492.
Yet actually, as evidenced by Abraham Zvi Idelson (Jewish Music in Its Historical Development, New York, 1929), the musics recorded therein are exclusively homophonic and exclusively vocal, usually in an antiphonal form with soloists and choir, and not just of Sephardic origin, but largely derived from the tradition of northern Italy, featuring, in fact, Levantine as well as Ashkenazic influences, or simply deriving from seventeenth and eighteenth-century Italian songs. So Bolaffi may well have wanted to blend the most cultured Italian and Jewish musical traditions, following the example of the experience of Central European synagogues, that unlike the Italian ones had adopted the novelty of polyphonic song with instrumental accompaniment, elaborating that great tradition of which the kletzmer is the legitimate descendant, since worldliness and the divine service, in the Jewish life culture, are interwoven and blended without ever being separated.

Michele Bolaffi, some biographical data.

We know next to nothing about Michele Bolaffi (1769-...): among the rare, terse data on his life, we have that in the Dizionario Universale dei Musicisti by Carlo Schmidl, published in Milan in 1938 by the publisher Sonzogno, where we can read, in the appendix to the first and second volume: "He was born in Leghorn (not in Florence). In 1822 he went to Venice as tutor in the household of the lawyer Aless. Vivanti; he was chapel master at the Court of Louis XVIII (1816-1818), then at that of Tuscany at Leghorn (1835). Composed also 6 Salmi Penitenziali for two voices with throughout bass."
Furthermore, at the website Marco Bazzotti has devoted to the so-called minor nineteenth-century guitarists, he is presented as a "composer of the first half of the nineteenth century", the author of a Romanza for voice, piano and guitar published in Florence at Lorenzi's in 1860. A more in-depth research performed at the national data base of the Biblioteche dei Poli SBN adds to that Six nouveaux nocturnes italiens à deux voix avec accomp.t de piano ou harpe : oeuvre 2.me, published in Paris at Carli's, in c. 1815; Il Mese armonico for song, guitar and piano, Lorenzi 18.., and perhaps the same above-mentioned Romance: La Pace, cantata a voce sola opera 4. Poesia e musica di Michele Bolaffi fiorentino..., not datable and with no indication of publication, and last Il Pastore e la pastorella delle alpi: Farsa Per Musica su libretto di G.D. Campagna, printed in Venice by Rizzi.
To complete this brief catalogue, a Letter from Michele Bolaffi on the work of Maria di Rudenz (Leghorn, Tipografia Meucci, 1838), as well as the mysterious Teodia, o sia, Inno filosofico a Dio: odi semilibere, traduzione da antico testo orientale, Leghorn, Angeloni, 1836, the latter conserved at the Biblioteca Comunale Labronica of Leghorn. That is all that appears to remain of an author inexorably missing in the encyclopedias, biographical dictionaries and even in the major writings devoted to Hebrew music. Last of all, thanks to David and Itzach Crocolo's gift of the manuscript to the synagogue of Leghorn in memory of their father, a singer and friend of Michele Bolaffi, we now can discover the original version and the name of the author of some of the most beloved liturgical songs, passed down orally and conserved in the Sephardic-rite Italian synagogal tradition.

Concert

The "Versetti posti in musica..." by Michele Bolaffi were entirely executed in chamber music form and as a world Première in the synagogue of Ancona, Friday, 10 July 2000, at 4 P.M., before the beginning of the Shabbath, with the baryton Alberto Jona, Andrea Coen at the organ and Claudio Ronco at the cello, on the occasion of the fifth edition of the Festival di musica Kletzmer.

Andrea Coen
Alberto Jona
Claudio Ronco

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