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Il fatto è che i veri simboli (da non confondere con gli "emblemi") sono come la punta di un iceberg o più prosaicamente come la cipolle. A guardare da vicino e in profondità o a togliere gli strati successivi, i simboli disvelano (e ri-velano, cioè velano di nuovo) realtà e conseguimenti coscienziali che a parole — fonetizzate o trascritte— non si possono dire. Da qui la necessità "tecnica" e, quindi, "artistica" del segreto e del silenzio iniziatici. Come può qualcuno capire da una descrizione il sapore di un frutto che un altro sta mangiando? Non resta che provare di persona; e, qualche volta, riprovare.

 

F.I., in Hiram, n. 5, maggio 1987 – Soc. Erasmo, Roma.

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