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«Non dobbiamo pensare che i labirinti abbiano sempre mura, siepi, divisioni, specchi. Possiamo penetrare labirinti senza accorgercene, o vedere i nostri passi fermati da un impedimento invisibile, non esplicito, e inesplicato.
Il taxi accompagna a un indirizzo municipale seguendo un tracciato: l'elicottero arriva allo stesso punto dall'alto. In un caso c'è l'esperienza del meandro, nell'altro no. Anche i motori di ricerca interni ai siti Internet ci portano alla nostra destinazione senza darci alcuna sensazione dell'intrico di connessioni soggiacenti. Ma molti siti propongono una sorta di «mappa» che è sostanzialmente priva di utilità pratica (viene consultata dal genere di persone — questa è una confessione — che in ogni albergo passa volentieri cinque minuti davanti alla pianta con le norme per l'evacuazione in caso di incendio).
Ogni mappa ci dice una cosa: è possibile disorientarsi. Il luogo in cui siamo può apparirci all'improvviso come un labirinto e per uscirne (non solo dal labirinto ma anche dalla sua percezione) ci vuole un colpo d'ala. Dedalo e Icaro uscirono dal labirinto con un volo, meraviglioso e tragico, e fu come se in un mondo piatto, una desolata Flatlandia, si fosse spalancata l'inaspettata terza dimensione.
A ricordarci che Dedalo inventò lo stratagemma del volo per uscire dal labirinto da lui stesso costruito è il matematico Pierre Rosenstiehl (in una recente raccolta di interventi di filosofi, scrittori, enigmisti, matematici, artisti sul labirinto e sulla Sfinge: Le vertigini del labirinto, a cura di Raffaele Aragona per le Edizioni Scientifiche Italiane, 2000), lo stesso che ha studiato gli algoritmi per la soluzione scientifica del labirinto.
Rosenstiehl collabora volentieri con filosofi e scrittori. Ha studiato la mappa del métro di Parigi per fornire al poeta Jacques Jouet il percorso ottimizzato dell'intera rete del métro parigino.
Jouet ha effettivamente compiuto questo percorso, il 18 aprile del 1996, tra le cinque e mezzo del mattino e le nove di sera, e durante questa esplorazione ha scritto uno dei suoi maggiori Poèmes de métro (P.O.L. 2000): ogni verso è composto con il treno in movimento, e poi trascritto durante la fermata, secondo un rituale assai rigoroso.
Quello che Rosenstiehl sa benissimo è che il problema del labirinto non si esaurisce nella risposta topologica alla domanda: Come si esce? [...] »

 

(Stefano Bartegazzi, Quando la vita comincia a disorientarsi. Labirinto,
da "La Repubblica" dell'11 aprile 2001)

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