1

Scriveva l'imperatore Adriano, all'incirca fra il 1924 e il 1973 d.C. accanto agli sconvolgimenti di un'umanità ancora incosciente del suo tremendo potere distruttivo, ancora inebriata dalle tecnologie nuove e rivoluzionarie, mentre la radio e poi la televisione rapidamente conquistavano il mondo e lo mutavano irreversibilmente –, nel celebre ritratto che di lui, della sua "voce", seppe fare Marguerite Yourcenair:

« In un mondo dove tutto non è che un turbine di forze, danza di atomi, dove tutto si trova contemporaneamente in alto e in basso, al centro e alla periferia, non riuscivo a farmi convinto dell'esistenza d'un globo immobile, d'un punto fisso che non fosse al tempo stesso in moto .»

E così indagando nell'idea di Dio, giungeva a meditare sullo stato di saturazione del suo mondo:

« Siamo ingombri di statue, rimpinzati di capolavori della pittura e della scultura; ma questa abbondanza è illusoria: non facciamo che riprodurre all'infinito poche decine di capolavori che non saremmo più in grado di inventare. »

E ancora indagando intorno all'idea di Dio, finiva col dire di sé:

« TRAHIT SUA QUEMQUE VOLUPTAS: ciascuno la sua china; ciascuno il suo fine, la sua ambizione, se vuole, il gusto più segreto, l'ideale più aperto. Il mio era racchiuso in questa parola: il bello, di così ardua definizione a onta di tutte le evidenze dei sensi e della vista. Mi sentivo responsabile della bellezza del mondo [...] »

 

(Marguerite Yourcenair, Memorie di Adriano,
Gallimard, Paris 1974;
trad. it. Lidia Storioni Mazzolani, ed. Einaudi 2002;
nell'ordine: pag.140, pag.124 e pag.127)

2

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

©claudioronco2006