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Labirinti d'ipertesti

Nell'aggirarti dentro all'idea di "ipertesto" con ricchezza di pensiero e di stimoli, mi sembra ti sia sfuggito un particolare importante: quello che ho cercato di indicarti suggerendoti di comparare un labirinto a un cosmo (forse espresso in questi due termini si illumina, o forse si oscura...).

Non basta dire che, a differenza del cosmo, un labirinto è un luogo nel quale l'obiettivo è necessariamente fuoriuscirne; un labirinto, fra l'altro, in qualche modo è sempre "doppio", nel senso che ci sarà quello reale, del quale colui che vi è penetrato può conoscere solo ciò che vede man mano che avanza (e normalmente, nei labirinti, tutto continua ad avere lo stesso aspetto), e quello immaginato, anzi visualizzato dalla mente del prigioniero, che si industria a farsi una mappa mentale dell'intera struttura al fine di scoprire la via d'uscita.

Ora il labirinto, non importa quanto semplice o complicato, è comunque il risultato di un progetto che ha un autore, e inoltre può nascondere diversi percorsi dall'entrata all'uscita, ma uno solo sarà il più breve.
In relazione a questi aspetti, il labirinto acquista gli importanti e inquietanti significati che hanno spinto l'uomo a costruirne ovunque; infatti nell'esperienza del labirinto il "tempo" non è cosa di secondaria importanza: se la scoperta della via d'uscita non avviene nel limitato tempo a disposizione dell'imprigionato, egli morirà di fame e di sete senza poter raggiungere l'uscita.
Dedalo infatti sceglie di liberarsi da un problema simile, di percorsi e prigionie in linee orizzontali, intraprendendo un viaggio "in verticale": Dedalo "corregge" con l'ingegno la natura dell'uomo, facendo sì che si arricchisca della leggerezza d'un uccello.

Di fatto, la sua intelligenza e il suo ingegno gli permettono di riuscire in un'impresa oltre i limiti umani, ma contemporaneamente lo rendono perdente nell'altra impresa: quella di liberare insieme alla sua persona anche quella dell'innocente, del semplice. Infatti il suo giovane figlio, istruito sì ad alzarsi in volo, non è pronto a volare con saggezza verso la giusta mèta; per non cadere come Icaro ci è appunto necessaria la leggerezza dell'uccello, per dirla con Paul Valery, e "non quella della piuma".

Venendo allora all'ipertesto nel web, bisogna considerare questo: un libro di scienze e un altro, ad esempio, di narrativa, dichiarano gli ambiti entro i quali si dovrà percorrere il loro spazio-tempo; se io presento il più autorevole testo di un filosofo famoso e largamente apprezzato, camuffandolo da opera scritta da un uomo qualsiasi auto-nominatosi filosofo a seguito di un percorso personale nello studio e nell'indagine, la possibilità che qualcuno si metta a leggerlo con attenzione diventa pressoché inesistente: il filosofo di professione non avrà tempo da dedicare ai dilettanti; il comune lettore di filosofia e filosofo dilettante, se lo leggerà, cercherà se stesso in quel libro e vi troverà riflesse tutte le sue insicurezze, riepilogandole in una critica al testo, quasi certamente negativa.

Non vado oltre negli esempi, perché credo queste osservazioni sufficienti, applicabili a qualsiasi caso di comunicazione del pensiero complesso.
Ma il risultato è comunque il seguente: ogni lettore che abbia attraversato la lettura di un libro con coscienza, porta con sé la possibilità di essere lui stesso "link" di un'entità conclusa qual è un libro verso altre realtà intellettuali o sociali, ma generalmente non ne approfitta e si limita a costruire uno spazio mentale simile al libro d'origine, chiuso in se stesso. Il libro non "vibra" in altro mondo che non sia il suo mondo personale; la "parola" non è altro che il mattone dell’edificio in cui si è chiuso, o dei muri del suo labirinto personale e auto-edificato.

Dice il rabbino e filosofo Ouacknin:
«Les mots ne sont pas que des outils de désignation qui ne donnent accès qu'aux choses; ils sont aussi la vie des choses et notre vie dans les choses, si nous savons entendre les vibrations de la vie qui traversent la matière.»

«Le parole non sono soltanto degli utensili di designazione che permettono l'accesso alle cose; sono anche la vita delle cose e la nostra vita nelle cose, se noi sappiamo sentire le vibrazioni della vita che attraversano la materia.»

(M. A. Ouaknin, Concerto pour quatre Consonnes sans voyelles,
Jerusalem, 1991)

Se noi riacquistiamo fiducia nella parola resa libera di esprimere tutta la sua intrinseca complessità, non apriremo la strada di un mondo labirintico –cosa che infatti accade inevitabilmente quando le parole sono organizzate secondo una precisa e univoca funzione dall’autore di un testo, ovvero di un insieme di parole che si suppone verrà attraversato nel percorso che da un ingresso si dirige verso un’uscita — e quindi di un labirinto che conosce un’unica direzione e un’unica funzione; al contrario, noi ci recheremo in un cosmo che ci impone responsabilità universali e assolute.
Questo, per me, è il primo fondamentale passo dell’intelligenza che ci viene imposta dal mondo futuro, già intuibile dai segni della pericolosa transizione nella quale stiamo vivendo.

Sul labirinto, tempo fa mi era capitato di scrivere questo:
“I labirinti sono luoghi nei quali entrare significa uscire, e viceversa. Sembra a tutti che debbano avere un centro, e invece non hanno neppure un perimetro. Questa è la ragione per cui alcuni restano intrappolati, altri vanno fieri di se stessi per esser riusciti a uscirne grazie all'intelligenza, senza però accorgersi che non per volontà loro ne sono stati rigettati; altri ancora li attraversano con levità solenne, sostenuti dalle leggi d'armonia. Insomma, quelle stesse leggi che hanno fatto volare le ali di Dedalo, risucchiandole in spirali verso l'alto. Dove l'intelligenza ha prevalso, dei suoni acuti e cristallini si è sfruttata la trasparenza, e il tessuto ampio dei suoni bassi si è così palesato alla vista e alla volontà che ha potuto dirigere il volo. Dove è prevalsa l'emozione e l'eccitamento, o l'estasi e il distacco dalle cose terrene, il risucchio si è capovolto in caduta verticale, scivolando fra le trame degli accordi nei bassi, di vuoto in vuoto, fino alla dissoluzione violenta della materia preziosa che pure era giunta tanto in alto.”

Oggi penso che quella mia descrizione del labirinto, così adatta a descrivere il cosmo, dimenticasse di notare il pericolo che una tale sovrapposizione di figure comporta; ma nel contempo mi sono convinto della inevitabilità del nostro compito di penetrare proprio quel cosmo, dove ogni cosa è contemporanea ed equivalente al suo contrario, e che la possibilità di sopravvivere e di non impazzire in un tale luogo sia la sfida del futuro. Il web è il campo delle esercitazioni; il mondo reale è il luogo della battaglia; la battaglia è la stessa che affrontò il primo uomo: quella tra la luce e la tenebra.

C.R.

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©claudioronco2006