Dieci e non undici”.
Non chiederti: Dal momento che la sapienza rappresenta l'inizio del pensiero del discorso, come potrò non contarne undici? Non devi infatti separare la sapienza dalla corona (Keter, la prima sefirah), che è il pensiero dell'inizio del discorso, sebbene tu non possa afferrare il pensiero di Colui che conta e che unisce.

(Yitzhaq ben Avraham il Cieco, Perush Sefer Yetzirah, "commento al libro della formazione",
Francia meridionale, fra il XII e il XIII sec.)

 

Le Sephirot della Qabbalah ebraica,
spiegate in poche parole.

 

    Le Sephirot —per la Qabbalah ebraica— sono ciò che era uscito da Dio nell'atto della creazione. Il più delle volte si traduce con "emanazioni", comunque Dio si espande, col suo "soffio", e la sua espansione si divide, si ordina nei vasi che sono destinati a contenerla.
I primi tre, Kether, la Corona, Hokmah, la Sapienza o Saggezza, e Binah, l'Intelligenza, inizialmente reggono benissimo, e fanno da motore al movimento verso le altre. Ma poi ecco la catastrofe: quei vasi si spezzano, e tutta quell'energia, quella luce, si espande caoticamente, dando origine al caos primordiale...

La Qabbalah di Isaac Luria di Safed, nel Medioevo, insegnava questo: la rottura dei vasi successe per la mancanza d'armonia fra l'elemento maschile e quello femminile, come diceva lo Zohar —il principale testo cabbalistico medievale— spiegando l'elenco dei re di Edom in Genesi 36. E in questa crisi delle potenze della giustizia si generarono le potenze demoniache, nelle scintille più dure e più nere, precipitate in basso, e mescolate ai cocci, o "gusci" dei vasi spezzati; in ebraico: le "Qelippoth".
In questa formidabile deflagrazione primordiale, tutto o va verso l'alto, o va verso il basso, ma nulla resta simile a prima: nulla si trova più al suo posto, tutto sta da qualche altra parte. Questo è "l'esilo di Dio", dalla sua unità.

In Gershom Scholem ("La Kabbalah e il suo simbolismo", ed. Einaudi, PBF ) si legge: «E così ogni essere a partire da quell'atto originario è un essere esiliato, e deve essere ricondotto al suo posto e redento. La rottura dei vasi continua in tutti i suoi gradi successivi della emanazione e creazione; tutto è in qualche modo spezzato, tutto ha una macchia, tutto è incompiuto.»


Questo immenso, profondissimo dramma cosmico vedeva uscire dagli occhi dell'Adamo primordiale le emanazioni che i vasi non poterono reggere, e per rimediare a quel caos, dalla fronte di Adamo scaturirono raggi capaci di costruire e guarire. Questo era il Tikkun, la restaurazione. E questo processo si immaginava svolto non solo da Dio, ma anche nell'uomo, attraverso l'uomo, che è coronamento di tutto il Creato.

I mondi che le Sephirot liberate dai vasi stavano costruendo, erano mondi in cui si mescolava la purezza della giustizia originaria alle forze del male; ecco che questa restaurazione, il Tikkun, si doveva svolgere o nell'espulsione di quelle forze negative, o nella loro conversione in energie costruttive di amore e di grazia.

Ancora Scholem: «In cinque figure, che Luria chiama partsufim, [...] la figura dell'uomo originario si riforma nel mondo del tikkun. Sono le figure del "longanime", 'arikh; del padre; della madre; dell'"impaziente", ze'ir'anpin; e del momento femminile che lo integra, della Shekhinah, che a sua volta si manifesta in due configurazioni, Rachele e Lia.» (ibid.)

Il principio maschile che con la rottura dei vasi era uscito dalla sua originaria unità con il femminile doveva ora: «ripristinarla su un nuovo piano e sotto nuovi aspetti [...] Tutto ciò che accade nel mondo dei partsufim si ripete in tutti i mondi inferiori, in una forma sempre più precisa. Questi mondi si formano nel continuo flusso di luci che s'intorbidano sempre più —e l'opinione di Luria su questo punto era chiaramente che la decima sefirah di ogni mondo, vale a dire la Shekhinah, vi funge insieme da specchio e da filtro che rimanda indietro la vera sostanza delle luci che affluiscono su di esso, mentre lascia passare solo il loro residuo e il loro riflesso, o li irradia a sua volta. Ma nello stato attuale delle cose il mondo del perfezionamento è mescolato con il mondo delle potenze demoniache, delle Klippòth, ciò che costituisce il carattere grossolanamente materiale che esso assume nei fenomeni fisici.» (ibid.)

Ecco allora che "cinque volti di Dio, o di Adam Qadmon", l'Adamo primordiale —i "Partsufim", in ebraico— erano ciò che sarebbe stata, alla fine dei tempi, la mutazione delle dieci Sephirot...
Questo, e molto altro, insegnava Luria e spiegava Scholem. L'esilio dell'anima dunque era qualcosa il cui teatro era il mondo della natura e dell'esperienza umana.

       



C.R.