LUCI  DEL
TEATRO

letture e pensieri
di fine anno 2002

 

LUX

 

Da:
Charles Baudelaire,
“Journaux intimes”

XVII

Mon cæur mis à nu.

   Mes opinions sur le théâtre. Ce que j’ai toujour trouvé de plus beau dans un théâtre, dans mon enfance, et encore maintenant, c’est le lustre, — un bel objet lumineux, cristallin, compliqué, circulaire et symétrique.

   Cependant je ne nie pas absolutement la valeur de la littérature dramatique. Seulement, je voudrais que les comédiens fussent montés sur des patins très hauts, portassent des masques plus expressifs que le visage humain, et parlassent à travers des porte-voix; enfin que les rôles des femmes fussent joués par des hommes.

   Aprés tout, le lustre m’a toujour paru l’acteur principal, vu à travers le gros bout ou le petit bout de la lorgnette.

 

XVIII

Mon cæur mis à nu.

   Il faut travailler, sinon par goût, au moins par désespoir, puisque, tout bien vérifié, travailler est moins ennuyeux que s’amuser.

 

 


Claudio Ronco, "Danza nostalgica",
Venezia, 29 dicembre 2002

 

L’IMPORTANZA DI NON AVERE UNA CASA.

 

 

Dal mio diario:

«Barcelona, 30 luglio; 7.30 della sera, davanti alla sala prove del Liceu de Barcelona; ESCUCHAS SUS ALAS.
("Ascolta le sue ali": è scritto sulla porta dell'antica chiesa.
oggi sconsacrata e destinata alle prove d'orchestra.)

...L'altro ieri, sulla "rambla", la strada degli avvenimenti e degli incontri, c'era un artista di strada, un giovane argentino emulo di Houdini. Vestito con una calzamaglia nera, il volto impassibile e un po' triste, si faceva legare con una ventina di metri di una grossa corda da barca, e prima di cominciare a slegarsi si produceva in un lungo discorso sulla sua arte, sul fatto che lui ci vive e ci paga l'affitto di casa e che se il pubblico era lì per divertirsi lui era lì per guadagnare qualcosa di più che solo l'applauso; tutto ciò saltellando come poteva con le gambe legate strette, come un ovino destinato al macello, e dietro alla schiena un sacchetto per l'obolo, tenuto con le sole tre dita rimaste libere dalla corda. E' stato uno spettacolo che mi ha divertito e commosso profondamente. Non so se l'ha capito, quando gliel'ho detto, ma la sua stretta di mano di ringraziamento era forte, dolce e sincera. Io ho pensato di essere simile a lui, in qualche modo; ho pensato di essere qualcuno che ama farsi legare per poi sciogliere i nodi con destrezza (o certezza di potersi slegare) , e l'ho pensato perché la commozione che mi ha causato quell'artista di strada derivava dal senso del suo soffrire nel lavoro. Sì, siamo tutti artisti di strada, funamboli che rischiano –o donano– la loro vita per offrire qualche breve momento di divertimento a un pubblico che passava di lì per caso, solo per caso.

...C'è una forza strana, particolare, che nasce nel momento in cui si è per strada, qualcosa di ancestrale; è nel sangue, e ti fa guarire da ogni malattia, ti fa riposare bene, ti dà appetito e benessere.»

      ...Amica infinitamente preziosa,

compagna delle mie meditazioni,
mi domando se il tempo del tuo sonno non abbia sfiorato quello del mio risveglio, ancora nel cuore della notte, in attesa dell'alba.
      Dalle molte finestre di questa casa veneziana in cui oggi mi riposo e riscaldo le mie ossa, vedo da ogni lato prospettive di tetti, campanili, cupole barocche, e un sinuoso, elegante canale che scorre fra due fondamenta e le ritmiche interpunzioni dei ponti. L'alba è arrivata con una leggera nebbia, annunciando l'arrivo del sole d'inverno e di quando, forse, gli sarebbe venuto il desiderio di giocare con tetti e camini e i lontani riflessi immersi nelle acque dei canali. Anche queste immagini rimarranno in me per qualche tempo, come nostalgica memoria, come sollievo del pensiero prima di prender sonno, o prima di iniziare un lavoro... Eppure mi accorgo ogni giorno che quest'unica casa che veramente posseggo, che è la mia memoria, è cosa di cui potrei dire con te: "ogni volta diventa il mio rifugio, e le quattro pareti che mi abbracciano, i mille angoli in cui nascondermi."

      Ecco: mi alzo dal letto, apro una finestra e respiro la nuova aria; accendo il fuoco sotto il bricco del caffé; non sento freddo. L'acqua lava via dal mio volto il ricordo della notte e i residui dei sogni; il profumo del sapone introduce le nuove sensazioni; si riaccende la curiosità, ma la schiena è un po' acciaccata e mi fa male un ginocchio. Non sono più giovane; me l'ero scordato? Ci sono molte rughe sul mio viso, e i miei occhi stanno pian piano dissolvendosi in acqua.
So bene, ricordo perfettamente: sono qui soltanto per poco tempo, TEMPORANEAMENTE.

      Accendo una sigaretta –so che dovrei smettere... sì sì, ho letto e riletto quel libro di Svevo!...– solo per non dover costringere la mia volontà alla tortura di una colazione a base di sacrificio!... E all'idea di una sigaretta che-non-finisce-mai segue, come sempre, quella della possibilità –innocente!– di un'altra sigaretta, prima o poi. Sicché mi premio con l'altra sigaretta, mi punisco con l'altra sigaretta, svelo al mio intimo il segreto dell'altra sigaretta, getto via l'altra sigaretta... ma non con disprezzo!...
spendiamo, consumiamo, risparmiamo, conserviamo...
SULLA STRADA, eternamente sulla strada... sognando di possedere una casa.

      Ma cosa potrei poggiare sul mio tavolo preferito, in quella casa che potrei possedere ma che non posso avere, in un mattino come questo?
Forse disporrei soltanto, a mo' di fiori recisi in un vaso, le parole in cui tu dici e tu non dici. In effetti, così faccio stamane: ripongo le tue parole in un vaso, sul tavolo fra le due finestre che guardano ad Est; le contemplo, le aggiusto come si fa con i fiori recisi, le annuso, mi allontano e torno a guardarle nell'insieme che ho creato per loro.
Ed è a quel punto che mi accorgo di non sapere nulla...

      Baudelaire mi tornava spesso in mente, in questi ultimi tempi, per una frase che avevo riletto in un giorno nel quale mi affannavo a ottenere qualche finanziamento per non so più quale dei miei innumerevoli progetti d'arte:
"Si un poète demandait à l'Etat le droit d'avoir quelques bourgeois dans son écurie, on serait fort étonné, tandis que si un bourgeois demandait du poète rôti, on le trouverait tout naturel".

      La rabbia dei miei fallimenti, tuttavia, è sempre mediata dall'orgoglio della mia coscienza, e poi si impantana in un bel po' di altri meccanismi mentali complessi o complicati, in caduta libera verso lo "spleen" più abissale. Spesso, allora, la mia mente tornava a Baudelaire, con un certo brivido:

"Quando avrò ispirato il disgusto e l'orrore universale, allora avrò conquistato la solitudine"
(Charles Baudelaire, Diari intimi, XVII).


      Sì: ho terrore della solitudine... come tutti gli artisti! come tutti gli esseri viventi! E questa paura terrificante, anniichilente, colpisce di notte o di giorno, indifferentemente, ad ogni istante in cui ci si accorge di un'unica cosa: di INVECCHIARE...
Che fare, quando ci pare che DIO sia DIVENTATO VECCHIO?


      "Dieu est un scandale, — un scandale qui rapporte." conclude il brano XVII dei "Fusées" di Baudelaire, prima di aprire il XVIII, con un invito preciso:
"Ne méprisez le sensibilité de personne. La sensibilité c'est son génie".

      Io sono un "artista di strada", ricordi? Io non posseggo, né mai potrò possedere alcun luogo dove fermarmi e credere di essere giunto a riposare. Io non ho casa, se non quel calore che emana dall'amare profondamente la vita e la verità, camminando, camminando, camminando...

Tuo Claudio, negli ultimi giorni dell'anno 2002.

 

 

(Dedicato a tutte le mie donne...)

 

 

Immagini:

Lorenzo Lotto, "Allegoria del vizio e della virtù";
Marc Chagall, "L'anniversaire";
Balthus, "Ragazza alla finestra"

Musica:
Claudio Ronco, "Danza nostalgica", dic. 2002.

 

 

 

 

 

©claudioronco2002