“IL VESTITO FRAGILE DEL MIO MATRIMONIO”

Pièce pour ballet di Claudio Ronco, per Carolyn Carlson.

 

Il matrimonio, qui, è metafora antichissima di una ricerca di armonia e perfezione universale. Il testo poetico ebraico del “Lecha dodì” (“Vieni, o caro, incontro alla sposa”, canto per l’inizio del Sabato, scritto dal cabalista Shelomo ha-Levì Al-Qabez, vissuto a Safed nel XVI sec.) si dipana lungo tutto lo spettacolo, cantato nello stile Dhrupad (lo stile “classico” e sacro del nord India) dalla voce di Amelia Cuni, accompagnata da un'orchestra d'archi, sulla partitura di Claudio Ronco, che intreccia i modi musicali classici hindostani (Raga e Tala) all’armonia e al contrappunto della tradizione classica europea.

Nella Pièce il gruppo di ballerini e la scena diventano “corpi” che si vestono per lo sposalizio. Il corpo di ballo, intrecciando emozioni e passioni, compie l'atto di tessere l'abito bianco della sposa, e ne veste la scena; la scena, a sua volta, accoglie il balletto come amante, lo avvolge, lo riveste dell'algido abito matrimoniale.

L'abito si manifesta e concretizza negli elementi fabbricati dai ballerini, scomposti e ricomposti a vestire la scena, e ritorna come scena che si scompone vestendo così i ballerini. È fatto di veli trasparenti e ricchissimi di merletti e frange, trafori e ricami; la luce vi si riflette o li attraversa riversandosi poi addolcita sulla scena.

Quel multiforme abito, tuttavia, è fatto solamente di fragilissima carta velina, pieghettata e ritagliata in armoniosi disegni traforati, ritorta in sottilissime frange, intrecciata in merletti preziosi: quell'abito si straccia, a volte, ed altre si apre e amplifica inaspettatamente. Esso copre, carezza, protegge, nasconde con immacolata pudicizia la paura, la abolisce e annulla. Ciò che appare tessuto, cucito e vestito sulla scena è l'abito di Amore.

 

 

Claudio Ronco,
Venezia 8 giugno 2001

 

 

Immagine: donna che si allontana nell'ombra; affresco di epoca imperiale, Roma, Palatino.
Musica: Claudio Ronco, quattro esempi dal balletto "Il vestito fragile del mio matrimonio" per orchestra d'archi e una cantante Dhrupad. Il suono di "Shenai" dal General Midi indica in modo assai generico la parte del canto.

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Amelia Cuni canta Raga Shuddh Todi, in mixaggio sul midi di Claudio Ronco:
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