BOSNIA
ERZEGOVINA
La
Bosnia-Erzegovina è tuttora divisa, dopo gli accordi di pace di Dayton,
in due entità: Federazione di Bosnia ed Erzegovina, 49% del territorio
(maggioranza mussulmana) e Repubblica di Serbia, 51% del territorio, oltre
all’esistenza di numerose e politicamente importanti enclavi croate nel
territorio della Federazione.
Oltre a questo sono ancora aperte le questioni
amministrative riguardanti la città di Brcko (confine nord) area
fondamentale per ambedue le entità: per la Federazione perché
costituisce l’unico canale di comunicazione verso il nord-est europeo,
non meno importante per la Repubblica di Serbia in quanto, se andasse alla
Federazione, questa si troverebbe il suo territorio tagliato in due parti.
Sono ormai quattro anni che Brcko si trova sotto il protettorato delle
Nazioni Unite e la soluzione fino ad ora trovata è aver creato
un’ulteriore area ad amministrazione indipendente, rimandando la
questione di anno in anno.
Oltre
al caso di Brcko, tutto il paese è disseminato di enclavi etniche che
faticosamente convivono le une con le altre, o di altri casi come il Porto
di Polce, territorio stretto tra il territorio croato, di grande
importanza per la Bosnia in quanto unico sbocco sul mare.
Negli ultimi due anni la situazione politica tra le
due entità è comunque migliorata di molto con chiari segnali di
apertura. A questo riguardo segnaliamo l’unificazione delle targhe
automobilistiche assumendo un modello senza riferimenti alla provincia di
provenienza (tipo Italia) avvenuto nell’estate del 1998, di grande
importanza per la comunicazione su strada tra le due entità; la
realizzazione di una moneta unica (1999); la definizione di una bandiera
unica (con un modello imposto dalle NU) nella primavera del 1998;
l’eliminazione del codice internazionale per le chiamate telefoniche e
il re-inizio dei contatti bancari nella primavera 2000. E’ di questi
ultimi giorni la notizia dei primi corpi di polizia multietnici a
Banjaluka e Brcko, passo fondamentale per l’unificazione
dell’esercito, ultima tappa per la normalizzazione e l’inizio
dell’unificazione anche territoriale ed amministrativa.
E’ chiaro che la svolta del 1999-2000 non si può non collegare alla
guerra in Kosovo e ai bombardamenti del territorio Serbo. La guerra ha
messo a dura prova l’economia serba causando una riduzione drastica
dell’appoggio di questa alla Repubblica Serba di Bosnia, la quale ha
dovuto quindi ri-orientare la propria politica economica verso i paesi a
lei confinanti.
Anche
a livello politico gli anni 1999-2000 fanno da spartiacque tra una
tendenza nazionalistica (elezioni del 1998) e una riapertura ai partiti
multietnici (aprile 2000-elezioni municipali), cui fanno da sfondo le
elezioni in Croazia (gennaio 2000). Per novembre 2000 sono previste le
elezioni a livello nazionale.
L’OHR riferisce che, nel 1998, circa 1,4 milioni di
persone non ritornarono nel loro territorio a causa nella mancanza
evidente delle minime condizioni di sicurezza e che circa 110.000
rifugiati sono sì ritornati in BiH, ma nelle aree dove erano di
maggioranza etnica. La ICRC informa che più di 19.000 persone sono
classificate come disperse, senza contare le violenze e gli ostacoli
amministrativi per i rifugiati ritornati. Molte persone sono state
trattenute dalla polizia solo a causa della loro etnia.
La
situazione economica attuale è figlia della recente guerra che ha
sconvolto il paese, frazionandolo e distruggendo le principali fonti
economiche.
Prima della guerra i traffici di merci (sia con
l’estero che interni) erano consistenti e la produzione industriale
buona (grazie al grande appoggio dell’occidente all’economia iugoslava
degli anni 60-80). Oggi tutto il sistema economico sta faticosamente
riprendendosi. Nel 1995 quasi tutti i settori industriali si erano fermati
o avevano ridotto al mimino la produzione.
La grande tendenza attuale (2000) è la privatizzazione. Tenendo presente
che prima della guerra il sistema economico era basato sul sistema
comunista, ovvero tutto era pubblico, ora l’obiettivo è privatizzare
quanto più possibile, ovvero tutto. Si è incominciato dai settori
bancari, trasporti su strada e industria ed il fine è arrivare alla
privatizzazione anche del settore dei trasporti ferroviari (quando
ricominceranno a funzionare), acqua, comunicazioni, elettricità, sanità,
istruzione, ecc. Esistono forti timori a riguardo: innanzitutto sulle
politiche di privatizzazione in generale, visto gli interessi economici
che già alcuni Stati stranieri hanno, in questi anni del dopoguerra,
chiaramente manifestato; inoltre sulle capacità di privatizzare il paese
senza ricorre a capitali stranieri, che sono evidentemente ridottissime o
con pochi margini di speranza di sopravvivenza e si prospettano imprese
fantasma locali che nascondo i veri acquirenti.
Alcuni dati
economici:
Esportazioni: $152
milioni (1995 stima)
Importazioni: $1.1 bilioni (1995 stima)
Reddito
per settore
agricoltura: 19%
industria: 23%
servizi: 58% (1996
stima)
Danni della guerra all’economia 1991-1995
danni
diretti
|
decine
di bilioni di $
|
dovuti
ai problemi subiti alla moneta ed altri segmenti dell’economia
|
3
bilioni $
|
Blocco
dei fondi all’attività pubbliche (sanità, scuola, pensioni,
ecc.)
|
8
bilioni $
|
Case
distrutte o danneggiate durante la guerra
|
30-50
%
|
Disoccupati
|
650.000
|
Perdita
di professionalità (possibili laureati, ecc..)
|
50
%
|
Confronto alcuni dati economici prima e dopo guerra 1991-1995
|
1991
(miliardi di $)
|
1995
(miliardi di $)
|
95/91
(%)
|
PIL
|
7.979
|
1.112
|
14
%
|
Produzione
industriale
|
4540
|
dato
non reperibile
|
6
%
|
Export
|
2,187
|
1,400
|
64
%
|
Import
|
1,734
|
494
|
28.5
%
|
|
|
|
|
Occupati
settore economico
|
795,549
|
172,085
|
22.4
%
|
Occupati
settore non economico
|
148,372
|
48,311
|
33
%
|
Occupati
in totale
|
945,921
|
220,396
|
24.1
%
|
Il
GVC è ritornato in Bosnia-Erzegovina con due progetti finanziati dal MAE
e dalla UE (Phare), rispettivamente un progetto agricolo di 2 anni ed un
progetto di ambito psicosociale della durata di 14 mesi. In precedenza,
ovvero dal 1994 fino al 1998, gli ambiti d’intervento erano stati:
appoggio alle donne (progetto Amica ECHO), riabilitazione
d’infrastrutture (IMG1-2) e riabilitazione infrastrutture scolastiche
(affidato MAE).
Il
problema rifugiati/ritornati è un problema tuttora aperto. I problemi
della Bosnia non sono da ricercare solo nell’ambito del ritorno o meno
dei rifugiati, questo è semmai un problema della UE, ma sopratutto nella
ricostruzione delle infrastrutture (acqua, elettricità, ecc.), difesa
ambientale, agricoltura, educazione e formazione, l’ambito psicosociale).
E
solo all’interno di questi interventi si può ipotizzare un progetto shelter
per il ritorno dei rifugiati. Altrimenti non dobbiamo stupirci se molti
interventi shelter dei quali
siamo a conoscenza, hanno finito per ricostruire la casetta delle vacanze
di tizio o che caio, invece di ritornare, ci piazza il padre o la sorella
e lui continua a lavorare in Germania, oppure che la popolazione di due
villaggi confinanti (uno mussulmano e l’altro serbo) si mettono
d’accordo di scambiarsi, alla fine del progetto, le rispettive case
ricostruite e cosi continuare a vivere dove sono di maggioranza etnica...
Quasi
tutti i progetti, ed in particolare gli ultimi due hanno come area
d’intervento zone di confine tra la Federazione e la Repubblica Serba
(Progetto MAE) o tra Federazione e enclave croata (Progetto Phare). Questo
vuol dire che non fare progetti shelter non significa non aver presente il
problema multietnico, ma affrontarlo da un altro punto di vista,
riportando il dialogo tra le etnie su valori reali e non sulla forza del
denaro o della pressione politica.
Le
aree e settori d’intervento attuali sono agricolo e psico-sociale
(educazione ai bambini contro il pericolo delle mine).
I
partner locali che fino ad ora si sono scelti sono stati nella maggioranza
dei casi le Municipalità, sia negli interventi in Federazione che in
Repubblica Serba. Negli ultimi due progetti la scelta dei partner è
leggermente cambiata, individuando per il progetto di Phare una ONG locale
e per il progetto MAE, oltre alle municipalità, un partner più tecnico,
l’Istituto agricolo, per garantire una continuità del progetto ed avere
un valido interlocutore in materie specifiche.
In
linea generale è chiaro che la disponibilità (a progetti di valenza
multietnica), la serietà e l’affidabilità politica sono alla base
delle scelte dei partner locali.
1.
Progetto MAE: Rivitalizzazione
dell’attività agricola nella area di Doboj
2.
Progetto Phare: Mine awareness training camp Medex, addressed to children aged 8/18 from
all BiH. Mine awareness training for refugees repatriated in 3 cantons of
BiH at high mine risk.
Il GVC BiH ha attualmente tre uffici funzionanti:
Sede
principale: Sarajevo (di rappresentanza e d’appoggio);
Altre sedi: Novi travnik (sede progetto Phare)
e Doboj (RS).
Ruolo
e numero espatriati e personale locale GVC:
1
Progetto Phare: Capo progetto
1
Progetto MAE: Capo progetto e
Rappresentante GVC BiH
É
previsto un altro espatriato sul progetto MAE, un agronomo.
Personale
locale
Progetto
MAE: due segretarie ed un logista/autista/interprete
Progetto Phare: segretaria ed un logista/interprete
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