Henri Laborit (Elogio della fuga)
Non potendo più immaginare l'uomo moderno
confronta.
Confronta la sua sorte con quella degli altri, e non è
soddisfatto.
..
E tuttavia le cose si limitano ad essere.
É l'uomo che le analizza, le separa, le suddivide, e mai
disinteressatamente.
All'inizio, di fronte all'apparente caos del mondo, ha
classificato, costruito i cassetti, i capitoli, gli scaffali.
Ha introdotto il suo ordine nella natura per agire.
E dopo ha creduto che quello fosse l'ordine della natura, senza
accorgersi che era il suo, che era stato stabilito secondo i suoi
criteri e che quei criteri provenivano dall'attività funzionale
del sistema che gli permetteva di entrare in contatto col mondo:
il sistema nervoso.
L'uomo primitivo aveva la cultura della pietra
scheggiata che lo univa, oscuramente ma completamente, al cosmo.
L'operaio di oggi non ha neppure la cultura del cuscinetto a
sfera che costruisce con gesti automatici, tramite una macchina.
E per ritrovare il cosmo, per sentirsi parte della natura deve
avvicinarsi alle finestrine che l'ideologia dominante accetta di
aprire qua e là, nella sua prigione sociale, per fargli arrivare
l'aria fresca.
È un'aria avvelenata dai gas di scappamento della società
industriale, eppure quest'aria viene chiamata "cultura".