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Lettera aperta

 

Meolo, 10 luglio 1997                                                     alla c.a. On. Prof. Vincenzo Visco

Ministro delle Finanze

Roma

 

 

Signor Ministro,

come ricorderà (almeno osiamo sperare) il 4 settembre scorso, in una analoga lettera aperta, Le segnalammo quella che noi ritenevamo fosse una indegna, becera, ignobile campagna di aggressione e di repressione messa in atto dai dirigenti della G.di F., e che vedeva, quali attori involontari, gli esponenti più in vista dell’associazione che rappresento.

A distanza di dieci mesi nulla è cambiato, anzi, la situazione è peggiorata a tal punto da costringerci, qualche settimana fa, a manifestare platealmente il nostro disappunto, "incatenandoci" simbolicamente davanti alla Prefettura di Treviso.

In data odierna, a compimento di un’involuzione autoritaria a cui il Comando Generale del Corpo evidentemente non è rimasto estraneo, è stato notificato ad Oscar D’Agostino - Segretario regionale per il Veneto dell’associazione, nonché maresciallo della Guardia di Finanza - il trasferimento d’autorità dalla Legione di Venezia alla Legione di Firenze; in tal modo si colpisce in modo ignobile e brutale - privandolo vigliaccamente della serenità familiare - chi, all’interno delle Istituzioni, ha quale unica colpa quella di essersi impegnato per accelerare il processo di rinnovamento delle stesse.

Oscar D’Agostino aveva già pagato un prezzo enorme al suo impegno civile volto a sostenere la necessità di riformare la Guardia di Finanza.

Prima sottoposto a procedimento penale e condannato in primo grado per il reato di diffamazione per aver criticato la gestione della G. di F., adducendo a titolo di esempio i 180 milioni spesi per la ristrutturazione di un alloggio di servizio di un colonnello in servizio a Treviso, ha già subito cinque procedimenti disciplinari sempre e soltanto per aver esercitato il diritto costituzionale della libertà di espressione, criticando, ad esempio, l’istituzione del cd. numero di pubblica utilità, il 117.

Basti pensare che anche per l’apparizione alla trasmissione "Moby Dick", avvenuta il 15 maggio scorso, è stato aperto un ulteriore procedimento disciplinare.

Signor Ministro, le ultime "purghe" che la cronaca ha avuto modo di registrare, simili a quella attuale per significato, contenuto e strumenti adottati, sono accadute sul finire degli anni 70 ed avevano colpito quelli che allora erano gli alfieri del Movimento dei cd. "poliziotti democratici" che, come spero ricorderà, si battevano per la riforma del Corpo dell’allora Pubblica sicurezza.

Pur essendo orgogliosi di riuscire a ricalcare quegli eventi, consapevoli quindi che il traguardo si avvicina, notiamo però - con sincero dispiacere - che Lei è espressione di un Partito il quale, in quel periodo, sosteneva le battaglie di coloro che anelavano a riformare quell’apparato, per garantire sia a loro che ai cittadini trasparenza, efficienza e democrazia; è triste notare che proprio quel Partito, e proprio il Ministro che da esso è espresso, oggi sembrano assistere immobili a questo scempio, a questo oltraggio portato al buon gusto, al buon senso, al diritto.

O dobbiamo forse pensare che a coloro che non omaggiano, allineandosi al carro dei vincitori, non necessariamente debbano essere riconosciuti dei diritti, quale quello di parola, d’espressione, addirittura di pensiero, e che quindi nei loro confronti possano essere assunte le più discutibili iniziative, le più ignobili ritorsioni ?

O è forse la nostra frequentazione con la L.I.F.E. che apre la strada a questo particolare trattamento.

Veda signor Ministro, premesso che noi frequentiamo chi ci ascolta, mi permetto di farLe presente che la gran parte delle opinioni e delle proteste della L.I.F.E. sono, oltre che legittime, giuste e condivisibili.

Noi non sappiamo cosa dicono i suoi dati; a titolo di esempio, i nostri dicono che i controlli eseguiti nei confronti delle società di capitali sono irrisori se confrontati a quelli eseguiti nei confronti degli artigiani, dei commercianti, insomma dei piccoli imprenditori.

Altre ancora sono le argomentazioni che questi imprenditori sostengono e, ripeto, con fondate ragioni.

E’ probabile, quindi, che sia questa sinergia tra imprenditori e servitori dello Stato che scatena la repressione, ma al di la dei meccanismi, che peraltro non intendo in questa sede approfondire, resta il fatto in quanto tale e, proprio perché "fatto", resta la necessità di avere una risposta "politica".

Questa vicenda rende necessario oggi più che prima un Suo intervento autorevole che, al di la del fatto specifico (il trasferimento di D’Agostino a cui bisognerà porre rimedio senza indugio), sappia essere un segnale esplicito dato a chi, all’interno del Corpo, osteggia ogni minimo tentativo di cambiare, di rendere questa organizzazione finalmente utile al cittadino prima che a se stessa.

Noi, signor Ministro, osiamo sperare che Lei abbia il coraggio e la voglia di fare un gesto simbolico, un gesto che sia capace di dare un segnale di serenità, a quei tanti finanzieri che, nell’ombra, sono pronti a partecipare al processo di cambiamento, a contribuire a costruire la Guardia di finanza del 2000, non certo quella disegnata oggi dal Generale Rolando Mosca Moschini; con una Guardia di Finanza così non si va in Europa, ma, forse, in America Latina.

Se Lei potesse, dunque, non ci sarebbe segnale migliore che quello di convocarci, anche solo per ascoltare le nostre ragioni, per mostrarLe - documenti alla mano - il trattamento indegno di cui siamo vittime.

E’ dal 4 settembre 1996 che aspettiamo un segno, una risposta alle stesse domande che Le poniamo oggi, ed è da quella data, dunque, che attendiamo che questo scempio abbia termine.

Da oggi siamo sicuri che anche il Ministro sa, e che se la cosa non dovesse mutare è perché la condivide.

 

Vincenzo Cretella, segretario nazionale