ISOLE FAROER, DANIMARCA, 1995

PROGETTO DI RICERCA ANTROPOLOGICA

di Franco Pelliccioni

CON I SEGUENTI ALTI PATROCINI:

REALE AMBASCIATA DI DANIMARCA, STATO MAGGIORE DELLA MARINA MILITARE, SOCIETA' GEOGRAFICA ITALIANA

Con un contributo del Ministero degli Affari Esteri e una sponsorizzazione della SAS (Scandinavian Air System)

 

IL PROGETTO

INTRODUZIONE: L'arcipelago delle FAROE (nella lingua locale, il Foroyskt: FOROYAR, derivante dall'antico norvegese-vichingo FAAR OY="isole delle pecore") dal 1948 costituisce una contea autonoma nell'ambito del Regno di Danimarca,con un proprio vessillo ufficiale, moneta,francobolli e responsabilità, quindi, nell'home rule" da parte del locale governo, il Landsstyri, per tutto quanto riguarda l'economia, la salute,la cultura,le comunicazioni,l'educazione e i programmi sociali. E' del resto noto come una parte degli abitanti dell'arcipelago aspirino ad una piena indipendenza (come fu il caso dell'Islanda nel 1944) . Le Faroe ,composte da 18 isole, hanno  una popolazione di 47.449 abitanti (1990) ,per la maggior parte di lontana origine vichinga ( anche se non è da trascurare la presenza di una componente danese immigratavi ben più recentemente ,  per lo più residente nella capitale ) , che si trova concentrata principalmente nelle due isole di Streymoy ed Esturoy, dove troviamo la capitale,Torshavn (14682 abitanti) e Klaskvik (seconda città per ordine d'importanza demo-economica con 5000 abitanti). In totale le comunità medio piccole sparse nell'intero arcipelago sono circa 100.

Una delle principali e più interessanti caratteristiche di queste isole, che certamente la differenzia sensibilmente da molti dei mondi insulari dell'Atlantico del nord (e del nostro pianeta ,in genere),e costituisce una chiara , e per molti versi imprevista , inversione di tendenza rispetto alla norma , è rappresentata da un graduale incremento demografico dovuto ad un birth rate pari all'1,6% con un incremento complessivo annuo dello 0.8%, che figura tra i più alti in Europa . Nella stima del Dicembre 1981 la popolazione ammontava a 44.070 (Torshavn, 13951), nel censimento del 1966  era di 37.122 (Torshavn, 9738 ), nel 1960: 35000 ( Torshavn, ca 6000 ab.). Tornando ancora più indietro nel tempo, al XIX secolo,  il censimento del 1880 riporta una popolazione faroese pari a  11220  abitanti- di cui 13 stranieri , mentre i danesi erano in totale solo 67- ( sempre in quell'anno  Torshavn contava  solo 984 residenti, ed era la sede di un atmand, prefetto e del prevosto luterano). Nel  1870 i faroesi erano 9992 ,nel 1860 8.000.

In effetti queste isole hanno conosciuto solo una lieve , e direi perfino naturale e scontata emigrazione verso la Danimarca e Copenaghen, nonchè una emigrazione interna ed inter-isolana, in specie in direzione di Torshavn, mentre solo in pochissimi casi si sono dovuti registrare nel tempo,in particolare nel XIX° secolo ed all'inizio di questo,  abbandoni di villaggi (fattore invece abbastanza ricorrente in numerose  altre realtà insulari), come quello di Fossa (Bordoy) e di Skard ( isola di Kunoy - nel 1913 - ) .

L'economia di queste isole si basa principalmente sulla pesca e sulla collaterale attività industriale conserviera (il pescato viene surgelato o salato) . La  pesca  viene praticata all'interno del limite delle 200 miglia di distanza dalle sue coste .Dal 1977 è stata decretata in questo settore ,infatti , l'esclusiva pertinenza faroeiana di pesca : al nasello blu,nasello e merluzzo. Continua ad essere tuttora praticata la pesca oceanica che , fino a poco tempo addietro , interessava Groenlandia, Mar del Nord, Mar di Barents, Islanda : al merluzzo,sgombri e granchi. Notevole è la piscicoltura (salmoni e trote). C'è da ricordare che,unica nell'Atlantico settentrionale , continua ancora oggi ad essere praticata la caccia comunitaria alle Pothead o Pilot Whales (balene di " media   taglia":le globicephala melaena), e chiamate localmente grind, con la tecnica del  grindadrap (anch'essa una tipica tradizione di origine vichinga), al tempo delle loro trasmigrazioni estive allorchè esse si trovano a non molta distanza dalle coste isolane. Questa  caccia,  che del resto non va contro le rigide regole dettate dall'International  Whaling Committee (che le esclude dalla protezione),  ha sempre rappresentato per i faroesi  una delle poche possibilità  di  approvvigionamento  di carne .  L'uccellagione praticata con la rete (fleyg) e la raccolta di uova di uccelli marini lungo le ripide scogliere marine, costituiscono altre due  tradizionali  attività legate al vitale sostentamento di queste comunità. Sempre collegata al mare ed al suo ambiente, c'è infine da ricordare, non solo la consistenza della sua flotta da pesca, ma anche l'esistenza di cantieri navali ,dove ancora oggi si continua a costruire il tradizionale  modello di imbarcazione delle Faroe,il tiggjumannafør, di netta derivazione vichinga, e utilizzato diffusamente in queste infide e pericolose acque. Anche questa imbarcazione  costituisce un ulteriore ,eccezionale e positivo esempio di "sopravvivenza culturale" ,così come  la presenza, nell'importante Norsk Sjøfartsmuseum, il Museo Marittimo di Oslo a Bigdoy, di un suo splendido e"storico" esemplare , sta del resto ad attestare con chiarezza.

Vista l'estrema povertà di questi suoli battuti da un clima impietoso, si pratica solo una coltivazione di sussistenza nei bøur  (patate,orzo). Meno del 6% della terra è coltivato. C'è da ricordare, inoltre, come circa metà della terra sia di proprietà del Løgting (parlamento faroese-una volta era della corona danese) e dato i gestione ad affittuari.L'altra metà è generalmente  parcellizzata in piccoli lotti coltivati individualmente e distanti spesso  gli uni dagli altri , Di solito hanno una  forma lunga e stretta come le cosiddette" proprietà a strisce".

L'allevamento degli ovini,diffuso da secoli in pressoché tutte le isole, ha dato modo di portare avanti una discreta industria tessile della lana.

Solo in questi ultimi anni si è cercato di  valorizzare questo particolarissimo  ambiente oceanico , anche a dispetto di certe passate "chiusure" o,comunque, inattività da parte di chi avrebbe dovuto "fare" (così come viene del resto riconosciuto in alcune  pubblicazioni  locali) . Nonostante le non certo facili condizioni climatiche, le bellezze naturalistiche, faunistiche e i motivi di interesse storici ed etnografici sono molteplici e tutti degni di estrema attenzione, non solo per uno studioso dell'Uomo, ma anche per  un certo tipo di turismo "motivato e curioso".

Al riguardo c'è da aggiungere, e questo rappresenta l'aspetto più interessante da sottoporre ad un'attenta analisi,come l'arcipelago costituisca un'eccezionale nicchia dove tuttora sopravvive l'antica lingua norvegese (vichinga), il foroyskt, che ha, quindi, diversi punti di affinità con l'islandese ed il landsmal norvegese. Lingua nazionale delle Faroe (nelle scuole si impara anche il danese), dal 1890 ha ricevuto un'ortografia standardizzata. Fino ad allora -a parte alcuni precedenti tentativi di trascrittura- il foroyskt era stata solo una lingua orale, attraverso la quale di generazione in generazione, davanti al caminetto nella rögstue, si tramandavano storie (aventi un fondo di verità ,come la sagnir, o del tutto fantastiche, l'aevintyr), o  si recitavano  vecchie poesie (kvaeð).  Del pari alcune tradizioni musicali, come da danza "a catena", già diffusa in diverse aree scandinave, ha modo di rallegrare chi vi partecipa solo alle Faroe  .

Quindi pesca,caccia alle balene, turismo,lingua, isolamento spaziale e culturale, emigrazioni interisolane e incremento demografico, ed ancora :antiche tradizioni di derivazione vichinga, cambiamento e sviluppo (miglioramento della "qualità della vita"),rapporto uomo ambiente:ecco le principali aree problematiche ,così fortemente caratterizzate, che rendono l'indagine etno-antropologica che si intende effettuare nelle isole ,nel contesto del programma delle comunità marittime dell'Atlantico settentrionale ideato dal sottoscritto ,pienamente degna di rilevanza scientifica,caricandosi di significati e valenze niente affatto secondari.

OGGETTO: L'indagine etno-antropologica dovrà tenere in debito conto le specifiche caratteristiche umane,geo-storiche,demografiche,culturali , religiose ed economiche che fanno di queste isole un "unicum" nello Atlantico settentrionale anche perché, o soprattutto perché , la sua popolazione , di antica origine (e lingua vichingo-norvegese), ha subito nel corso dei secoli un isolamento spaziale (e culturale) che certamente non può essere paragonato , per la  profondità e l'ampiezza del suo spessore, non solo a quello che ognuno di noi immagina essere  rappresentato in quel perfetto  microcosmo  insito nel concetto stesso di "isola"  : con tutta la mitologia ( ma anche le "verità) che ne possono  derivare e ne sono derivate! Il suo isolamento, si aggiunge ,  non è neanche paragonabile a quello di  altre situazioni esistenziali,culturali e geo-storiche che hanno caratterizzato altre isole e altri  arcipelaghi atlantici (vedi,ad esempio, la storia  delle  non troppo distanti  Shetland ed Orcadi) .Quando una situazione di difficoltà e/o di crisi esistenziale, a livello individuale o comunitario, si è verificata in altri contesti geo-culturali, essa ha provocato quasi sempre la medesima "risposta":l'emigrazione verso il continente, l'abbandono, l'evacuazione totale dell'"isola", Sia ben chiaro come sia  lungi dalle  intenzioni del presente progetto quella di  compiere un mero  inventario culturale relativo alle cosiddette "sopravvivenze" :vecchie usanze, abitudini e costumi, verificando,cioè, quali esse siano, e in che modo esse continuino tuttora a persistere  alla soglia del Terzo Millennio . Lasciamo pure queste verifiche  agli "antiquari "del XIX secolo. Sembra interessante a chi scrive , invece, scoprire quale sia stato il percorso culturale seguito  nel tempo dai faroesi , il ritmo diverso del passo isolano, il suo rallentare o le sue brusche accelerazioni, le difficoltà incontrate nell'incedere, le eventuali diversificazioni nel suo itinerario (dovuto alla tradizione? all'innovamento?). Si cercherà, perciò ,  di individuare ciò che costituisce  la via autonoma faroese alla modernizzazione ed allo sviluppo. E ancora:  quanti  e quali elementi (o "tratti") culturali , appartenenti all'antico patrimonio tradizionale,  persistono tutt'oggi, quale è il loro ruolo attuale,così come risulta più o meno esplicitato nella pratica quotidiana (quello tradizionale - di  una volta -?uno diverso e nuovo?, un blend tra i due?, e in  che modo ?).

Considerate le restrizioni imposte da quello che sarà, come sempre e come al solito per uno studioso, un limitatissimo budget a disposizione per l'intera indagine, che comporterà la conseguente ed ovvia riduzione al minimo della permanenza  nelle isole, sono state perciò scelte due comunità chiave localizzate  in due isole chiave. Sarà comunque  cura del sottoscritto quella di compiere dei rapidi side surveys :storici,etnografici, ambientali , in località, isole o comunità viciniori che possano costituire un importante (a volte,forse), perfino indispensabile, complemento all'indagine principale. Le due comunità selezionate comprendono, naturalmente, la capitale dell'arcipelago, Torshavn, nell'isola di Streymoy , oltre a Vagur ,nell'isola di Suduroy .

Torshavn oltre ad essere il centro demograficamente più importante delle Faroe ( vi risiede quasi un terzo dei faroesi), è anche quello  politico: è la sede del parlamento, il Løgting, del governo autonomo, il Landsstyri, nonchè del rappresentante del governo danese, il Rigsombudsmand. E' centro amministrativo , portuale ( è il "cuore" della pesca dell'arcipelago ) e quindi economico e culturale.

Vagur (1700 abitanti) , situata nell'isola più meridionale e decentrata  delle Faroe, nel Vagsfjørdur ,a due ore di nave da Torshavn è un importante centro peschereccio, ed è sede di un'industria conserviera del pesce.

SCOPO DELLA RICERCA: Si cercherà di delineare l'attuale posizione socio-economica e culturale raggiunta dalle comunità marittime selezionate nelle isole di Stremoy e Suduroy.

Come è stato già rilevato, le aree problematiche che saranno coinvolte dalla presente ricerca saranno diverse.  Partendo da quella che più da vicino riguarda l'economia (e lo sviluppo) delle Faroe, si presterà particolare attenzione,naturalmente :a) alla pesca ed ai collaterali processi conservieri (di surgelazione e salagione), che complessivamente vedono la partecipazione in queste attività di circa il 25% della locale forza lavorativa ): b) alla fabbricazione delle imbarcazioni, e dei loro equipaggiamenti (un altro 10%). Sembra estremamente interessante cercare di comprendere come sia potuto avvenire  il brusco passaggio  nella vita di questi isolani da un'attività principalmente legata alla terra, ad un'altra, più consona per molti versi, legata ai prodotti della pesca. All' inizio del XIX secolo, l'esistenza dei faroesi, contrariamente a quella degli abitanti di tante altre comunità marittime, non era ancora indissolubilmente legata alle attività connesse con il mare, bensì a quelle agricole e dell'allevamento di ovini. D'altronde non era forse questo l'arcipelago dove esisteva, secondo San Brandano, l' isola delle pecore? La pesca venne solo in seguito , o comunque venne praticata ben più diffusamente solo successivamente . Questo  è c) un  ulteriore e  ghiotto elemento storico-culturale da valutare con estrema attenzione... Il grindadrap era ed è tuttora  un altra "cosa".

Persistenza dell'antico norvegese e della ricca letteratura orale d) -comunque non solo orale da più di un secolo-. Questo,in breve, per quanto riguarda l'aspetto più propriamente etno-linguistico, etno-storico ed etnografico tout court.

Indubbiamente uno dei temi principali da esaminare sarà proprio quello riguardante la demografica contro-tendenza che caratterizza positivamente questo arcipelago al contrario ,invece, di ciò che accade da tempo  presso tanti altri mondi insulari dei "sette mari". Mentre  una minima immigrazione di elementi danesi, nelle Faroe, trova il suo corrispondente  in  una quasi insignificante emigrazione di elementi faroesi verso  Copenaghen e la  Danimarca , nel contempo assistiamo , quasi con "stupore",   ad un graduale e costante incremento della popolazione delle Faroe), incremento che, dai dati in mio possesso del sottoscritto, risale fino alla metà del XIX° secolo, ma che forse potrebbe andare ancora più in là nel tempo....

METODOLOGIA; Il metodo che verrà impiegato nella ricerca è quello proprio dell'etno-antropologia:si presterà ,cioè, una particolare attenzione alla cultura ed alle tradizioni culturali dell'individuo e delle comunità prese in esame. L'approccio alle realtà esistenziali delle comunità dell'arcipelago sarà di tipo olistico,oltre che interdisciplinare e , naturalmente, comparativo, allorché nella successiva fase di elaborazione del materiale raccolto "in in loco" verranno prese in esame altre situazioni culturali già avvicinate dal sottoscritto  nel corso del programma di ricerca delle comunità localizzate nel quadrante settentrionale dell'Atlantico.

TECNICHE DI RICERCA: Lo studio sarà condotto utilizzando gli strumenti propri dell'etnologia e dell'antropologia culturale:l'osservazione partecipante,la raccolta di "storie di vita" da informatori selezionati (anziani pescatori,leaders comunitari e politici, funzionari delle amministrazioni locali, delle principali industrie (pesca e cantieri navali e tessili), dirigenti delle scuole, funzionari dell'Atlantic Airways -la linea aerea faroese-, della Strandfaraskip Landsins (che gestisce i locali collegamenti marittimi),albergatori,ecc... Saranno altresì effettuate interviste "guidate" ai key-informers di cui sopra, nonché utilizzata una piccola scheda di intervista parzialmente strutturata.

Oltre al "taccuino" ed ai moduli di intervista,verrà necessariamente utilizzato un magnetofono ed effettuati rilievi fotografici delle comunità coinvolte, delle aree archeologiche,naturalistiche e faunistiche avvicinate, nonché , "possibilmente" , di ogni zona che risulti interessante dal punto di vista culturale e ambientale  (ricordo come l'oikos, assieme al tempo,all'uomo, ed al gruppo,costituisca uno dei fattori che danno vita alla dinamica culturale).

Ulteriore materiale verrà raccolto nelle biblioteche,laddove esistenti ed accessibili (particolarmente dal punto di vista linguistico). Di certo sarà utile visitare il Museo storico di Torshavn (Forngripasavnið), quello Marittimo (Batasavnið) e quello di Storia Naturale (Natturugripasavn). Dal punto di vista etno-storico sembrano estremamente degni di attenzione,per il ruolo giocato nelle vicende umane e nella stessa colonizzazione dell'arcipelago: il centro di Kirkjubor, i resti di alcune  fattorie medievali (come quella di Roykstova del 900 d. C.), nonchè anche da un  punto di vista più propriamente etnologico ed etnografico le  chiese antiche (ma anche alcune moderne), nonché le abbandonate stazioni baleniere ,senza trascurare  le stesse case, che spesso mostrano i tradizionalissimi  tetti di zolle erbose.

La ricerca sul campo verrà preceduta da un intenso lavoro propedeutico da effettuare nella ricca biblioteca della Società Geografica Italiana, a Roma, nonché presso il Museo Nazionale e l'Università di Copenaghen, in Danimarca.

Desidero esprimere i mie ringraziamenti alle persone che hanno reso possibile il lavoro nelle isole:

in Tórshavn:

Lisbeth L.Petersen , Byraðsformaður ( Sindaco); Eilif Samuelsen, Landsstýrismaður , Ministro per l'Educazione, Energia e Ambiente e Jäkur Thorsteinssen, Direttore per l'Educazione e la Cultura; Beate L. Jensen, futuro Chief-Editor del Dimmalætting (giornale, fondato nel 1877); Jan Mortensen, Direttore del Faroe Islands Tourist Bureau;; Tróndur Djurhuus, Direttore Generale della SVF, la Televisione Faroese; Per Hansen, Technical Manager of the Faroe Islands Tourist Board; Eyðfinnur Finnson, Consulente dell'importantissimo Dipartimento della Pesca (ne era il "numero due"); Sorella Frances, una Suora Inglese appartenente all'Ordine delle Missionarie Francescane di Maria (ottantacinquenne, dei quali sessantacinque trascorsi nelle Fær Øer, alla quale vanno i miei più sinceri ringraziamenti per il prezioso materiale archivistico sulle isole che mi ha donato), oltre al Diacono Cattolico danese Christian Gabrielsen. Infine desidero esprimere la mia gratitudine e i miei ringraziamenti di cuore al mio "migliore uomo nelle isole", un meraviglioso ospite Faroese, in effetti!. Grazie a lui e al suo lavoro giornaliero, la mia Ricerca Faroese Research ha ottenuto così tanto successo. Sto parlando di John Eysturoy, del Faroe Islands Tourist Board. Un uomo ben noto nell'intero arcipelago. Già pescatore, giocatore di calcio, attore di teatro, esperto delle Fær Øer, oltre ad essere un prezioso public relations man con il mondo dei mass media. Grazie ancora, John!

in Vágur

situata nell'isola meridionale di Suðuroy: Jógvan Krosslá, Sindaco; Hergeir Nielsen, Insegnante, già Ministro per l'Educazione e il Traffico (1989-90) e Membro del Parlamento Faroese, oltre ad essere Presidente della Commissione per gli Affari Internazionali ( 1984-1994); Ditlev Hammer (of Hov), allevatore, appartenente al Partito Nazionalista Faroese; Kãri Poulsen, pescatore e sua moglie, Mary Krosslá; Jan Allan Müller, giocatore professionale di calcio in Danimarca; Suni ã Dalbø e la sua moglie danese, Anne Dalbø, entrambi studenti universitari (Master) dell'Università danese di Aalborg; oltre a Jøgvan Nolsøe (di Klaksvik); l'anziano Asbjorn Jacobsen (la "memoria storica della comunità") e sua moglie Kaja Olsen.

e in Copenaghen-Roskilde-Lejre

Ole Dziegel, Marketingschef, Roskilde-Egnens Turistbureau; Laila Jurs Jensen, Marketing Manager del Wonderful Copenaghen Convention and Visitors Bureau; Lars Schaldemose del Danish Tourist Board; il Director of the Arp-Hansen Hotel Group; Prof. Angelo Carriere, Direttore dell'Istituto Italiano di Cultura; Tryggvi Johansen, Capo della Rappresentanza Faroese; Mr. Ørhuus, della Direzione del Nationalmuseet; Mette Olsen, Storica dell' Historical Archaelogical Experimental Center .

Bibliografia

2005 "Un'oasi artica dove gli impiegati si licenziano per tornare in mare. Le capitali nordatlantiche della pesca: Tórshavn, nelle isole Fær Øer", L'Osservatore Romano, 5 agosto, 3

2004  "La pirateria nelle isole Fær Øer" Rivista Marittima, CXXXVII, gennaio, 198-202

2004 "In mezzo all'Atlantico in balia dei pirati. Un viaggio nella storia tormentata delle isole danesi Fær Øer",  L'Osservatore Romano, 17 settembre, 3

2003 "Navi, strumenti nautici, arpioni e vecchie fotografie raccontano l'eroica lotta per la sopravvivenza degli "agricoltori con le barche". Il museo marittimo di  Tórshavn, nelle isole Fær Øer", L'Osservatore Romano, 27 settembre, 3

2001 "Dopo 150 anni dall'Irlanda all'isola di Terranova sulla rotta di san Brandano. Negli anni '70 fu compiuta una spedizione a bordo di un'imbarcazione ricostruita secondo le tecniche del tempo", L'Osservatore Romano, 12 Maggio, 3.

2000 "Un'affascinante nicchia linguistica e culturale dove sopravvive l'antica lingua vichinga. Le Fær Øer: remoto arcipelago dell'Atlantico settentrionale rimasto sostanzialmente isolato dal resto del mondo ", L'Osservatore Romano, 9-10 Ottobre, 18

" Due arcipelaghi a raffronto: di mare (Fær Øer, Danimarca ) e di terra (Carnia - Friuli - Italia); due isole a raffronto: di mare (Mykines), di terra (Sauris): analisi di due distanze culturali ", comunicazione letta nel Seminario Internazionale: "Two Distant Regions Compared", tenutosi presso l'Accademia di Danimarca a Roma (Det Danske Institut for Videnskab Og Kunst I Rom), 21Ottobre, 1997

(Ringrazio l'Accademia di Danimarca che mi ha dato questa opportunità di potermi rivolgere ad un pubblico su un argomento che ha monopolizzato in questi ultimi anni la mia vita, non solo scientifica. In effetti quanto in questa sede si dirà sulle lontane isole "delle pecore" discende dal lavoro che sto portando avanti da numerosi anni tra le comunità marittime dell'Atlantico settentrionale. E che nel 1994 mi ha portato tra i minatori russi e norvegesi (le comunità umane più settentrionali della Terra) delle isole Svalbard, a "due passi" dal Polo Nord. Il survey nelle Fær Øer è del 1995.

Tornando al tema di oggi, i numerosi contatti intercorsi preliminarmente con l'Accademia hanno sollecitato una maggiore focalizzazione dell'intera problematica, provocando ulteriori, interessanti riflessioni. La Direzione dell'Accademia era particolarmente interessata a coinvolgere la realtà italiana o un suo specifico aspetto. Dai colloqui scaturì, innanzitutto, la partecipazione di uno studioso danese, esperto delle problematiche storico-culturali ed economiche dell'arcipelago - anche se sarebbe stata auspicabile la possibilità di estendere l'invito a qualche studioso faroese -. Nonché l'idea di comparare la lontana situazione nord-atlantica faroese con un qualcosa di analogo o, comunque, paragonabile, localizzato all'interno dello Stato Italiano. Ricordo come il metodo delle scienze antropologiche includa la comparazione con situazioni e realtà culturali "altre". Quindi quel proposito si dimostrò, non solo ragionevole, ma soprattutto di estremo interesse scientifico. C'è da dire che nel 1996 quello che era stato programmato come un mero viaggio estivo nella Carnia friulana, per impegno, molteplicità e spessore nei contatti, conoscenza di "personaggi chiave" (studiosi locali impegnati a vario titolo nelle realtà del territorio, ecc.), selezione indovinata a tavolino delle realtà da avvicinare e, perciò, per importanza del materiale raccolto (geografico, storico, etno-antropologico, economico), mi aveva offerto un'insperata, non prevista, ricognizione "informale" di quel territorio. Dandomi modo di ritenere come un raffronto fosse possibile, se non auspicabile. In effetti le possibili comparazioni e le notevoli somiglianze tra i diversi aspetti della società e della cultura faroese con quelli carnici, nonostante le molteplici differenziazioni, anche di spessore, mi sollecitarono ad approfondire ulteriormente l'indagine. Che comunque qui viene solo abbozzata. Nonostante tutto, ciò che sembrava voler rappresentare poco più di un gioco intellettuale da parte di uno studioso che aveva avuto modo di avvicinare entrambe le realtà, seppure su due piani conoscitivi ovviamente differenti, si è dimostrato essere piuttosto interessante, anche dal punto di vista scientifico. Per cui mi è sembrato degno di suscitare un qualche interesse da parte di un pubblico attento.

A di là del fatto che la comparazione sarebbe stata effettuata tra due realtà culturali distanti tra loro (danese e italiana), tra due "diversi" arcipelaghi (di mare e di terra), avrei infine avuto modo di aggiungere alla discussione due "studi del caso". Il primo costituito dalla remota isola di Mykines, l'archetipico simbolo dell'isola fuori dal mondo e da tutto (nelle Fær Øer), che proprio per la sua lontananza, fu per me irraggiungibile. Il secondo rappresentato da un' "isola" in senso linguistico ed etnico-culturale, sebbene terrestre: Sauris. Si può ben immaginare, ancora oggi, quale potesse essere, in un non lontano passato, l'isolamento di questa comunità alpina. In considerazione della specifica posizione geo-altimetrica e della lunga, a volte perfino "incredibile", odissea che la comunità ha dovuto nei tempi attraversare, al fine di essere collegata con una strada al mondo esterno.

Ai fini della comparazione ho individuato alcuni indicatori e aree problematiche tra loro comparabili. Alcune sono vere e proprie chiavi di lettura per entrambe le realtà. Le differenziazioni rimangono ovviamente molteplici, e non di poco conto, ma i raffronti possibili sono numerosi: aspetto geo-storico ( medesima superficie: 1220 Kmq la Carnia, 1399 le Fær Øer); eccentricità e, quindi, marginalità della localizzazione dei due "arcipelaghi" rispetto alle capitali e ai rispettivi territori statali; aspetto climatico (piovosità); povertà, deprivazione passata e marginalizzazione, anche socio- culturale (fino agli anni '60 per la Carnia, e per le Fær Øer fino alla fine: a) del "lungo isolamento" (1856), b) del periodo post bellico (seconda guerra mondiale); c) degli anni '70/'80. Crisi esistenziali comunitarie del passato e del presente; comunicazioni: (difficoltà nei trasporti e nelle comunicazioni in genere, (mancanza di strade nell'arcipelago danese fino agli anni '50 e '70, quando si è dato il via alla costruzione di una moderna rete di comunicazione intraisolana. Quelle nella Carnia risalgono, a parte alcune eccezioni, alla fine del XIX secolo; demografia (uguale consistenza numerica - quarantamila abitanti- e le emigrazioni - recentissime quelle delle Fær Øer (dal 1989), secolari (dal Medio Evo fino agli '60), quelle della Carnia; amministrazione: acquisizione nel 1948 dell'autonomia amministrativa: contea autonoma danese, le Fær Øer, all'interno della Regione autonoma a statuto speciale - art. 116 della Costituzione Italiana - del Friuli, la Carnia; economia: (economia legata all'ambiente, allevamento, incentivazione turistica); cultura: lingua specifica, e insegnamento linguistico nelle scuole; importanza e vitalità della tradizione culturale anche negli stessi costumi, nazionali e regionali (indossati con orgoglio in occasione delle feste), persistenza di un ricco apparato architettonico spontaneo; letteratura orale (la danza faroese a catena: Føroyskur dansur), le poesie (la villotta carnica); rapporto uomo-ambiente (e la presenza di trølls e sbilfs).

Sia per quanto concerne l'introduzione generale all'arcipelago delle isole Fær Øer, che per ciò che riguarda l'amministrazione e l'economia, mi limiterò ad alcuni rapidi cenni, indispensabili per la comparazione con la situazione carnica, poiché argomenti già ampiamente trattati dall'intervento del Prof. Wåhlin).

1997 "Il Museo Marittimo (Batasavnið ) di Tórshavn, Isole Fær Øer Danimarca)", Notiziario della Marina, XLIII, 10, Ottobre, 44-45

1996 "La spedizione del Brendan", Rivista Marittima, CXXIX, Luglio, 193-195

1996 "Fær Øer. Storia e religiosità di uno sperduto lembo di terra. Nell'Ottocento una "missione" accoglieva i marinai cattolici di passaggio nelle isole", L'Osservatore Romano, 13 March, 3

1996 "Fær Øer. Storia e leggenda di uno sperduto lembo di terra. La "Roykstova" è la più antica costruzione in legno del mondo", L'Osservatore Romano, 9 Marzo, 3

1996 "Fær Øer. Storia e leggenda di uno sperduto lembo di terra. Le isole atlantiche scoperte da un monaco irlandese", L'Osservatore Romano, 25 Febbraio, 3

1996 "La grave crisi della pesca nelle isole Fær Øer (Danimarca)", Rivista Marittima, CXXIX, Giugno, 188-190

1996 "Nel paese dai tetti di prato che ondeggiano al vento: le isole Føroyar (Fær Øer), ultimo segreto d'Europa", L'Universo, LXXVI, 5, September-October, 596-616

(The Author here outlines a broad picture of the geo-historical, environmental, cultural, linguistic and economic situation of the Faroe Islanders. These little known fishermen communities are, according the very well famous Icelander scholar Magnus Magnusson, the pure-bred descendants of the Vikings who arrived there in the IXth century. Not even fifty thousands people live in this wild, but wonderful archipelago, made up by vulcano lands, steep mountains and absolutely no trees at all. Anyhow its "unique" and various landscape, and the hospitality of the Faroese people are almost unforgettable. The islands lie just in the middle of Northern Atlantic, south east from Iceland, and form an autonomous region within the Kingdom of Denmark. Several and important are the fields of the Faroese world which deserve a special attention to the anthropologist. First of all the ability to preserve in the course of ages, notwithstanding the presence of a "foreigner" Danish Rule (for history, language and culture), their own language (similar to Norwegian Landsmal and to Icelandic) and culture. This is especially due also to a long-time secluded situation that affected, not only each community and every island from the other villages and isles, but the whole archipelago, too, in comparison with the European continent. Till the 1856 the islands were practically "closed" to the outside, due to the Crown commercialy monopoly ( and centuries before to a private monopoly). So the very few islanders were able to keep up with most of their Viking traditions (also if they had faced some natural changes during the time). Many of their interesting cultural elements are arriving quite untouched at the end of the Second Millennium . Apart the language, it is possible to mention here: their ballads and chain dances; the "model"of the Faroese village, with their wood and coloured houses with turfed roofs; the building of special " long rowing-boats", very similar in shape (and results) to the Viking models; the very old tradition of a community whale-hunting, the grindadrap. Besides all there is to underline that each Faroese feels himself belonging strongly to only one community. So, to speak about the cultural identity of Faroe islanders, it is necessary to refer to a Nation-Community, or to a community wide as the whole Nation. This is just one of the first results coming from the Author's anthropological survey. There is still to add that, always due to the centuries old general isolation of the islands, only since the 1850' the islanders, who for long time were basically farmers "with boats", slowly turned their economy to fishing, and fishing is, from the end of Second World War, the mainstay of Faroese economy. In the last few years the archipelago has however faced an economical crisis, due to the reduced returns caused by previous years overfishing. Now the islanders are struggling hard to keep in full control of it )

1995 "La pesca è l'"oro" di un popolo che discende dai Vichinghi. Viaggio nelle diciotto isole dell'arcipelago delle Fær Øer", L'Osservatore Romano, 21 Dicembre, 3

Hanno scritto sul Progetto Faroer:

-Italskur antropologur vitjar í løtuni, di Beate L. Jensen, Dimmalætting (Tórshavn),1 Agosto 1995, 1 e 11

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