Bruno Bellucci
Presidente onorario della Sezione di Perugia del Club Alpino Italiano

 

Relazione tenuta nella sede della Sezione CAI di Perugia in Piazza Piccinino 13, il giorno 13 marzo 1969

 

 Cari Amici

sono molto lieto di trovarmi in mezzo a Voi, e di fare così un bagno di giovinezza, tuffandomi nei ricordi del non recente passato, ed offrendoli a voi qui presenti, affinché queste memorie belle, e soprattutto sane, rimangano nel tempo, affidate a voi giovani nelle cui mani arde la fiaccola della vita.

La parte più remota di questi ricordi è stata ricavata da giornali, da bollettini, da corrispondenza dell'epoca; la meno remota è stata ricavata dalla mia memoria, e da quella di varii Amici che con me condividono il privilegio di essere nati negli ultimi decenni dello scorso secolo.

La data ufficiale di fondazione della Sezione di Perugia del CLUB ALPINO ITALIANO rimonta al 1875. Fin da 1874 il presidente Nazionale del CAI, Quintino Sella, che - per motivi di studio e per affinità di pensieri - era intimo amico del Prof. Giuseppe Bellucci, aveva pregato quest'ultimo di costituire una Sezione del CAI in Perugia. Il prof. Giuseppe Bellucci, da appassionato ricercatore di Scienze naturali, ed infaticabile camminatore e montanaro, si mise subito all'opera, e coadiuvato da numerosi amici ed appassionati della montagna, riuscì a costituire ufficialmente in Perugia, nel 1875, la Sezione perugina del CAI. Tra questi collaboratori mi piace ricordare il Conte Rodolfo Pucci Boncambi, il Barone Danzetta, il Dott. Emanuele Forlini di Ponte San Giovanni, il Sig. Kühn di Perugia, il dott. Speziali di Città di Castello, il Sig. Pio Nani, il dott. Andreoli di Spina, il Rag. Carlo Rosati, ed altri.

La Sezione Perugina del CAI fu una delle prime in Italia, e nel 1879 era forte di ben 39 soci.

Fin dalla fondazione la nostra Sezione dimostrò una notevolissima attività, che interessava tutta la catena dell'Appennino Centrale , dal M. Falterona al Nord, al gruppo della Maiella e al M. Velino al Sud. Attività tanto più rimarchevole, quando si consideri che in quell'epoca i mezzi di trasporto erano limitati alle poche e primitive ferrovie, ed alle carrozze tirate da cavalli.

Mi piace ricordarvi che in quell'epoca fu fatta una gita a M. Vettore, recandosi da Perugia a Spoleto in treno, e poi tutto a piedi: da Spoleto a Norcia, da Norcia al Piano del Castelluccio, e da li in vetta; il ritorno con lo stesso sistema. Naturalmente questa gita, rimasta memorabile negli annali dei CAI di Perugia, impegnò una settimana di tempo; gita che oggi, andando in auto da Perugia al Castelluccio e viceversa si compie dalla mattina alla sera. Altrettanto dicasi per le escursioni ed ascensioni ad altre montagne, quali il Catria, il Gran Sasso, e così via.

Questa attività non sfuggì all'attenzione del Presidente Nazionale del CAI, Quintino Sella, il quale designò Perugia quale sede del XII Congresso del CAI.

Perugia accettò ed il Congresso si svolse nel 1879, con notevole affluenza di Soci venuti da ogni parte d'Italia ed occupò vari giorni: lunedì 25 agosto, dedicato ai lavori del Congresso ed alla visita della Città e Monumenti; martedì 26 agosto alla escursione sui luoghi ove si svolse la leggendaria battaglia del Trasimeno fra i Cartaginesi, guidati da Annibale, che scendevano dagli Appennini Liguri, dopo aver valicato le Alpi anche con gli elefanti, ed il Console Flaminio che con le schiere romane era accampato nella zona nord-est del lago Trasimeno. Questa escursione, che si iniziò alle tre del mattino, si protrasse fino alle tre del pomeriggio, e portò i convenuti sul luogo della battaglia che ora sono ricordati con i lugubri nomi delle località: "Sanguineto", "Sepoltaja", "Ossaja". Gli Alpinisti, piuttosto affaticati, dopo dodici ore di marcia sotto il solleone ( come riferiscono i giornali dell'epoca che io conservo) al ritorno a Perugia, furono accolti in ingresso trionfale , dal Sindaco, dalla Giunta, da Associazioni di studenti, di operai, con bandiere, banda musicale e moltissimo popolo. Questo resoconto vi dica l'atmosfera che regnava in Perugia verso la Sezione locale del CAI.. Nella serata ci fu un pranzo sociale al Teatro Pavone: centoventi persone attorno ai tavoli disposti in platea: i palchi erano gremiti di distinte Signore e leggiadre Signorine; nel loggione l'ottimo concerto musicale di Perugia suonò vari pezzi, ritornando (dice la cronaca) ogni tanto, con grande entusiasmo di tutti, alla Marcia Reale.

Mi piace leggervi, traendolo dai giornali del tempo, il menù di quel pranzo:

Hors d'oeuvre pour se trainer

Uova d'aquile filate al brodo

Alpenstock al madera

Licheni degli Appennini stracotti

Ghiacciai delle Alpi al Cognac

Entrèe ittiologica del Lago Trasimeno

Fiumi di chianti e ruscelli di Marsala

Il giorno seguente 27 continuarono i lavori del Congresso, e poi partenza per la gita del Vettore che si svolse il giorno 28. Per i meno ferrati, gita al Subasio.

In occasione del Congresso la Poetessa Alinda Bonacci Brunamonti lesse la sua Ode, per l'occasione composta, "Inno ai monti d'Italia", che così comincia, offrendo ai nostri occhi la visione serena della nostra catena appennina:

"Date ai monti l'alato inno

S'ergan ritti alla nubi i coni alpini

O in lente curve ai due mari scendano

Noti amici per noi, dolci Appennini"

Spero di non avervi tediato, riesumando nei giornali dell'epoca, e ricordando a Voi questi particolari dello svolgimento del Congresso, che fece conoscere l'attività, la vitalità del nostro Club e le bellezze della nostra Regione agli Alpinisti d'Italia.

La Sezione di Perugia del CAI rimase per lunghi anni attivissima, dedicandosi non solo alle escursioni ed alle ascensioni di montagne, ma dedicandosi anche, ed a fondo, a ricerche scientifiche di zoologia, botanica, mineralogia, paleontologia, etnografia, ricerche nelle quali vi furono appassionati cultori, che portarono a risultati che ancora oggi sono degni di considerazione e di studio, quali, ad esempio le ricerche sull'uomo primitivo nell'Umbria e sul grande Lago Umbro, che esisteva nell'età preistorica.

Va ricordato d'altra parte che, nella sua fase iniziale, il CAI era sorto per l'appunto con simili scopi di ricerca scientifica e di studio, e che le manifestazioni di attività fisica, alpinistica ed escursionistica, non erano il fine primitivo, ma erano invece la necessaria conseguenza di tale attività di ricercatore e di studioso della natura. Analogamente a quanto avviene per esempio nei cacciatori i quali fanno chilometri e chilometri in pianura ed in montagna, non come alpinisti od escursionisti, ma per correr dietro alla selvaggina.

La Sezione Perugina del CAI non aveva allora una sede ufficiale. Il punto di ritrovo era allora presso la Libreria Terese, in Corso Vannucci, di fronte al Corpo di Guardia dei Vigili Urbani, ove il commesso di negozio, Cipriani, era sempre premurosamente accogliente verso i soci ed ove faceva recapito il Segretario del Club Avv. Attilio Nani.

L'attività del Club Alpino Italiano di Perugia si protrasse così per oltre un trentennio, con ascensioni in tutte le montagne della nostra Regione: dal Vettore al Serrasanta, dal Nerone a M. Cucco ( ove vi fu anche una visita delle grotte, in cui si scendeva a forza di braccia lungo le funi fin lassù trasportate; ricordo sempre la famosa frase che in quell'occasione Gigi Oddi, sfinito per la pesante escursione, esclamò: "Monte Cucco, tu non mi cucchi più."

Conservo ancora tra i miei ricordi le fotografie che, ragazzo, scattai nel 1899 e nel 1900 sulle vette del Terminillo e del Gran Sasso, e tante e tante altre conservo, che mi rammentano le ascensioni del Falterona, del Subasio, del M. Maggio, dell'Amiata, del Monte di Pale (con discesa nelle grotte), del M. Cetona, del Pennino, del Tezio, del Catria, dell'Acuto. Tutte ascensioni che richiedevano giorni di tempo per l'avvicinamento alla base, e notevoli prestazioni fisiche, perché allora le nostre montagne erano ancora vergini e non percorse da strade automobilistiche o da teleferiche, come lo sono ora e dovunque, senza che alcuna vetta ne sia salva, e quindi non profanate da questi cosiddetti progressi di civiltà.

Scusatemi se io, abituato fin da ragazzo ai solenni silenzi della montagna, quando e dove non si sente altro che il rumore del vento che striscia sulle vette , ed il rumore del battito del proprio cuore, scusatemi se io chiamo profanazioni queste moderne trasformazioni del volto delle nostre montagne, profanazioni che certamente non sono così giudicate dalle comode folle domenicali, abituate a consumare sui prati delle nostre montagne, per loro una volta inaccessibili, le loro laute merende, e i loro ben forniti cestini, contaminando con i residui barattoli e cartacce le verdi verginità dei nostri monti.

Ricordo i nomi del CAI di Perugia che in quel periodo furono i più fedeli e appassionati: oltre il Prof. Giuseppe Bellucci che ne era il Presidente, e l'Avv. Attilio Nani che ne era il segretario, ricordo il Prof. Giovanni Carattoli, l'Avv. Amalio Meniconi, il Dott. Lillo Franceschini, il Dott. Alberto Tei, il Conte Vittorio Pucci Boncambi, il Rag. Guglielmo Fagioli, il Sig. Frenguelli ( detto Diodato), il Rag. Virgilio Salvietti, l'Avv Ernesto Salusti, il quale sostituì poi l'Avv. Nani nell'incarico di Segretario, l'Avv. Enrico Leone Rosati, l'Avv. Dino Silio Assettati, il Conte Federico Pucci Boncambi, la Contessa Teresa Meniconi, la Bar.na Vittoria Luce Danzetta, la Contessa M. Pia Pucci, i due fratelli Danzetta, il Sig. Lilletto Ottaviani e molti altri.

L'attività trentennale della Sezione Perugina del CAI si svolse così, legata precipuamente (come tutte le altre attività di questo mondo) allo slancio e alla iniziativa di elementi appassionati, o legati tra loro da vincoli di amicizia e di stima. A poco a poco questi elementi vennero pian piano a mancare, od a rendersi meno efficienti (non come spirito, ma come attitudine fisica), e per il peso degli anni, purtroppo incompatibile con la montagna, senza essere sostituiti da nuove energie.

E qui permettetemi, e scusatemi, una parentesi sentimentale: non c'è niente di più doloroso per un alpinista che accorgersi di non essere più capace di compiere lo sforzo che la montagna , che si è tanto amata , richiede. Dolore vivo e mortificante per un uomo, paragonabile solamente (scusatemi il raffronto) al constatare di non essere più valido di fronte alla donna amata.

Lentamente così l'attività della Sezione perugina del CAI venne affievolendosi, per poi cessare quasi del tutto nel 1905, dopo un quarantennio di vita feconda ed attiva.

Ma gli appassionati della montagna non cedettero le armi, ed attraverso le due società sportive "Libertas", presieduta dal Rag. Benedetto Veneziano (caro Amico recentemente scomparso) e "Braccio Fortebraccio", presieduta dal Col. Cappelli, continuarono l'attività escursionistica.

Ricordo le gite, le ascensioni, le escursioni fatte allora, in piena allegria giovanile, da tanti Soci di queste due Società: primo fra tutti e sempre presente con il suo biondo barbone, con la ingenua semplicità del suo dialetto polacco-perugino, il caro indimenticabile amico e compagno Otto Wezelka, e poi Levi Vajani, Manlio Mancini, Paoloni, Guerri, Agostini Giulio ed Augusto, Franz Verdesi con la Sua Signora, Cesarini e Signora, Ennio Silvestri, Umberto Moschetti, Giorgio Coen, Aldo Pascucci, Prof. Gugnoni con le sue due figlie, Enzo Valentini (immolatosi poi giovanissimo sul Col di Lana il ventidue ottobre del 1915 come volontario nel 51° Reggimento Fanteria, col quale reggimento partì anche volontario il caro amico Otto Wezelka, benché sessantenne). Ricordo anche il Rag. Virgilio Salvietti, il Dr. Luigi Vannoni, e la Bar.na Vittoria Luce Danzetta, la quale, nel 1911 in una esercitazione invernale di slittini sul M. Subasio, si fratturò malamente una gamba, con le conseguenze che voi potete immaginare, privi come eravamo di ogni mezzo di soccorso e di trasporto.

Anche in quel periodo furono fatte, oltre tante gite sulle nostre montagne appenniniche, interessanti escursioni speleologiche nelle Caverne di M. Cucco, nelle grotte di M. Nero ( ove ricordo che una volta l'amico Otto Wezelka rimase immobilizzato e prigioniero in un angusto cunicolo, di dove fu dovuto liberare scavando una galleria laterale).

Nel 1915, con l'avvento della prima guerra mondiale, e col richiamo alle armi di ogni elemento umano efficiente, cessò ogni attività escursionistica, che riprese lentamente solo nel 1920.

Nel gennaio del 1921 scomparve il Fondatore della Sezione perugina del CAI prof. Giuseppe Bellucci, ed in quell'anno gli amanti della montagna ricostituirono una società, alla quale vollero dare il nome di "Società Escursionisti Giuseppe Bellucci", Società che ebbe per primo Presidente il Rag. Manlio Zeetti, da poco ritornato dalla guerra. Nell'estate del 1921 questa Società Escursionisti volle apporre un ricordo marmoreo a Giuseppe Bellucci, collocando una lapide ricordativa, che tuttora esiste, sebbene logorata dalle intemperie, sul roccione di M. Tezio.

Al Rag. Zeetti seguì poi la presidenza dell'Avv. Umberto Calzoni, appassionatissimo camminatore e ricercatore. In quell'epoca furono fatte numerosissime escursioni ed ascensioni, spesso in unione con la FAUM (Federazione Appennina Umbro Marchigiana, di cui era presidente l'On. Miliani di Fabriano).

Mi piace qui ricordare, fra le tante gite fatte con l'Avv. Calzoni, l'Avv. Nani, Il Rag. Giulivi, l'Avv. Peppino Innamorati e colui che vi parla, quella sulle montagne di Cetona, dove vennero fatte le importanti scoperte di necropoli preistoriche ( il cui materiale figura ora nei Civici Musei di San Domenico in Perugia), ricerche che ricordo come allora fruttarono all'Avv. Calzoni qualche giorno di prigione, perché il solerte Maresciallo dei Reali Carabinieri di Cetona credette di ravvisare in quelle ricerche il reato di violazione di tombe!

La Società Escursionisti "Giuseppe Bellucci" esplicò la sua attività per alcuni anni, fin quando cioè essa venne disciolta d'autorità, assorbita e conglobata nelle attività dopolavoristiche del Partito Fascista, entrando alle dipendenze della locale Federazione, ciò a seguito di precise disposizioni generali allora vigenti, che fecero salvo solo (sebbene sotto stretto controllo) il Club Alpino Italiano, ed il Touring Club Italiano ai quali però il nome di Club fu mutato nel nome di "Consociazione".

Tutto il materiale di proprietà della Società (che era poi il materiale proveniente dalla primitiva Sezione del CAI, passò in proprietà al Dopolavoro Provinciale di Perugia (fra questo materiale vi era una preziosa biblioteca, attrezzature per esplorazioni speleologiche, tra cui ricordo una magnifica scala di corda lunga trenta metri, che fu acquistata per discendere nella Caverna di M. Cucco, molta preziosa corrispondenza, ecc.)

Di tutto questo materiale non si è avuta più alcuna notizia, nonostante le ricerche fatte all'atto della ricostituzione della sezione perugina del CAI, avvenuta nel 1931. Nel 1930 colui che vi parla iniziò le pratiche con la Sede Centrale del CAI per la ricostruzione in Perugia della vecchia gloriosa Sezione, fondata nel 1875. La ricostruzione, da me propugnata e desiderata, ebbe il "nulla osta" da parte della Direzione Generale, e , nel maggio del 1931 la Sezione fu ufficialmente inaugurata sulla vetta del M. Subasio, fra grande entusiasmo ed affluenza di amici e di appassionati della montagna, alla presenza del Presidente Nazionale Avv. Manaresi, di cui conservo ancora la fotografia con affettuosa grata dedica.

Nel ricostruire la Sezione Perugina del CAI fu chiesto alla Sede Centrale di riconoscere l'anno di fondazione 1875, ma tale riconoscimento non fu concesso, per il motivo del lungo periodo di inattività ( 25 anni ) della Sezione dal 1905 al 1930.

Dal 1930 al 1952, la Presidenza della locale Sezione del CAI fu affidata a colui che vi parla , e la Sezione ebbe quella vita attiva che molti di voi ricordano, e fra tanti mi piace di ricordare i nomi degli amici Vittorio Pucci, Bruno Spaglicci, Mario Vittori, Renato Bessio, del compianto Franz Verdesi, Staffa, Ciagli ed altri.

Nel 1952, a causa di un malaugurato incidente che mi provocò la grave frattura di una gamba, con vivo dolore dovetti alzare la bandiera bianca della resa di fronte ai nostri monti, e lasciare la guida della Sezione perugina del CAI in più giovani e valide mani.

E qui termina la mia rievocazione. La storia recente del CAI è infatti troppo ben conosciuta , e tutti sanno quanto la sua attività, come alpinismo, come Sezione Speleologica, come Sci CAI, sia fervida e costante.

Ma io, che ho tanto amato e salito le nostre montagne, fino a che le forze fisiche me lo hanno permesso, sono felice di constatare come l'entusiasmo e lo slancio dei primi pionieri sia stato non solo ereditato e mantenuto, ma sia in fase di sempre maggiore sviluppo, anche in tempi, come i nostri, in cui il materialismo predomina, e scarso è l'entusiasmo delle masse verso gli orizzonti del CAI, entusiasmo che è diretto invece verso spettacoli agonistici ove entra spesso di mezzo il lucro e l'interesse materiale..

L'orizzonte del CAI è invece altamente spirituale e costituisce un sentimento quasi religioso verso la natura che ci circonda, che ci ricorda la nostra piccolezza di fronte al Creato, che ci richiama, con la sua voce al vero, al bello, al buono!