Logo
- Link -
Torna alla Home Page


© Andrea Gerolimon per http://www.music-on-tnt.com


 

Itinerari Jazz di Trento
Herbie Hancock Trio (27 marzo 2001)

Questa volta sono arrivato all'Auditorium S.Chiara poco prima che cominciasse il concerto:-P. La puntualità non è proprio un mio punto di forza…
Per fortuna il mio amico Luca mi aveva tenuto un posticino (ha rischiato anche di fare a botte con uno che voleva assolutamente la poltroncina destinata a me!) in ottima posizione. Grazie Luca! Il tempo di fare entrare tutto il pubblico (i biglietti per i posti a sedere erano finiti già il giorno prima, e così un centinaio di persone, e forse anche più, si sono accontentati di sentire lo zio Herbie in piedi), e si comincia!

Prima sorpresa: alla batteria siede Terri Lyne Carrington, una donna. Va bene, sulla brochure informativa c'era scritto, ma non ci avevo fatto caso. Io amo le donne che suonano o che cantano, figuratevi se poi tengono in mano due bacchette. Sta di fatto che mi si è stampato sul viso un sorriso ebete :-).
Con la simpatica Terri entrano Scott Colley, lo spilungone contrabbassista bianco di New York, e il Maestro, Herbie Hancock.

Dopo una breve introduzione, dove il pianista di Chicago presenta il Trio nel suo elegantissimo abito color vinaccia, chiedendosi incredulo come Scott riesca a vivere in una città così dannatamente fredda, inizia il concerto.

Con un brano di Cole Porter.
Perfetto.
O forse no, quasi perfetto.
Vi racconto.
Lo spettacolo comincia a prendere forma. I tre musicisti suonano alla grande. C'è un'intesa tra loro, un "domanda e risposta" immediato. All'interno di uno stesso brano si passa da momenti di grande pathos, ad altri più dinamici e percussivi, con le improvvisazioni dei tre che prendono corpo e si sovrappongono le une alle altre, creando un crescendo entusiasmante.

Strepitosa in questo senso Terri Lyne Carrington, dotata di una tecnica sopraffina e di un'espressività che solo i grandi batteristi sanno comunicarti. I suoi assolo sono stati semplicemente perfetti, intensi, ma anche vigorosi e solidi. E il pubblico ha apprezzato, credetemi.

Davvero notevole pure il newyorkese Scott Colley, che ha fatto letteralmente volare le sue dita sulle corde del contrabbasso. Un grande virtuoso dello strumento, non c'è che dire.
Ma non solo.
Anche lui, come la compagna di questo splendido viaggio Terri, non si è limitato alla tecnica fine a se stessa, ma ha saputo comunicare alla platea il suo entusiasmo per la musica jazz. Il grande Herbie Hancock, invece, mi ha un po' deluso.

Per carità, l'eleganza e la classe con cui ha suonato il suo Stainway mi hanno ricordato i tempi d'oro (per me) del magnifico quintetto di Miles Davis degli anni sessanta, ma è mancato qualcosa.

Forse per colpa dell'impianto audio non propriamente a punto, ma le note che si spandevano nella sala erano un po' piatte, con poche armoniche...

In poche parole: poco coinvolgenti. L'impressione è stata poi sicuramente amplificata dal molto spazio (forse troppo) concesso alla base ritmica, che, come detto, ha suonato divinamente. Badate bene, non sto dicendo che Herbie abbia suonato male (e come sarebbe possibile, poi?), tutt'altro; ma forse è mancato quel tocco di magia che avrebbe sicuramente trasformato un bellissimo concerto in una serata semplicemente indimenticabile.

Tutto qui, e scusate se è poco!