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Artista/Gruppo: Weather Report
  Titolo: Monografia dei Weather Report 1° parte.  
  Etichetta: ------  
  Web site:  
Recensore: Antonio De Pascale

© A. De Pascale per http://www.music-on-tnt.com

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Il Bel Tempo del Bollettino Meteorologico

E' il 1986 viene pubblicato This Is This, l'ultimo album del Weather Report. Uno sguardo alla copertina e la malinconia ti attanaglia: sul retro una piccola foto ritrae Wayne Shorter e Joe Zawinul che si stringono la mano come a darsi un addio, sulla busta interna delle brutte caricature dei ben ventuno musicisti che in quindici anni si sono alternati nel gruppo.

Già da qualche anno il bollettino meteorologico tende al nuvoloso e This is This non è certamente il migliore disco del gruppo: i Chief Meteorologist scodellano brani da banale easy listening, in qualche caso davvero insopportabili. Non più, come nei vecchi lavori, il melting pot di mille generi musicali, i suoni tribali vecchi come la Terra, gli avveniristici campionamenti elettronici, i profumi di paesi esotici, i richiami alla grande tradizione mitteleuropea e gli echi dei locali downtown del jazz newyorkese.

Di sicuro peccati veniali per un gruppo che ho amato tanto e che importanza fondamentale ha avuto nella mia formazione musicale e nella storia della Musica dell'ultimo trentennio.

Facciamo un sostanzioso passo indietro: siamo verso la fine degli anni 60, l'Occidente è scosso dalle contestazioni giovanili, gli Stati Uniti sono impelagati in una disastrosa guerra in Vietnam, Jimi Hendrix fa sognare i giovani di Woodstock. Anche il mondo del jazz è un immenso e magmatico calderone che con i suoi molteplici linguaggi universali, spesso radicali, si fa portatore dei nuovi fermenti socio-politici dando voce alla rabbia di chi è stato, fino a questo momento, soffocato dalle culture dominanti. Pochi si rendono conto, in una situazione così mutevole, che l'evoluzione di musicale percorre anche altre strade e che da li a poco sarebbe stata al servizio della creatività dei musicisti jazz la vera novità degli anni 70: l'elettronica.

Con il nuovo mezzo si schiudono territori assolutamente vergini ai confini dei quali è possibile scorgere le immense platee del rock e Miles Davis è il primo ad intuirlo. Il suono della sua tromba può essere amplificato e modificato come quello di una chitarra utilizzando pedaliere e distorsori e, al tradizionale tappeto acustico, possono sostituirsi i nuovi suoni che vengono prodotti dalle apparecchiature elettroniche.

Proprio questo grande trombettista, nel 1970, assieme a Wayne Shorter (ex sassofonista dei Jazz Messengers di Art Blakey ed al suo fianco da ormai sei anni) e Joseph Zawinul (austriaco, ex pianista dei Cannonball Adderley) musicisti incide Bitches Brew, disco epocale da molti considerato manifesto del cosiddetto "jazz elettrico": Bitches Brew ottiene un grande successo ed il trombettista, mutuando da vero animale da palcoscenico qual'era, gli atteggiamenti ed i tic delle grandi star del rock, sfonda subito tra i giovani che accorrono numerosi ai suoi concerti. La sua musica resta, tuttavia, sempre ancorata agli schemi ed agli stili del jazz classico e questo ben lo capiscono i suoi due sidemen che, non solo apprendono la lezione, ma si riveleranno più bravi del Maestro nel percorrere la strada appena aperta.

Difatti usciti dal giro di Davis, Zawinul e Shorter, nel 1970 iniziano ad abbozzare il progetto Weather Report, (letteralmente "bollettino meteorologico"), nome che, secondo le leggende del jazz, è già un manifesto programmatico del loro stile musicale: mutevole e dinamico proprio come le condizioni atmosferiche. Oltre ai due leader compongono la nuova formazione il contrabbassista cecoslovacco Miroslav Vitous, (che vanta collaborazioni con Dinah Washinton, e Stan Getz), il batterista Alphonse Mouzon ed i percussionisti Airto Moreira e Barbara Burton.

I Weather Report nel 1971 mettono su vinile, in soli tre giorni, il materiale che avevano sviluppato durante le frequenti session dei mesi precedenti. Con il primo lavoro che, da buon album d'esordio, prende il titolo dal nome del gruppo, la musica di Zawinul e compagni si riconosce immediatamente come risultato di contaminazioni e crossover tra le varie culture e tradizioni musicali. Ben presto verranno universalmente riconosciuti come capiscuola di un genere denominato, con un termine brutto ma efficace anche jazzrock, del quale faranno parte nomi come Pat Metheny, Oregon, Yellow Jackets, Mahavishnu Orchestra, Chick Corea, J. McLaughlin, Steps Ahead ed altri e conterà anche seguaci nel panorama italiano come i Perigeo.

La musica dei Weather Report si rivela fortemente evocativa, le atmosfere sono sempre in bilico tra influenze etniche, rock e jazzistiche, ma il fatto probabilmente già rilevante è un totale ripensamento del modo di suonare il jazz.

Banalizzando :-), la composizione jazzistica è un'alternanza di momenti d'assieme (durante il quale il tema viene esposto e successivamente rielaborato), momenti di improvvisazione più o meno collettiva, e momenti di assolo, durante i quali, secondo un rituale consolidato, l'artista fa sfoggio della sua tecnica e delle sue capacità creative.

Il nuovo stile proposto dai Weather Report è invece il risultato di una costruzione progressiva e "d'assieme" dei brani, nella quale notevole attenzione viene rivolta alle sonorità, alle frequenti variazioni dinamiche ed ai repentini cambi di scena, quasi come se uno degli obiettivi principali fosse quello di sorprendere l'ascoltatore. Weather Report registra un discreto successo di vendite, il referendum annuale di Downbeat colloca la formazione al secondo posto, proprio dietro Miles Davis, i concerti in Europa e Giappone sono affollatissimi, la critica è entusiasta perché individua nei cinque capi indiani senza guerrieri (come loro stessi amano definirsi) i naturali eredi della tradizione afroamericana.

L'opera prima non è tuttavia priva di sbavature e di peccati di gioventù e non manca chi è convinto di trovarsi, ancora una volta dopo Bitches Brew, di fronte ad una nuova e più grave eresia jazzistica.

Nel 1971, durante una tournee in Giappone, ricco mercato scoperto in precedenza dal solito Miles Davis e da Carlos Santana, viene registrato il secondo album del gruppo, intitolato "I Sing The Body Electric". Dom Um Romao alle percussioni ed Eric Gravatt (ex McCoy Tyner) alla batteria subentrano nella sezione ritmica ai musicisti originari, dando così inizio ad un intenso turn-over che caratterizzerà la storia futura del gruppo.

La critica è sempre più entusiasta e meno divisa nell'apprezzare la nuova creatività e la freschezza compositiva del gruppo. Il materiale inciso denota una notevole libertà espressiva, l'apparentemente caoticità è in realtà regolata (ma non ingessata) da una forte disciplina, organizzazione ed interazione tra i musicisti. Il gruppo tende a curare, nei concerti dal vivo come nelle registrazioni di studio, il sound che diventerà uno degli aspetti distintivi più importanti. Con il terzo lavoro "Sweetnighter" (1973) la musica diventa più orecchiabile ma non per questo banale, Joe Zawinul si muove con padronanza tra i sintetizzatori, il sax di Shorter pennella con maestria le linee melodiche dei brani, Miroslav Vitous guida in modo eccellente la sezione ritmica, nella quale Greg Errico (ex batterista dei Family Stone) prenderà il posto di Eric Gravatt.

Le composizioni acquistano uno spiccato senso del ritmo e spesso si sviluppano su tempi inusuali: all'ascolto ci si trova più frequentemente a battere il tempo, ma si potrebbe anche danzare al tempo di brani come "Boogie Woogie Waltz".

L'anno seguente è la volta di Mysterious Traveller, migliore disco jazz del 1974 per il puntuale referendum di Downbeat e raggiungimento della piena maturità espressiva per il gruppo. L'apparente caoticità, i rari momenti di improvvisazione, le spigolosità che punteggiavano i primi lavori lasciano il posto ad una musica estremamente raffinata, evidentemente ricercata, costruita e strutturata a tavolino, ma al contempo spontanea, ricercata, sospesa sui suoni del Rhoders, sulle atmosfere ambient e sulle liquide tonalità espresse dai sintetizzatori di Zawinul, sui contrappunti delle voci, sui riff di uno Shorter in splendida forma e spinta dal motore pulsante della possente sezione ritmica, nella quale Alphonso Johnson ed Ismael Wilburn subentrano a Miroslav Vitous ed a Greg Errico.

L'album si apre con la fresca e luminosa Nubian Sundance, a mio parere, una delle migliori composizioni dei Report, nella quale alle saltuarie apparizioni del tema principale si sovrappongono altri temi che vengono reiterati, sviscerati dagli interventi del sax, dei cori femminili, dei sintetizzatori, il tutto in una sorta di struttura circolare senza fine che galleggia su un pulsante tappeto ritmico. Cucumber Slumber, e Mysterious Traveller sono costruite su uno schema simile, mentre American Tango è uno splendido cammeo nel quale si intrecciano le tastiere ed il sax dei due leader del gruppo.

In Blachtorn Rose i duetti tra sax soprano e pianoforte richiamano echi davisiani, Scarlet Woman è una intima esplorazione, a tratti inquietante, dello spazio e dei silenzi condotta sulle tracce dei Maestri dell'Impressionismo Europeo di inizio secolo ed infine, in Jungle Book, i cori muti, i pianti dei bambini, gli strumenti tribali, tenuti assieme da un pianoforte lontano, ci portano i profumi del lontano oriente.

Nel 1975 si registra l'uscita di Tale Spinnin', lavoro interlocutorio e probabilmente più povero e freddo del precedente disco, ma comunque coinvolgente nel susseguirsi di stati d'animo dettati da melodie che restano impresse nella memoria. Da ricordare Lusitanos, la struggente Five Short Stories ed infine Badia, evocativo brano che si inserisce nel filone "etnico" precedentemente aperto con Jungle Book.

La formazione è adesso una potente macchina ben oliata, tra i tanti "nuovi acquisti" risaltano i nomi di Chester Thompson, ex batterista di Frank Zappa, in seguito nel giro dei Genesis, del percussionista Neciosup Acuna e del bassista Jaco Pastoruis. Quest'ultimo, senza dubbio influenzerà in modo tangibile la storia futura della formazione. Autentico virtuoso, con lui il basso (suona a livelli stratosferici un Fender fretless) non è più relegato al ruolo di "semplice" supporto ritmico ma, diventa strumento solista dalle sonorità calde ed avvolgenti.

A presto per la seconda ed ultima parte!