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MANSUN

"SIX"- PARLOPHONE EMI RECORDS

Chi mi conosce sa quanto io abbia amato l'album d'esordio dei Mansun "Attack of the grey lantern".
Quindi con grande curiosità e con quel po' d'ansia dovuta alla trepidazione ho atteso questa seconda prova della band di Chester. Devo essere sincero: dopo il primo ascolto ero un po' deluso e soprattutto molto confuso, di tutto l'album riuscivo a ricordare qualche melodia e poi tanti suoni, tanti break, tanti cambi di ritmo, tanti passaggi che mi avevano messo in fuorigioco.
Ma procediamo con ordine.
Le caratteristiche che avevano reso importante un album come "Attack of the grey lantern" erano la freschezza delle melodie e l'ottima, originale coniugazione del guitar pop classico con le più innovative sonorità moderne. Il tutto senza che ci fosse una sbavatura o che uno dei due aspetti prevalesse in modo troppo netto su l'altro.
Così nacquero "Wide open space", "Taxloss" e "She makes my nose bleed" tanto per citare le più conosciute. Tutto questo lo scorso anno; ma quest'anno i Mansun si trovavano difronte ad una scelta molto imbarazzante: la realizzazione del secondo album, un banco di prova sempre molto temibile. Capita sempre più frequentemente infatti di osannare band in grado di stupire al primo lavoro e poi via via spegnersi dalla seconda prova in poi non riuscendo più a stupire finendo spesso con l'autocitarsi all'eccesso.
Così in "Six" i Mansun hanno mischiato le carte. Non più facili e fulminee folgorazioni, le linee melodiche che ce li avevano fatti tanto amare rimangono ma vengono incastonate e stravolte dentro a rapidi e taglienti evoluzioni musicali che spesso si finisce col confonder tutto.
Esattamente l'opposto del lavoro eseguito in "Attack...", non male come mossa ,vero? E se all'inizio temevo di aver perso una delle più interessanti pop band ora affermo che questo album è senza dubbio più difficile da seguire del precedente ma riserva sorprese in continuazione e necessita di un po' di ascolti per venir apprezzato.
Solo una volta che si riesce a seguire il percorso tracciato dalla band ci si rende conto del valore dell'album e si rimane forse più stupefatti ancora del primo ascolto di "Wide open space". In virtù dei repentini "giochi" tra armonie e ritornelli che illuminano una canzone per un attimo per poi scomparire di nuovo rimane difficile stare a parlare di ogni singolo pezzo.
In genere tutti i brani hanno una durata un po' lunga (lo spazio del cd è tutto esaurito) e presentano partiture elettriche veramente notevoli, verrebbe da pensare ai Radiohead di "Ok computer" se non fosse per il fatto che quell'album è al momento inarrivabile.
L'interludio a metà disco spezza si l'incalzare continuo dei brani in sequenza ma rende ancor più difficile capire alla fin fine "DOVE" i Mansun vogliano arrivare.
Un album più complesso e meno lineare del precedente, i Mansun voltano le spalle al facile successo e si mettono più che mai in gioco con canzoni meno orecchiabili ma più complete. Il ricco booklet interno ci mostra anche lo spessore delle liriche, con parecchie frasi ad "effetto" del tipo: "Life is a compromise anyway and it's a sham. And I' ll accept it all" per non parlare dell'intero testo di"Fall out", "Cancer", "Television", "Legacy" e via di seguito.
Lasciamoci però con la "perla": "Redux, redux,redux,redux...My chemist is the only friend that I've got".

© Copyright 1999 Giordano Forcina. - http://www.music-on-tnt.com


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