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Antonio Vivaldi

Opere varie

Copertina dell'album

Antonio Vivaldi, Concerto ripieno in do maggiore (RV114), Cantata "Cessate, omai cessate" (RV684), Sonata a 4 "Al Santo Sepolcro" (RV130), Introduzione al miserere "Filiae Maestae Jerusalem" (RV638), Stabat Mater (RV 621) - Ensemble 415 - Chiara Banchini, direttore - Andreas Scholl, contraltista - HARMONIA MUNDI (HMX 2901571) - Date e luoghi di registrazione : giugno 1995, luogo non indicato. Note in francese e inglese.

Suono : DDD - suono un po' secco e poco armonioso, soprattutto nei brani esclusivamente strumentali. Buona la presa della voce.

Ho ascoltato con vivo interesse questo compact disc, attirato dal bellissimo programma proposto (impreziosito, tra l'altro, da alcune prime registrazioni mondiali) e desideroso di sentire la voce di Andreas Scholl, il contro-tenore tedesco che sta godendo di così grande successo discografico. Devo però purtroppo dire che le mie aspettative non sono state pienamente appagate anzi, in alcuni casi, deluse.

Chiara Banchini (anche lei, come Scholl, legata da uno stabile rapporto con la casa discografica Harmonia Mundi) dirige un complesso di strumenti originali non privo di buone potenzialità: la dinamica musicale dei pezzi è condotta con originalità e verve e si avverte con chiarezza che il gruppo gode di un certo affiatamento. Tuttavia, e forse più di ogni altra cosa, mi lascia perplesso il modo con cui vengono interpretate talune indicazioni di tempo. L'esempio più lampante e, al tempo stesso, più infelice, lo si trova a mio giudizio nella splendida cantata Cessate omai cessate. Il secondo movimento, un Larghetto, prende avvio senza delicatezza e decisamente troppo "al galoppo" tanto che nel breve inciso centrale in 3/8, un Andante, non si avverte praticamente il cambio di tempo: il brano perde quindi parecchio in termini di ricchezza e potenzialità comunicativa.

Andreas Scholl, poi, ha senz'altro una bella voce, ma piuttosto fredda e poco sensibile al contenuto del testo poetico. L'intonazione è ottima ma, in compenso, la tecnica non perfetta : Scholl evita brutalmente alcuni ardui trilli e abbellimenti previsti dall'autografo vivaldiano e il sostegno della voce è tutt'altro che eccezionale. In recenti pubblicazioni Sara Mingardo (su Opus 111) e Marco Lazzara (su Dynamic) hanno saputo fare decisamente meglio in repertorio analogo.

Le cose vanno un po' meglio per Scholl nei brani successivi, soprattutto nello Stabat Mater che appare decisamente il pezzo da lui meglio assimilato e interpretato.

Rimango, nel complesso, stupito del fatto che questa incisione abbia ricevuto il prestigioso Gramphone Award nel 1996 come miglior disco di musica vocale barocca e che la famosa rivista inglese si sia profusa in parole di assoluto elogio, delirio direi, nei confronti del contraltista tedesco. Scholl ha ancora parecchia strada da fare, non tanto in termini di educazione della voce (che comunque andrebbe meglio tornita e sostenuta) ma soprattutto in termini di interpretazione musicale e drammatica.

La tecnica: forse non tutti i lettori sanno chi sono i contraltisti (o contro-tenori, come più erroneamente si dice). Generalizzando un poco si può dire che si tratta di voci maschili che, normalmente, cantarebbero come baritoni ma che, impostando la propria tecnica vocale prevalentemente o esclusivamente sul registro di falsetto, diventano contralti, acquisiscono cioè una tessitura più o meno equivalente a quello del registro più grave delle voci femminili. Analogamente si hanno anche i sopranisti, cioè tenori che cantano in falsetto. Soprattutto negli ultimissimi decenni questo tipo di voce ha avuto un certo successo perché, a parere di molti, sono le uniche in grado di avvicinarsi al timbro dei mitici castrati. I castrati avevano, grazie alla terribile operazione a cui venivano sottoposti, una estensione assolutamente eccezionale, anche di tre ottave, quasi mezzo pianoforte. Essi erano soprattutto soprani (ma anche contralti) che cantavano parti maschili mentre i tenori, a quel tempo, erano spesso relegati a parti secondarie.

Non potremmo mai sapere come fosse la voce di un castrato, quindi, a mio parere, tutta la disputa che c'è oggi sul fatto se sia più opportuno adoperare contralti donne o contraltisti per interpretare certi ruoli maschili di molto repertorio del Sei-Settecento e primissimo Ottocento, è oziosa e inutile. L'importante è la bellezza e la qualità della voce, non il sesso da cui essa proviene.


© Copyright 1999 Stefano Olcese -http://www.music-on-tnt.com

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