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Artista/Gruppo: John Scofield
  Titolo album: Works for me  
  Etichetta: Verve  
  Web site:  
Recensore: Pier Luigi Zanzi

© Pier Luigi Zanzi per http://www.music-on-tnt.com

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CD offerto gratuitamente da Pink Moon

Quando si affronta il reparto jazz-fusion di un negozio di dischi, prima o poi ti capita un CD che ha a che fare con Scofield, che dopo la fase con Miles Davis ha sfornato con una certa continuità lavori a suo nome (belli e meno belli, secondo me: io vi segnalo Flat out) e ha collaborato in molti progetti altrui.

Questo CD non è fra quelli che consiglierei senza indugio a chi voglia scoprire questo chitarrista, e anche chi già lo conosce non è detto che salterà di gioia all'ascolto.

Capiamoci: è un lavoro in cui si suona un bel jazz, con un cast stellare che quasi spaventa (Scofield alla chitarra, il fenomeno Brad Melhdau al piano, l'altro ex-Davisiano Kenny Garrett al sax, Christian McBride al basso acustico e Billy Higgins alla batteria).

Ciascuno di loro suona a livelli che è inutile descrivere e nell'insieme il CD è tutt'altro che brutto, ma… il "ma" che talvolta si affaccia alla fine dell'ascolto di lavori come questo appare anche stavolta in tutto il suo nitido splendore: è un jazz freddo, senza troppa anima, in cui il famigerato interplay fra i musicisti, caratteristica che fa spesso grande un disco di jazz, è suggerito loro dal mestiere più che dai brani, dall'esperienza più che dall'atmosfera.

A mio modo di sentire, Higgins e lo straordinario Melhdau sono quelli che tirano fuori un suono più fluido, più "di cuore"; per il resto, McBride fa il suo solito ottimo lavoro (ed è anche ingiusto dire "solito lavoro" a un grande musicista come lui), Garrett porta avanti il suo sound intellettuale e raffinato, mentre Scofield secondo me soffre della mancanza di un contesto blues-oriented in cui, sempre secondo me, si trova più a suo agio.

La sua chitarra, con quel modo così caratteristico di suonarla e di effettarla (che forse non si può dire… ;-) ), ogni tanto stride col resto dei suoni, in special modo col pianismo (che ormai si può dire) del "romantico" Melhdau, lasciando così che i momenti più coinvolgenti del CD siano in effetti quelli in cui chitarra e piano suonano senza incontrarsi, il che non penso fosse il risultato a cui ambiva Scofield quando ha riunito quella che lui definisce la sua "one-time-only dream band".

Sicuramente i gusti sono gusti, e a qualcuno questi contrasti piaceranno o non sembreranno fastidiosi né forti; è pur sempre un CD suonato come pochi, per cui prima di preferire un altro disco a questo sentitene qualche minuto sparso, non si sa mai… diciamo che non lo trovo imperdibile, via… ;-)