IL LAVORO MINORILE

“Ci sorveglia un adulto. Si accerta che lavoriamo in continuazione. Quando si arrabbia, ci picchia con la bacchetta. E’ da un anno che lavoro qui, con le altre bambine. Alcune avevano solo cinque anni quando hanno iniziato. Mangiamo e dormiamo nel laboratorio; c’è poco spazio e l’aria è piena di polvere di lana. Per tessere un tappeto quattro bambini hanno un mese di tempo. Il capo dice che ha prestato dei soldi ai nostri genitori, che dovremo lavorare finché non sarà ripagato il prestito. Ci possiamo riuscire solo se lavoriamo sedici ore al giorno, senza ammalarci. Spesso mi chiedo quanto dovrò ancora lavorare davanti al telaio…. Quando tornerò a casa?”.

Guri 9 anni. Tesse tappeti a Kathmandu la capitale del Nepal. Tappeti venduti sui mercati europei, l’etichetta dice “fatti a mano”. Quando ce li ritroviamo sotto i piedi mai ci chiediamo da dove vengono. Pensate a quanto lo paghiamo un tappeto orientale…! L’affitto di questi bambini è di circa 180.000 lire per sei mesi di lavoro.

“Il lavoro minorile credo sia vietato, ma da queste parti non conosco un ragazzino che non lavori. Io ho cominciato aiutando un parente. Adesso sto sotto padrone, 9-10 ore al giorno a cucire palloni a mano. Sempre lo stesso lavoro, mi rovino le dita e non imparo a fare altro. I palloni che mi arrivano da cucire hanno i marchi più diversi, molti li conosco, credo siano famosi, in mezzo mondo. Anche se io non è che mi interessi del calcio, preferirei il cricket. Ma tanto chi ha il tempo di giocare….”.

Latif 11 anni cuce palloni a Sialkot in Pakistan.

“Lavoro alla HASI e sono addetta alla spalmatura del mastice sulle suole che mi passano davanti su di un nastro trasportatore; l’aria è satura di esalazioni emanate dalle vernici e dai mastici, la temperatura è di 40 °C. Dopo dieci minuti di permanenza gli occhi e le narici ti bruciano e viene un terribile mal di testa.”

Tri Mugiayanti 14 anni operaia della HASI a Giacarta (Indonesia). La HASI  produce le note scarpe da ginnastica Nike. La HASI riceve per il modello Air Pegasus 26.400 lire, la Nike le rivende ai grossisti a 56.000 lire nei negozi si vendono a 112.000 lire. Tri Mugiayanti riceve 350 lire all’ora.

“Maledetti bastardi!!! Lasciate in pace le nostre bambine!!! Maledetti italiani!!!!”

Questo è il grido che alcuni giornalisti italiani hanno dovuto subire in un ristorante orientale. Questi giornalisti sono stati scambiati per i tantissimi occidentali ed in particolare italiani che si recano in questi paesi per incontri pedofili. Per soddisfare queste numerose richieste bambine e bambini vengono rapiti e venduti nei bordelli e sacrificati alla perversione dei pedofili: infermieri, diplomatici, uomini di affari, insegnanti, individui insospettabili.

Ho iniziato questa ricerca sul lavoro minorile con queste testimonianze che mi hanno colpito profondamente. Non immaginavo minimamente che un calcio ad un pallone costasse il sudore di un bambino. Non credevo che una capriola sul tappeto del salotto è una capriola sulle dita insanguinate di una bambina.

Dare una  definizione di lavoro minorile è problematica: la Convenzione Internazionale sui diritti dell'Infanzia definisce fanciullo,  i ragazzi di età compresa fra 0 e 18 anni.L'espressione "lavoro minorile" va riferito al lavoro svolto dai ragazzi sotto i 15 anni, cioè da quei ragazzi che si trovano sotto la soglia dell'età minima lavorativa.

Parlando del lavoro dei bambini e degli adolescenti bisogna introdurre alcune distinzioni: una, proposta dall'Unicef, riguarda due categorie di bambini lavoratori:

quelli che lavorano all'interno della famiglia di appartenenza, dove si porta avanti un'attività contadina o artigiana svolta in proprio; per povertà, mancanza di infrastrutture e garanzie sociali le famiglie di questi minori hanno bisogno di braccia infantili. Il ragazzo, in questo genere di situazione, può lavorare qualche ora e andare a scuola; in altri casi lavora tutto il tempo, ma non si può parlare di sfruttamento, bensì solo di miseria quelli che vengono sfruttati da un padrone. Un'altra distinzione che bisogna fare è fra i casi meno gravi - per esempio il lavoro per alcune ore, in settori che non pregiudicano la salute psico-fisica - e quelli più gravi, in cui il bambino lavora a tempo pieno, svolgendo attività nocive o dannose per il suo sviluppo fisico, sociale, psicologico e che gli impediscono di ricevere un'istruzione. Non esistono statistiche complete sul lavoro minorile; nella gran parte dei casi i governi e i datori di lavoro si rifiutano di ammetterne l'esistenza, o comunque non compiono rilevazioni statistiche ufficiali (funziona così anche nel nostro paese, dove il lavoro minorile è illegale e quindi è scomparso dalle statistiche ufficiali, mentre tutte le stime concordano sul fatto che almeno mezzo milione di bambini lavora). Secondo le stime dell'OIL (Organizzazione Mondiale del Lavoro) e di vari organismi non governativi, il numero di bambini lavoratori nel mondo oscilla intorno ai 250 milioni, distribuiti quasi ovunque: in Asia, Africa, America Latina, ma anche in Europa e in America del Nord. Qualche dato:

 

Thailandia

il 32% della intera forza lavoro è costituito da minori (5 milioni)

Filippine

i minori che lavorano sono 2.200.000

India

55-60 milioni

Nepal

il 60% dei bambini svolge lavori che impediscono il loro normale sviluppo

Bangladesh

15 milioni

Nigeria

lavorano 12 milioni di minori

Brasile

lavorano 7 milioni di bambini

Pakistan

sono 8 milioni i bambini ridotti in schiavitù per debiti

Perù

il 20% dei lavoratori nelle miniere del Perù ha fra 11 e 18 anni

Filippine

lavorano 5, 7 milioni di bambini

Egitto

lavorano - fonti governative - 1,4 milioni di bambini

Indonesia

300.000 bambini lavorano nelle industrie manufatturiere

Italia

sono 509.000 i lavoratori con età 6-13 anni (compresi sia lavori saltuari che continuativi). (Informazioni su http://www.minori.it)

                    BAMBINI AVVIATI ALLA PROSTITUZIONI

Tailandia

          300.000

Brasile

          500.000

India

          300.000

Filippine

          100.000

Vietnam

           40.000

Pakistan

           40.000

IL LAVORO MINORILE IN ITALIA

Il fenomeno del lavoro minorile in Italia è difficilmente quantificabile: non sappiamo infatti con certezza quanti bambini e adolescenti lavorano nel nostro Paese. Le stime variano, a seconda di come vengono reperiti i dati e svolte le indagini e i rilevamenti. Sembra certo però che il fenomeno sia equamente distribuito sul territorio nazionale: il grafico dell’ISTAT lo mostra chiaramente:

 

Immagine

A variare non è dunque il numero di bambini lavoratori presenti al Nord, Centro e Sud, ma piuttosto i tipi di lavoro che svolgono e che sono in rapporto alla situazione economica della famiglia e al contesto sociale dove il minore e la famiglia vivono. Questi fattori determinano motivazioni diverse di abbandono precoce della scuola per accedere al lavoro.

I bambini sono impiegati secondo tre tipologie di lavoro:

a) lavoro occasionale, svolto in determinati periodi dell’anno

b) il lavoro estivo o stagionale, per esempio nelle strutture turistiche o alberghiere

c) il lavoro continuativo: i minori lavorano tutto l’anno, per esempio nella piccola impresa familiare, cioè nell’attività di piccola e media imprenditoria

Il lavoro continuativo all’interno dell’attività imprenditoriale di famiglia è tipica del Nord-Est italiano, dove è massiccia la presenza di piccole e medie imprese appunto a conduzione familiare. La forte domanda di manodopera in alcuni settori del terziario e della piccola industria favorisce l’inserimento precoce del minore, che si trova ad avere una formazione professionale di basso livello, ma sicura ed immediata. In queste realtà la scuola è addirittura ritenuta un ostacolo per l’inserimento nel mondo del lavoro. La scuola è vista come una realtà chiusa, una istituzione inutile, quando si è imparato a leggere e a far di conto. Di qui la considerazione che è molto meglio imparare un mestiere, piuttosto che continuare gli studi. Secondo uno studio condotto da Azione Cattolica dieci anni fa, i baby-lavoratori in Campania sono 90.000, di cui 35.000 a Napoli.

Fanno i lavori più disparati:

- baby-camerieri (al centro di Napoli, nel famoso vicolo dei carrozzieri)

- impiegati nei supermercati, privi ovviamente di un permesso di lavoro e pagati pochissimo

- impiegati nei "laboratori dell’imitazione", dove si producono imitazioni di capi o accessori di marche famose

- i "muschilli", cioè "moscerini", con cui ci si riferisce ai bambini che la camorra sfrutta come corrieri per le sue attività criminose

Al Sud il lavoro minorile è in parte presente nel settore agricolo: esemplare la situazione riscontrabile nella provincia di Reggio Calabria.

Secondo la Confederazione Coltivatori di questa provincia, sono almeno 15.000 i bambini impiegati nell’agricoltura: raccolgono i prodotti della terra, curano gli animali e fanno i garzoni.

Il fenomeno è probabilmente più esteso: quasi certamente la metà delle 50.000 aziende del Reggino impiega almeno un minore, e sono pochi quelli che hanno un contratto almeno da apprendista. E’ chiaro che il meridione è relativamente più esposto al problema del lavoro minorile, perché le famiglie del Sud sono ancora le più povere in Italia: nel Mezzogiorno risiede i due terzi delle famiglie povere, e tre famiglie povere su quattro sono composte da almeno quattro persone, dato da considerare in connessione con quello del numero di famiglie monoreddito, che al Sud sono ben il 58%. In breve nel meridione esiste ancora una correlazione tra lavoro minorile e livello di reddito della famiglia (il minore lavora perché la famiglia è povera) e tra lavoro minorile ed evasione scolastica (il minore lavora e quindi non va a scuola).

Procolo: una storia per esempio

La storia di Procolo è una delle storie possibili di baby-lavoratori, tra le tante del variegato mondo del lavoro minorile in Italia. Procolo abita a Napoli, in un appartamento-garage della periferia, ha dieci anni e si alza ogni mattina alle quattro per andare al mercato del pesce a scaricare casse. Un giorno, mentre tagliava i tranci di tonno, ha perso un dito. Il papà di Procolo fa il pescatore e la madre lavora stagionalmente alla raccolta della frutta: lavorando in tre riescono a sopravvivere. Procolo insomma è un bambino adulto: La famiglia di Procolo ritiene che la scuola è poco necessaria ed ancor meno il gioco e gli svaghi. Il caso di Procolo è emblematico: deve lavorare, per contribuire al basso reddito familiare. Non va a scuola, perché lavora tutto il giorno, e pensa che la scuola non gli sarebbe minimamente utile: lo toglierebbe dal lavoro, aumentando la precarietà economica della sua famiglia.

Il caso dei muschilli di Napoli è emblematico per spiegare lo sfruttamento dei bambini, come veicoli innocenti di azioni criminose. Il problema si fa più complesso perché questa forma di devianza diventa, agli occhi del minore, un vero e proprio lavoro. Il bambino si sente messo alla prova, inserito in un gruppo che gli riconosce il coraggio e la capacità di assumersi rischi. Inoltre il minore acquisisce uno status di indipendenza economica e la possibilità di comprarsi e possedere ciò che vuole. In una indagine conoscitiva si fa notare come nel gergo dei malviventi venga utilizzato per questo genere di azioni criminose il termine lavoro:

- "un buon lavoro", "un lavoro pulito" per designare il crimine da compiere o commesso

- "il colpo grosso": un’azione che fa fare carriera o aumenta "il prestigio" del minore, in quanto se ne riconosce l’abilità

Le ragioni per cui la malavita organizzata sceglie i bambini sono principalmente due:

- il minore per la legge italiana non è punibile

- il reclutamento dei minori alimenta le organizzazione malavitose e le tiene in vita; sono infatti delle risorse nuove dell’illegalità.

Negli ultimi anni l’arrivo di un gran numero di extra-comunitari (emigrati provenienti dall’Africa - marocchini, tunisini, nigeriani - dall’Estremo Oriente - cinesi, filippini, cingalesi - dall’Albania, dall’ex Jugoslavia) ha determinato un cambiamento strutturale della società italiana. Gli stranieri provenienti dai paesi poveri a volte vivono ai margini della società; alcuni sono clandestini (cioè presenti in Italia illegalmente perché privi di permesso di soggiorno) e spesso svolgono attività di basso profilo professionale in condizioni di sfruttamento.

Per quanto riguarda lo sfruttamento del lavoro dei minori, esistono organizzazioni criminali che sfruttano i bambini extracomunitari talvolta "invisibili", cioè entrati illegalmente in Italia. Spesso questi ragazzi si trovano nel nostro paese addirittura sradicati dal contesto familiare. I bambini stranieri spesso sono ai semafori, fanno i lavavetri o pesanti lavori di pulizia, vendono piccoli prodotti agli angoli delle strade, nei metrò o chiedono l’elemosina. Come si vede dunque la situazione italiana è complessa: non esiste il lavoro minorile, ma piuttosto "i lavori di bambini e adolescenti", cioè tante piccole realtà lavorative che cambiano a seconda per esempio della regione o della realtà socio-economica di una città o di una provincia.

TORNA ALL´INDICE DELL´ATTUALITA´

HOME

 

Immagine
[home] [letteratura] [scienze] [arte] [temi] [storia] [attualità] [tecnica] [ricerche]