Il sapere e la storia

Di Guido Martinotti

Da Iter di Gennaio-aprile 98 ed. Treccani

 


Introduzione.

Cultura scritta e informatica.

Informazione e conoscenza.

La memoria collettiva.


Introduzione.

La quantità d'informazione disponibile nella nostra società è enorme e crescente, innanzitutto come conseguenza di un processo evolutivo durato molte ere. Ne I draghi dell'Eden, Carl Sagan (1979) riporta una tavolo in cui viene raffigurata la quantità d'informazione, in bit, disponibile via via che si passa dall'informazione genetica a quella cerebrale e a quella "culturale umana extrasomatica".

L'informazione genetica, calcolata in coppie di nucleotidi del DNA per cellula aploide, è comparsa sulla terra con i virus poco meno di 10^10 anni orsono (almeno secondo alcune teorie) ed è calcolabile in 3*10^4 cioè circa 30.000 bits. Con i batteri, comparsi centinaia di milioni di anni fa, il contenuto informativo del DNA cresce a 10^6 aumentando via via nel tempo, dai protozoi ai celenterati ai mammiferi, fino ad arrivare a 10^10 nell'uomo, comparso 10 milioni di anni fa.

L'informazione cerebrale, ritrovabile inizialmente negli anfibi, comparsi a partire da un'epoca che spazia dai 10^8 ai 10^9 anni orsono, ha una dimensione compresa tra i 3*10^4 e i 3*10^9 bit; nei rettili, comparsi circa 10^8 anni fa, aumenta di un ordine di grandezza e cresce poi negli uomini fino a 10^13, cioè 10.000 miliardi di bits.

Cultura scritta e informatica.

La quantità di informazione contenuta nelle biblioteche e negli altri mezzi di conservazione culturale extrasomatica eccede di gran lunga queste cifre, soprattutto via via che si sono succedute diverse tecnologie di produzione e conservazione dell'informazione. Infatti l'informazione contenuta nel cervello umano, per quanto grande, ha comunque il limite della vita individuale, cioè un limite fisico. Ciascuno accumula tantissime informazioni nella sua memoria individuale, ma alla morte tutte le informazioni contenute nel nostro cervello si perdono.

Tuttavia a un certo punto questo limite è venuto meno grazie all'invenzione della lingua parlata che ha permesso la trasmissione orale delle conoscenze.

La trasmissione orale ha tuttavia delle limitazioni, anche se probabilmente meno strette di quanto generalmente si ritiene. Basti ricordare in proposito la poesia degli aedi, e quella omerica che ne è in parte una trascrizione, che si basava sulla memorizzazione di moduli o formule ripetitive. Il famoso canto dell'Iliade con il catalogo delle navi della flotta achea è un pezzo di 'poesia formulare', rimasto inglobato nella trascrizione omerica e ci aiuta a capire come, nella Grecia pre-classica, venisse usata la poesia degli aedi, che, anno dopo anno, passavano da un villaggio all'altro ricordando gli eventi salienti e verificando lo stock dei possedimenti di ciascun demos.

Con il passaggio della cultura orale alla cultura scritta, cioè con il ricorso a un mezzo tecnico, le dimensioni dell'accumulazione potenziale di conoscenze sono diventate, se non infinite, certo grandissime e senza alcun limite teorico.

É stato questo l'elemento decisivo per lo sviluppo della civilizzazione umana.

Oggi è di moda un rimpianto di maniera per la storia irrealizzata di unasocietà umana intelligente, ma senza tecnica, come quella dei delfini o delle balene. Si può sorridere o meno di queste riflessioni fantastiche, ma la realtà è che non sappiamo ancora abbastanza di queste supposte culure per poterne dire qualcosa oltre a cullarci nel sogno di cose migliori. Nel bene e nel male, però, sappiamo per certo che la civilizzazione umana si deve alla capacità tecnica di scrivere la nostra memoria in modo efficiente. Infatti la cultura scritta ha la caratteristica di essere comulativa e di prescindere dalla compresenza umana necessaria pe la tradizione orale: libri e documenti si trasmettono di generazione in generazione e a grandi distanze, come aveva ben compreso Galileo Galilei. "Ma sopra tutte le invenzioni stupende, qual eminenza di mente fu quella di colui che s'immaginò di trovar modo di comunicare i suoi più reconditi pensieri a qualsivoglia persona, benché distante per lunghissimo intervallo di luogo e di tempo? Parlare con quel che sono nell'Indie, parlare con quelli che non sono ancora nati né saranno se non di qua a mille e dieci mila anni? E con qual facilità? Con i vari accozzamenti di venti caratteruzzi sopra una carta" (Galilei 1890-1909, pp 130-31): Anche se eventi drammatici (come l'incendio della biblioteca di Alessandria o di quella di Sarajevo) oppure la normale erosione delle carte buttate via contribuiscono a ridurre il volume netto di ciò che rimane, i documenti della cultura scritta si accumulano con il passare del tempo. La storia, per così dire, invecchia con la specie e la quantità di eventi registrati da esplorare cresce esponenzialmente.

Nella seconda metà di questo secolo l'introduzione delle tecniche elettroniche ha attivato un meccanismo di espansione violenta del volume di informazioni in diverse direzioni. La stampa, infatti, aveva permesso soprattutto un enorme ampliamento della diffusione dell'informazione. Tanto che molti storici concordano nel ritenere che la democratizzazione delle conoscenze, conseguente all'introduzione del testo stampato, abbia favorito prima la rivoluzione religiosa (la Riforma) e poi quelle politiche; la stessa popolare immagine del ciclostile come strumento sovversivo conferma questo stereotipo. Tuttavia, la produzione d'informazione e la sua conservazione rimasero limitate da una serie di fattori organizzativi: per fare un libro in più copie oltre all'autore ci vuole l'editore, cioè un'impresa costosa, e, per conservarlo, bisogna comunque mettere in conto i costi d'immagazzinamento, anche se spesso questi costi sono nascosti.

Ma l'informatica, cioè l'insieme dei mezzi per il trattamento automatico dell'informazione (information + automatique) permette di affidare l'informazione alle macchine e, con la telematica, le macchine entrano direttamente in contatto tra loro scambiandosi informazione. Come sempre, quando il macchinismo sostituisce il lavoro umano si verifica in primo luogo un enorme incremento della produttività e, contemporaneamente, il prodotto subisce delle modificazioni. Con un'importante aggiunta nel caso dell'informatica, soprattutto a partire dall'introduzione dei personal computer, cioè la moltiplicazione dei produttori. Rispetto all'editoria, che per quanto diffusa non può essere universale, l'informatica sta come l'automobile privata in relazione alle ferrovie: l'automobile ce la portiamo a casa, ma il treno dobbiamo andare a prenderlo in stazione. E così la nuova tecnologia, o. se vogliamo, la nuova fase tecnologica, espande enormemente la diffusione, ma anche la produzione e la conservazione dell'informazione.

Informazione e conoscenza.

Cosa dunque è quest'informazione? É in grado l'informazione di migliorare la nostra intelligenza? Tipicamente sentiamo dire che la "grande quantità di dati o di informazione non è o non produce conoscenza" oppure che "i dati non sono informazione", oppure ancora che "l'informazione non è conoscenza" o che "i dati non sono conoscenza". Ciò che si vuol dire con queste risapute frasi, è che la grande capacità di produzione quantitativa della nuova tecnologia non necessariamente porta a un comparabile aumento della nostra capacità di comprendere, cioè della nostra intelligenza. Perciò nel discorrere quotidiano informazione esapere sono spesso presentati come entità distinte e persino contraddittorie e si sente quindi spesso ripetere che l'informazione non è sapere o che la grande e crescente quantità d'informazioni dalle quali siamo investiti di ora in ora, non produce nuova conoscenza o, peggio ancora, degrada quella esistente.

Si tratta di una concezione erronea e superficiale. Con l'informazione è aumentata l'intelligenza, cioè la capacità di comprendere il mondo naturale, di costruire il mondo sociale e di trasmettere queste conoscenze da una generazione all'altra. Il Webster definisce intelligenza come "capacità di imparare, di comprendere e di far fronte a nuove difficili situazioni" e come "uso esperto della ragione". Ma, nella lingua inglese, intelligence ha anche un secondo significato, sinonimo di informazione, notizie, specie in relazione ad un nemico attuale o potenziale. Ed è certo che oggi non può esservi intelligenza, cioè "capacità di comprendere e far fronte a nuove situazioni" senza informazione: o meglio senza la capacità di muoversi efficientemente nella massa crescente di informazioni. Ma questo compito nonpuò essere un compito individuale, per quanto ogni singolo individuo oggi possa sentirsi potenziato dagli straordinari mezzi che la tecnologia gli mette a disposizione. Il proseguimento della storianasce solodall'azione dei soggetti che agiscono sulla memoria collettiva, scelgono e riorganizzano le informazioni, le interpretano simbolicamente e le trasmettono nel tempo e nello spazio.

Per capire come funziona il processo di creazione della memoria colletiva, propongo di distinguere tra diverse forme di sapere utilizzando un criterio esclusivamente sociologico e cioè individuando tre modi distinti di raccordare informazioni, dati e conoscenze, in base all'organizzazione sociale su cui ciascun tipo di sapere si fonda. Una distinzione di questo genere non pregiudica nè il contenuto nè il livello quantitativo dei vari saperi, all'interno di ciascuno dei quali possiamo trovare conoscenze più o meno complesse, più o meno significative e riferite ai più vari contenuti, descrittivi, creativi o religiosi. Suggerisco perciò l'idea che esistano tre mondi del sapere, distinti in base agli scopi per cui le conoscenze vengono prodotte, conservate e trasmesse, e in base agli attori individuali e istituzionali che svolgono queste funzioni: il mondo del sapere organizzato, del sapere organizzativo e del sapere diffuso.

Il sapere organizzato, o colto, è quello prodotto da attori che agiscono in contesti istituzionali il cui scopo è prevalente quello di raccogliere, conservare e trasmettere le idee. É il sapere caratteristico degli intellettuali di professione, che ha sue regole universalmente note e diffuse nei mondi della scienza, della carta stampata, delle arti creative. É un sapere per sua natura organizzato e sistematico perchè chi lo produce fa parte di una comunità ( di scienziati, studiosi, artisti) che ha come scopo principale quello di elaborare e rielaborare le conoscenze e soprattutto di trasmetterle al pubblico e alle generazioni successive.

L'esperienza storica ci dice che ogni regime dispotico si accanisce innanzitutto e talvolta barbaramente sugli intellettuali e ciò non deve sorprendere, perché la produzione sociale della storia è compito precipuo di chierici, studiosi e scienziati cioè deli addetti al sapere organizzato

Esiste anche un secondo insieme di conoscenze, di sempre maggio importanza per la società contemporanea, rappresentato dal sapere organizzativo. Anche questo sapere è di tipo sistematico, ma non è diretto ai fini di trasmissione e riproduzione culturale, bensì a scopi di riproduzione organizzativa. É il sapere delle grandi organizzazioni razionali-legali dell'era moderna., Stato e imprese, ma anche di alcune istituzioni tradizionali come la Chiesa e di associazioni come partiti e sindacati.

Da ultimo abbiamo il sapere diffuso che non è meno ricco di informazioni, dati o conoscenze del primo, ma che non poggia su istituzioni specifiche essendo il prodotto spontaneo della creatività individuale o di gruppo. É il mondo della cultura popolare, o meglio, delle culture popolari, del folclore, ma anche delle culture intime: dei diari, delle storie di famiglia e delle pratiche culturali associative, oppure ancora del collezionismo e del dilettantismo (hobbies).

Le fotografie ci danno l'immagine visiva della vita dei nostri antenati più vicini nel tempo. Tutti questi mezzi forniscono una grande galassia di conoscenze: un mondo oggi in grande espansione grazie all'accresciuta disponibilità di tempo e di tecnologie a disposizione della creatività personale.

Si pensi solo al campo della riproduzione visiva e sonora e alla diffusione dei computer. Ma tutto questo tende ad essere conservato in modi assai più casuali dei precedenti tipi di sapere.

Questi saperi interagiscono tra di loro in modo ormai inestricabile e contribuiscono alla crescita di una massa enorme di informazioni, che grazie ai fenomeni di globalizzazione e di stretching della società, permessi, e al tempo stesso imposti, dalle nuove tecnologie elettroniche, superano le frontiere degli stati nazionali. É possibile che questa massa di informazioni e conoscenze diventi così grande e magmatica da far perdere il senso della storia oppure da far nascere interpretazioni distorte e manipolatorie.

La memoria collettiva.

Eric Hobsbawn, messo di fronte alle drammatiche vicende della dissoluzione dei sistemi politici sovietici, e in particolare alle giustificazioni storiche delle pretese espansionistiche dei serbi di Milosevic constatava con una certa ironia che il mestiere dello storico, che lui aveva sino ad allora considerato solo terreno di incruente contese accademiche, si era trasformato in un'attività pericolosa ed estremamente delicata dal punto di vista politico. É un paradosso che, proprio nel periodo in cui Fukuyama lanciava il suo bizzarro messaggio sulla fine della storia, nel mondo siano rispuntate miriadi di ricostruzioni della storia, come gli ipotetici celti di Padania.

Alcune apparentemente legittime, altre palesemente meno, ma non è qui il luogo per entrare nel merito e neppure nella discussione del metodo per accertare questo merito. Qui importa soltanto sottolineare il fenomeno in sè, che smentisce ogni affrettata conclusione sulla fine della storia.

Resta il problema se la grande massa di informazioni faciliti o freni la manipolazione della memoria collettiva. Con la riserva che siamo nel pieno del vortice e quindi è difficile formulare giudizi sereni, mi sembra che sia possibile essere moderatamente ottimistici di fronte a un rischio orwelliano di manipolazione globale della storia. Allo stato attuale della tecnologia è difficile pensare a un'entità capace di addomesticare l'intera massa di informazioni al fine di riorganizzarla con una sufficiente coerenza interna al servizio di una ideologia o di un despota. Certo i pericoli ci sono e nascono spesso dalle migliori intenzioni. É molto significativo un piccolo episodio in cui è stato coinvolto lo U.S. Postal Service, ente noto per l'estrema cura filologica delle sue emissioni e pubblicazioni, che, per il lancio di una campagna nazionale basata sulla famosa fotografia di William Big Hill Hobson, eroico pilota postale degli anni '20, ha fatto eliminare dall'immagine la sigaretta che molto probabilmente compariva nell'immagine originale. É del resto noto che con le tecnologie digitali la falsificazione delle immagine fotografiche, considerate fin qui un occhio fedele della storia, diventa una pratica corrente e poetente. Ma è la stessa massa di informazioni e di soggetti che le trattano che probabilmente riesce a produrre gli antitodi per una manipolazione globale. Il falso dello U.S. Postal Service è stato subito smascherato e difficilmente altri del genere sfuggirebbero all'insaziabile fame filologica degli addetti all'informazione sempre alla ricerca del particolare curiosoed originale.

Invece i nuovi mezzi , probabilmente non impediranno, ma anzi favoriranno, come già oggi sta avvenendo, la costituzione di sub culture che elaborano verità di nicchia e di gruppi marginale, ma potenzialmente pericolosi a sé e agli altri, capaci di resistere al confronto generale. E il proliferare di queste miriadi di microstorie, che dal facile accesso a grandi masse di informazione possono trarre giustificazione invece di verifica, non è facilmente riconducibile ad un mainstream interpretativo basato su una condivisa competenza filologica. Si può essere convinti che il passato offre la chiave per orientarsi nel presente, ma nel grande oceano delle informazioni il passato e il presente possono essere entrambi ricostruiti all'infinito.