RIORDINO DEI CICLI DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE

DOCUMENTO DELLA SEGRETERIA NAZIONALE SULLA LEGGE QUADRO IN MATERIA DI RIORDINO DEI CICLI DELL’ISTRUZIONE  APPROVATA DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

Con questo documento la Segreteria nazionale della Cgil Scuola intende offrire all'organizzazione una prima analisi del testo approvato dal Parlamento: resta ferma la necessità di ulteriori e più dettagliate elaborazioni e proposte che coinvolgano anche il lavoro delle Consulte ed iniziative seminariali di approfondimento.

L'approvazione alla Camera della riforma dei cicli scolastici segna un evento storico perché l'Italia ridefinisce, dopo 76 anni, il proprio sistema nazionale di istruzione.
Il voto finale è arrivato dopo due anni e otto mesi dalla presentazione del primo documento sulla riforma dei cicli. Il lasso di tempo intercorso, oltre che testimoniare della complessità dell'argomento, risente anche del fatto che l’attività parlamentare è stata accompagnata da una scarsa iniziativa esterna, quasi che un processo di riordino complessivo non riuscisse ad intercettare compiutamente una visibilità delle forze più impegnate sul terreno dell’innovazione. Sicuramente hanno anche pesato in questa situazione i decenni di ritardo che il nostro Paese ha accumulato sul terreno dell’innovazione legislativa che, nei pochi processi attuati, si è limitato ad intervenire sulle singole segmentazioni.
Il testo approvato alla Camera riguarda, al contrario, l'assetto complessivo del sistema di istruzione, quindi interrompe definitivamente la continuità con il modello gentiliano, nel cui solco si iscrivevano tutte le precedenti ipotesi di riforma, non ultima anche quella approvata nel ’93 al Senato: non  si trattadi aggiustare, ammodernare o rilanciare ma di riscrivere finalità e regole di un nuovo sistema di istruzione e formazione.Questo primo passaggio parlamentare colma un ritardo pesante rispetto agli altri paesi stranieri che, nell’arco degli ultimi 30 anni, hanno più volte riformato il loro sistema scolastico.
Ora anche il nostro Paese può cogliere l'opportunità di una riforma complessiva, che può valorizzare le diverse culture pedagogiche che caratterizzano la scuola italiana, superandone le separatezze, per consentire alle diverse professionalità di sentirsi parte di un unico progetto.
La riforma dei cicli, infine, segna il completamento di un complesso di riforme (autonomia scolastica, esami di stato, innalzamento dell'obbligo, obbligo formativo) strettamente connesse ad una riforma strutturale del sistema scolastico e che, attraverso il riordino dei cicli, possono per intero dispiegarsi dentro ad un quadro unitario di riferimento, senza il quale avrebbero corso il rischio di mutare natura.

Ora è necessario che si completi rapidamente il passaggio al Senato, sede nella quale la discussione dovrà fare i conti con il tentativo dell’opposizione di costruire uno schieramento sociale per impedire qualsiasi riforma.
Non a caso questa iniziativa si intensifica proprio quando si comincia a dimostrare con i fatti che la scuola pubblica è riformabile e deve essere riformata per evitare lo sviluppo di un processo di privatizzazione della formazione che farebbe diventare il mercato il principale regolatore dei percorsi scolastici di ognuno.
Come giudicare diversamente il comportamento di chi, alcuni anni fa, ha raccolto firme per abrogare la pluralità dei docenti, aspetto fondamentale della riforma della scuola elementare, ed ora difende la nuova scuola elementare riformata, come se essa rappresentasse la cultura scolastica del Polo e contrappone strumentalmente la scuola di base allo sviluppo degli aspetti qualitativi della riforma elementare?

La Cgil scuola condivide la scelta di una legge quadro leggera che definisca la cornice del provvedimento e gli elementi portanti: in tal modo si rende possibile  utilizzare proficuamente il tempo a disposizione per i provvedimenti successivi e si prevede la possibilità di assestamenti e modifiche nel corso del tempo, senza dover ricorrere ogni volta a strumenti complessi e lunghi come il ricorso alla legge.
Nel merito degli aspetti generali del testo approvato, è positiva la scelta di un curricolo unitario e la riduzione delle fratture di sistema (gli ordini e gradi gerarchicamente sovrapposti) alle quali si può ricondurre buona parte della selezione e dell’insuccesso scolastico. Inoltre è importante che il percorso scolastico termini a 18 anni eliminando un divario temporale con i giovani degli altri Paesi sempre più penalizzante.

Consideriamo positivi, inoltre, i seguenti aspetti:

- l’idea di una scuola costituita da cicli lunghi che consentono di evitare le ripetitività dell’attuale segmentazione e, nello stesso tempo, di aprire un intreccio fra gli stessi;
- il maggior connotato formativo rispetto al sistema attuale;
- lo smantellamento del nucleo portante del modello gentiliano (la discontinuità verticale ed orizzontale), il riconoscimento della valenza formativa del lavoro (novità per la cultura italiana) e la valorizzazione dell'intreccio formazione-lavoro.

Da una riforma complessiva degli ordinamenti anche per i docenti si aprono nuove prospettive di valorizzazione professionale e si superano positivamente fratture conseguenti a un modello di scuola rigidamente scandita nei suoi livelli.
Il Disegno di Legge riconosce dignità piena anche al sistema della formazione, con l’affermazione che “la frequenza positiva di segmenti della formazione professionale” costituisce un credito da poter far valere per l’accesso al sistema dell’istruzione. In tal modo si sancisce il definitivo abbandono dell'impostazione gentiliana, che distingueva e separava la cultura alta dalla formazione per il lavoro, a favore del riconoscimento di una formazione culturale a tutto tondo, integrata, in cui anche al lavoro si riconosce valore formativo.

La scansione dei tempi di vita, di lavoro e di formazione degli individui si è radicalmente modificata. Si è rotto il rapporto sequenziale tra tempo per la scuola, tempo per la formazione e tempo per il lavoro. Non ci sono più rotture tra una attività e l’altra, ma al contrario interruzioni, intrecci, rientri fra le diverse attività. Per questo è necessario, per un verso, elevare il livello culturale di base per tutti, aumentare la qualità del sistema complessivo e, per l’altro, rendere fluidi i passaggi ed i rientri, per riqualificarsi, rimotivarsi, riconvertirsi, anche per non essere esclusi dal mercato del lavoro.

L’approvazione definitiva al Senato della legge sul riordino dei cicli, inoltre, dovrà avere effetti positivi sull’altro tassello, la formazione professionale, di cui è essenziale vedere l’alba della riforma, oltre che perché è necessario per la formazione professionale in sé, anche perché, la sua perdurante e non più sostenibile assenza, renderebbe il disegno riformatore di questo Governo sul sistema formativo  incompiuto.

Sui seguenti aspetti sono necessari ulteriori approfondimenti in sede di regolamenti attuativi o di raccordo con altre disposizioni.

1) E' certamente positiva la riconferma dell'elevamento dell'obbligo scolastico che, raccordandosi con l’introduzione dell’obbligo formativo a 18 anni, disegna un sistema che alza comunque la frequenza. La mancata indicazione dei 10 anni di obbligo risente della scelta effettuata sulla scuola dell'infanzia. Va considerato che la recente Legge 9/'99 eleva l’obbligo scolastico a 10 anni, ridotti a 9 solo in sede di prima applicazione, rinviandone la messa a regime all’approvazione del generale riordino del sistema scolastico e formativo. Un coordinamento legislativo, oltre che una forma di coerenza politica, si rende quanto mai opportuna. 

2) Per quanto riguarda l'obbligo formativo, occorre porre mano alla nuova disciplina sull’apprendistato: il regime introdotto dalla legge 196/'97 rimane positivo, ma con la norma sull’obbligo formativo fino a 18 anni occorrerà integrarlo, prevedendo una distinzione di percorso per i contratti riferiti a persone che hanno meno di 18 anni da quelli riferiti a chi ha un'età superiore: le finalità sono diventate diverse ed è, pertanto, necessario adeguare lo strumento.

3) Sulla scuola dell'infanzia, oltre alle posizioni che esprimiamo di seguito in sede di commento all'art.2, riteniamo auspicabile che si intervenga anche sul complesso dei servizi per l’infanzia, magari con una legge ad hoc, in modo che il collegamento tra questi e la scuola dell’infanzia diventi reale in tutto il Paese.

4) Per quanto riguarda l’orientamento avremmo considerato opportuno un po’ più di coraggio legislativo sul significato orientativo ed orientante soprattutto del primo biennio della secondaria. Da tempo si fa risalire, fra le altre cause, il mancato successo scolastico fino all’abbandono proprio all’assenza di una chiara opzione verso un’impostazione di questo tipo. Sarà necessaria una più chiara e marcata opzione in sede di regolamenti attuativi: l’orientamento non è un’attività a sé stante, non esaurisce la sua funzione nel biennio iniziale della secondaria, ma sicuramente in quella fascia di età ne è più marcata l’esigenza.

In sede di regolamento, inoltre, dovrà essere esplicitata e precisata maggiormente la possibilità di passare da un modulo all’altro: perché questi passaggi non siano penalizzanti per chi li deve compiere occorre “attrezzare” un vero e proprio servizio, con la previsione di risorse professionali oltre che temporali specifiche; insomma un reale diritto, esigibile ordinariamente. Del resto, occorre tener presente che, con l’impostazione approvata alla Camera, la scelta degli indirizzi viene anticipata anziché posticipata rispetto alla situazione attuale: occorre, quindi, la garanzia piena dei passaggi.

5) La riduzione degli attuali indirizzi della secondaria superiore ( circa 120 - 130) diventa un’opzione obbligata per tutta una serie di ragioni, non ultima la necessità di non frammentare in specialismi un percorso scolastico non direttamente e necessariamente finalizzato al lavoro: se l’IFTS, infatti, è il nuovo segmento post-secondario, ordinario nel nostro sistema formativo, direttamente correlato alle scelte di lavoro delle persone, perdono di senso le differenziazioni attualmente presenti nella secondaria. Non va dimenticato, fra l’altro, l’alto grado di confusione che si ingenera nelle famiglie e nei giovani al momento di scegliere tra indirizzi nominalmente diversi, o allo stesso modo tra indirizzi nominalmente analoghi, al cui interno poche sono le discipline comuni. Si tratta quindi di un obiettivo da perseguire con questa “svolta”.

Alcuni altri contenuti presenti nel testo approvato non ci convincono. Riteniamo, però, che sia giunto il momento di dare completezza al percorso di riforma, già avviato con precedenti provvedimenti, in un'ottica processuale positiva: da tempo, come CGIL scuola, ci siamo convinti, anche sulla base delle esperienze maturate in altri paesi europei, che sulla scuola occorre impostare le riforme sul principio di un processo in continuo fieri, suscettibile di correzioni ed interventi progressivi, che possono determinare anche la revisione di parti dell'impianto inizialmente definito.

Ma perché ciò avvenga, occorre mettere un punto fermo alla partenza di questo processo, ciò anche ai fini di una valutazione degli esiti di un cambiamento strutturale.

Riteniamo, quindi, non più sopportabile per la nostra scuola l'attuale situazione di stallo e, nell'auspicare l'approvazione definitiva della legge quadro in tempi rapidi, riteniamo che il Senato in sede di approvazione definitiva possa assumere, anche attraverso i regolamenti attuativi, impegni politici significativi di superamento dei limiti riscontrati.
Ogni riforma per realizzarsi deve puntare sul protagonismo delle risorse professionali di quanti vi operano. Questo è ancora più vero per la scuola. Inevitabilmente ogni processo di riforma, oltre che consenso o dissenso, crea anche ansia negli operatori ed elementi plausibili di perplessità. Di questi bisogna tenere seriamente conto assumendo orientamenti in grado di rispondere ai tanti interrogativi che in questi giorni si accavallano.
Dovrà, quindi, essere interesse e compito specifico del sindacato di categoria analizzare le implicazioni che la riforma comporta, sia sul piano occupazionale che su quello professionale, sviluppando un dibattito di merito con i lavoratori e un confronto serrato con i soggetti istituzionalmente preposti alle definizione legislativa e regolamentare della riforma e alla sua concreta attuazione.
Innanzitutto vanno assunti ulteriori impegni per affermare che alla prevedibile riduzione degli attuali posti di organico, derivante dalla riduzione complessiva di un anno del percorso scolastico ( che risulterà in parte compensata dall’ampliamento complessivo dell’intervento scolastico in termini di frequenza ed in termini di nuovi campi di intervento), non dovrà conseguire la riduzione del personale ma un suo utilizzo qualificato, mediante:

E’ chiaro per noi che nessuna ipotesi dequalificata potrà trovare margini, così come va scongiurato il rischio di un cambio delle età dei ragazzi a cui si è insegnato fino ad ora, tenendo ferme, come riferimento, esclusivamente le opzioni individuali di ciascuno.

Sull’articolato occorre favorire un approccio globale, l’unico, ad avviso della Cgil Scuola, che  consente di evitare atteggiamenti meramente difensivi di punti di vista importanti ma parziali e di non essere risucchiati in una dimensione di puro paragone fra vecchi e nuovi ordinamenti.

Nella riforma prospettata troviamo molto delle migliori esperienze che scuola materna, scuola elementare, scuola media e scuola secondaria hanno fatto in questi anni: la modifica dell'attuale situazione non può quindi comportare la scomparsa delle competenze e delle professionalità sviluppatesi in questi decenni.
E’ inoltre necessario, e a questo lavoreremo anche con specifiche iniziative, che la discussione sulle tante deleghe attuative coinvolga compiutamente la categoria.
Dal canto nostro lavoreremo perché tutto il personale sia protagonista di questo processo. Riteniamo necessario un grande sforzo di elaborazione culturale per definire la nuova fisionomia della scuola italiana e pensiamo che un importante contributo in questa direzione possa venire anche dal mondo della ricerca pedagogica e disciplinare e dall'associazionismo professionale.

Per quanto riguarda il nostro posizionamento nel dibattito, da un lato è giusto rivendicare una nostra autonomia di giudizio ed evitare identificazioni con la proposta, dall'altro non possiamo esimerci da un ruolo attivo che comunque ci compete. Ciò implica un sindacato attrezzato da un punto di vista culturale ad affrontare questo tipo di discussione. I notevoli cambiamenti che l'attuazione della proposta comporta devono, inoltre, vedere un sindacato in grado di riappropriarsi del proprio ruolo rispetto ai temi specifici di categoria, passando dalla prassi delle affermazioni alle elaborazioni. Ciò è indispensabile anche per acquisire il consenso della categoria. Dovremo essere attrezzati a gestire le novità, in grado cioè di offrire garanzie e percorsi condivisi rispetto, in particolare, ai seguenti temi: formazione del personale, mobilità, organizzazione del lavoro e della didattica, orario, articolazione della funzione docente ed ATA, inquadramenti, difesa ed espansione di posti di lavoro qualificati contro ogni subordinazione all'esubero. Su alcuni di questi temi già l'attuale contratto offre indicazioni utili da sviluppare ulteriormente.
Strategico è il problema della valorizzazione del personale e prioritari saranno i cambiamenti da apportare all'organizzazione del lavoro e della didattica per consentire il passaggio dalla didattica degli insegnamenti alla didattica degli obiettivi e delle competenze professionali individuali e collettive.
Ciò, infine, non può non avere una ricaduta su riconoscimenti anche di carattere economico. Per altro, se ben gestita, la riforma della scuola può essere un utile strumento per la ricollocazione delle risorse e lo sviluppo di processi di mobilità professionale.
Questi fatti implicano che, per quanto riguarda il Ministero, si sviluppi una logica progettuale e non ci si limiti ad una mera gestione dell'esistente.

Per realizzare compiutamente la riforma e per offrire tutti gli strumenti al personale assumeranno particolare rilievo le scelte sugli investimenti finanziari. Da questo punto di vista, nell’art.6, l’affermazione di un reinvestimento di tutte le risorse nel comparto è un primo passo significativo che coglie un impegno contenuto nella dichiarazione congiunta sottoscritta al momento della firma del contratto integrativo. Non è sicuramente sufficiente e, pertanto, dovranno essere individuate risorse ulteriori per garantire la massima qualificazione della fase attuativa della riforma.
La discussione, e le scelte relative, sul versante dei saperi e dei tempi della scuola diventano non solo un obiettivo primario ma determinante per rendere compiuto e coerente il nuovo ordinamento. Potremmo dire che decidere su questo versante significa dare contenuto didattico e formativo al nuovo assetto del sistema.
Preliminarmente vanno ripensati i curricola in continuità tra i diversi cicli che devono essere visti in una logica modulare.
Inoltre occorre andare verso la riduzione dell'orario obbligatorio dei discenti  che non è una variabile indipendente del successo formativo.

Art.1(Sistema educativo di istruzione e formazione)

1.Il sistema educativo di istruzione e di formazione è finalizzato alla crescita e alla valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con le disposizioni in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i principi sanciti dalla Costituzione e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. La Repubblica assicura a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le conoscenze, le capacità e le competenze generali e di settore, coerenti con le attitudini e le scelte personali adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro anche con riguardo alle specifiche realtà territoriali.  
2. Il sistema educativo di istruzione si articola nella scuola dell’infanzia, nel ciclo primario che assume la denominazione di scuola di base, e nel ciclo secondario, che assume da denominazione di scuola secondaria. Il sistema educativo di formazione si realizza secondo le modalità previste dalla legge 24 giugno 1997, n.196, e dalla legge 17 maggio 1999, n.144 E’ un comma molto importante perché inserisce pienamente la scuola dell’infanzia nel sistema di istruzione.
La formazione professionale entra a pieno titolo nel sistema educativo. Ci pare un fatto importante perché riconosce una specificità ad entrambi i componenti i due sistemi di formazione. Occorre, nei provvedimenti attuativi, delineare le reciproche specificità, i diversi ruoli e finalità, i punti di integrazione evitando  separazioni artificiali. Questi problemi dovranno essere affrontati, in particolare, nel momento in cui si definiscono le caratteristiche del liceo tecnico-tecnologico. Su questi punti, a partire dalle caratteristiche del triennio post -obbligo, intendiamo aprire una riflessione al nostro interno.
Inoltre, la previsione del comma 2 deve tradursi in una profonda ristrutturazione del sistema di FP in grado di elevarne la qualità e la competenza in tutto il territorio.
Su tutto ciò occorre un impegno preciso del Governo, finalizzato a rendere reale e concreta la costruzione di un sistema formativo in grado di integrare scuola e lavoro. Da parte nostra siamo impegnati ad aprire un confronto serrato, unitamente alla Confederazione, con i Ministeri competenti per dare soluzione ai problemi conseguenti al processo di ristrutturazione, ridando fiducia e serenità ad un settore da troppi anni sotto tiro ma privo di attenzione adeguata.
3. L’obbligo scolastico inizia al sesto anno e termina al quindicesimo anno di età.  
4. L’obbligo di frequenza di attività formative fino al compimento del diciottesimo anno di età si realizza secondo le disposizioni di cui all’articolo 68 della legge 17 maggio 1999, n.144 L'estensione dell'obbligo formativo fino al diciottesimo anno di età costituisce un elemento di importante novità, sancito dal patto del dicembre 1998 e dall'approvazione del collegato alla Finanziaria del maggio scorso, in quanto consente la crescita culturale e professionale anche dei giovani tradizionalmente espulsi dal sistema scolastico.
La presenza di più percorsi formativi richiede la necessità di chiarire l'offerta autonoma del post-obbligo scolastico e del post-obbligo non scolastico e i livelli di raccordo e di possibile integrazione e le necessarie modifiche/integrazioni al regolamento sull'apprendistato.
5. Nel sistema educativo di istruzione e di formazione si realizza l’integrazione delle persone in situazione di handicap a norma della legge 5 febbraio 1992, n.104, e successive modificazioni.  
6. Le province autonome di Trento e di Bolzano e la regione Valle D’Aosta, nel rispetto delle norme statutarie, disciplinano l’attuazione dell’elevamento dell’obbligo scolastico anche mediante percorsi integrati di istruzione e formazione, ferma restando la responsabilità delle istituzioni scolastiche.

Art.2 (Scuola dell’infanzia)

1. La scuola dell’infanzia, di durata triennale, concorre alla educazione e allo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale dei bambini e delle bambine di età compresa tra i tre e i sei anni, promuovendone le potenzialità di autonomia creatività, apprendimento e operando per assicurare una effettiva eguaglianza delle opportunità educative; nel rispetto dell’orientamento educativo dei genitori, concorre alla formazione integrale dei bambini e delle bambine. Averlo richiesto per tanto tempo, ora che il risultato è acquisito, non produce particolari commenti tanto era giusto: il termine scuola materna è superato e noi siamo contenti.
La scuola dell’infanzia entra a pieno titolo nel sistema di istruzione e si supera così ogni residuo legislativo sul suo ruolo assistenziale. Tale scelta consente, tra l'altro, di promuovere ed assicurare un'effettiva eguaglianza delle opportunità educative attraverso interventi, rivolti a tutti i bambini e le bambine, in grado di ridurre ogni forma di svantaggio iniziale, valorizzando la precocità dell'intervento.
E’ un fatto sicuramente positivo. Per quanto ci riguarda il nostro orientamento era, e rimane, quello dell’avvio dell’obbligo all’ultimo anno di scuola dell’infanzia in una sede pubblica.
2. La Repubblica assicura la generalizzazione dell’offerta formativa di cui al comma 1 e garantisce a tutti i bambini e le bambine, in età compresa tra i tre e i sei anni, la possibilità di frequentare la scuola dell’infanzia. Questo comma ha un valore fortemente impegnativo (“… garantisce a tutti…”) anche alla luce degli impegni assunti dal Ministro al termine della Conferenza nazionale sulla scuola dell’infanzia. Con una corretta applicazione di questo comma, siamo in presenza di un obbligo di fatto. Sarà necessario, dopo l’approvazione definitiva, lavorare concretamente perché ciò avvenga senza alcuna subalternità della scuola pubblica nei confronti della scuola privata proprio in considerazione del fatto che, al comma 1, i diritti dei bambini e delle bambine vengono indicati in modo molto preciso. Il primo diritto consiste nel non essere costretti a frequentare scuole delle quali non si condivide l’orientamento. Determinanti ed indispensabili saranno, in questa prospettiva, gli indicatori di qualità e la definizione di criteri minimi validi a livello nazionale in una situazione che attualmente si presenta molto variegata, quali: il calendario scolastico, il tempo scuola minimo giornaliero ed i percorsi didattici, l'organizzazione del lavoro, la compresenza.
3. La scuola dell’infanzia, nella sua autonomia e unitarietà didattica e pedagogica, realizza i necessari collegamenti da un lato con  il complesso dei servizi all’infanzia, dall’altro con la scuola di base. Molto rilevanti gli emendamenti approvati in aula, sia per quanto riguarda il fugare ogni rischio di primina o di scuola preparatoria ad un ciclo successivo, e quindi senza autonomia ed unitarietà,  sia per il riferimento ai servizi dell’infanzia, ragionamento che apre nuovi scenari anche sul ruolo e la funzione dei nidi e sulla necessità di una continuità fra questi due segmenti.

Nota a margine: giustamente in questo articolo si parla di “bambini e bambine”. In quelli successivi si parla indistintamente di “alunni, studenti, cittadini” come se, col crescere dell’età, sparisse l’identità di genere.

Art.3 (Scuola di base)

1.La scuola di base ha la durata di sette anni ed è caratterizzata da un percorso educativo unitario e articolato in rapporto alle esigenze di sviluppo degli alunni; si raccorda da un lato alla scuola dell’infanzia e dall’altro  alla scuola secondaria. Come è noto le parole non sono neutre, per questa ragione avremmo preferito il termine cicli al termine scuola. Ciò vale anche per l’articolo successivo. Con il termine “scuola” si rischia di proporre all’immaginario della scuola un’ottica statica ed uniforme di percorso scolastico, ben diversa dal termine cicli che, invece, ne avrebbe connotato il dinamismo interno e, in un qualche modo, la loro flessibilità visto il percorso di crescita individuato.
L’assetto proposto (7 anni unitari) è condivisibile, risponde anche alle nostre osservazioni, perché il superamento delle scansioni interne, inizialmente previste, fa prevalere la dimensione unitaria della scuola primaria senza per questo comportare un’idea di uniformità.
2. La scuola di base, attraverso un progressivo sviluppo del curricolo mediante il graduale passaggio dagli ambiti disciplinari alle singole discipline, persegue le seguenti finalità:
a)
acquisizione e sviluppo delle conoscenze e delle abilità di base;
b) apprendimento di nuovi mezzi  spressivi;
c) potenziamento delle capacità relazionali e di orientamento nello spazio e nel tempo;

d) educazione ai
principi fondamentali della convivenza civile;
e) consolidamento dei saperi di base anche in relazione alla evoluzione sociale, culturale e scientifica della realtà contemporanea;
f) sviluppo delle competenze e delle capacità di scelta individuali atte a consentire scelte fondate
sulla pari dignità delle opzioni culturali successive
Sette anni di scuola primaria, caratterizzati da un percorso educativo lineare e unitario,permettono lo sviluppo di un percorso formativo rispettoso dei tempi di apprendimento di ciascuno,  in grado di introdurre discontinuità caratterizzate non da rotture traumatiche, ma da momenti di valutazione formativa, capaci di favorire il successo scolastico.
Ciò potrebbe meglio consentire, inoltre,  di ampliare  e  caratterizzare più efficacemente l'area dell'orientamento.
Va battuta ogni ipotesi di semplificazione della necessità, sicuramente molto impegnativa dal punto di vista culturale e professionale, di definire la scuola di base come un luogo veramente nuovo ed originale, altro dalle attuali elementari e medie, o di accorciamento di uno dei due segmenti attuali o di una “elementarizzazione che banalizzi le competenze o una precoce licealizzazione con specialismi precoci”.

Da questo punto di vista la riflessione nel regolamento attuativo dovrà partire da una valorizzazione delle migliori esperienze della scuola elementare e media.
Ovviamente il ciclo di base aprirà una serie di problemi sul personale che noi consideriamo, all’interno di una fase applicativa di grande rilievo, come l’apertura di una serie di opportunità per tutto il personale docente, sia nella direzione di superare fratture ormai anacronistiche sia di favorire una mobilità verso la scuola secondaria.Il prossimo rinnovo contrattuale dovrà poi affrontare concretamente i problemi di inquadramento.
3. Le articolazioni interne della scuola di base sono definite a norma del regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n.275 4. La scuola di base si conclude con un esame di Stato dal quale deve emergere anche una indicazione orientativa non vincolante per la successiva scelta dell’area e dell’indirizzo. E’ positivo che la scansione sia affidata ad un provvedimento nazionale e non alle singole scuole.
Il lasso di tempo utilizzato per la definizione del provvedimento attuativo (che positivamente unifica la scansione interna della scuola di base con l’impianto curricolare) dovrà essere utilizzato proficuamente per riempire di contenuti questo impianto.
Manca una coerenza fra un esame di stato, conclusivo della scuola di base, ed una certificazione, conclusiva dell'obbligo scolastico nella scuola secondaria. Sarebbe opportuno che il ciclo di base si concludesse con una verifica, anziché con un esame di stato, a carattere fortemente orientativo e con una certificazione sulle "competenze" acquisite in questo segmento, utile per il completamento dell'obbligo scolastico.

Art.4(Scuola secondaria)

1.La scuola secondaria ha la durata di cinque anni e si articola nelle aree classico-umanistica, scientifica, tecnica e tecnologica, artistica e musicale.  Essa ha la finalità di consolidare, riorganizzare ed accrescere le capacità e le competenze acquisite nel ciclo primario, di sostenere e incoraggiare le attitudini e le vocazioni degli studenti, arricchire la formazione culturale, umana e civile degli studenti, sostenendoli nella progressiva assunzione di responsabilità e di offrire loro conoscenze e capacità adeguate all’accesso all’istruzione superiore universitaria e non universitaria ovvero all’inserimento nel mondo del lavoro. Ciascuna area è ripartita in indirizzi, anche mediante riordino e riduzione del numero di quelli esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge. La scelta operata di definire cinque aree e di prefigurare una diminuzione degli attuali indirizzi si muove nell'ottica, ribadita più volte dalla CGIL Scuola, di ridurre gli specialismi e la frammentazione disciplinare.
Ovviamente una scelta di accorpamento forte dovrà riguardare anche gli indirizzi.
2. La scuola secondaria si realizza negli attuali istituti di istruzione secondaria di secondo grado che assumono la denominazione di licei. La denominazione liceo colloca su un piano paritario le aree nelle quali si articola la scuola secondaria evitando la riproposizione di gerarchie improprie ricavate dalle denominazioni.
3. Nei primi due anni, fatti salvi la caratterizzazione specifica dell’indirizzo e l’obbligo di un rigoroso svolgimento del relativo curricolo, è garantita la possibilità di passare da un modulo all’altro anche di aree e di indirizzi diversi, mediante l’attivazione di apposite iniziative didattiche finalizzate all’acquisizione di una preparazione adeguata alla nuova scelta. Si riconosce la cesura tra biennio e triennio, determinata dalla fine d'obbligo scolastico al quindicesimo anno di età; in questo modo non si finalizzano gli anni del  biennio al solo proseguimento degli studi nel ciclo di istruzione secondaria. Va però riaffermato, a conclusione dell’obbligo, il valore legale del titolo finale.
Manca, invece, una chiara definizione dell'area dell'orientamento in continuità con la scuola di base. Per altro, la delicatezza del periodo 12-16 anni non solo attribuisce importanza particolare all'orientamento ma anche alla necessità che sia impostato correttamente anche dal punto di vista organizzativo Per i primi due anni del ciclo secondario si parla, infatti, della possibilità di passaggi da un modulo all'altro, anche di indirizzi diversi, ma dentro un quadro che deve garantire “… la caratterizzazione specifica dell'indirizzo e l'obbligo di un rigoroso svolgimento del relativo curriculum…” Questo aspetto potrebbe essere recuperato al momento del riordino e riduzione degli indirizzi.
Sarebbe stato preferibile che il biennio del ciclo secondario, conclusivo della scuola dell'obbligo, avesse una funzione di orientamento ed accredito per cui, portati a compimento gli obiettivi della scuola dell'obbligo, cui fa riferimento il documento sui saperi essenziali, si conseguisse un credito formativo in termini di cultura di base e di orientamento rispetto ai percorsi formativi o di istruzione successivi.
4. Nel corso del secondo anno, se richiesto dai genitori e previsto nei piani dell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche, sono realizzate attività complementari formative per collegare gli apprendimenti curricolari con le diverse realtà sociali, culturali, produttive e professionali. Tali attività e iniziative si attuano anche in convenzione con altri istituti, enti e centri di formazione professionale accreditati alle regioni, sulla base di un accordo quadro tra il Ministero della pubblica istruzione, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. L’intreccio tra sapere e saper fare deve rappresentare una potenzialità in più, un recupero più pieno dell'operatività e dell'orientamento, che non può essere delegato alla sola richiesta dei genitori, ma che costituisce il frutto di un progetto della scuola in rapporto alla individualizzazione dei percorsi.
La programmazione di attività formative, all'interno di un coerente progetto educativo, da realizzare presso altri istituti o enti di formazione professionali, deve essere un'opzione disponibile per l'insieme delle ragazze e dei ragazzi e non solo per quelli in difficoltà rispetto ai saperi formali, tenuto conto del fatto che alla fine del biennio gli studenti dovranno scegliere tra diverse opzioni.
Rafforzamento delle motivazioni, costruzione di una conoscenza che assegni pari dignità al pensiero teorico, creativo ed operativo, l'intreccio indispensabile tra sapere e saper fare, costituiscono parte integrante ed inscindibile di ogni singolo curricolo disciplinare, e devono trovare una collocazione di rilievo nell'ambito della programmazione generale di ogni indirizzo.
Le prime conoscenze e l'approccio con la realtà professionale passano anche attraverso un'offerta integrata con la formazione professionale. Questa opportunità deve essere offerta a tutti gli alunni per la realizzazione egli obiettivi del nuovo obbligo scolastico..  
Rafforzamento delle motivazioni, costruzione di una conoscenza che assegni pari dignità al pensiero teorico, creativo e operativo, prime conoscenze della realtà professionale passano attraverso un offerta integrata con la formazione professionale, che deve essere data a tutti gli alunni per la realizzazione degli obiettivi del nuovo obbligo scolastico.
Questa previsione, che rimanda alle scelte autonome delle singole scuole, deve essere rafforzata nei provvedimenti applicativi
5. A conclusione del periodo dell’obbligo scolastico di cui al comma 3 dell’articolo 1 è rilasciata una certificazione attestante il percorso didattico svolto e le competenze acquisite.
 
6. Negli ultimi tre anni, ferme restando le discipline obbligatorie, esercitazioni pratiche, esperienze formative e stage possono essere realizzati in Italia o all’estero anche con brevi periodi di inserimento nelle realtà culturali, produttive, professionali e dei servizi. Verranno inoltre promossi tutti gli opportuni collegamenti con il sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) e con l’Università. L’esperienza degli stage diventa un’opportunità ordinaria del lavoro scolastico. Positivamente si prevede un collegamento con i percorsi post secondari: ifts e Università.
7. La frequenza positiva di qualsiasi segmento della scuola secondaria annuale o modulare, comporta l’acquisizione di un credito formativo che può essere fatto valere, anche ai fini della ripresa degli studi eventualmente interrotti, nel passaggio da un’area o da un indirizzo di studi all’altro o nel passaggio alla formazione professionale. Analogamente, la frequenza positiva di segmenti della formazione professionale comporta l’acquisizione di crediti che possono essere fatti valere per l’accesso  al sistema dell’istruzione.
E' positivo che ad un sistema a canne d’organo nel quale è difficile passare da un indirizzo all’altro, se non ricominciando da capo, o rientrare in formazione considerando come utili i percorsi maturati in altre esperienze, si favorisca (mediante un sistema di crediti) il rientro nel sistema di istruzione e la mobilità dalla formazione professionale verso la scuola
8. Al termine della secondaria, gli studenti sostengono l’esame di Stato di cui alla legge 10 dicembre 1997, n.425, che assume la denominazione dell’area e dell’indirizzo.   

 

Art.5 (Istruzione e formazione tecnica superiore, educazione degli adulti e
formazione continua)

1.L’istruzione e formazione tecnica superiore è disciplinata a norma dell’articolo 69 della legge 17 maggio 1999, n.144 Con la proposta di riforma dei cicli scolastici presentata dal Governo, per la prima volta, l’educazione degli adulti entra nel sistema scolastico italiano come una delle sue articolazioni ordinarie.
Non è un caso che altri paesi, che hanno ridisegnato il proprio sistema educativo, come la Spagna, abbiano  inserito nelle loro leggi una parte specifica relativa all’educazione degli adulti, nella consapevolezza del ruolo sempre più importante che tale settore gioca nello sviluppo sociale ed economico di ogni paese e della sua stretta connessione con il sistema scolastico.

Non si tratta di un atto formale. In questo modo si riconosce, finalmente, che, nella “società della conoscenza”, la formazione permanente non può essere considerata un segmento a sé stante, ma deve essere riconosciuta come lo scenario dentro cui agiscono il sistema di istruzione e quello della formazione.
2. Le iniziative di educazione degli adulti si realizzano nel rispetto delle disposizioni del decreto legislativo 31 marzo 1998,n.112 Continuiamo a ribadire il nostro dissenso su questa parte che pure è modificata rispetto al testo precedente. Il nodo dell’educazione degli adulti si riferisce anche all’acquisizione del titolo dell’obbligo o a titoli di studio in corsi serali, quindi in settori di scuola di Stato. Inutile ripetere che rimaniamo l’unico Paese che non ha una Legge sull’istruzione degli adulti e che non è pensabile che il settore (alfabetizzazione; corsi sperimentali delle 150 ore; corsi serali) sia governato con norme di carattere amministrativo. E’ un settore decisivo per entrare in Europa non solo su basi monetarie e per portare ad una scolarità positiva gli adulti, considerato che il 50% ha come titolo di studio la licenza di scuola elementare e che una parte ancora consistente non possiede alcun titolo di studio finale. Sfumata l’ipotesi di un Decreto legislativo, prevista nel testo originario presentato dal Governo, riteniamo che, mediante un impegno assunto dal Senato, la norma possa essere introdotta in un collegato alla Finanziaria.
3. La formazione continua si realizza nel rispetto delle disposizioni di cui alla legge 24 giugno 1997, n.196.


Art.6 (Attuazione progressiva dei nuovi cicli)

1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo presenta al Parlamento un programma quinquennale di progressiva attuazione della riforma. Le Camere adottano, entro quarantacinque giorni dalla trasmissione, una deliberazione che contiene indirizzi specificamente riferiti alle singole parti del programma. Il programma è corredato da una relazione che ne dimostra la fattibilità nonché la congruità dei mezzi individuati rispetto agli obiettivi, compresa la valutazione degli eventuali maggiori oneri finanziari o delle eventuali riduzioni di spesa ai fini dell’applicazione delle disposizioni di  cui al comma 2. Il programma comprende, tra l’altro, un progetto generale di riqualificazione del personale docente, finalizzato anche alla valorizzazione delle specifiche professionalità maturate, nonché alla sua eventuale riconversione; i criteri generali per la formazione degli organici di istituto con modalità tali da consentire l'attuazione dei piani di offerta formativa da parte delle singole istituzioni scolastiche; i criteri generali per la riorganizzazione dei curricoli della scuola di base e della scuola secondaria, ivi compresi quelli per la valorizzazione dello studio delle lingue e per l'impiego delle tecnologie didattiche; un piano per l’adeguamento delle infrastrutture.
Condividiamo che i tempi siano più distesi e che siano previsti una fase di preparazione, la presentazione di un programma quinquennale, di un piano di fattibilità, così come è positivo che si preveda una verifica parlamentare alla fine di ogni triennio.
Si apre, in questo modo, per la categoria, il sindacato e l’associazionismo una fase importante nella quale esprimere i propri orientamenti e posizioni.

 

 

2. Il programma di cui al comma 1 indica tempi e modalità di attuazione della presente  legge. L’operatività di tale programma, ove questo rilevi oneri aggiuntivi, è subordinata all’approvazione dello specifico provvedimento legislativo recante l’indicazione dei mezzi finanziari occorrenti per la relativa copertura.
Il programma quinquennale, definito l’assetto ordinamentale, rappresenta il secondo cuore della riforma
3. Le somme che si dovessero rendere disponibili per effetto della riforma sono riutilizzate con modalità e criteri indicati nel programma di cui al comma 1, anche ai fini della istituzione di periodi sabbatici volti alla qualificazione degli insegnanti in servizio. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Con questo comma si realizza un obiettivo contenuto nella dichiarazione congiunta sottoscritta fra Ministro e Organizzazioni sindacali della scuola al momento della firma del contratto integrativo.
Condivisibile la previsione dello strumento dei periodi sabatici per la “…qualificazione…” degli insegnanti in servizio. Più che il solo strumento, più volte rivendicato, riteniamo importante che il tempo venga assunto come una variabile determinante per la qualità dell’intervento sugli insegnanti superando così il rischio che l’aggiornamento fuori orario di servizio venisse inteso come la soluzione organizzativa da praticare.
4. Disposizioni correttive di quelle contenute nel programma di cui al comma 1 possono essere emanate durante la progressiva attuazione del  programma stesso. Si tratta di una legge “autocorrettiva” come ha recentemente scritto Tullio De Mauro.

 

5. L’effettiva attuazione della presente legge è verificata dal Parlamento al termine di ogni triennio successivo alla data della sua entrata in vigore, sulla base di una apposita relazione presentata dal Ministro della Pubblica Istruzione.

6. All’attuazione della presente legge si provvede, sulla base delle norme generali  da essa recate, mediante regolamenti da adottare a norma dell’art.17, comma 2 della legge 23 agosto 1988, n.400, in conformità agli indirizzi definiti dalle Camere in ordine al programma di cui al comma 1, nell’ambito delle disposizioni di legge. Sugli schemi di regolamento è acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si pronunciano sulla loro conformità agli indirizzi deliberati dalle Camere e alle norma di legge. Decorsi quarantacinque giorni dalla richiesta di parere alle Commissioni, i regolamenti possono comunque essere emanati. Ciascun regolamento reca una ricognizione delle norma abrogate e disposizioni transitorie per il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento. Per gli ambiti di cui all’articolo 8 del regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n.275, concernente la definizione dei curricoli, si provvede con le modalità di cui all’articolo 205 del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione relative alle scuole di ogni ordine e grado, approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n.297.

 
7. Il personale docente in servizio, alla data di entrata in vigore delle disposizioni regolamentari che disciplinano l’organizzazione dei settori di appartenenza, ha diritto al mantenimento della sede fino alla sua definitiva assegnazione che si realizza tenendo conto  in via prioritaria delle richieste degli interessati, dei titoli e delle professionalità di ciascuno. Questo comma detta principi entro i quali si dovrà esercitare la contrattazione. L’ultima parte del comma, e la menzione fatta in precedenza dei corsi di riconversione, contengono un ambito che la contrattazione dovrà ritenere vincolanti: nessuna migrazione all’interno dei cicli ma un forte legame con le scelte personali e con le esperienze acquisite. Insomma, come anticipato anche nel nostro contratto, l’utilizzo del personale inteso come valorizzazione dei propri progetti professionali.
8. I titoli universitari ed i curricoli richiesti per il reclutamento degli insegnanti della scuola di base sono individuati, anche in deroga a quanto disposto dall’articolo 3, comma 2 della legge 19 novembre 1990, n.341, con regolamento del Ministro della pubblica istruzione di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica adottato sulla base degli indirizzi generali definiti dalle Camere in sede di deliberazione di cui al comma 1.  La formazione universitaria, che rappresenta una risorsa strategica, deve fare i conti con il nuovo assetto del sistema di istruzione.  In questa fase, come previsto anche nel documento congiunto fra Ministro della Pubblica Istruzione e Sindacati scuola, siamo impegnati ad attivare un tavolo di confronto con l’Università per affrontare tutti i problemi derivanti dalla prima applicazione della formazione universitaria in modo da portare a regime quanto prima il ruolo dell’Università nella formazione dei docenti.

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