CAMERA DEI DEPUTATI

DISEGNO Dl LEGGE

PRESENTATO DAL MINISTRO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE E DELL UNIVERSITA'

E DELLA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA

(BERLINGUER)

DI CONCERTO CON IL .MINISTRO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE

(TREU)

CON IL MINISTRO DEL TESORO E DEL BlLANCIO E DELLA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA

(CIAMPI)

E CON IL MINISTRO PER. LA FUNZIONE PUBBLICA E GLI AFFARI REGIONALI

(BASSANINI)

Legge quadro in materia di riordino dei cicli d'istruzione

Presentato il 4 luglio 1997

 

ONOREVOLI DEPUTATI ! — Nel mese di gennaio del 1997 il Governo, in attuazione del proprio programma e dell'accorto sul lavoro del 24 settembre 1996, annunciava l'intento di proporre una riforma generale del sistema scolastico italiano, praticamente stabile dagli inizi del secolo e per più versi non più adeguato a rispondere alle complessive esigenze della formazione delle nuove generazioni, chiamando il monto della cultura, della scuola, del lavoro, le famiglie, le forze politiche e sociali, le associazioni e le istituzioni del sociale ad una riflessione- dalla quale potessero scaturire proposte efficaci e un dibattito serena nell'interesse del Paese e del suo futuro.

L'annuncio era accompagnato da una proposta articolata di riordino dei cicli scolastici che teneva conto sia di esigenze indilazionabili, quali quella dell'adeguamento dell'obbligo di scolarità ai livelli europei, sia degli esiti della sperimentazione realizzata nella scuola superiore negli ultimi venti anni, sia del dibattito trentennale sulle possibili ipotesi di riforma. che aveva visto tra i suoi punti più alti la Conferenza nazionale sulla scuola tenutasi a Roma tal 30-gennaio al 3 febbraio 1990 l'approvazione da parte del Senato della Repubblica, nel 1993, di un progetto di legge unificato sul riordino dell'istruzione secondaria superiore e sul prolungamento dell'obbligo scolastico. .

Sulla base di tale proposta si è sviluppato nel Paese un amplissimo dibattito, che non accenna a spegnersi e che si è articolato in migliaia di iniziative di incontro e di riflessione dalle quali è scaturita una ricchissima messe di suggerimenti, condensati in documenti trasmessi al Ministero della pubblica istruzione, che sono stati analizzati per trarre alcune prime conclusioni e rielaborare l'ipotesi originaria.

L'ampia partecipazione al dibattito ha evidenziato la bontà della scelta di non presentare direttamente un disegno di legge, nella considerazione che i temi della scuola non appartengono ad una maggioranza politica, ma sono tesoro comune di tutte le formazioni che costituiscono e sostengono la comunità nazionale. Compito del Governo non è quello di imporre, bensì quello di interpretare i temi e le esigenze prevalenti nella società e di formulare al Parlamento proposte tali da dare risposte efficaci, salvaguardando le libertà e le specificità delle diverse formazioni.

Il presente disegno di legge parte dal riconoscimento che l'educazione, la formazione e l'istruzione rivestono preminente interesse nazionale non solo per ogni Governo, ma per tutte le autonomie e le formazioni sociali che compongono il Paese. Esso inoltre ridette l'esigenza di avvicinare il nostro sistema scolastico a quello - degli altri Paesi europei, per la costruzione della " casa comune dell'istruzione per la nuova Europa., così come più volte affermato dal Consiglio dei ministri degli Stati membri dell'Unione europea e, al contempo, di mettere le premesse per la riforma del welfare state, che non può non fondarsi anche sulla formazione delle nuove generazioni.

Su di essa poggiano infatti il livello di cultura e di civiltà dell'intera compagine nazionale, la continuità e lo sviluppo del sistema democratico, la solidità del sistema economico e industriale, l'armonico dispiegarsi dei rapporti in divenire, le speranze di tutti i membri della comunità.

Riflettendo sulle caratteristiche che differenziano il nostro tempo dalle epoche precedenti, il documento del Governo del gennaio 1997 ricordava che, mentre la formazione ha avuto come suo nucleo tradizionale fondamentale la " trasmissione " di conoscenze consolidate, di tradizioni, di consuetudini, i rapidi progressi della scienza e l'accelerazione dello sviluppo delle tecnologie hanno profondamente inciso sulla " stabilità delle conoscenze ", sempre più rapidamente "bruciate " dalle innovazioni; al punto che nei Paesi più avanzati, intere generazioni hanno sperimentato il significato di "obsolescenza" riferito ad abilità e capacità che l'evolvere dei tempi aveva reso inesorabilmente inutile. È pertanto emersa la necessità di affiancare al tradizionale modello della " trasmissione ", che va peraltro salvaguardato nella misura in cui è destinato a preservare le caratteristiche e le specificità della memoria nazionale, quello della "trasmissione acquisizione ", di metodi, della sollecitazione dell'intelligenza critica, della ricerca, dell'approfondimento, della coniugazione più stretta tra momento cognitivo e intellettuale e momento applicativo e d'indagine.

Se ne traeva la conclusione che presupposto fondamentale di un intervento che voglia essere veramente innovatore presupposto enunciato nella proposta del Governo, ma sfuggito anche a molti dei più acuti commentatori - è la previsione di un rafforzamento degli elementi culturali di tipo generale, metodologico e di indirizzo, tali da favorire la formazione della persona nella sua interezza, da metterla al riparo dalla instabilità dei contenuti del moderno sapere e da fornirle gli strumenti per mantenere aggiornati i livelli ti competenza, ti conoscenza e di abilità.

Se peraltro appare indispensabile, al fine dell'affermarsi ti una umanità piena e consapevole, che ogni persona possa raggiungere livelli più elevati sviluppando e potenziando le risorse morali e intellettuali che le sono proprie, è anche indispensabile che il numero delle persone interessate a questo processo cresca progressivamente col crescere della complessità dei fenomeni ad evitare che siano questi a governare la realtà, in un crescendo di " inevitabilità " e di " automatismi " che finirebbero col rendere l'uomo incapace non solo di governare, ma anche di intendere la realtà che lo circonda, rendendolo nei fatti sempre meno libero di autodeterminazione.

Far crescere le risorse' umane, anche quantitativamente, ha pertanto il senso di garantire che cambiamenti, trasformazioni, evoluzioni siano governati non da pochi supertecnici, ma, democraticamente, dalla generalità dei soggetti che vi sono interessati.

La qualità e quantità delle risorse umane disponibili sono state peraltro riconosciute, anche come fattore strategico per lo sviluppo dei livelli produttivi e occupazionali di ciascun Paese. Il Libro bianco pubblicato nel 1996 dalla Commissione europea, intitolato " insegnare e apprendere. Verso la società conoscitiva testualmente afferma che: " L'investimento nelle risorse immateriali e la valorizzazione delle risorse umane incrementano la competitività globale, sviluppano l'occupazione e permettono di salvaguardare le realizzazioni sociali. Quanto ai rapporti sociali fra gli individui, essi saranno sempre più guidati dalle capacità di apprendimento e dalla padronanza delle conoscenze fondamentali ".

Produzione e occupazione nei Paesi sviluppati sono variabili i cui scostamenti vanno osservati con molta attenzione: i processi tecnologici da un lato marginalizzano il lavoro umano, spesso non più indispensabile nei settori della produzione diretta e dall'altro potenziano la richiesta di qualità organizzative, ideative e programmatorie dei processi e dei flussi. Lo sviluppo di tali qualità ha però per presupposto un forte investimento nella formazione. il proprio sulla formazione che nel prossima futuro si incentrerà la competizione economica internazionale, prima imperniata sull'approvvigionamento delle risorse naturali ed energetiche.

Il documento del Governo ricordava anche che: " Il problema della cultura, dell'istruzione e della formazione, come strumenti per ottenere una crescita qualitativa e quantitativa delle risorse umane è emerso in tutta la sua evidenza ed è divenuto il volano degli interventi riformatori che dalla fine degli anni ,80 hanno impegnato Molti Paesi europei nel perseguimento dell'obiettivo prioritario della " piena scolarità " per la costruzione di un sistema chiamato tendenzialmente a portare tutti i giovani al raggiungimento di risultati formativi concreti.

Le soluzioni adottate non sono state ovunque eguali: l'obbliga fino ai diciotto anni nel settore della formazione professionale per chi non prosegue nella scuola (Germania, Belgio); obiettivi di produttività prefissati (legge francese del 1989, che si è proposta di portare al diploma almeno l'80, per cento dei diciottenni e, in subordine, un'intera fascia d'età alla qualifica professionale); l'estensione della scolarità verso il basso e verso l'alto (Spagna: sviluppo della educazione infantile e obbligo fino a sedici anni); la costruzione di opportunità differenziate dopo l'obbligo, in modo da corrispondere alle aspettative di tutti, favorendo però la possibilità di passaggio da un canale all'altro; interventi contro la dispersine scolastica (si ricordi la risoluzione CEE del 1989).

Sul piano legislativo la scelta è caduta più frequentemente su grandi leggi quadro di riordino dell'intero sistema (Francia, Spagna, Inghilterra, Belgio) inteso non solo come riordino funzionale ma soprattutto come ricerca di nuova qualità *.

Il presente disegno di legge si colloca in questa prospettiva, nella consapevolezza dell'insufficienza di singoli provvedimenti di riordino degli attuali percorsi di istruzione e formazione, fuori da un quadro generale che offra risposte meditate e compiute a tutti gli interrogativi ed ai problemi ai quali l'attuale sistema ha dato origine.

La ricostruzione dell'intero percorso dell'istruzione costituisce una risposta concreta ai più gravi problemi che emergono da un'analisi della attuale realtà, nella quale il numero degli insuccessi e delle espulsioni precoci dal sistema scolastico e certamente troppo elevato in relazione sia alle esigenze della formazione delle singole persone, sia per i riflessi sul piano del vivere sociale.

E ciò tanto più perché la necessità di elevare l'età della scolarizzazione obbligatoria, da tutti riconosciuta come ineludibile, ha come esito quello dell'inserimento di giovani che attualmente abbandonano gli studi per le più varie ragioni proprio in quei primi anni della scuola secondaria superiore nei quali maggiore è attualmente il numero dei fallimenti.

La funzione complessiva dei vari cicli di studio, che concorrono tutti al raggiungimento del successo, è ripensata per attivare percorsi nei quali divenga possibile elevare la quantità dei successi senza penalizzare la qualità della formazione personale, e offrire, al contempo momenti di formazione permanente capaci di riattualizzare conoscenze, competenze e capacità.

Gli obiettivi che il Governo si propone di realizzare attraverso la revisione dell'intero sistema scolastico, anche alla luce del dibattito sviluppatosi fino ad oggi, possono essere casi precisati:

- riconoscimento della priorità dei problemi dell'educazione, dell'istruzione e della formazione come strumenti per la crescita personale e dell'intera società;

- coinvolgimento de; genitori nella realizzazione degli obiettivi educativi, di istruzione e formativi;

- innalzamento dei livelli culturali e scientifici personali e generali;

- crescita di una moderna cultura professionale, che, accanto alle abilità e capacità professionali proprie di ciascun indirizzo, fornisca a ciascuno capacità di riconversione;

- sviluppo di una cultura fondata sulla responsabilità, la tolleranza, la valorizzazione delle differenze e i valori del pluralismo e. delle libertà;

- crescita della coscienza democratica e realizzazione di una cittadinanza solidaristica, piena e consapevole.

Sono stati individuati come strumenti indispensabili per raggiungere tali obiettivi:

- l'elevazione della durata della scolarità obbligatoria da otto a dieci anni;

- l'affermazione e l'attuazione in tempi ravvicinati del diritto alla formazione fino al diciottesimo anno di età, per consentire a tutti i giovani di conseguire un diploma o una solida qualificazione professionale;

- la valorizzazione della professionalità degli operatori della scuola e della formazione e la valorizzazione di tutte le componenti nel Governo e nella gestione delle istituzioni scolastiche e formative;

- la realizzazione di un sistema capace di sopportare l'autonomia scolastica e di individuare i necessari interventi perequativi per uno sviluppo armonico e unitario dell'intero sistema scolastico nazione naie.

Il presente disegno di legge costituisce peraltro solo una parte della risposta alle complessive esigenze di riforma della scuola.

Gli altri capisaldi di tale riforma sono infatti l'autonomia delle istituzioni scolastiche, la riforma dei programmi di insegnamento e la realizzazione, alla pari degli altri Paesi europei, di un sistema pubblico integrato di istruzione.

La grande riforma autonomistica della scuola, approvata dal Parlamento mentre era in corso il dibattito sul riordino dei cicli scolastici, influenza senza dubbio i contenuti e la stessa struttura del presente disegno di legge.

Viene infatti meno la necessità di precisare gli ambiti di libertà delle istituzioni scolastiche, l'estensione della loro capacità di interrelazione col territorio, la specificazione delle modalità di organizzazione dell'insegnamento.

Tutta questa materia troverà la sua disciplina nel solco tracciato dall'articolo 21 della legge 15 mano 1997. n. 59, nei regolamenti che vi daranno attuazione e che saranno portati all'attenzione del Parlamento in tempi utili per la delineazione di un quadro complessivo nel quale la riforma dei cicli possa costituire lo sviluppo naturale del sistema dell'autonomia, senza giustapposizioni e duplicazioni che ne complicherebbero inutilmente il percorso di attuazione. -

L'attribuzione di autonomia didattica e organizzativa alle istituzioni scolastiche favorirà l'ulteriore sviluppo di un processo di Burocratizzazione e di valorizzazione della collaborazione con le autonomie locali e con altre agenzie formative, che nei fatti è già in atto da molto tempo e che ha visto negli interventi per il recupero della dispersione, in quelli per lo sviluppo della salute, in quelli per l'attuazione di iniziative integrative e complementari, la realizzazione di percorsi e di soluzioni diversi rispetto a quelli tradizionali.

La legge n. 59 del 1997 incide peraltro direttamente anche sui contenuti dell'insegnamento, perché da un lato riserva Allo Stato le competenze in materia di ordinamenti e programmi, ma dall'altro indica con tutta chiarezza che tali competenze non potranno più essere esercitate in senso totalizzante (con programmi che descrivono minutamente percorsi e tempi di realizzazione), ma dovranno avere per contenuto l'indicazione di standard e obiettivi, lasciando alle scuole autonome un margine forte di autonomia sia sulla costruzione dei percorsi sia sull'attivazione di un'offerta formativa propria, compatibile con gli obiettivi nazionali.

Ciò comporta necessariamente che il percorso di attuazione dell'autonomia e il dibattito parlamentare sulla riforma dei cicli siano accompagnati da una riflessione sui programmi d'insegnamento che il Ministro, in forza della potestà regolamentare attribuitagli dall'articolo LOS del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, andrà via via modificando e aggiornando sulla base delle linee fondamentali tracciate dalle riforme.

Proprio per dare una prima. risposta agli interrogativi relativi " ai sapori fondamentali " che una scuola moderna deve garantire, il Ministro della pubblica istruzione ha insediato una commissione che, definita dai mass-media come " commissione dei saggi ha rassegnato le proprie conclusioni contenute in un documento di sintesi trasmesso al Ministro della pubblica istruzione il 13 maggio 1997, che si allega alla presente relazione.

Il documento muove dalla necessità di pensare " in generale è, superando la tentazione di far centro attorno ad ambiti di esperienza specialistici, per delineare un quadro complessivo di competenze e conoscenze irrinunciabili. La scuola dovrà tenere presenti i problemi delle identità individuali e delle forme di appartenenza e provvedere maggiormente a rimuovere le disuguaglianze nelle opportunità educative; dovrà darsi un assetto culturale nel quale coesistano e si supportino vicendevolmente la dimensione disciplinare e quella reticolare (dei sapori trasversali e dei collegamenti tra le diverse aree); dovrà promuovere una cittadinanza attiva per dare ai giovani capacità di- comprendere e gestire i problemi della qualità della vita in rapporto a quelli della qualità del lavoro e dello sviluppo; dovrà favorire l'acquisizione anche delle dimensioni della manualità e dell'operatività, dai livelli elementari del gioco a quelli dello sviluppo di capacità di controllo e comprensione di tecniche e tecnologie; dovrà " metabolizzare una nuova cultura del lavoro valorizzando la conoscenza delle nuove forme organizzative, della flessibilità, del lavoro autonomo e aiutando lo sviluppo del senso di responsabilità, di autonomia, le capacità etiche ed intellettuali di collaborazione, pianificazione e attuazione di progetti.

In questo quadro le tecnologie possono essere considerate come veicoli, oppure come ambienti di formazione dell'esperienza e della conoscenza.

La nuova scuola dovrà poter disporre di ambienti idonei all'apprendimento; la motivazione all'apprendimento dovrà essere sollecitata attraverso una corretta collocazione dei saperi nel tessuto delle diverse forme linguistiche e delle strutture teoriche; i programmi dovranno essere fortemente alleggeriti nei contenuti disciplinari e dovranno essere proposti come indicazioni di traguardi e di tematiche portanti

Dovranno essere realizzati forti investimenti nella formazione degli insegnanti, con interazione fra scuola, università e centri di ricerca e dovranno essere garantite agli insegnanti prospettive di carriera e riconoscimenti economici.

Dovrà essere favorito l'utilizzo di una pluralità di strumenti educativi e dovranno essere fatti investimenti adeguati nelle biblioteche scolastiche e nei prodotti di divulgazione di elevato livello culturale.

La commissione ha inoltre sottolineato la necessità di ripensare il legame tra scuola, famiglia e società civile per aprire la scuola al monto del lavoro, del volontariato, delle religioni, dei gruppi ambientalisti, della cultura e ti affrontare appieno le discriminazioni di genere.

Per quanto riguarda le aree del sapere la commissione ha affermato che particolare attenzione deve essere dedicata alla comprensione del discorso, parlato e scritto, alla pratica degli usi più funzionali della lingua, al potenziamento dei saperi veicolari, quali le lingue straniere e l'informatica, alla conoscenza dei linguaggi sonori.

Si tratta di suggestioni che certamente anch'esse influenzeranno il dibattito sul riordino dei cicli, che dovrà essere anche accompagnato dalla progressiva attuazione delle disposizioni relative all'autonomia e dall'attivazione di gruppi di lavoro tematici per l'individuazione degli obiettivi e degli standard nei vari tipi di istruzione. Si tratta con tutta evidenza di temi tra loro fortemente interconnessi, ma sarebbe un errore non tentare di farli avanzare contemporaneamente, in modo da realizzare una trama omogenea e coerente, fortemente partecipata a tutti i livelli.

È infatti proprio la consapevolezza delle difficoltà ti: affrontare temi tanto complessi in un unico disegno riformatore che ha costituito un potente freno alla produzione normativa, causando un forte ritardo nei confronti degli altri Paesi europei.

Vale la pena, peraltro di riprendere talune riflessioni contenute nel documento del Governo, nel quale si affermava che: "Sarebbe inutilmente pessimista ritenere che l'Italia sia all'anno zero. La realtà ha precorso, per molti profili, l'intervento del legislatore e la scuola, utilizzando lo strumento della sperimentazione, unico elemento vero di flessibilità che abbia caratterizzato gli ultimi decenni, ha già individuato vie, percorsi alternativi, soluzioni, ipotesi che attendono solo di essere compresi e riordinati in un sistema complessivo che, superando gli invalicabili ostacoli frapposti da alcune rigidità normative, raggiunga lo sviluppo naturale al quale l'intensa attività di docenti, direttori didattici, presidi, associazioni, l'ha già predisposto.

Se poi si guarda alla intera scolarizzazione, si deve registrare che nel Paese c è stata una forte spinta alla sua complessiva estensione sia verso il basso (scuola materna), sia verso l'alto (scuola secondaria).

Occorre ora fare uno sforzo ti sintesi, traendo dalla realtà ciò che di meglio essa ha prodotto ed impostando una complessiva politica della istruzione e della formazione che riorganizzi in un sistema unitario e coerente ciò che il lavoro di migliaia di operatori della scuola ha già individuato come linea di sviluppo del sistema ".

Il presente disegno di legge, che si pone in linea di continuità con la proposta originariamente formulata dal Governo, ma che accoglie anche molte delle suggestioni emerse nel ricco dibattito degli ultimi mesi. ridisegna dunque tutto l'arco formativo, a partire dalla scuola dell'infanzia fino alla maggiore età; pone inoltre i presupposti per l'integrazione del sistema scolastico con quello della formazione professionale. si propone di confermare stabilmente una nuova via non universitaria per gli studi superiori e, infine, disciplina i collegamenti tra gli studi secondari e quelli superiori. di tipo universitario e non universitario.

L'articolo 1 del presente disegno ti legge riconosce il preminente interesse nazionale dell'educazione, dell'istruzione e della formazione, che trovano ispirazione nei valori sanciti- dalla Costituzione e riconosciuti dalla comunità internazionale e sono finalizzate alla valorizzazione e alla crescita della persona, in se e in quanto membro della società, e della società nel suo insieme.

Al comma 2 si riconosce il ruolo dei genitori nell'educazione e nell'istruzione dei giovani, ruolo che comporta di necessità la loro attiva collaborazione con le istituzioni scolastiche.

Al comma 3 si ribadisce il dovere della Repubblica di assicurare a tutti pari opportunità formative.

L'articolo 2 descrive l'intero sistema di istruzione e formazione, dalla prima infanzia all'università, affermando che esso si caratterizza per l'offerta di formazione permanente, lungo tutto l'arco della vita, e che al suo interno si realizza anche l'integrazione delle persone handicappate.

Grande importanza, all'interno dell'articolo 2, assume l'affermazione del principio che tutti i giovani hanno diritto all'istruzione e alla formazione fino a diciotto anni. Mentre, infatti, non si è ritenuto di poter accedere alla proposta, da più parti rappresentata nel corso del dibattito, di disporre una immediata elevazione dell'obbligo di istruzione e ti formazione fino al diciottesimo anno di età, si riconosce che questo è comunque un traguardo auspicabile del quale occorre mettere fin d'ora le premesse, facilitando quanto più possibile l'adesione spontanea al progetto complessivo. Per la formazione dei giovani che non intendano proseguire fino al diploma si rinvia anche a quanto disposto dall'articolo 11.

Il comma 4 dell'articolo 2 delinea i contenuti e i limiti del presente disegno di legge, che, pur sottolineando la necessità di un disegno unitario complessivo, è volto a ridisciplinare l'istruzione impartita nelle scuole di ogni ordine e grado e i suoi rapporti con la formazione professionale e l'istruzione superiore, senza pretendere di sconfinare in materie ti competenza delle altre amministrazioni statali o delle regioni.

L'articolo 3 ridisegna l'obbligo scolastico, prevedendo che esso abbia durata decennale, a partire dall'ultimo anno della scuola dell'infanzia fino al terzo anno del nuovo ciclo secondario.

Facendosi carico dell'urgenza del problema, il presente disegno ti legge contiene anche una disposizione transitoria per l'elevazione dell'obbligo scolastico già nell'attuale scuola secondaria superiore. Deciderà il Parlamento in base alla prevedibile durata del dibattito, se tale disposizione meriti autonoma considerazione.

L'articolo 4 disciplina l'integrazione delle persone con handicap, con un rinvio alla legge quadro febbraio 1992, n. 104, i cui valori si e inteso espressamente riaffermare.

L'articolo 5 delinea la scuola dell'infanzia nel suo complesso, valorizzandone la continuità educativa interna e, sostanzialmente, riprendendo i contenuti, le finalità e le caratteristiche che ne hanno fino ad oggi caratterizzato, nelle migliori esperienze, percorsi e metodologia, al punto da stimolare l'emulazione da parte di altri Paesi.

È stato accolto in pieno il suggerimento, quasi unanime, scaturito dal dibattito, ti evitare qualsiasi riferimento a funzioni " preparatorie e, che sarebbe fuorviante e rischierebbe di snaturare un percorso consolidato, calibrato sulle potenzialità e le caratteristiche dell'età alla quale si riferisce.

L'articolo 6 si avvale anch'esso dell'esperienza fatta nel corso degli ultimi anni, a partire dalla riforma del 1990, nella scuola elementare e dell'esperienza già consolidata della scuola media.

Esso descrive un ciclo primario che riunifica in se l'attuale scuola elementare e media, senza perderle talune caratteristiche, ma delineando un nuovo percorso unitario volto alla realizzazione di obiettivi diversificati, lungo il quale si realizzerà il graduale passaggio dalle grandi aree alle discipline.

Qualche preoccupazione è stata espressa, nel corso del dibattito sulla proposta del Governo, per quella che è stata ritenuta una abbreviazione di un anno delle elementari, ma in generale è prevalso l'interesse per l'ipotesi di un ciclo primario unitario, che consentirà di perfezionare il percorso didattico allentando taluni ritmi troppo serrati e costruendo percorsi che, per l'ampiezza e le caratteristiche ti distensione temporale, consentiranno un lavoro ti maggiore approfondimento di taluni temi.

I primi due bienni sono destinati all'alfabetizzazione intesa non solo come acquisizione dei linguaggi e saperi fondamentali ma anche come sollecitazione dello sviluppo di capacità critiche e del gusto dell'apprendimento e come crescita della capacità di riconoscere e condividere i valori che fondano la convivenza democratica. E' questa peraltro la sintesi, ampiamente condivisa, delle finalità della scuola elementare quali sono emerse dalla verifica dell'attuazione della legge n. 148 del 1990 condotta negli ultimi mesi dal Governo e dal Parlamento.

Il terzo biennio, pur nella continuità del percorso, è' destinato invece al consolidamento, all'approfondimento e allo sviluppo delle conoscenze acquisite e alla crescita di autonome capacità di studio e di elaborazione. Sono questi gli obiettivi dell'attuale scuola media, che meritano piena conferma anche perché traguardano il passaggio dall'età più propriamente infantile all'età delle scelte.

Per completezza occorre ricordare che da parte delle associazioni degli insegnanti medi si sono levate proteste per quella che è stata considerata una proposta di abolizione della scuola media. Alcune obiezioni sono di tipo culturale e riguardano l'idea che in questo modo non si riconosca più l'autonomia del periodo di transizione tra l'infanzia e l'età più adulta, anticipando il momento delle scelte di due anni, altre sono dettate da vive preoccupazioni per il destino del personale, moltissime da problemi organizzativi

Ad alcune. di tali obiezioni risponde la stessa nuova struttura del cielo primario che, terminando col ' dodicesimo anno dì età degli alunni, coincide con l'inizio di quella che, per la generalità dei ragazzi e delle ragazze, viene definita genericamente " età dello sviluppo ".

Ciò vuol dire che la scansione immaginata è rispettosa dei tempi di crescita degli studenti e non si propone dì chiedere loro un impegno superiore all'età o alle forze intellettuali.

Dall'inizio; dei ciclo secondario fino al compimento dell'obbligo il presente disegno di legge riconosce pienamente l'esistenza e i problemi dell'età di mezzo, vale a dire di quella adolescenza nella quale ha sede l'elaborazione dei problemi esistenziali e delle prime scelte e nel corso della quale sono possibili ripensamenti, slanci, regressioni. Ciò conferma l'intuizione di chi collocò la scuola media nell'orbita della scuola secondaria, liberandola da tentazioni di infantilismo e riconoscendone la funzione di accompagnamento in uno dei periodi di transizione più complessi dell'esistenza umana e spiega perché il presente disegno di legge abbia rifiutato la soluzione, pur seguita da altri Paesi europei, di porre tutto il percorso dell'obbligo all'interno del ciclo primario.

La circostanza che il nuovo ciclo secondario abbia inizio col tredicesimo anno di età (coincidente con l'attuale terza media, caratterizzata, nei programmi, da forte intento di orientamento) fa comprendere come nella costruzione dei nuovi cicli possa realizzarsi un percorso complessivamente più coerente, lasciando alla fascia dell'infanzia un periodo sufficientemente ampio per realizzare gli obiettivi dell'apprendimento di base, all'adolescenza un tempo giusto per fare scelte sperimentate e non solo immaginate, alla prima giovinezza lo spazio per costruire percorsi di approfondimento sui quali si possano adeguatamente fondare le scelte di vita.

Tutto il ciclo primario sarà scandito da momenti di valutazione formativa, con esclusione di esami, al fine di promuovere efficaci azioni di compensazione e potenziamento.

Gli articoli 7 e 8 disciplinano il ciclo secondario, che avrà anch'esso la durata di sei anni.

E' molto importante chiarire un equivoco, nato dalla prima comunicazione della' proposta del Governo, in seguito al quale si è. ritenuto da parte dell'opinione pubblica che la nuova scuola, secondaria sia in realtà suddivisa in due trienni che non comunicano tra loro.

Il disegno di legge chiarisce che non è così.

Il ciclo secondario è in realtà un percorso unitario che, a partire dall'esperienza comune del primo anno, si differenzia vieppiù nel passaggio da un modulo all'altro prima e definitivamente, negli ultimi tre anni.

Funzione del primo anno dovrà essere quella di porre gli studenti in condizione di valutare i vari percorsi possibili, sperimentandone parti caratterizzanti.

Vi saranno, pertanto, un nucleo di insegnamenti fondamentali, che proseguiranno anche nei due anni successivi e, a fianco a questi, moduli caratterizzati da un'offerta formativa diversificata che sarà proposta agli studenti in forme " adulte " e rispetto alla quale gli studenti potranno verificate le proprie inclinazioni. Va subito detto che non può trattarsi di "orientamento selvaggio " con un numero spropositato di materie. I programmi dovranno individuare, con molta serietà, argomenti e temi selezionati, indicativi dei vari indirizzi, il cui studio possa, effettivamente costituirà la base per gli sviluppi modulari degli anni successivi.

A partire dal secondo anno (quattordicesimo anno di età, corrispondente all'attuale età di ingresso nella scuola secondaria superiore) gli studenti si orienteranno ' verso un indirizzo preciso, che, nell'organizzazione modulare, diverrà l'indirizzo prevalente, ferme restando le materie fondamentali ed un'area opzionale libera che, in applicazione delle disposizioni sull'autonomia, i singoli istituti potranno individuare negli altri indirizzi (ciò che sarebbe opportuno nel primo anno, per favorire eventuali passaggi), ovvero nell'istituzione di un'offerta complementare all'indirizzo prescelto (ciò che potrebbe essere opportuno nell'ultimo anno dell'obbligo per coloro che certamente proseguiranno). Peraltro. trattandosi di materia che dovrà essere disciplinata con l'attuazione dell'autonomia e con la riforma dei programmi. il disegno di legge nulla dice sugli insegnamenti opzionali, che si ricordano qui solo a fini di completezza organica.

Cercando di semplificare al massimo: lo studente del secondo anno frequenterà le materie fondamentali e il modulo di indirizzo prescelto. Inoltre, secondo quanto programmato dall'istituzione scolastica di appartenenza, potrà opzionalmente " frequentare o una parte dei modulo di altro indirizzo, ovvero appositi moduli complementari all'indirizzo prescelto.

Lo studente arriverà pertanto al quarto anno del ciclo secondario con un bagaglio di esperienze nell'indirizzo prescelto costruito in tre anni di studio.

Quello che preme sottolineare è che i primi tre anni della scuola secondaria sono anni di studio e di approfondimento veri e propri e che la differenza, rispetto alla scuola attuale, starà sostanzialmente nell'organizzazione di tale studio e nella disponibilità delle scuole a garantire anche percorsi individualizzati (articolo 8, comma 4), ma non nella. quantità e qualità dell'insegnamento e dell'apprendimento. Lo studio sarà organizzato in modo da poter avere, in se stesso, funzione di orientamento e, coerentemente, saranno garantiti i passaggi tra aree e indirizzi, in modo che i giovani possano gradatamente pervenire ad una scelta consapevole e corrispondente alle loro inclinazioni.

Si ritiene così di aver dato una risposta ai molteplici interventi che si sono fermati ad analizzare -la proposta del Governo per la parte relativa ai primi tre anni del cielo superiore. A fronte di un generale riconoscimento della necessità di inserire nel percorso elementi forti di orientamento a sostegno delle scelte e della motivazione allo studio, si sono infatti registrate grandi differenze sull'idea stessa di orientamento e sulle sue modalità di realizzazione.

I primi tre anni dovranno comunque essere progettati in modo da garantire una prima terminalità degli studi, -coincidente con l'esame che sanzionerà la fine del periodo di obbligo, ma consentirà la. prosecuzione degli studi nel successivo triennio, nell'indirizzo prescelto.

Da molte parti è stata espressa la preoccupazione che la nuova struttura del ciclo secondario costringa ragazzi ancora molto giovani a difficili spostamenti quotidiani e che possa determinare una ulteriore " desertificazione "di intere zone del Paese; da parte di altri sì è espresso il timore che l'aggiunta di un anno porti al collasso le strutture edilizie della scuola secondaria, che in alcune parti dei Paese ancora è costretta ai doppi turni.

Il disegno di legge, facendosi carico di tali problemi, prevede (articolo 8, comma 3) che in relazione alle situazioni territoriali, sulla base di intese tra gli istituti e gli enti locali, la frequenza dei primi tre anni possa avvenire in sedi facilmente raggiungibili dagli studenti. t di immediata evidenza che a tal fine potranno essere utilizzate in parte le attuali sedi delle scuole medie.

Il triennio finale si caratterizzerà, nella continuità del ciclo, per l'approfondimento e ampliamento degli insegnamenti di indirizzo e dell'area progettuale. Nel corso dell'ultimo anno saranno attivati anche percorsi mirati all'elaborazione delle ulteriori scelte di studio o di lavoro.

Si prevede anche che, negli ultimi tre anni, gli studenti possano fare esercitazioni pratiche, brevi esperienze lavorative formative e stage anche mediante brevi periodi di inserimento nelle realtà culturali, produttive e professionali locali.

Al termine dell'anno conclusivo gli studenti sosterranno l'esame dì Stato per il conseguimento del diploma.

L'articolo 9 disciplina le certificazioni adeguandosi a quanto ormai da tempo richiesto in sede europea in materia di trasparenza, per meglio garantire la mobilità degli studenti e dei lavoratori.

Il disegno di legge, all'articolo 10, disciplina l'annosa questione di crediti formativi, già introdotti dalla legge quadro in materia di formazione professionale (articolo 11, commi primo e secondo, della legge 21 dicembre 1978, n. 845) e mai concretamente attuati, prevedendo che la frequenza positiva di qualsiasi segmento del ciclo secondario, annuale o modulare, comporta l'acquisizione di un credito formativo che può essere fatto valere ai fini della ripresa degli studi eventualmente interrotti, dei passaggio da un'area o da un indirizzo all'altro di studi, dei passaggio alla formazione professionale. Analogamente, la frequenza positiva di segmenti della formazione professionale comporta l'acquisizione di crediti che possono essere fatti valere per l'ingresso nell'istruzione.

La disciplina della materia è rimessa ad un regolamento adottato su proposta del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale,' sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che dovrà prevedere anche l'istituzione di un libretto formativo -personale nel quale sono annotati i percorsi formativi, i crediti, le esperienze culturali e formative acquisite nella scuola e autonomamente, le capacità e le abilità accertate.

L'articolo Il stabilisce, come si è già detto, che tutti i giovani hanno diritto alla formazione fino al diciottesimo anno di età e che tale formazione si realizza attraverso una. progressiva espansione dell'integrazione fra formazione professionale e istruzione, nell'obiettivo di favorire lo sviluppo di capacità professionali basate sulla qualità della base culturale.

L'articolo 12, riconoscendo il valore di esperienze già attuate, autorizza gli istituti secondari ad, attivare, nell'ambito della programmazione dell'offerta formativa da parte delle regioni, corsi di istruzione superiore non universitaria, il cui valore sarà disciplinato dalle leggi regionali. La frequenza di tali corsi costituirà credito per l'istruzione universitaria.

A proposito degli articoli Il e 12, occorre ricordare che il recente accordo per il lavoro sottoscritto dal Governo il 24 settembre 1996 con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro ha creato le condizioni per un sistemico sviluppo delle iniziative di integrazione del sistema scolastico e produttivo e di quello della formazione professionale regionale.

Ferma restando infatti la competenza delle regioni ad individuare i requisiti perché un percorso formativo possa comportare il rilascio di una vera e propria qualifica professionale, l'attuazione della legge sull'autonomia delle istituzioni scolastiche, con il passaggio alle regioni della competenza in materia di programmazione dell'offerta formativa, che potrà facilitare il sorgere di organismi regionali di concertazione all'interno dei quali sia valorizzato il protagonismo di altri soggetti istituzionali e, in particolare, della scuola, che specialmente attraverso l'istruzione professionale ha accumulato esperienze e capacità meritevoli di essere valorizzate.

Solo attivando percorsi alternativi agli studi universitari si potrà progettare e realizzare un'offerta formativa attraverso la quale recuperare gran parte della dispersione conseguente agli insuccessi universitari.

Occorre peraltro che i nuovi canali di istruzione superiore non universitaria siano calibrati sulle richieste effettive del mercato, italiano ed europeo, evitando di ingenerare ulteriori illusioni, e impegnandosi perché essi mantengano livelli culturali e formativi adeguati. Perché ciò possa realizzarsi essi dovrebbero innanzitutto -perdere le caratteristiche più propriamente scolastiche e le rigidità dell'insegnamento derivanti dalla programmazione ministeriale. Le esigenze della formazione hanno infatti caratteristiche di evoluzione così rapida che un sistema centralizzato non può farvi fronte.

Dalla collaborazione tra la scuola e la formazione professionale potranno derivare ampi benefici per ambedue i settori. La formazione potrà avvalersi delle strutture e del prestigio delle istituzioni scolastiche, che potranno far fronte a gran parte dei compiti relativi al potenziamento della cultura generale; la scuola potrà utilizzare le ricchezze di professionalità, di flessibilità, di capacità di riconversione della formazione professionale. Si uniranno così stabilità e dinamismo, in un patto sinergico sempre da rinnovare, nel quale l'interesse principale non sia la gestione di una parte di potere, ma il risultato della migliore formazione possibile in ciascun tempo e per ciascuno.

L'articolo 13 disciplina l'attività di formazione e di aggiornamento degli adulti.

L'articolo 14 attribuisce all'amministrazione scolastica il compito di monitorare costantemente l'attività formativa svolta dalle istituzioni scolastiche, con l'obbligo di rendere annualmente pubblici i risultati.

L'articolo 15 prevede l'immediata attivazione di corsi di formazione dei personale docente finalizzati anche alla valorizzazione delle funzioni di organizzazione, tutoraggio e sostegno.

L'articolo i6 disegna un percorso temporalmente disteso per il riordino dei cicli, in modo da evitare sfasature temporali rispetto all'attuazione dell'autonomia e alla revisione dei programmi di studio.

L'articolo 17 individua gli oneri e la relativa copertura finanziaria.

 

 

RELAZIONE TECNICA

(Articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, ti. 468,

introdotto dall'articolo 7 della legge 23 agosto 1988, n. 362).

Il calcolo degli oneri di cui alla presente relazione tecnica è limitato: a) al prolungamento dell'obbligo scolastico, da attuarsi gradualmente nella scuola secondaria superiore, limitatamente al primo anno, in quanto il disegno di legge, all'articolo 16, rinvia ad un successivo provvedimento la copertura degli oneri relativi all'attuazione dei completamento dell'obbligo e della riforma dei cicli. Sarà pertanto in sede di presentazione di tale ultimo provvedimento che si provvederà alla quantificazione degli oneri complessivi; b) agli oneri aggiuntivi per la 'formazione dei personale docente e direttivo a decorrere dal 1999.

Si procede quindi all'analisi, sotto il profilo finanziario della normativa indicata, al fine di pervenire ad una ipotesi di quantificazione degli oneri aggiuntivi di bilancio da essa derivanti.

Lo scenario di riferimento da cui si vuole iniziare l'analisi è. delineato nella seguente tabella che, a partire dal numero degli alunni, 1996-1997, riporta una previsione della consistenza numerica complessiva, riferita a tutti gli ordini di scuola, degli stessi fino all'anno 1999-2000 (e relativi rapporti alunni/classi), anno in cui si dà avvio all'attuazione alla riforma.

. Si precisa che il dettaglio per ciascuna provincia dei dati complessivi qui riportati è indicato nel decreto interministeriale 15 marzo 1997, n. 177.

A) POPOLAZIONE SCOLASTICA E RAPPORTO ALUNNI/CLASSI

Scuoia media Scuola superiore

1996-1997 1.758.001 (20.1) 2.419.591 (21.7)

1997-1998 1.716.057 (20.5) 2.389.540 (22.5)

1998- 1*999 1.683.905 (20.6) 2.345:848 (23.0)

1999-2000 1.678.339 (20.6) 2.297.889 (23.0)

Si ipotizza che, a partire dall'anno scolastico 1999-2000, anno di avvio della riforma, trovi attuazione esclusivamente la parte riferita all'elevazione dei primo anno dell'obbligo scolastico, da soddisfare nell'attuale scuola secondaria superiore.

Partendo dalla previsione della consistenza degli alunni dell'anno scolastico 1999-2000, come anno di base per il calcolo previsionale dell'incremento del numero degli alunni e il conseguente numero delle classi, si può ipotizzare che l'incremento dei numero degli alunni sia dato dalla sotto elencata tabella calcolata come differenza fra gli alunni in ipotesi di riforma e gli alunni a normativa vigente.

 

INCREMENTO DELLA POPOLAZIONE SCOLASTICA

RELATIVO ALL'ELEVAZIONE DELL'OBBLIGO

 

Cielo secondario

Anno scolastico dell'obbligo 1 anno Totale obbligo

1999-2000 30.426 30.426

2000-2001 30.426

2001-2002 30.426

 

Gli incrementi sono dati sostanzialmente dal recupero degli alunni che attualmente abbandonano al compimento del quattordicesimo anno o che abbiano terminato la terza classe dell'istruzione secondaria di primo grado. Nel primo anno di entrata in vigore (anno scolastico 1999-2000), l'azione di recupero potrà essere effettuata solo su quella componente di alunni (prevista in 30.426 unità) che avrebbero abbandonato dopo la terza medìa, non avendo mai subito una bocciatura nel percorso scolastico (infatti. gli alunni di terza media che nel corso della carriera scolastica hanno subito una bocciatura hanno già soddisfatto l'obbligo).

INCREMENTO DEL NUMERO DELLE CLASSI

Ciclo secondario

Anno scolastico dell'obbligo 1 anno Totale obbligo

1999-2000 1.322(1) 1.322

2000-2001 1.322(1)

2001-2002 1.322(1)

 

(1) Il calcolo è stato effettuato considerando il rapporto di 23 studenti per classe. arrotondando di 0,4 i dati riportati nel decreto interministeriale a. 177 del 15 marzo 1997 nella considerazione che una parte degli alunni potrà: essere assorbita nelle classi già attivate. specie nelle grandi città.

INCREMENTO NUMERO DOCENTI (1)

 

Cielo secondario

Anno scolastico dell'obbligo 1 anno Totale obbligo

1999-2000 .................. 2.511(1) 2.511

2000-2001 .................. 2.511

2001-2002 .................. 2.511

(1) il calcolo è stato effettuato considerando il rapporto di, 1.9 insegnanti per classe secondo quanto risulta dal decreto interministeriale n. 177 dei 15 marzo 1997.

 

 

ONERI AGGIUNTIVI PER SPESE DI PERSONALE DOCENTE (1)

Anno Totale ciclo secondario

finanziario Periodi primo anno

1999 Settembre -Dicembre 40.530.048.000

2000 Gennaio -Agosto 74.822.778.000

Settembre -Dicembre 46.764.236.000

121.587.014.000

2001 Gennaio -Agosto 74.822.778100

Settembre -Dicembre 46.764.236.000

121.587.014.000

1) Viene considerata. per i docenti del ciclo secondario. una spesa annua lorda per retribuzione e altri assegni fissi (comprensiva degli oneri riflessi), di lire 44.697.000 riferita al trattamento economico iniziale. Per il primo anno di applicazione della riforma. la spesa viene riferita al quadrimestre settembre -dicembre.

 

ONERI AGGIUNTIVI PER SPESE DI FUNZIONAMENTO

RIFERITI ALLE CLASSI (1)

 

 

Anno Totale cielo secondario

finanziario Periodi primo anno

1999 ....... Settembre -Dicembre 1.322.000.000

21000 Gennaio-Agosto 2.644.000.000

Settembre - Dicembre 1.322.000.000

3.966.000.000

2001 Gennaio-Agosto 2.644.000.000

Settembre-Dícembre 1.322.000.000

3.966.000.000

(1) Viene considerata, per le classi dei ciclo secondario, una spesa annua dì funzionamento di lire 3,000.000 per classe. Per il primo anno di applicazione della riforma, la spesa viene riferita al quadrimestre settembre -dicembre.

 

ARTICOLO 15. - (Piani di formazione e riconversione professionale).

Alla spesa per l'attivazione dei corsi di formazione del personale scolastico si provvede, nel triennio 1999-2001, in parte mediante l'utilizzo degli ordinari fondi stanziati annualmente nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione e in parte mediante un finanziamento aggiuntivo di lire sedici miliardi per il primo anno (quattro mesi) e di lire 50* miliardi per gli anni successivi, con le modalità fissate dall'articolo 28 del vigente contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto scuola e dal relativo contratto decentrato, recepito nella direttiva 96/43/CE del Consiglio, del 26 giugno 1996, trasmessa con circolare ministeriale n. 376 del 1995.

COSTI TOTALI R.ELATIVI ALL'ELEVAZIONE DEI:L'OBBLIGO SCOLASTICO NEGLI ANNI 1999, 2000 E 2001 NONCHE' DEI PIANI DI FORMAZIONE DEL PERSONALE DOCENTE

Anno finanziario 1999 2000 2001

Costo del personale del ciclo

secondario 40.530.048.000 121.587.014.000 121.587.014.000

Costo di funzionamento del ciclo

secondario 1.322.000.000 3.966.000.000 3.966.000.000

Primo totale 1.852.048.000 125.553.014.000 125.353.014.000

Costo piani di formazione

personale docente 16.000.000.000 50.000.000.000 50.000.000.000

Totale generale 57.852.048.000 175.333.014.000 175.553.014.000,

 

DISEGNO DI LEGGE

ART. I.

(Finalità).

I. L'educazione, l'istruzione e la formazione sono di preminente interesse nazionale, sono finalizzate alla valorizzazione e alla crescita della persona e della società e si ispirano ai principi sanciti dalla Costituzione, dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dalle convenzioni internazionali sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.

2. I genitori, nell'esercizio del loro diritto dovere di educare ed istruire i figli, collaborano con le istituzioni scolastiche per la realizzazione degli obiettivi di cui al comma l.

3. La Repubblica valorizza le differenze e rispetta le identità di, ciascuno, assicura a tutti pari opportunità di raggiungere un adeguato livello culturale, di acquisire capacità autonome di apprendimento e di giudizio critico e di sviluppare le abilità e capacità coerenti con le inclinazioni personali e quelle necessarie per inserirsi nella vita sociale e lavorativa.

ART. 2.

(Sistema di istruzione e formazione).

I. Il sistema di istruzione e formazione si articola in:

a) scuola dell'infanzia, istruzione primaria e secondaria;'

b) formazione professionale;

c) formazione superiore non universitaria;

d) istruzione superiore universitaria;

e) formazione continua.

2. Tutti i giovani hanno diritto all'istruzione e alla formazione fino al diciottesimo anno di età,

3. Il sistema di istruzione e formazione si caratterizza, ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59, per l'offerta lungo tutto l'arco della vita di percorsi formativi anche individualizzati, che, valorizzando tutte le capacità, consentono alle persone di realizzare in modo consapevole e responsabile il proprio progetto di vita.

4. La presente legge detta i princìpi fondamentali dell'istruzione impartita dalle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e dei suoi collegamenti, definiti dal Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con la formazione professionale e con l'istruzione superiore.

ART. 3.

(Obbligo scolastico).

i. La scuola dell'obbligo ha la durata complessiva di dieci anni, inizia con l'ultimo anno della scuola dell'infanzia e si conclude con il terzo anno del ciclo secondario. Alla generalizzazione della scuola dell'infanzia si provvede ai sensi dell'articolo 16, con particolare attenzione e priorità per le aree più a rischio e svantaggiate.

2. Ha adempiuto all'obbligo scolastico l'alunno che abbia superato l'esame previsto al termine del terzo anno dei ciclo secondario. Chi non l'abbia superato è prosciolto dall'obbligo se dimostri di aver osservato per almeno dieci anni le norme sull'obbligo scolastico; in tal caso gli studi compiuti, le capacità e abilità acquisite sono certificati ai sensi dell'articolo 9, comma 2.

3. In via transitoria, a decorrere dall'anno scolastico successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, l'adempimento dell'obbligo scolastico può essere soddisfatto nella attuale scuola secondaria superiore, a partire dalla prima classe, con completamento secondo quanto previsto dall'articolo' 16.

4. Nella fase transitoria le istituzioni scolastiche possono applicare le disposizioni di cui all'articolo 8, comma 4, anche al fine di progettare percorsi individualizzati che favoriscano l'adempimento dell'obbligo scolastico.

5. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'esercizio delle proprie competenze, attuano gli interventi necessari a garantire la frequenza della scuola dell'obbligo.

ART. 4.

(Integrazione delle persone con handicap).

-1. Nel *sistema di istruzione e formazione sì realizza l'integrazione delle persone con handicap, con l'obiettivo di svilupparne le potenzialità nell'apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione e di garantire loro il raggiungimento della massima autonomia possibile, ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni.

ART. 5.

(Scuola dell'infanzia).

1. La scuola dell'infanzia concorre alla formazione ed allo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale dei bambini e delle bambine di età compresa tra i tre e i sei anni, promuovendone le potenzialità di autonomia, conoscenza, creatività e assicurando ad essi una effettiva eguaglianza. delle opportunità educative anche attraverso interventi di prevenzione e compensazione volti a ridurre ogni forma di svantaggio iniziale. Nell'ambito dell'integrazione dei servizi sociali ed educativi rivolti all'infanzia, essa attua forme di raccordo con l'asilo nido.

2. Nell'ultimo anno, la scuola dell'infanzia, salvaguardando la propria continuità educativa, potenzia il conseguimento degli obiettivi cognitivi e relazionali e realizza, inoltre, i necessari collegamenti con il ciclo primario.

A RT. 6.

(Ciclo primario).

I. Il ciclo primario è suddiviso in tre bienni.

2. Il ciclo primario, attraverso il coerente sviluppo dei proprio percorso, che si raccorda da un lato alla scuola dell'infanzia e dall'altro al cielo secondario, concorre alla formazione dell'uomo e del cittadino nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità individuali, sociali e culturali. Esso favorisce la formazione della personalità degli alunni promuovendone l'alfabetizzazione per l'acquisizione dei linguaggi e dei saperi indispensabili, per lo sviluppo delle capacità critiche e di un atteggiamento positivo nei confronti dell'apprendimento, per il riconoscimento e la condivisione dei valori fondanti la convivenza civile e democratica.

3. Obiettivo dei primi due bienni è lo sviluppo delle conoscenze e delle abilità di base e della dimensione relazionale.

4. Obiettivo dei terzo biennio è il consolidamento, l'approfondimento e lo sviluppo delle conoscenze acquisite e la crescita di autonome capacità di studio, di elaborazione e di scelta coerenti con l'età degli alunni, mediante il graduale passaggio dalle grandi aree tematiche alle discipline.

5. Nel corso dell'intero ciclo primario e al termine di ciascun biennio, al fine di promuovere efficaci azioni di compensazione e potenziamento, sono introdotti momenti di valutazione; la valutazione finale assume il valore di esame di Stato.

ART. 7.

(Ciclo secondario).

1. Il ciclo secondario, che ha la durata di sei anni, si articola nelle grandi aree umanistica. scientifica, tecnica, tecnologica, artistica e musicale ed ha la funzione di consolidare e riorganizzare le capacità e le competenze acquisite nel ciclo primario. di arricchire la formazione culturale, umana e civile degli studenti, sostenendoli nella progressiva assunzione di responsabilità, e di offrire loro conoscenze e capacità adeguate all'accesso all'istruzione superiore universitaria e non universitaria ovvero all'inserimento lavorativo. Ciascuna area è ripartita, nel quadro di una loro riduzione, in indirizzi.

2. Il ciclo secondario costituisce un unico e coerente percorso.

3. L'anno iniziale, comune per tutte le grandi aree di cui al comma 1, si caratterizza per la prevalenza degli insegnamenti fondamentali e per la varietà di proposte selettive e coordinate di approfondimento di temi specifici, attraverso le quali ciascuno può cominciare ad elaborare scelte che corrispondono ad una piena valorizzazione personale fondata sulla pari dignità delle possibili opzioni culturali e di vita.

4. Il secondo e il terzo anno, che si articolano in autonomi moduli, si caratterizzano per l'approfondimento degli insegnamenti comuni e per la progressiva estensione dell'area degli insegnamenti disciplinari specifici dell'indirizzo prescelto, al fine di consentire l'acquisizione di capacità progettuali personali, il rafforzamento della motivazione allo studio ed alla formazione e la verifica delle scelte e delle vocazioni culturali. Essi costituiscono momento conclusivo dell'obbligo scolastico e garantiscono agli studenti conoscenze, abilità e orientamento adeguato per le successive scelte scolastiche e dì vita. Si concludono con un esame. utile ai fini della prosecuzione degli studi nell'indirizzo prescelto.

5. Nel triennio finale l'offerta formativa è caratterizzata dalla prosecuzione, dall'ampliamento e dall'approfondimento, anche per temi specifici, degli insegnamenti, con particolare riguardo a quelli di indirizzo e all'area progettuale, al fine di assicurare agli studi la necessaria terminalità culturale e professionale. Nel corso dell'ultimo anno gli istituti secondari, anche di intesa con le università, con altre agenzie formative, con il mondo della ricerca e delle professioni. attivano percorsi di approfondimento mirati a fornire. agli studenti gli elementi conoscitivi necessari per l'elaborazione delle ulteriori scelte.

6. Al termine del ciclo secondario gli studenti sostengono un esame di Stato, che assume la denominazione dell'area e dell'indirizzo.

ART. 8.

(Disposizioni relative al ciclo secondario).

L Il ciclo secondario si realizza negli attuali istituti di istruzione secondaria di secondo grado, che assumono la denominazione di "istituti secondari".

2. Nel secondo e nel terzo anno è garantita la possibilità di passare da un modulo all'altro anche di indirizzo diverso mediante l'attivazione di apposite iniziative didattiche deliberate dal consiglio di classe e finalizzate all'acquisizione di una preparazione adeguata al nuovo indirizzo. Analoghe iniziative sono attivate in favore degli studenti che, dopo la licenza dell'obbligo, passano ad aree ed indirizzi non coerenti con le scelti iniziali.

3. La frequenza dei primi tre anni del ciclo secondario, sulla base di intese tra gli istituti e gli enti locali, può svolgersi, in relazione alla conformazione dei territorio, in sedi decentrate facilmente raggiungibili dagli studenti.

4. Una parte dei moduli del terzo anno, fermo restando lo svolgimento negli istituti secondari delle materie fondamentali comuni. può essere realizzata, sulla base di specifica programmazione degli istituti, mediante attività o iniziative formative da realizzare anche presso altri istituti, enti o agenzie sulla base di una disciplina da definire mediante un accordo quadro tra il Ministero della pubblica istruzione, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

S. Negli ultimi tre anni, ferme restando le materie fondamentali e le materie di indirizzo, esercitazioni pratiche, esperienze lavorative formative e stage possono essere realizzati, anche con brevi periodi di inserimento nelle realtà culturali, produttive, professionali e dei servizi.

A RT. 9,

(Certificazioni).

l. Le certificazioni rilasciate in -esito al superamento dell'esame di ' licenza e dell'esame di Stato conclusivo del cielo secondario recano l'indicazione degli studi seguiti nonché delle competenze, capacità e abilità acquisite.

2. Certificazione analoga a quella di cui al comma 1 è rilasciata all'esito favorevole dei corsi di cui agli articoli 12 e 13, commi 1 e 2, nonché, su richiesta, al termine di ogni segmento annuale o modulare del percorso di istruzione.

ART. 10.

(Crediti formativi).

l. La frequenza positiva di qualsiasi segmento del ciclo secondario, annuale o modulare, comporta l'acquisizione di un credito formativo che può essere fatto valere ai fini della ripresa degli studi eventualmente interrotti, del passaggio da un'area o da un indirizzo all'altro di studi, del passaggio alla formazione professionale. Analogamente, la frequenza positiva di segmenti della formazione professionale comporta l'acquisizione di crediti che possono essere fatti valere per l'ingresso nell'istruzione.

.2. Con regolamento adottato su proposta del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinati il valore, in termini di credito, di ciascun segmento dell'istruzione e della formazione e l'istituzione di un libretto formativo personale nel quale sono annotati i' percorsi formativi, i crediti, le esperienze cultuirali e formative acquisite nella scuola e, autonomamente, le capacità e le abilità accertate.

ART. 11.

(Diritto alla formazione).

1 - Tutti i giovani che hanno assolto all'obbligo di istruzione e che non intendono proseguire fino al conseguimento del diploma hanno diritto alla formazione fino al, diciottesimo anno di età per il conseguimento di una qualifica riconosciuta.

2. Il diritto di cui al comma 1 si realizza attraverso la progressiva espansione dell'offerta di formazione professionale e dell'iterazione tra questa e l'istruzione.

ART. 12.

(Corsi di. formazione superiore non universitaria).

I. Nell'ambito della programmazione dell'offerta formativa da parte delle regioni, anche gli istituti secondari possono partecipare, singolarmente o tra loro consorziati, all'attivazione di un autonomo sistema di formazione superiore non universitaria non in continuità rispetto alla scuola secondaria.

2. Le leggi regionali disciplinano il rilascio e il valore della qualifica conseguibile nel quadro delle normative europee.

3. Con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica sono individuati i criteri per la determinazione dei valore che le università possono attribuire ai corsi di formazione superiore non universitaria quali crediti formativi per gli studi universitari.

ART. 13.

(Formazione degli adulti).

I. Con decreto del Presidente della Repubblica, da adottare su proposta dei Ministro della pubblica istruzione d'intesa con il Ministro del lavoro e delle previdenza sociale, sono disciplinati gli interventi di formazione degli adulti, anche nel quadro dell'attuazione degli indirizzi comunitari.

2. Le istituzioni scolastiche, anche sulla base di richieste o di intese con gli enti locali, organizzano, da sole o consorziate tra loro, apposite offerte formative, anche per il conseguimento della licenza dell'obbligo e del diploma, destinate agli adulti.

3. Gli istituti secondari possono istituire corsi di aggiornamento e di approfondimento per gli abilitati alle professioni per l'esercizio delle quali non è richiesto il diploma di laurea. Tali corsi sono organizzati con modalità compatibili con l'attività lavorativa dei partecipanti.

ART. 14.

(Servizio nazionale per la qualità dell'istruzione).

I. L'attività formativa svolta dalle istituzioni scolastiche ai sensi della presente legge è soggetta ad un costante monitoraggio da. parte dell'amministrazione scolastica a mezzo di un sistema di supporto e di verifica dei processi e degli esiti, in rapporto agli obiettivi ed agli standard definiti a livello nazionale, anche mediante il ricorso ad agenzie esterne.

2. I risultati dell'attività di monitoraggio sono resi pubblici annualmente

ART. 15.

(Piani di formazione e riconversione professionale).

I. A decorrere dalla prima applicazione della presente legge, ai fini di cui all'articolo 482 del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994,-n. 297, sono attivati appositi corsi di formazione del personale docente finalizzati anche alla valorizzazione delle funzioni di tutore, di organizzazione. e di sostegno.

2. Il personale docente in servizio al momento in cui è data attuazione alle disposizioni della presente legge relative al riordino dei cicli dell'istruzione ha diritto al mantenimento della sede fino alla sua definitiva assegnazione, che si realizza tenendo conto in via prioritaria delle richieste, degli interessi, dei titoli e delle professionalità di ciascuno.

ART. 16.

(Attuazione progressiva dei nuovi cicli).

I. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro della pubblica istruzione presenta al Parlamento un piano di progressiva attuazione delle disposizioni della presente legge relative alla ristrutturazione dei cicli dell'istruzione, che, partendo dall'esigenza di dare graduale attuazione al passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento, tenga conto in particolare dell'attuale organizzazione scolastica, dello stato di attuazione delle disposizioni sull'autonomia scolastica di cui all'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e dell'esigenza di definire preventivamente gli obiettivi di studio dei singoli anni scolastici; in particolare, nel piano sono illustrate le grandi linee dei nuovi programmi di studio, le soluzioni transitorie per gli alunni già iscritti alla scuola dell'obbligo e per gli alunni residenti in località nelle quali non è ancora generalizzata la scuola dell'infanzia, la distribuzione temporale degli interventi, la formazione dei personale docente e dirigente, le iniziative per l'eventuale ricollocazione dei personale anche con riguardo all'individuazione dei requisiti necessari per l'insegnamento nelle diverse fasi dei cicli.

2. L'operatività del piano di cui al comma 1 è collegata all'approvazione dello specifico provvedimento legislativo recante l'indicazione dei mezzi finanziari occorrenti per la copertura dei relativi oneri.

3. L'effettiva, attuazione del piano è verificata dal Parlamento al termine di ogni triennio successivo alla sua presentazione, sulla base di una apposita relazione.

4. All'attuazione della presente legge si provvede ai sensi dell'articolo - 205 dei citato testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, ovvero mediante regolamenti da adottare ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 19881' .n. 400.

ART. 17.

(Copertura finanziaria).

I. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo "3, comma 3, e dell'articolo 15, comma 1, della presente legge, valutato in lire 176 miliardi annui a decorrere dall'anno 1999, si provvede per lo stesso anno mediante corrispondente riduzione della proiezione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1997-1999, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero dei tesoro per l'anno 1997, utilizzando parzialmente l'accantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

2. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.