CAMERA DEI DEPUTATI N. 4397

PROPOSTA Di LEGGE

D'INIZIATIVA DEI DEPUTATI

NAPOLI, MALGIERI, BUTTI, LANDOLFI, BENEDETTI

VALENTINI, PAMPO, CUSCUNA', ANTONIO PEPE

Legge quadro sul riordino dei cicli scolastici, sull'elevazione

dell'obbligo scolastico e sulla formazione post-secondaria

Presentata il 12 dicembre 1997

ONOREVOLI COLLEGHI! - L'esigenza di una riforma globale degli ordinamenti scolastici è avvertita dall'intero mondo scolastico, giustamente sensibile alla necessità di fornire alle giovani generazioni gli strumenti indispensabili di conoscenza e di maturazione per il pieno e consapevole inserimento nella società moderna.

Nel presentare questa proposta di legge per una legge quadro di ristrutturazione dell'intero ordinamento scolastico, riteniamo utile ribadire le finalità che noi affidiamo all'istituzione scuola, rappresentando questa una delle fondamentali categorie morali, ove la cultura si fa educazione e da entità astratta si trasforma in strumento di civiltà e di libertà.

Per noi la scuola è la struttura portante della società nazionale e pertanto essa, nei contenuti e nelle strutture, deve risultare funzionale ad un disegno politico che si deve concretamente realizzare attraverso una istituzione educativa che stimoli e favorisca la partecipazione di tutte le componenti, in maniera organica, secondo la natura dei valori, delle dignità e delle funzioni che volitivamente affermano i meriti e l'intelligenza. La scuola è, per noi, la struttura principale alla quale affidiamo il compito di formare cittadini liberi, coscienti e consapevoli che la libertà è garanzia di una società autenticamente libera.

Per questo noi ci opponiamo alla " faciloneria ", al " pressappochismo ", alla arbitrarietà che sono divenuti l'espressione più congeniale del " fare scuola ", mentre i giovani, proprio nella scuola, devono apprendere il senso della fatica e del sacrificio, l'amore per la libertà, senza i quali non si realizza alcuna formazione umana, né è dato poi di svolgere coscientemente e attivamente il proprio ruolo nella società, che dobbiamo ormai vedere come inserita e proiettata nell'ambito europeo.

La riforma della scuola rappresenta il grande appuntamento, finora mancato, della nostra politica scolastica. Oggi la" riforma non è più rinviabile, pena l'approfondirsi del distacco del nostro Paese rispetto agli altri Paesi europei, l'accentuarsi sempre più preoccupate della separazione tra scuola e società.

La proposta di legge che presentiamo fa propria questa urgenza, collocandosi in un'ottica di riforma complessiva del sistema formativo. Abbiamo predisposto una proposta di riforma globale che, a nostro avviso, vuole avere il merito di ridare coerenza ed organicità al sistema. Abbiamo cercato di costruire un progetto strategico unitario per dare futuro alla nostra scuola, un progetto che tenga presente la stretta interdipendenza tra qualità del servizio scolastico e futuro della continuità nazionale su ogni piano, da quello etico, civile e sociale a quello produttivo, economico e politico, anche ai fini di una partecipazione attiva al processo di integrazione europea.

Questa proposta di legge si propone di disciplinare in maniera dettagliata l'ordinamento della nuova scuola, ne fissa i principi informatori e le linee portanti.

I punti qualificanti fissati nella proposta di legge sono: la ridefinizione e l'articolazione di tutti i cicli scolastici; la realizzazione della continuità di tutto il processo educativo, attraverso la revisione degli ordinamenti degli altri " segmenti " della formazione scolastica, e cioè la scuola materna e la scuola di base; l'elevazione dell'obbligo di istruzione con le modalità del relativo assolvimento; la pari dignità tra tutte le tipologie di preparazione conseguite; la flessibilità dei percorsi formativi; l'affidamento, a vari livelli, a segmenti formativi post-scolastici per la formazione di competenze a carattere specialistico.

Senza ripercorrere tutto l'articolato, ci sembra opportuno sottolineare alcuni passaggi particolarmente significativi in quanto si inseriscono su aspetti problematici o di particolare rilevanza.

La proposta di legge consta di otto capi e 69 articoli.

Il capo I è relativo alla scuola materna. La scuola dai tre ai cinque anni non è attualmente pensata dalla parte del bambino. Il modo di concepirla è senz'altro errato; da una parte, infatti, viene considerata una struttura con funzioni preminentemente sociali ed assistenziali e da un'altra appare, per alcuni, utile come anticipazione della scuola elementare. Ne consegue, comunque, una attività programmata che non tiene in alcun conto lo sviluppo psicofisico del bambino.

Noi riteniamo necessario precisare alcuni presupposti di base, perché, soltanto da una concezione chiara del " cosa debba essere " ed "a che cosa debba tendere " la scuola materna si può rispondere alle esigenze del bambino e, subordinatamente, a quelle della società.

La scuola materna, nonostante la tenerissima età degli allievi cui si rivolge, è pur sempre una "scuola " e pertanto deve essere data la necessaria importanza alla funzione propriamente educativa. Per noi è assolutamente necessario, pur non disattendendo le funzioni sociali ed assistenziali, riaffermare che il motivo principale dell'esistere e dell'espandersi della scuola materna deve trovare giustificazione, anzitutto, nella più approfondita conoscenza della psicologia infantile e, quindi, nella acquisita consapevolezza da parte delle famiglie e della società di quanto benefico sia, per il fanciullo, il contatto con un ambiente stimolante e reattivo qual è quello della scuola materna.

In preciso accordo con il corretto criterio pedagogico e sociologico che sottolinea il valore fondamentale del gruppo familiare come luogo elettivo di socializzazione primaria, il primo grado dell'educazione non può avere forma di obbligatorietà.

 

Il capo II è relativo alla scuola di base. La formulazione di un piano di studi ed ancor più la sistemazione di un ordinamento scolastico, devono scaturire da una profonda conoscenza dell'essere umano.

Non ci si può certamente basare su criteri meramente " funzionali ", inserendo un insegnamento ad un'età piuttosto che ad un altra; ma bisogna esaminare le fasi evolutive ed in quelle la maggiore, minore o addirittura inesistente, capacità di accepire un argomento dato.

Con il sistema oggi in vigore si sprecano solamente enormi quantità di tempo battendo e ribattendo su argomenti che per il bambino sono privi di qualsiasi interesse e di cui non riesce a comprendere il senso; ma soprattutto si perde l'occasione preziosa di fare acquisire al bambino un patrimonio di abilità e di nozioni, adeguate ai mezzi di cui dispone, le quali, poi, approfondite e coordinate, si comporrebbero in vasti quadri storici, artistici, letterari e - con il sorgere della facoltà di discernimento - potrebbero costituire elementi per una valutazione critica, divenire materia del giudicare ed infine consentire allo studente di spaziare su un panorama ricco di acquisizioni, permettendogli di compiere vaste analisi.

L'esasperazione della didattica e del nozionismo ha portato ad una vera e propria secondarizzazione della scuola elementare e non ha tenuto conto delle reali capacità di apprendimento degli allievi, che sono spesso obbligati ad argomentare a livello concettuale su conoscenze che dovrebbero acquisire attraverso l'esperienza personale e diretta.

Il risultato di tutto questo è un apprendimento confuso, frammentario e superficiale, al punto che, in alcuni casi, in prima media, i ragazzini sanno poco o niente di tutto, non hanno neanche le basi del leggere, dello scrivere e del " far di conto ".

La distribuzione poi degli insegnamenti nell'arco del giorno e della settimana distrugge la facoltà di concentrazione.

Dovrà essere distinta la funzione didattica dalla funzione sociale e le attività didattiche dovranno, essere concentrate nelle ore mattutine, maggiormente idonee all'apprendimento.

La scuola dovrà poi dare la possibilità, alle famiglie che lo desiderano, di far partecipare gli alunni, nelle ore pomeridiane ad attività diversificate non facenti parte della programmazione curricolare e quindi non obbligatorie.

Infine, la separazione, in scuole elementari e medie, del grado di istruzione inferiore riteniamo non sia più adeguata ai nostri tempi, cosa questa, peraltro, richiesta dalla necessità di porre in essere la continuità educativa e didattica.

Da questa analisi della situazione nasce la nostra proposta di riforma del sistema scolastico italiano. Una riforma globale e organica, che segue l'alunno, poi studente, in tutto il suo percorso scolastico, delineando un itinerario didattico coerente; armonioso, adeguato, efficace, interessante, logicamente congegnato; ma parimenti che rende agevole agli insegnanti il compito di accompagnare il fanciullo in questo delicato cammino.

Innanzitutto occorrerà, dopo aver riformulato e riunito i programmi didattici delle scuole elementari e medie, ridistribuire gli insegnamenti nell'arco degli otto anni di studi.

Gradatamente, poi, bisognerà adeguare e qualificare il personale direttivo, docente ed amministrativo. Ed infine si dovrà giungere all'aggregazione delle due scuole.

Il piano di studi sarà strutturato in modo che ciascun argomento venga trattato in prospettive sempre più ampie ed in modi qualitativamente diversi, oltreché adeguati alle fasi, maturative dell'alunno studente.

Bisognerà congegnare i programmi di insegnamento, offrirli nei modi e nei tempi adatti, al fine di favorire un'acquisizione delle conoscenze e delle abilità duratura ed armoniosa, attraverso la istituzione dei " cicli didattici ".

Per questo occorrerà una rivisitazione dell'organizzazione del personale docente in modo da favorire un insegnamento unitario ed organico e consentire che discipline specifiche, per le quali sono necessarie competenze e attitudini peculiari, e vengano insegnate da docenti specializzati. Pertanto dovrà essere previsto un docente unico, nelle prime cinque classi, per il gruppo di insegnamenti principali, e docenti specializzati per discipline quali: musica, educazione fisica, lingue straniere, educazione artistica e religione per coloro che se ne avvalgono.

La scuola di base si articola in due cicli didattici, per la durata complessiva di otto anni.

Il capo III è relativo all'elevazione dell'obbligo scolastico. Il capo IV è relativo alla scuola superiore del lavoro.

Il prolungamento dell'obbligo fino al sedicesimo anno di età costituisce ormai una scelta scontata per il nostro sistema di istruzione.

Non possiamo, tuttavia, vedere nell'elevazione dell'obbligo l'occasione per una riforma su basi livellatrici dell'intera scuola media superiore, o almeno dei suoi primi due anni.

L'elevazione di altri due anni dell'obbligo non può e non deve costituire il pretesto per l'individuazione di un nuovo biennio a carattere marcatamente unitario, giacché equivarrebbe solo a procrastinare la dequalificazione dei licenziati della attuale scuola media e metterebbe il sedicenne " scolarizzato " del futuro nella condizione di disporre di una formazione generale o, a seconda dei casi, generica, che lo renderebbe atto solo a proseguire gli studi o ad accettare un lavoro dequalificato.

Il prolungamento della scuola dell'obbligo dovrà, invece, favorire una più armonica formazione della personalità dell'alunno, per permettere a tutti l'acquisizione di una solida cultura di base e consentire a ciascuno il migliore sviluppo delle innate capacità e abilità.

La nostra proposta di legge prevede pertanto un biennio diversificato: i normali bienni propedeutici agli studi della scuola media superiore ed un biennio chiamato " scuola superiore del lavoro " che consente ai giovani scelte responsabili e consapevoli oltreché congeniali alle proprie attitudini e capacità per l'inserimento nel mondo lavorativo.

La scuola superiore del lavoro dovrà rappresentare una struttura integrativa tra lo studio e le esperienze di apprendistato lavorativo, e questo in una fase storica in cui il problema della disoccupazione giovanile ha assunto dimensioni ed aspetti drammatici.

La flessibilità degli orari e dei programmi consentirà di ancorare questo tipo di scuola al territorio e alle sue tradizioni professionali e artigianali, privilegiando sia la ripresa di alcune attività che rappresentano il patrimonio più genuino di civiltà della provincia italiana, sia lo sviluppo delle nuove professionalità.

Il capo V è relativo alla scuola superiore.

La necessaria distinzione all'interno del quinquennio di studi, fra bienni propedeutici ed un triennio di prosecuzione, ha lo scopo essenziale di sottolineare il carattere di rigorosa specificità che deve qualificare soprattutto gli ultimi tre anni del quinquennio. Pretendere di sacrificare i primi due anni di studio dell'istruzione secondaria superiore in un biennio di studi puramente generici e metodologici significa far perdere ai giovani due dei loro più preziosi anni di formazione.

Il triennio di prosecuzione della media superiore verrà suddiviso in due aree. Nell'area umanistico - scientifico -artistica verrà istituito un liceo unico che accolga anche 'attua e istituto magistrale, e nell'area umanistico -tecnico -professionale un istituto tecnico articolato in indirizzi che dovranno a loro volta essere previsti a geometria variabile per rispondere tempestivamente e sempre meglio alle esigenze dei mondo del lavoro.

Il liceo unico avrà essenzialmente carattere propedeutico all'università. Il liceo unico sarà articolato in cinque indirizzi: a) indirizzo classico; b) indirizzo scientifico; c) indirizzo pedagogico; d) indirizzo artistico; e) indirizzo musicale.

L'istituto tecnico è da ritenersi valido (con la rivalutazione del concetto dell'umanesimo della tecnica) sia per la qualificazione alle professioni di medio livello che per la prosecuzione degli studi nelle facoltà e negli istituti universitari congeniali ai vari indirizzi.

L'istituto tecnico si strutturerà -in una area didattica comune ad una serie di specifici indirizzi che ne qualificano la formazione tecnico -professionale.

I capi VI e VII sono relativi alla formazione post-secondaria.

Oggi il mercato del lavoro richiede figure professionali specifiche e personale in grado di gestire contemporaneamente più risorse.

La formazione professionale è diventata un mezzo importantissimo per avvicinarsi più rapidamente al mondo del lavoro e delle grandi aziende.

Naturalmente occorrono un nuovo impianto culturale e formativo della scuola secondaria superiore e nuove finalità conseguentemente assegnate ai percorsi in essa compresi, tali da soddisfare l'intera domanda di competenze professionali che i mondi del lavoro, delle professioni e dei servizi richiedono.

La formazione di competenze a carattere specialistico dovrà essere affidata, ai vari livelli, a segmenti formativi post-scolastici, caratterizzati da forte integrazione di formazione teorica e formazione pratica e da un rapporto diretto con il sistema produttivo. Questa è la ratio che dovrà sostenere la istituzione di un livello di studi superiori non universitari collocati in uscita dalla scuola secondaria superiore per la formazione di tecnici specialisti di livello medio-alto. Rimane inteso che la scuola secondaria superiore continuerà ad essere terminale degli studi scolastici e, pertanto, va sottolineato il carattere di non obbligatorietà della prosecuzione in corsi post-secondari.

La funzionalità specifica dei corsi dovrà essere rapportata all'evoluzione della domanda.

La nostra proposta di legge, pensata nella logica dell'interesse generale, ci sembra insieme una risposta ai problemi dei giovani e della società nel suo complesso, della produttività, del mercato nazionale ed europeo.

Ci sembra, infine, che essa debba essere considerata l'inizio di un nuovo riconoscimento professionale ai docenti, intesi quali insegnanti capaci di trasmettere una cultura umanizzante e insieme specificamente disciplinare.

Il passaggio alla nuova realtà europea non sarà possibile senza creare uno strumento culturale comune, che non può che essere quello della scuola. La scuola europea è una pregiudiziale indispensabile per la nascita dell'Europa di domani.

 

PROPOSTA DI LEGGE

CAPO I.

SCUOLA MATERNA

ART. l.

1. La scuola materna accoglie bambini dai tre anni fino alla iscrizione alla scuola elementare. Essa è disciplinata dalle norme - _della presente legge che, pur nel rispetto delle forme di autonomia legate ad esigenze locali, detta la regolamentazione di tutta la scuola materna statale e non statale. La scuola materna favorisce il processo educativo dei fanciulli di età prescolare nell'armonico sviluppo della loro personalità, continuando ed integrando l'opera della famiglia.

2. La frequenza della scuola materna statale e non statale è facoltativa e gratuita.

ART. 2.

1. La scuola materna promuove, organizza ed indirizza le attività dei bambini, preparandoli alla frequenza della scuola dell'obbligo, attraverso:

a) l'educazione religiosa, facoltativa;

b) l'educazione tesa a formare un primo abito morale;

c) l'educazione estetica tesa a sviluppare l'immaginazione e la sensibilità;

d) l'educazione linguistica tesa all'arricchimento lessicale;

e) iniziale educazione motoria;

f) l'educazione igienico - sanitaria;

g) l'educazione alla socializzazione intesa come rispetto di sé, degli altri e delle cose.

2. il raggiungimento della finalità di cui al comma 1, nel rispetto della realtà fisica, psichica e spirituale del bambino, avviene attraverso:

a) attività creative artistiche adeguate all'età;

b) racconti di fiabe, favole e leggende attinte dal patrimonio mondiale della letteratura infantile;

c) attività ludiche sia libere che strutturate;

d) l'assunzione di sane abitudini di vita igienica e di corretto comportamento personale;

e) l'esplorazione dell'ambiente.

ART. 3.

l. Ogni scuola materna statale è istituita con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, su richiesta dell'ente locale competente.

2. Con l'identica procedura di cui al comma 1, sono autorizzate le scuole materne non statali, su richiesta dell'ente gestore.

ART. 4.

1. Le scuole materne sono composte da un minimo di tre sezioni.

2. La sezione non può essere costituita da un numero di bambini inferiore a dodici o superiore a venti.

3. Nelle piccole isole e nelle piccole località montane è consentita la deroga a quanto previsto nei commi 1 e 2.

4. Il direttore didattico, su segnalazione del docente o del genitore, può consentire il passaggio dei bambini da una sezione all'altra, nel corso dell'anno scolastico.

5. Le scuole materne debbono garantire un funzionamento di quattro ore continuative. Il prolungamento di orario può essere consentito per bambini le cui famiglie documentino l'effettiva necessità di usufruire per un arco di tempo maggiore del servizio della scuola materna.

6. La scuola può restare aperta per un massimo di quattro ore oltre l'orario normale per le necessità di cui al comma 5.

7. La scuola che rimane aperta ai sensi del comma 5 è tenuta alla istituzione del servizio mensa, del quale possono usufruire tutti i bambini.

8. Ogni insegnante può essere affiancato da un solo tirocinante.

9. L'obbligo di orario degli insegnanti di scuola materna è di ventiquattro ore settimanali.

ART. 5

I. Nei guardi dei bambini, in età prescolare, handicappati psichici e sensoriali, si provvede con le seguenti misure di sostegno:

a) inserimento, nei casi meno gravi, nelle sezioni normali ed in numero non superiore a due. Dette sezioni non possono superare complessivamente il numero di quindici bambini;

b) per i bambini che presentano minorazioni gravi o medio-gravi, accertate dalle competenti strutture sanitarie, si provvede con idonee strutture specifiche a livello territoriale. Tali strutture, che debbono essere ubicate in edifici sedi di sezioni normali, non possono essere formate, di norma, da un numero superiore ad otto frequentanti e devono essere affidate a personale insegnante specializzato e coadiuvato da un gruppo di consulenza medico-pedagogica.

ART. 6.

1. Ai frequentanti della scuola materna statale sono garantite l'assistenza sanitaria, in modo particolare per quanto riguarda la medicina preventiva, nonché la copertura assicurativa.

2. Gli insegnanti devono essere coperti da assicurazione contro gli infortuni e, per la responsabilità civile, con massimali annualmente stabiliti con decreto del Ministro della pubblica istruzione.

ART. 7.

1. La scuola materna è organizzata in circoli, formati da un minimo di tre ad un massimo di sei istituti di più classi secondo la necessità.

2. Al circolo è preposto un direttore che ha funzioni di coordinamento ed ha, altresì, il compito di seguire gli insegnanti nello svolgimento e nella realizzazione dei loro piani di lavoro, in modo da poter coordinare la programmazione e l'attività educativa dei singoli istituti.

ART. 8.

1. Nella composizione dei circoli si tiene conto anche delle scuole materne non statali esistenti sul territorio. Queste sono sottoposte alla vigilanza del direttore del circolo da cui territorialmente dipendono.

CAPO II

SCUOLA DI BASE

ART. 9.

1. La scuola di base, con l'acquisizione di nuovi mezzi espressivi, consolida lo sviluppo del processo educativo dell'alunno, avviandolo alla conoscenza del suo mondo interiore, del mondo esterno ed alla integrale formazione della personalità.

2. Il piano di studi si struttura secondo uno svolgimento adeguato alle capacità ed agli interessi del fanciullo, considerando il passaggio da un pensiero di tipo immaginativo ad un pensiero di tipo concettuale.

3. La scuola di base, proponendosi di rimuovere qualunque ostacolo che possa interferire nella corretta, sana ed armoniosa crescita di ogni fanciullo, pone particolare cura per favorire: lo sviluppo sia corporeo che psichico, inteso in tutte le componenti: del pensare, della sensibilità e della volontà, ed il rafforzamento della personalità cosciente, al fine di un inserimento consapevole nella realtà e di un rapporto con gli altri individui improntato al rispetto dell'altrui libertà ed al riconoscimento della dignità umana.

ART. 10.

l. La frequenza della scuola di base è obbligatoria e gratuita.

2. Agli alunni è garantita la copertura assicurativa secondo le norme previste dall'articolo 6.

ART. 11.

l. Ai docenti è garantita libertà d'insegnamento per il raggiungimento degli obiettivi educativi fissati nei programmi scolastici nazionali.

ART. 12.

1. L'insegnamento nella scuola di base è impartito nella lingua italiana.

ART. 13.

1. La scuola di base si articola in due cieli didattici, per la durata complessiva di otto anni, a cui si aggiunge un biennio diversificato che porta l'obbligo scolastico a dieci anni.

2. Il primo ciclo ha durata quinquennale e comprende dalla prima alla quinta classe; il secondo ha durata triennale e comprende dalla sesta alla ottava classe.

3. L'insegnamento ha inizialmente carattere unitario ed è teso all'acquisizione, da parte dell'alunno, di abilità e conoscenze le quali, approfondite e coordinate nel corso del secondo ciclo, sino a comporsi in coerenti quadri storici, artistici, letterari e scientifici, costituiranno con il sorgere della facoltà di discernimento elementi per l'acquisizione della capacità di giudizio critico.

ART. 14.

l. L'ammissione al primo ciclo della scuola di base è consentita ai bambini che abbiano compiuto, o compiano entro il 31 dicembre dell'anno scolastico, il sesto anno di età.

2. Il passaggio al secondo ciclo avviene mediante giudizio di valutazione globale espresso dal consiglio di classe.

3. Gli alunni che al termine di ogni anno scolastico non conseguono un adeguato grado di preparazione globale non ottengono l'ammissione alla classe successiva.

ART. 15.

1. Nel primo ciclo della scuola di base è assegnato, ad ogni classe, un docente prevalente che svolge l'insegnamento delle seguenti discipline: lingua italiana, storia, geografia, matematica, scienze. Allo stesso docente, sino alla terza classe, compete anche lo svolgimento dell'attività motoria e delle attività artistiche.

2. Al docente prevalente sono affiancati docenti specializzati per l'insegnamento delle seguenti discipline: lingue straniere dalla prima classe, educazione fisica dalla prima classe, educazione fisica dalla quarta classe, educazione artistica dalla quarta classe, religione per coloro che se ne avvalgono dalla prima classe.

ART. 16.

l. Il secondo ciclo della scuola di base, costituendone il naturale e necessario completamento, opera per continuare il processo di formazione della personalità degli alunni e fornisce anche un preciso orientamento.

ART. 17.

l. Con l'inizio del secondo ciclo sono introdotti gli insegnamenti delle seguenti discipline: latino, chimica, fisica, applicazioni tecniche.

2. Gli insegnamenti di lingua ~ letteratura italiana, storia, geografia e latino sono assegnati ad un unico docente per ogni classe. L'insegnamento della matematica e della fisica è, di norma, distinto da quello delle scienze e della chimica e, pertanto, assegnato a docenti diversi.

ART. 18.

1.Negli ultimi due anni del secondo ciclo della scuola di base è prevista l'attività di orientamento, alla quale deve essere destinata una adeguata parte dell'orario delle attività didattiche.

2. L'organizzazione dell'orientamento è competenza del consiglio di amministrazione.

ART. 19.

1. Le attività didattiche devono svolgersi in orario antimeridiano.

2. Le singole istituzioni scolastiche, nel rispetto dell'autonomia, definiscono le modalità di svolgimento dell'orario scolastico.

3. Sono ammesse materie di studio facoltative costituenti attività parascolastiche. Tali materie sono scelte dal collegio dei docenti. Adeguato spazio viene riservato alla conoscenza ed alla trasmissione di aspetti caratteristici delle tradizioni e della cultura regionale e locale.

4. Le attività parascolastiche possono essere svolte solo in orario pomeridiano.

5. Valgono, per la scuola di base, le norme previste nei commi 5, 6 e 7 dell'articolo 4.

ART. 20

l. L'anno scolastico è suddiviso, di norma, in due quadrimestri.

2. Ai termine di ciascun quadrimestre gli insegnanti di classe assegnano agli alunni un voto espresso in decimi per le singole materie.

3. Al termine di ogni ciclo gli insegnanti compilano un giudizio sintetico che tenga conto del grado di maturità raggiunta dall'alunno, delle conoscenze tecnico-pratiche acquisite, delle eventuali carenze dimostrate e di tutti gli elementi che sono ritenuti utili per accertare l'armonico sviluppo della sua personalità.

ART. 2 l.

1. La scuola di base si conclude con un esame di idoneità al biennio successivo.

2. L'esame si articola in due prove scritte, italiano e matematica, ed in una orale che consiste in un colloquio interdisciplinare.

3. La commissione d'esame è composta da cinque membri: quattro docenti del secondo ciclo della scuola di base ed un docente di scuola secondaria superiore, con funzioni di presidente.

4. Ogni commissione deve esaminare non meno di venti e non più di quaranta studenti.

5. A conclusione dell'esame, la commissione, unitamente al giudizio di idoneità, deve formulare una indicazione orientativa, non vincolante, per la scelta dell'area e dell'indirizzo.

ART. 22.

l. Per l'insegnamento della religione cattolica, l'incarico è affidato a persona qualificata, sentito il parere della competente autorità ecclesiastica.

2. Sono esonerati dall'istruzione religiosa gli alunni i cui genitori dichiarino volervi provvedere personalmente.

ART. 23.

l. Il docente non può chiedere il trasferimento di sede né essere comandato o comunque distaccato dall'insegnamento prima della conclusione del ciclo, fatta eccezione per gravi motivi di famiglia o di salute debitamente documentati.

ART. 24.

1. L'alunno che presenta lievi minorazioni psichiche, carenze dell'intelligenza o aspetti caratteriali tali da non comprometterne il rendimento scolastico, è ammesso a frequentare la classe comune.

2. Sono previste invece e di regola nello stesso edificio o in scuole cosiddette polo, strutture particolarmente idonee fornite delle adeguate attrezzature, per alunni minorati psichici riconosciuti gravi.

3. Delle strutture di cui al comma 2 possono usufruire non meno di quattro e non più di otto alunni. In esse gli insegnanti specializzati sono stabilmente affiancati da un gruppo medico - psico - pedagogico, ed i programmi devono avere la massima flessibilità in modo da rispondere alle necessità ed alle esigenze degli alunni e risultare adeguati ai loro ritmi di apprendimento.

4. Per alunni non vedenti e non udenti sono previsti istituti specializzati.

ART. 25.

1. Ogni classe della scuola di base è costituita da non più di venti alunni.

ART. 26.

l. Il calendario scolastico per la scuola di base prevede di norma e su tutto il territorio nazionale l'inizio delle lezioni il 1° ottobre ed il termine il 31 maggio.

2. Nei mesi di giugno e settembre ogni singola scuola predispone un programma di attività non obbligatorie per alunni e studenti che, su richiesta delle famiglie, confermata mediante iscrizione, possono continuare a frequentare le sedi scolastiche. In tali programmi deve essere riservato uno spazio adeguato alle attività sportive e ricreative, ai viaggi d'istruzione, all'educazione ambientale ed all'educazione alla salute.

3. La conduzione delle attività di cui al comma 2 è affidata al personale tirocinante e ad operatori qualificati, e comporta un contributo finanziario da parte delle famiglie che usufruiscono di tale servizio, il cui ammontare è definito dal consiglio di amministrazione della scuola.

4. Gli alunni handicappati e gli alunni appartenenti a famiglie in disagiate condizioni economiche sono esonerati dal contributo di cui al comma 3, restando esso a carico dello Stato.

CAPO III

ELEVAZIONE

DELL'OBBLIGO DI ISTRUZIONE

ART. 27.

1. A decorrere dall'anno scolastico 1998-1999 l'istruzione obbligatoria ha la durata di complessivi dieci anni ed è gratuita.

2. L'obbligo di istruzione si completa mediante la frequenza, con esito positivo, dei primi due anni di scuola secondaria superiore o dei due anni di scuola superiore del lavoro.

3. E' comunque prosciolto dall'obbligo chi dimostri di avere osservato per almeno dieci anni le norme sull'istruzione obbligatoria o abbia comunque compiuto il sedicesimo anno di età.

4. Agli studenti che hanno assolto l'obbligo di istruzione ai sensi del comma 2 è rilasciato un apposito certificato.

5. Agli studenti prosciolti dall'obbligo di istruzione ai sensi del comma 3 è rilasciata apposita attestazione.

6. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge le modalità di riconoscimento del valore del certificato di cui al comma 4 sono disciplinate nell'ambito della normativa sul collocamento per l'accesso ai pubblici concorsi e dai contratti collettivi di lavoro.

7. 1 giovani che, a causa di ritardi, abbandoni, interruzioni o gravi difficoltà, non riescono a portare a termine regolarmente i corsi della scuola di base possono assolvere gli ultimi due anni dell'obbligo scolastico anche nell'ambito dei corsi biennali di formazione professionale regionale conformi alla legge 21 dicembre 1978, n. 845, da realizzare presso le strutture di formazione professionale regionale convenzionate con le istituzioni scolastiche del territorio e comunque nel rispetto di livelli di qualità formativi definiti dallo Stato.

CAPO IV

SCUOLA SUPERIORE DEL LAVORO

ART. 28.

l. Nell'ordinamento scolastico italiano è istituita la scuola superiore del lavoro.

ART. 29.

1. La scuola superiore del lavoro costituisce un ultimo ciclo dell'obbligo scolastico e garantisce la graduale integrazione tra il momento educativo e l'esperienza del lavoro. Tale ciclo opera per completare la formazione del cittadino quale protagonista del mondo produttivo inteso come elemento di progresso civile e sociale della nazione.

ART. 30.

1. Alla scuola superiore del lavoro si può accedere dopo aver conseguito il positivo giudizio di valutazione e superato l'esame di idoneità al termine della scuola di base.

ART. 31.

l. Il corso di studio della scuola superiore del lavoro ha durata biennale.

ART. 32.

1. Le discipline d'insegnamento della scuola superiore del lavoro sono le seguenti:

a) approfondimento della struttura della lingua italiana;

b) due lingue straniere ;

c) elementi di matematica applicata;

d) storia delle civiltà contemporanee;

e) nozioni di diritto pubblico;

f) elementi di geografia e di economia;

g) nozioni di scienze della comunicazione;

h) approfondimento della cultura delle tradizioni locali;

i) attività ginnico -sportiva;

l) nozioni teoriche sulle tematiche del lavoro.

2. Gli insegnamenti di cui ai comma 1 possono essere integrati con altre discipline in relazione alle specifiche esigenze territoriali e dei singoli corsi.

ART. 33.

1. Ad integrazione dell'apprendimento teorico gli alunni debbono svolgere un periodo di apprendistato da effettuare a tempo parziale presso imprenditori pubblici o privati, nonché in aziende familiari nei settori dell'industria, dell'agricoltura, dell'artigianato, del commercio e dei servizi.

2. Nell'impossibilità di collocamento nelle strutture economiche locali, lo Stato o gli enti pubblici territoriali debbono garantire comunque la utilizzazione degli studenti in lavori di pubblica utilità con particolare riferimento alla valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale, nonché delle risorse territoriali.

3. Agli alunni è rilasciato un libretto personale nel quale sono riportate le annotazioni valutative sia da parte degli insegnanti delle discipline teoriche sia del datore di lavoro presso il quale essi svolgono il periodo di apprendistato.

4. Ai fini previdenziali ed assistenziali valgono le norme vigenti sulla tutela del lavoro. I relativi contributi sono a totale carico dello Stato.

ART. 34.

l. L'orario di insegnamento, - sia per le discipline teoriche che per le attività di lavoro, è flessibile.

2. Per quanto riguarda le discipline teoriche l'orario di insegnamento è costituito da un minimo di dieci ore settimanali, distribuite in non meno di due giorni nell'arco della settimana, ad un massimo di venti ore settimanali ripartite in quattro giorni.

3. A seconda delle esigenze del corso l'orario di insegnamento può essere antimeridiano, pomeridiano o flessibile.

4. Per gli insegnamenti teorici ogni classe non può essere costituita da meno di dieci o da più di venti allievi.

5. L'orario di lavoro può variare da un minimo di dieci ore settimanali ad un massimo di venticinque ore. Il lavoro può essere distribuito nell'arco della settimana in relazione alle esigenze dell'azienda.

6. L'orario complessivo degli impegni scuola-lavoro non deve comunque superare le trenta ore settimanali.

ART. 35.

1. La frequenza della scuola superiore del lavoro è gratuita ed obbligatoria e non deve comunque risultare inferiore ai due terzi dell'orario complessivo annuale del corso, sia per la parte teorica che per l'esperienza di lavoro, senza possibilità di compensazione.

ART. 36.

1. Gli alunni afflitti da minorazioni psichiche di lieve entità sono inseriti nelle classi normali. Per gli alunni portatori di minorazioni più gravi sono previste scuole polo particolarmente idonee e i docenti sono coadiuvati da docenti di sostegno e da un gruppo medico -psico -pedagogico con funzioni di consulenza.

2. Gli alunni non vedenti, sordi e sordomuti sono avviati a centri educativi specialistici presso i quali sono utilizzati docenti abilitati per la materia d'insegnamento e in possesso - dei relativi titoli di specializzazione.

3. Presso i centri di cui al comma 2 funzionano laboratori di attività pratiche di lavoro particolarmente congeniali al tipo di minorazione.

ART. 37.

1. L'anno scolastico deve essere articolato tenendo conto delle caratteristiche del corso e delle esigenze delle aziende.

ART. 38.

1. Le scuole superiori del lavoro devono essere istituite in ogni distretto scolastico in numero tale da soddisfare le esigenze della popolazione scolastica interessata ed in relazione alle caratteristiche socio-economiche del territorio.

ART. 39.

1. Al termine del biennio gli alunni sono sottoposti ad un esame teorico-pratico di verifica.

2. A coloro che superano la prova di cui al comma 1 è rilasciato un attestato di qualifica professionale valido ad ogni fine legale, esclusa la iscrizione alle università o ad istituti universitari.

3. A coloro che non superano la prova di cui al comma 1 è rilasciato un attestato di assolvimento dell'obbligo scolastico.

CAPO V

SCUOLA SUPERIORE

ART. 40.

l. La scuola superiore costituisce il momento fondamentale nel processo di adeguamento dell'organismo scolastico alle esigenze della società nazionale e deve corrispondere alle necessità di tutti.

2. La scuola superiore ha lo scopo di promuovere lo sviluppo culturale degli studenti e di conferire loro gli apprendimenti necessari ai fini cui è diretta ciascuna delle sue differenziazioni, ovvero al proseguimento universitario degli studi oppure alle diverse formazioni professionali.

3. La scuola superiore promuove la realizzazione di pari opportunità culturali, educative, formative e professionali per uomini e donne.

ART. 41.

1. Alla scuola superiore si può accedere dopo aver conseguito il positivo giudizio di valutazione al termine del secondo ciclo della scuola di base e superato un esame di idoneità.

ART. 42.

1. Il corso di studio della scuola superiore ha durata quinquennale ed è suddiviso in un biennio propedeutico di orientamento, sede del prolungamento dell'obbligo d'istruzione, seguito da un corso triennale di indirizzo.

2. Il corso biennale di cui al comma 1 è destinato a completare la cultura di base e a fornire gli strumenti conoscitivi per le successive scelte dello studente.

3. Il corso triennale di cui al comma 1 è finalizzato allo sviluppo ulteriore e più approfondito della preparazione culturale comune nonché alla scelta di campi disciplinari di indirizzo e di settori di specializzazione.

ART. 43.

l. La scuola superiore si articola in un'area umanistico - scientifico - artistica e in un'area umanistico - tecnico - professionale.

2. L'area umanistico -scientifico -artistica è costituita da un liceo unico che si articola nei seguenti indirizzi:

a) classico;

b) scientifico;

c) pedagogico;

d) artistico;

e) musicale.

3. L'area umanistico - tecnico - professionale è costituita da un istituto tecnico che si articola nei seguenti indirizzi fondamentali:

a) economico;

b) linguistico;

c) professionale;

d) tecnologico.

4. Ciascun indirizzo di istituto tecnico di cui ai commi 2 e 3 può articolarsi in diversi rami di specializzazione.

5. Il passaggio dall'una all'altra area di studi o, nell'ambito della stessa area, da un indirizzo ad un altro, è consentito a seguito di esami integrativi.

ART. 44.

1. Il liceo unico si propone il compito prioritario della formazione intellettuale, morale, sociale e civica dei giovani, nell'armonia delle componenti fisico -psichiche che costituiscono l'unità dello spirito. Esso si configura soprattutto come propedeutico agli studi nelle facoltà universitarie alle quali i giovani che lo hanno favorevolmente concluso sono ammessi in rapporto all'indirizzo scolastico seguito.

ART. 45.

1. In ogni distretto scolastico è istituito almeno un liceo unico.

ART. 46.

l. Ogni liceo è costituito da un massimo di cinque corsi completi o, comunque, da non più di venticinque classi. Ogni classe non può essere costituita da più di ventitré alunni.

2. Il superamento del numero di venticinque classi complessive comporta l'automatica istituzione di un nuovo liceo nell'ambito del distretto. Tale provvedimento è adottato dall'ufficio scolastico territoriale di competenza.

ART. 47.

l. Il liceo unico si struttura in un'area didattica comune che si completa e si differenzia con un gruppi di materie specifiche per ogni indirizzo.

2. Le materie dell'area didattica comune sono costituite da insegnamenti fondamentali per un' approfondita preparazione culturale. Esse sono: lingua e letteratura, italiano, latino, storia, lingua straniera, diritto -economia, matematica, educazione fisica. In relazione alle esigenze di progettazione complessiva dei singoli piani di studio possono essere differenziati i programmi e gli orari di matematica.

3. Nel corso biennale iniziale della scuola secondaria superiore è prevista l'attività di orientamento, la cui organizzazione è di competenza del consiglio di amministrazione.

4. Le materie che l'alunno deve scegliere per ciascun indirizzo sono:

a) indirizzo classico: greco, filosofia, geografia, fisica, scienze e storia dell'arte;

b) indirizzo scientifico: filosofia, geografia, discipline scientifiche sperimentali, disegno e storia dell'arte;

c) indirizzo pedagogico: pedagogia e filosofia, psicologia, didattica, disegno, musica e diritto pubblico con elementi di legislazione scolastica;

d) indirizzo artistico: anatomia artistica, storia dell'arte, discipline geometriche e architettoniche, discipline pittoriche, discipline plastiche e diritto pubblico con elementi di legislazione sulla tutela dei beni culturali;

e) indirizzo musicale: armonia ed analisi, storia, ed estetica musicale, musica d'insieme ed esercitazioni orchestrali, strumento principale, strumento complementare.

5. La distribuzione degli orari, sia per gli insegnamenti comuni sia per quelli elettivi, èfissata dalla commissione nominata dal Ministro della pubblica istruzione ai sensi dell'articolo 67. In tale distribuzione si tiene conto, data l'articolazione del corso liceale in cinque anni, dell'opportunità di dedicare un tempo maggiore agli insegnamenti comuni nei primi due anni, mentre si intensifica, negli ultimi tre anni, lo studio degli insegnamenti elettivi.

ART. 48.

l. L'istituto tecnico, oltre che tendere alla formazione intellettuale, morale, sociale e civica, fornisce una preparazione alle professioni tecnico -economiche e consente la possibilità di proseguire gli studi universitari a norma e con le modalità previste dall'articolo 56.

ART. 49.

l. In ogni distretto scolastico è istituito almeno un istituto tecnico.

ART. 50.

I. Nessun istituto tecnico può comprendere più di venticinque classi. Tale limite può essere portato fino a trenta classi quando nel medesimo distretto o in un distretto contiguo della stessa provincia non esista altro istituto tecnico dello stesso indirizzo.

2. Nessuna classe di istituto tecnico può comprendere più di ventitré alunni.

ART. 51.

1. L'istituto tecnico si struttura attraverso un'area didattica comune ed una serie di specifici indirizzi che ne qualificano la formazione tecnico - professionale.

2. Dell'area comune di cui al comma 1 fanno parte le seguenti discipline che ne definiscono l'aspetto umanistico: lingua e letteratura italiana, storia, geografia, lingua straniera, matematica ed educazione fisica.

3. Le materie caratterizzanti specifici indirizzi sono definite dalla commissione prevista dall'articolo 67.

ART. 52.

l. Per gli alunni della scuola superiore che frequentano l'area umanistico -scientifico -artistica e quella umanistico - tecnico - professionale è obbligatorio, per tutti i cinque anni di corso, lo studio di almeno una lingua straniera.

2. Per gli alunni dell'indirizzo linguistico è obbligatorio, per tutti i cinque anni di corso, lo studio di tre lingue straniere.

ART. 53.

l. Per gli alunni della scuola superiore l'insegnamento della religione è facoltativo ed è regolato dalle norme dei patti bilaterali fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica.

ART. 54.

1. L'integrazione degli studenti handicappati nella scuola superiore avviene ai sensi della legge 5 febbraio 1992, 104, e successive modificazioni.

ART. 55.

1. Al termine di qualsiasi ciclo quinquennale della scuola superiore lo studente deve sostenere un esame di Stato.

2. Lo svolgimento dell'esame di Stato è disciplinato con apposita normativa.

ART. 56.

1. 1 giovani che hanno favorevolmente concluso gli studi nel liceo unico o nel l'istituto tecnico possono essere -ammessi alle facoltà universitarie congeniali agli indirizzi seguiti.

2. I consigli di facoltà delle singole università possono deliberare la possibilità e le modalità di ammissione dei giovani che hanno seguito indirizzi diversi da quelli richiesti dalla presente legge.

CAPO VI

PROFESSIONALIZZAZIONE POST-SECONDARIA

ART. 57

1. I giovani che non intendono proseguire gli studi nelle facoltà universitarie sono ammessi, dopo aver superato l'esame di Stato dell'area umanistico - tecnico - professionale di cui al capo V, a frequentare corsi biennali abilitanti all'esercizio delle libere professioni, organizzati nei distretti scolastici in cui esistono istituti tecnici del tipo al quale i corsi si riferiscono.

2. Le regioni, le province ed i comuni collaborano, unitamente ai collegi ed agli ordini professionali e alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, all'organizzazione dei corsi di cui al comma l. Gli istituti tecnici di provenienza forniscono le strutture richieste e cooperano allo svolgimento dei corsi.

3. I corsi sono a numero chiuso; l'accesso è regolato in base al fabbisogno espresso dagli ambienti professionali di riferimento e a requisiti di ingresso.

4. Al termine dei corsi è rilasciato ai partecipanti, previo accertamento delle loro capacità operative, un diploma di abilitazione all'esercizio della libera professione che consente l'iscrizione al rispettivo albo professionale.

5. Nessun corso può essere indetto quando non è richiesto e frequentato da almeno quindici candidati.

6. Gli allievi dei corsi di cui al presente articolo usufruiscono degli stessi benefici degli studenti universitari ai fini del servizio militare e del diritto allo studio.

ART. 58.

l. il Ministro della pubblica istruzione, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dopo aver sentito, ove esistano, i rispettivi organi professionali, stabilisce a quali uffici pubblici sia consentito accedere e quali attività professionali sia consentito esercitare ai cittadini in possesso dei singoli diplomi di abilitazione all'esercizio professionale.

CAPO VII

FORMAZIONE POST-SECONDARIA

ART. 59.

1. I giovani che non intendono proseguire gli studi nelle facoltà universitarie sono ammessi, dopo aver superato l'esame di Stato conclusivo della scuola secondaria, all'istruzione post-secondaria di durata biennale, comprendente almeno milleduecento ore di' attività didattica, rivolta ad acquisire abilità e competenze atte allo svolgimento di attività professionali, tecniche, industriali, amministrative e commerciali.

ART. 60.

l. I corsi di cui all'articolo 59 possono essere istituiti:

a) da istituti di istruzione secondaria;

b) da centri pubblici regionali di formazione professionale post-secondaria;

c) da collegi e ordini professionali.

ART. 61.

l. Per la realizzazione dei corsi di cui al comma 59 non è previsto un organico stabile di personale docente. La docenza è impartita da personale appartenente a vari settori con contratti di collaborazione.

Atti Parlamentari

ART. 62.

1. I corsi di cui al comma 59 possono essere finanziati con tasse scolastiche a carico degli allievi o delle aziende, con contributi statali perequativi e con contributi dell'Unione europea.

2. I corsi sono finanziati secondo le valutazioni espresse dal comitato di cui all'articolo 65.

ART. 63.

1. I corsi di cui al comma 59 sono a numero chiuso; l'accesso è regolato in base al fabbisogno espresso dagli ambienti professionali, di riferimento e a requisiti di ingresso.

2. Nessun corso può essere indetto quando non è richiesto e frequentato da almeno quindici candidati.

ART. 64.

1. Il Ministro della pubblica istruzione, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, istituisce un comitato nazionale per la qualità della formazione post-secondaria.

2. Il comitato di cui al comma 1, costituito da non più di sette unità, ha il compito di certificare e convalidare i diplomi, ai quali è conferito valore legale anche ai fini del pubblico impiego.

ART. 65.

1. Il Ministro della pubblica istruzione, in accordo con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, nomina il comitato nazionale per il finanziamento della formazione post-secondaria.

2. Il comitato di cui al comma i ha il compito di elaborare la programmazione dell'attività finanziabile, stabilendo le priorità e definendo i livelli dei contributi.

ART. 66.

1. Gli allievi dei corsi di cui all'articolo 59 usufruiscono degli stessi benefici degli studenti universitari ai fini del servizio militare e del diritto allo studio.

CAPO VIII

NORME TRANSITORIE E FINALI

ART. 67.

1. Entro sessanta giorni dalla data di entrata, in vigore della presente 'legge, il Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, costituisce una commissione formata da docenti in servizio che hanno insegnato per almeno dieci anni nelle scuole secondarie di secondo grado o nelle università, nonché da professionisti indicati dai rispettivi collegi nazionali per quanto si riferisce all'area umanistico -tecnico -professionale.

2. La commissione di cui al comma 1, che si suddivide temporaneamente in più sottocommissioni, determina:

a) le materie di insegnamento caratterizzanti i vari indirizzi e specializzazioni, ad esclusione di quelle già determinate dagli articoli 47 e 51;

b) i programmi di insegnamento;

c) le ore settimanali di lezione per ciascuna materia;

d) l'eventuale raggruppamento di materie e la formazione delle cattedre;

e) la composizione delle nuove classi di abilitazione e di concorso per i docenti.

ART. 68.

1. La presente legge entra in vigore a decorrere dall'anno scolastico successivo a quello in corso alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

2. Con proprie ordinanze il Ministro della pubblica istruzione fissa le modalità per il passaggio dal precedente al nuovo ordinamento.

3. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate tutte le leggi esistenti in materia e cessano di avere efficacia i regolamenti incompatibili con la presente legge.

ART. 69.

l. All'onere derivante dalla presente legge, valutato in lire 1050 miliardi per il triennio 1999-2001, di cui lire 150 miliardi per il 1999, lire 350 miliardi per il 2000 e lire 550 miliardi per il 2001, si provvede mediante un piano di investimento straordinario previsto nelle leggi finanziarie degli stessi anni.

2. il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.