Atti Parlamentari Camera dei Deputati

XIII LEGISLATURA - DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

CAMERA DEI DEPUTATI N. 5099

PROPOSTA Di LEGGE

D'INIZIATIVA DEI DEPUTATI:

BERLUSCONI, PISANU, APREA, ARACU, BONAIUTI, MELOGRANI, MICHELINI, PALUMBO, ROMANI, ROSSETTO, VITO, ALEFFI, AMATO, ARMOSINO, BAIAMONTE, BECCHETTI, BERGAMO, BERRUTI, BERTUCCI, VINCENZO BIANCIU; BIONDI, DONATO BRUNO, BURANI PROCACCINI, CALDERISI, CASCIO, CESARO, CICU, COLLAVINI, COLLETTI, COLOMBINI, CONTE, COSENTINO, COSTA, CREVII, CUCCU, de GHISLANZONI CARDOLI, DE LUCA, DELL'ELCE, DELL'UTRI, DEODATO, DI COMITE, d'IPPOLITO, DI LUCA, DIVELLA, FILOCAMO, FLORESTA, FRATTA PASINI, FRATTINI, FRAU, GAGLIARDI, GARRA, GASTALDI, GAZZARA, GAZZILLI, GIANNATTASIO, GIOVINE, GIUDICE, GIULIANO, GUIDI, LAVAGNINI, LEONE, LO JUCCO, LO RUSSO, MAIOLO, MAMMOLA, MANCUSO, MAROTTA, MARRAS, MARTINO, MARTUSCIELLO, MARZANO, MASIERO, MASSIDDA, MATACENA, MATRANGA, MICCICHE', MISURACA, NAN, NICCOLINI, PAGLIUCA, PALMIZIO, PAROLI, PECORELLA, PILO, PIVA, POSSA, PRESTIGIACOMO, PREVITI, RADICE, REBUFFA, RIVELLI, RIVOLTA, ROSSO, ALESSANDRO RUBINO, RUSSO, SANTORI, SAPONARA, SCAJOLA, SCALTRITTI, SCARPA BONAZZA BUORA, STAGNO d'ALCONTRES, STRADELLA, TABORELLI, TARADASH, TARDITI, TORTOLI, TREMONTI, URBANI, VALDUCCI, VIALE, VITALI

Disposizione urgenti per l'elevamento dell'obbligo di istruzione scolastica o professionale

Presentata il 14 luglio 1998

ONOREVOLI COLLEGHI! - Il confronto politico -legislativo intorno ai problemi della scuola si è incentrato, in quest'ultima fase, sull'opzione di anticipare un primo elevamento dell'obbligo di istruzione rispetto al complessivo riordino del sistema scolastico e formativo, che risulta cosi di fatto rinviato. A una scelta che ha suscitato non poche perplessità per i rischi che comportano in simili materie scelte frammentarie. Ma poiché questo è oggi il terreno su cui ci si misura, riteniamo non solo opportuno ma doveroso presentare una proposta di legge che si collochi in quest'ambito di intervento, in armonia con le linee direttive della proposta organica di riforma dei gradi scolastici che è stata presentata a suo tempo. E proprio perché questo è lo spirito animatore della presente proposta di legge, riteniamo opportuno illustrarlo anche richiamando alcuni delle motivazioni di ordine complessivo che avevamo indicato nella relazione di presentazione del progetto di legge più ampio.

Ai sistemi formativi dei Paesi più sviluppati sono rivolte domande sempre più esigenti. Ad essi è richiesto di formare alla cittadinanza; preparare al lavoro; far accedere all'istruzione superiore l'intera popolazione e non soltanto un'élite, favorendo in i tutti i modi l'eguaglianza delle opportunità e la mobilità sociale verso l'alto; costruire le classi dirigenti; fornire impulso allo sviluppo economico; conferire all'educazione i caratteri di un'attività che dura tutta una vita.

I Ministri competenti in materia di educazione dei Paesi membri dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) riunitisi a Parigi nel 1996, hanno chiesto di monitorare gli sviluppi delle politiche scolastiche dei Paesi membri, per individuare più chiaramente i progressi in questo campo. Ma se è relativamente facile descrivere l'espansione dei sistemi scolastici evidenziando gli accresciuti tassi di scolarità, assai più difficile è stabilire se simili investimenti riescano a sortire effetti. 1 milioni di giovani in più che frequentano le aule scolastiche ed universitarie per un numero più elevato di anni affrontano con una migliore preparazione l'ingresso nel mondo degli adulti e del lavoro. E le condizioni in cui quest'ingresso si realizza sono tali da indurli a protrarre la propria educazione per l'intero arco della vita?

In realtà, l'opinione pubblica, i Governi, gli operatori, sono consapevoli dell'inadeguatezza della maggior parte dei modelli formativi tuttora vigenti. Le ragioni sono ormai note. Tempo di vita e tempo di lavoro, età della formazione ed età del lavoro, ruoli dirigenti e ruoli esecutivi, contenuti formativi d'eccellenza e contenuti formativi professionalizzanti, tutto era scandito secondo gerarchie e cadenze stabili e prevedibili. Quest'insieme "ben ordinato" sta crollando sotto la spinta dei mutamenti produttivi, economici e sociali indotti dalla globalizzazione e per effetto delle trasformazioni profonde cui il Welfare State è stato costretto. I mutamenti hanno sconvolto ruoli, contenuti, tempi, rapporti tra le generazioni.

Dal punto di vista della quantità, inoltre, la scuola italiana " disperde " al livello del diploma, circa il 50 per cento della generazione in età, al livello della laurea circa il 90 per cento. Alla dispersione si deve aggiungere il fenomeno dell'evasione dell'obbligo, soprattutto al sud, e quello della fuga dal post-obbligo, soprattutto al nord. Queste medie ci collocano molto al di sotto della media dell'OCSE. Per non parlare dei nostri diretti partner e concorrenti economici; USA, Germania, Gran Bretagna e Francia. Se la media dell'OCSE è del 70 per cento dei diplomati e in Germania raggiunge il 90 per cento, la produttività della nostra scuola è certamente molto bassa.

Le cause della dispersione si possono ricondurre alla rigidità dei percorsi scolastici, al centralismo politico-amministrativo, alla cultura pedagogica dominante, fondata sulla centralità dell'insegnare, invece che su quella dell'apprendere.

Le cause dell'evasione e soprattutto della fuga si devono, al nord, alla spinta delle famiglie verso il lavoro subìto e, al sud, a condizioni di povertà economica e deprivazione culturale.

Tra le riforme necessarie c'è innanzitutto il rovesciamento della filosofia formativa della scuola fondata sull'unicità del percorso formativo e sul primato assoluto della funzione docente. Al centro del processo formativo deve stare il soggetto che apprende e si forma, nella concretezza della sua condizione sociale, culturale, ambientale. La scuola deve prevedere, per questo, in ogni suo grado, larghi margini di opzione, deve articolare l'onnicomprensività, deve adottare " la pedagogia del successo ", valorizzando attitudini e interessi. Occorre pertanto una nuova strutturazione dell'apparato formativo, che preveda un minimo comune denominatore di strumenti culturali, sufficiente per muoversi nella società contemporanea, e una pluralità di percorsi flessibili e di curricula, ai quali i giovani possano accedere consapevolmente.

Dunque: un nuovo ordine dei cicli, una ridefinizione dei programmi, nuove tecniche di apprendimento ed insegnamento, ma prima ancora un nuovo assetto istituzionale e amministrativo sia del sistema nazionale dell'istruzione che dei singoli istituti scolastici.

Oggi, in Italia, in materia di istruzione, tutto è" ingessato " perché l'istruzione è unica in tutto il Paese e per tutti i destinatari: quella decisa e pianificata da parte del Ministero della pubblica istruzione. Al contrario, solamente il pluralismo dell'offerta formativa permette una risposta corretta alla domanda e alla libertà di scelta degli aventi diritto. Ne esce rafforzato il compito della Repubblica, che è di dettare le norme generali sull'istruzione statale e non statale, pubblica e privata; e dello Stato, che è di garantire i cittadini facendo osservare le norme.

Le scuole di Stato, finalmente autonome dall'ente che le istituisce, sono chiamate, d'ora in avanti, a progettare l'offerta in risposta alla domanda, non in attuazione della pianificazione del Ministro della pubblica istruzione ma in base alla committenza sociale, visto che le risorse provengono, attraverso l'imposizione, dai privati cittadini. In questo modo esisteranno scuole secondo modelli autonomi, cioè un pluralismo di scuole con il relativo pluralismo dell'offerta e della responsabilità dei risultati. Allo Stato competerà la valutazione degli stessi.

La presente proposta di legge si prefigge l'obiettivo iniziale di innalzare l'obbligo dell'istruzione a sedici anni attraverso un sistema " duale ". Un'attenzione particolare va infatti data al rapporto della scuola con il mondo del lavoro; tale rapporto deve divenire organico e sinergico. A tempo che nasca anche nel nostro Paese un sistema duale della formazione che riabiliti e valorizzi adeguatamente la formazione professionale. L'obbligo scolastico previsto fino ai sedici anni interessa per queste ragioni in modo differenziato ed articolato la scuola e la formazione professionale.

L'obiettivo prioritario della presente proposta di legge è quello di consentire il passaggio: dalla centralità delle discipline alla centralità dell'alunno; dalla centralità delle nozioni alla centralità della cultura come approccio ai problemi della vita e come palestra di libertà; dalla centralità della burocrazia alla centralità dell'efficienza e dell'efficacia del sistema, attraverso una pari dignità tra i gradi scolastici e tra questi e i soggetti statali e non statali coinvolti nel sistema formativo.

Rispetto alla formazione professionale non possiamo fare a meno di evidenziare che il modello italiano è rimasto l'unico in Europa che non si è posto in sintonia con lo sviluppo industriale e con le nuove logiche della società complessa in cui viviamo. Sicché la formazione professionale è rimasta, nel nostro sistema scolastico, isolata, in una posizione subalterna e di emarginazione, sino a porsi come alternativa finale di ripiego rispetto a fenomeni che purtroppo caratterizzano negativamente il nostro sistema scolastico (evasione, dispersione, insuccessi).

L'idea che l'istruzione e la formazione professionale siano qualcosa che sta " al servizio di " o che è " strumentale a ", cioè qualcosa di subalterno, di inferiore, di sottoposto, di subordinato, è radicata storicamente; intendiamo dire nella storia del sistema scolastico italiano. Il sistema scolastico secondario, infatti, è nato più di cento anni fa in maniera dicotomica, cioè con una netta divaricazione tra l'istruzione classica e l'istruzione tecnica. La spaccatura tra i due ordini di scuola fu aspramente critica fin dall'inizio, ma rimase nell'ordinamento e permane tuttora nella percezione comune anche degli uomini di cultura. Sul gradino superiore stanno i licei. Su quelli inferiori stanno prima gli istituti tecnici e poi, via via, gli istituti professionali e la formazione professionale. Una vera e propria gerarchia, non solo e non tanto di prestigio, ma soprattutto di natura, di essenza, di qualità. Nel nostro Paese, insomma, la formazione professionale è stata percepita come percorso di pari dignità culturale e pedagogica rispetto a quello scolastico solo da coloro che l'hanno vissuta (enti, docenti, studenti, famiglia). Di questa concezione prioritaria, invece, non c'è traccia nei documenti legislativi in vigore, né nelle proposte di riforma del Governo Prodi. La formazione professionale sembra ridotta a schiava della scuola nel documento governativo sul " riordino dei cicli scolastici " e a serva del lavoro nel pacchetto che contiene le " norme in materia di promozione dell'occupazione ". Si tratta, in entrambi i casi di visioni riduttive e penalizzanti della formazione professionale.

L'ipotesi della formazione professionale, così, come si evince dalla presente proposta di legge, al contrario, raccoglie le indicazioni dell'OCSE per creare un sistema nel quale vi sia meno separazione, nei singoli programmi, tra le forme di insegnamento di impostazione generale e quelle orientate all'avviamento a specifici settori professionali; affinché una volta compiuta la transizione al lavoro, le persone si vedano offrire possibilità di riprendere gli studi a pieno tempo, nonché di seguire percorsi di istruzione e formazione permanente a tempo parziale; affinché i certificati ed i diplomi siano trasferibili da un particolare contesto del sistema scolastico ad un altro; affinché, infine, i meccanismi di finanziamento che, facilitando l'accesso da parte di categorie in condizioni svantaggiate, consentano loro di non interrompere l'istruzione e la formazione.

Il sistema proposto è, per questo, duale nel senso di un'effettiva compenetrazione ed interazione tra i due aspetti (culturale e professionale) ed è innovativo nel senso che per la prima volta, nel ridisegnare la scuola italiana; si pongono sullo stesso piano lo studio e il lavoro.

In sostanza, la presente proposta di legge innalza l'obbligo scolastico di due anni e ne prevede l'assolvimento anche negli istituti di formazione professionale che devono passare tutti, in ossequio al dettato costituzionale, alle regioni.

La formazione professionale, in altre parole, assume pari dignità al canale scolastico e sono previste forme di passaggio fra scuola e formazione.

Particolare rilievo è dato nell'ambito della formazione professionale ai rapporti con la realtà produttiva e con l'apprendistato al fine complessivo di eliminare la separazione drammatica fra mondo della scuola e della formazione e mondo del lavoro che ha contribuito fino ad oggi alla crescita del grave fenomeno della disoccupazione giovanile intellettuale.

La presente proposta di legge intende orientare il nostro ordinamento scolastico e formativo verso l'Europa consentendo ai nostri giovani di essere competitivi sul piano europeo ed internazionale.

PROPOSTA DI LEGGE

ART. 1.

1. Al fine di ottenere che tutti i giovani possano giungere a livelli di istruzione e formazione corrispondenti a quelli raggiunti negli altri Paesi membri dell'Unione europea, l'istruzione obbligatoria è elevata da otto a dieci anni; sarà ulteriormente elevata fino al compimento del diciottesimo anno di età nell'ambito del riordino generale del sistema scolastico e formativo.

2. Il completamento dell'istruzione obbligatoria si realizza nei primi due anni dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore e negli istituti di formazione professionale di primo livello di cui al comma 6, lettera b).

3. In attesa dell'entrata in vigore di una nuova disciplina legislativa sulla parità scolastica, il Ministro della pubblica istruzione definisce, con proprio decreto, sentite le competenti Commissioni parlamentari, le modalità per il sostegno al diritto allo studio, in funzione delle fasce di reddito, degli studenti che completino l'istruzione obbligatoria in istituti scolastici o di formazione professionale che non assicurino la gratuità del servizio.

4. Avvalendosi delle modalità organizzative della didattica di cui all'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, negli ultimi tre anni dell'istruzione obbligatoria sono organizzate attività di orientamento e per l'informazione sugli sbocchi sia scolastico-formativi, che professionali, da realizzare anche mediante iniziative comuni tra scuole medie, e scuole secondarie superiori ed istituti regionali di formazione professionale o agenzie di formazione professionale, e nel primo biennio delle scuole secondarie superiori sono organizzate attività di sostegno per gli studenti che vogliano cambiare il tipo di scuola secondaria superiore prescelta.

5. La promozione al terzo anno della scuola secondaria superiore, nonché la frequenza del biennio di formazione professionale di primo livello, di cui al comma 6, lettera b), costituiscono assolvimento dell'obbligo di istruzione. Si considera comunque assolto l'obbligo di istruzione da parte di coloro i quali, al compimento del sedicesimo anno di età, dimostrano di aver osservato per almeno dieci anni le norme sull'obbligo di istruzione scolastica o professionale.

6. Con regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previo parere delle competenti Commissioni, parlamentari, sulla base delle norme generali desumibili dalla presente legge, sono disciplinate:

a) le specifiche, differenziate modalità e funzioni dei bienni iniziali dei diversi indirizzi di scuola secondaria superiore, individuando per ciascuno le materie fondamentali e di indirizzo, in modo che agli studenti siano assicurate una adeguata maturazione culturale e le indispensabili conoscenze specialistiche in coerenza con l'indirizzo prescelto;

b) le caratteristiche e le condizioni in base alle quali istituti, centri o agenzie di formazione professionale possono essere sedi dell'assolvimento dell'obbligo attraverso il canale della formazione professionale di primo livello che contiene ' l'insegnamento tecnico specialistico e un per corso di approfondimento di materie culturali fondamentali compresa almeno una lingua straniera;

c) la certificazione con cui deve concludersi l'obbligo di istruzione, che costituisce anche credito per eventuali rientri nel sistema scolastico o formativo;

d) la riforma dell'istruzione professionale con particolare riferimento alla riduzione del curriculum obbligatorio, all'inserimento degli stage e all'alternanza scuola-lavoro, anche in collegamento con l'apprendistato, attraverso convenzioni con le imprese.

7. In attuazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione le competenze e le funzioni amministrative in materia di istruzione artigiana e professionale sono integralmente trasferite alle regioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari. Con il medesimo regolamento sono trasferiti alle regioni gli istituti professionali di Stato. 1 trasferimenti hanno effetto dal primo anno scolastico successivo all'attribuzione dell'autonomia agli stessi istituti ai sensi dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59. Per effetto dei trasferimenti di cui al presente comma gli istituti professionali di Stato assumono la qualifica di enti regionali autonomi.

ART. 2.

1. L'articolo 3 della legge 17 ottobre 1967, n. 977, è sostituito dal seguente:

ART. 3.

1. L'età minima per l'ammissione al lavoro anche degli apprendisti è fissata a sedici anni compiuti.