La ciudadela del Nemagon
 
Virginia Cruz                                                                 Cristòbal Garcìa e Hilario Calero
 
Sono quasi le 18 e il sole sta scendendo velocemente.
Nella "Ciudadela del Nemagòn", a ridosso della Asamblea Nacional, c'è molto fermento.
Cominciano ad accendersi i primi fuochi per far da mangiare ed altri per bruciare le erbacce e la spazzatura. C'è ordine e una discreta pulizia tra le numerosissime capanne costruite con cartoni, tende e plastica nera.
Nel giro di due giorni è sorto un vero e proprio accampamento pieno di dignità, nonostante l'evidente povertà che colpisce tutte le migliaia di persone presenti.
Arrivo per parlare con la gente, per sapere come vanno le cose, come si stanno organizzando e quali sono le principali difficoltà.
Immediatamente si crea un numeroso cappannello di visi che ascoltano attente le persone che si decidono a parlare.
Non ci vuole molto per convincerle. Con molte ci si vede e ci si conosce da tempo e inoltre c'è la voglia di comunicare, di far sapere al mondo che cosa sta succedendo.
Poco distante, due ragazzi del Colegio Hispano-Americano stanno filmando e parlando con altre persone. Vogliono organizzare una mostra e una proiezione all'interno della propria scuola per raccogliere fondi e comprare alimenti per i bananeros.
E' un primo importante segnale che la solidarietà del popolo nicaraguense si sta attivando.
Per il momento si sono fatti presenti alcuni gruppi di religiosi, tra cui padre Antonio Castro, storico sacerdote da sempre legato alla rivoluzione ed alle comunità di base, l'organizzazione Popol Na diretta dalla ex comandante guerrigliera Monica Baltodano, il Centro Nicaraguense de Derechos Humanos (Cenidh) che, in collaborazione con la Procura dei Diritti Umani, gli studenti universitari e altri organismi della società civile, inizieranno un piano di azione per far pressione su governo e Parlamento affinché accolgano le richieste dei bananeros.
Anche i mezzi d'informazione continuano a farsi presente nell'accampamento raccogliendo testimonianze e pubblicando le notizie.
L'Associazione Italia-Nicaragua, oltre alle attività che si svolgeranno in Italia, ha stanziato una somma per l'acquisto di plastica nera indispensabile per la costruzione dei tetti e delle pareti delle capanne e a breve, inizierà l'acquisto dei medicinali più urgenti che cominciano già a scarseggiare.
Le condizioni non sono comunque facili in questa torrida estate.
 
"La Ciudadela del Nemagòn"
 
Cristòbal Garcìa, un anziano bananero, comincia senza indugi "Ci stiamo lentamente sistemando, anche se le condizioni sono quelle che sono. Molta gente comincia a soffrire di dolori e soprattutto di problemi di stomaco. Il Ministero della Sanità (MINSA) ha messo a disposizione un dottore che viene tutti i giorni dalle 8 alle 12, ma alla fine non ha mai medicine da darci, per cui si ripete la storia di sempre. Ti danno una ricetta ma nessuno ha soldi per comprare.
Prima della partenza abbiamo detto alla gente di portarsi delle medicine, ma stanno finendo e quindi cerchiamo di condividerle con chi non ne ha più.
Stiamo aiutandoci anche con la medicina naturale. Qui è pieno di eucalipto e quindi facciamo tisane, impacchi e infusi da aspirare con le foglie per chi ha tosse e catarro.
Abbiamo acqua potabile e quattro bagni, ma per quasi 5 mila persone sono davvero pochi.
Per fortuna è arrivata la plastica nera e come vedi, la maggior parte riesce già a ripararsi. Manca ancora per un 30% della gente.
Per quello che riguarda gli alimenti, ci sono vari gruppi che cominciano ad aiutarci e quindi il cibo per ora non ci manca.
E' una situazione difficile, ma da qui non ci muoviamo".
 
Il discorso va immediatamente sul piano delle loro richieste.
Hilario Calero e Denis Zapata non nascondono il loro scontento. "L'impressione che abbiamo è che il governo e i deputati stiano cercando di evitarci. Ieri è venuto il Ministro Augusto Navarro e abbiamo fatto un'assemblea. Alla fine la discussione è stata forte perché non diceva niente. Il discorso è sempre lo stesso. Che non ci sono i soldi, che lui non c'entra e ha anche detto che se le cose peggiorano abbandonerà l'incarico.
Proprio di oggi è la notizia che i deputati si aumenteranno lo stipendio. Per loro, quindi, i soldi ci sono, ma per i poveri, per i contadini, il proletariato, non c'é mai niente.
Oggi dovevamo anche consegnare il progetto di legge per la Pensione vitalizia, ma la Prima Segreteria della Asamblea Nacional non ci ha ricevuti, facendoci dire da un incaricato era dovuta andare in ospedale ed ora non sappiamo quando potremo presentarlo.
Ci stanno evitando e c'è qualcosa di strano che sta succedendo".
 
Le voci si sovrappongono. Ognuno vuole dire la sua, vuole partecipare e il gruppo s'ingrossa.
Luis Manuel Martìnez, leader degli ex lavoratori della caña de azucar, parla con sicurezza.
"Non so cosa ci sia sotto, ma stanno preparando qualcosa. Noi siamo decisi ad andare fino in fondo e staremo qui indipendentemente dal tempo che ci vorrà. Siamo varie organizzazioni.
I bananeros ammalati, i lavoratori della canna da zucchero, il Movimiento Pro Vivienda e le organizzazioni a cui spettano gli utili del 25% di alcune imprese del banano e della canna da zucchero.
Ci siamo uniti perché è l'unico modo per far sentire la nostra voce e resteremo qui fino a che non verranno risolte le problematiche di tutti i settori.
Per i pesticidi usati nell'Ingenio San Antonio (zuccherificio) sono morte quasi mille persone per insufficienza renale cronica. I bananeros morti sono già 842. In totale sono quasi duemila persone e questo non lo possiamo accettare.
Siamo una grande forza e il governo lo sa perfettamente e non lo faremo dormire tranquillo".
Interviene ancora Hilario per parlare della dichiarazione della Dole.
"E' una cosa assurda, criminale. Il Nemagòn ha causato molto di più della sterilità e loro sanno che hanno infettato migliaia di persone, ma continuano a negarlo. Sappiamo anche che stanno cercando di fare pressione sulla Asamblea per derogare la Legge 364 e questo sarà uno dei temi della nostra lotta. Governo e deputati vengono da noi solo quando sono in campagna elettorale. Lì sì che contiamo qualcosa. Ci promettono un sacco di cose e poi resta tutto come prima. La nostra unità sarà la nostra forza".
 
Ormai è buio e in tutto l'accampamento risplendono i fuochi su cui stanno cucinando.
Il gruppo si disperde salutando e ci si dà appuntamento a domani.
Siamo al quarto giorno di permanenza, a 14 giorni dalla partenza da Chinandega e il morale è alto come non mai, nonostante le difficoltà.
 
(Testo e foto Giorgio Trucchi)
 
 
 
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