I bananeros, come promesso fin dall'inizio della loro quarta
marcia il 20 febbraio scorso, hanno iniziato ad alzare il tiro della loro
protesta.
A 8 giorni dal loro arrivo a Managua non hanno ancora avuto
un segnale d'interesse, anche minimo, da parte del governo, dei deputati e
dei partiti.
A parte l'insignificante visita del Ministro
dell'agricoltura, Augusto Navarro e la presentazione alla Prima Segreteria della
Asamblea Nacional del progetto di legge per la pensione vitalizia, da parte del
mondo politico la presenza dei bananeros e degli altri settori che si sono uniti
alla lotta è passata pressoché inosservata, troppo presi probabilmente a
risolvere problemi interni ed a confabulare per l'approvazione di varie leggi
che, a detta loro, saranno per il beneficio delle classi più povere.
Queste "classi povere" e inoltre gravemente malate, sono
invece davanti ai loro occhi ogni volta che i deputati escono dal Parlamento e
ogni volta che il Presidente della Repubblica si reca alla Casa
Presidenziale.
Tutti i giorni li vedono aggirarsi a migliaia tra le loro
tende fatte di cartone e plastica nera, in cerca di cibo o di un po' di ombra
che li ripari dal sole cocente di questa estate nicaraguense, ma sembra che ciò
non basti.
Non una dichiarazione, una parola, un commento che faccia
pensare che almeno hanno presente ciò che sta accadendo. Il nulla più
assoluto.
I bananeros hanno quindi deciso di iniziare con il piano
previsto che contempla quattro fasi, una più drammatica dell'altra.
Secondo Victorino Espinales, presidente della Asotraexdan,
una delle organizzazioni degli ex lavoratori e lavoratrici ammalati per il
Nemagòn "oggi, davanti all'insensibilità che sta dimostrando la nostra classe
politica, abbiamo convocato i mezzi d'informazione e le organizzazioni che
sempre ci sono state vicine per far conoscere le nostre prossime azioni. Azioni
disperate, ma che dobbiamo iniziare per rispettare quanto abbiamo dichiarato.
Questa è una marcia senza ritorno e se dovremo morire, lo faremo. Non abbiamo
più nulla da perdere e le nostre morti ricadranno su questa classe politica che
ci tratta come se non esistessimo.
Ci siamo riuniti ed avevamo due possibilità: iniziare con una
protesta di disobbedienza civile che ci avrebbe però condotti a uno scontro con
i corpi della Polizia o formulare un piano che facesse capire chiaramente che
siamo disposti a tutto ed abbiamo scelto quest'ultimo.
Oggi abbiamo scavato queste fosse e stiamo dando una
dimostrazione di cosa accadrà a partire da domani se non si apriranno degli
spiragli di dialogo.
A gruppi di 30 persone c'interreremo vivi, lasciando fuori
solo la testa, perché questo è il futuro che ci aspetta se non ci aiutano a
risolvere i nostri problemi.
Altri gruppi di 30 inizieranno uno sciopero della fame ad
oltranza.
Se i deputati e il governo se ne andranno in vacanza per le
feste di Pasqua senza prima averci ricevuti, continueremo con le crocifissioni
di altri compagni e compagne e per ultimo siamo pronti ad immolarci dandoci
fuoco.
Hanno ancora una
settimana di tempo e speriamo davvero che comincino a ragionare.
Il problema qui non è solo quello che noi abbiamo subìto con
il Nemagòn e che i cañeros hanno subìto con altri pesticidi, ma anche una
politica di governo che lascia libertà d'utilizzo a pesticidi che sono stati
proibiti già in quasi tutto il mondo.
Gli Stati Uniti e le loro multinazionali ci impongono
condizioni sanitarie rigidissime quando il Nicaragua vuole esportare prodotti
freschi come carne, vegetali e formaggi, ma se questi prodotti sono inquinati è
soprattutto colpa loro e dell'uso che hanno fatto e che continuano a fare sul
nostro territorio.
Il Nemagòn ha un potere residuale di circa 160 anni, è
estremamente leggero e con il vento si spargeva per decine e decine di
chilometri. Si diluisce rapidamente nell'acqua e corre con essa. Come possiamo
sapere il grado di inquinamento delle falde acquifere e della terra nei
dipartimenti di Chinandega e Leòn e fino a dove si è spinto?
Siamo quindi disposti a tutto e domani (giovedì 10 marzo) ci
ritroveremo con un folto gruppo di organizzazioni dei diritti umani e della
società civile per stabilire un piano d'intervento e d'azione per i prossimi
giorni. La lotta è qui e la porteremo avanti a costo delle nostre vite.
Sentiamo che la solidarietà sta aumentando e questo ci dà
forza. Abbiamo lanciato un appello per gli alimenti che stanno finendo e per le
medicine che scarseggiano. La gente comincia a soffrire di forti dolori e
soprattutto di stomaco".
Nella giornata di oggi si è fatto anche presente il Centro
Nicaraguense de Derechos Humanos (Cenidh) e altre organizzazioni che
parteciperanno alla riunione di domani 10 marzo.
Uno dei principali promotori del Cenidh, Dott. Izabà, ha
confermato le affermazioni di Espinales dicendo che "ciò che sta accadendo è
drammatico, come è drammatico il silenzio dei politici di fronte a queste cose.
La richiesta deve essere ancora più amplia e si deve lottare per far sì che il
governo nicaraguense impedisca l'entrata nel paese dei 12 pesticidi che fanno
parte della Lista Maledetta. E' assurdo che il Ministro dell'agricoltura abbia
permesso la loro entrata e il loro utilizzo chiedendo solo delle rigide misure
per l'applicazione. Questi prodotti devono essere banditi come è stato fatto in
quasi tutto il mondo".
Intanto l'Associazione Italia-Nicaragua ha effettuato
l'acquisto e la consegna di plastica nera e medicine, prescritte dal dottore che
sta operando nell'accampamento.
Continuiamo la mobilitazione, con
l'invio dei messaggi di pressione alle istituzioni, con la raccolta di firme nei
negozi del Commercio equo, con la raccolta di fondi, con iniziative che possono
sorgere dall'inventiva e originalità di chiunque riceva questi messaggi e con la
diffusione capillare delle informazioni.