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16. Arjunasya vane vāsa

( Il soggiorno di Arjuna nella foresta I, 205-210)


                              CCV


   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così avendo fatto l'accordo insieme abitavano là i pāṇḍava,
     	sottomettendo con la forza delle armi gli altri sovrani,

   2 	e dei cinque leoni fra gli uomini dall'incommensurabile splendore, 
     	di tutti quei principi era Kṛṣṇā l'obbediente moglie,

   3 	essi da lei, e lei dai cinque eroi suoi mariti,
     	era supremamente amata come Sarasvatī dai nāga, 

   4 	secondo il dharma vivendo i pāṇḍava grandi anime,
     	prosperavano tutti i kaurava, senza danni, e pieni di felicità,

   5 	quindi dopo lungo tempo o signore di popoli, di un certo brahmano,
     	alcuni ladri presero le vacche, o migliore dei sovrani,

   6 	essendogli portata via questa ricchezza, il brahmano fortemente infuriato,
     	recatosi a khāṇḍavaprastha, si lamentava coi pāṇḍava:

   7 	“ la mia ricchezza in vacche fu rubata da vili e crudeli uomini dall'anima informe,
     	dal nostro territorio rincorreteli voi che potete o pāṇḍava,

   8 	il burro del brahmano negligente è portato via  dai corvi,
     	il vile sciacallo tocca la tana deserta della tigre,

   9 	portando via gli averi di un brahmano i ladri hanno rotto artha e dharma, 
     	mentre io gridavo forte: ' si prendano le armi!' "

  10 	il pāṇḍava era vicino a quel saggio in forti lamenti,
     	e quelle parole udiva il figlio di Kuntī il conquista-ricchezze,

  11 	e dopo aver udito quel grandi-braccia: "non temere.”disse al ri-nato,
     	ma dove stavano le armi dei pāṇḍava grandi anime,
     	là stava Yudhiṣṭhira il dharmarāja assieme a Kṛṣṇā,

  12 	e incapace di andare via e di entrare era il pāṇḍava,
     	incitato ripetutamente, dalle parole di quel tapino,
     	si lamentava il Kuntīde sentendosi addolorato e pensava:

  13 	“essendo stata rubata la ricchezza ad un povero brahmano,
     	è nostro dovere consolarlo.” così egli era deciso,

  14 	“l'ingiustizia nata dall'incuria del sovrano può essere grandissima, 
     	se io oggi non proteggerò costui che si lamenta sulla nostra porta, 

  15 	e pure la sfiducia nella protezione di tutti noi,
     	nascerebbe in questo mondo, e su di noi vi cadrebbe l'adharma,

  16 	certo entrando io non avrei rispetto per il re, senza dubbio,
     	e per il mio sovrano, il senza-avversari, sarebbe certo un dispiacere, 

  17 	entrando dal re io diverrò un abitante della foresta, 
     	quindi vi sarà o una grande ingiustizia o la mia morte nella foresta,
     	ma pure alla distruzione del corpo il dharma è preferibile.”

  18 	così si risolveva allora il figlio di Kuntī il conquista-ricchezze,
     	ed entrato dal re e salutatolo, o signore di popoli,

  19 	preso l'arco contento rispondeva al brahmano:
     	“o brahmano si vada veloci contro i ladri dell'altrui ricchezza,

  20 	non lontano sono andati quei vili, e tanto avanti noi andremo insieme,
     	finché io possa riprendere dalle mani dei ladri la tua ricchezza.”

  21 	il fortebraccio inseguendoli con arco e armatura, sul carro col suo emblema,
     	disperdendo i ladri con le frecce e riconquistata quella ricchezza,

  22 	al brahmano la restituiva bevendo l'acqua della gloria il pāṇḍava,
     	e tornava alla città, l'eroe ambidestro, distruttore di nemici,

  23 	egli avendo onorato tutti gli anziani che lo accolsero festanti,
     	al dharmarāja disse: “ il mio voto è stato rotto

  24 	l'accordo è stato violato da me, per averti visto, o signore,
     	a vivere nella foresta andrò, questo è l'accordo che abbiamo fatto.”

  25 	così violentemente apostrofato il dharmarāja con queste spiacevoli parole: 
     	“perchè?” così disse afflitto con voce commossa,
     	Yudhiṣṭhira al folti-capelli, il fratello al fratello inamovibile:

  26 	“io sono l'autorità, se tu credi ascolta queste parole o senza macchia,
     	se entrando tu mi hai fatto un dispiacere o eroe,
     	tutto questo io perdono, e non vi è falsità nel mio cuore,

  27 	il minore che entri dal maggiore non commette una colpa,
     	il maggiore che entri dal minore questa è una tragressione,

  28 	torna indietro o grandi-braccia ubbidisci al mio volere,
     	non hai fatto trasgressione al dharma né a me, coll'avermi guardato.”

  29 	Arjuna disse:
     	“non con trucchi si può agire nel dharma, io ti ho udito signore,
     	non mi smuoverò dalla verità, dalla verità io ottengo le mie armi.”

  30 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	egli chiedendo il permesso al re impegnandosi nella castità, 
     	ad abitare nella foresta per dodici anni si recava allora.
     


                              CCVI


   1 	 Vaiśaṁpāyana disse:
     	il grandi-braccia, portatore di gloria ai kaurava, quando si avviava,
     	fu seguito da brahmani grandi anime, e da studiosi dei veda,

   2 	sapienti dei veda e dei vedāṅga, e che meditavano sullo spirito universale,
     	e da puri, e devoti del dio venerabile, e da sūta che erano esperti dei purāṇa,

   3 	e da altri narratori o re, e da asceti abitanti della foresta,
     	e pure da quanti dei ri-nati recitano le storie divine melodiosamente,

   4 	da questi e da molti altri compagni, il rampollo di Pāṇḍu
     	e circondato da dolci cantori, procedeva come il Vāsava tra i marut,

   5 	e varie deliziose foreste e laghi,
     	e fiumi e mari e pure altri luoghi o bhārata, 

   6 	e sacri tīrtha egli vide o toro fra i bhārata,
     	e raggiunta gaṅgādvāra, la sua residenza vi pose il potente,

   7 	riguardo alle sue straordinarie imprese in quel luogo, ascolta da me o Janamejaya,
     	quanto fece quell'anima pura, il migliore guerriero dei pāṇḍava,

   8 	stabilitosi là, il Kuntīde e quei brahmani o bhārata, 
     	i savi produssero sacrifici ad Agni in grande numero,

   9 	quando furono accese le fiammeggianti oblazioni di burro,
     	e fatte le offerte di fiori e poste sulle rive,

  10 	con i sapienti purificati dalle abluzioni, controllati e saldi sul sentiero del bene,
     	enormemente splendeva gaṅgādvāra per quelle grandi anime o re,

  11 	quindi in quel meraviglioso soggiorno stando il rampollo di Pāṇḍu,
     	per l'abluzioni discendeva dunque alla Gaṅgā il Kuntīde, 

  12 	egli compiute le abluzioni e soddifatto gli antenati,
     	volendo uscire dall'acqua per il desiderio di compiere i riti al fuoco,

  13 	fu trattenuto quel grandi-braccia dalla figlia del re dei nāga,
     	da Ulūpī piena di desiderio, dentro l'acqua o grande re, 

  14 	colà vide il pāṇḍava un fuoco bellissimo,
     	nella onoratissima dimora di Kauravya il re nāga, 

  15 	qui compiva i riti del fuoco il figlio di Kuntī, il conquista-ricchezze,
     	e l'offerta che fece perfettamente calmo, soddisfece il fuoco che divora le offerte,

  16 	compiuto il rito del fuoco, alla figlia del re dei nāga allora
     	quasi ridendo il Kuntīde questo discorso disse:

  17 	“perchè o timida, questo rapimento compisti, o splendida,
     	e quale meraviglioso luogo è questo, e chi tu sei e di chi la figlia?"

  18 	Ulūpī disse:
     	“nella famiglia di Airāvata è nato il serpente Kauravya di nome,
     	di lui io sono la figlia o pṛthāde, serpentessa di nome Ulūpī,

  19 	io, mentre tu scendevi al fiume per le tue abluzioni,
     	ti vidi o Kuntīde, e dal desiderio amoroso fui presa,

  20 	io sono stata colpita dal dio dell'amore per te, o rampollo dei kuru,
     	 me e nessun'altra rendi felice ora, col veloce dono di te stesso.”

  21 	Arjuna disse:
     	“la castità per dodici anni, questo a me o bellissima,
     	ha comandato il dharmarāja, io non sono padrone di me stesso,

  22 	e pure il tuo piacere io desidero fare o abitante le acque,
     	e nessuna falsità fu mai pronunciata da me prima d'ora,

  23 	come può esserci la mia sincerità e insieme il tuo piacere?
     	se non fosse ferito il mio dharma allora lo farei o ninfa serpentina.”

  24 	Ulūpī disse:
     	“io so o pāṇḍava  perchè tu ti aggiri sulla terra
     	e come a questa castità ti fu comandata dal fratelllo maggiore

  25 	vicendevolmente uniti essendo con la figlia di Drupada:
     	'chi di noi entrasse per errore quello di noi per dodici anni
     	nella foresta pratichi la castità.' così fu fatto il vostro accordo,

  26 	questo fu il reciproco esilio stabilito a motivo di Draupadī,
     	là questo fu da voi fatto per il dharma, ma qui il dharma non si rompe, 

  27 	e una difesa si deve fare agli sfortunati, o grandi-occhi,
     	e avendo fatta la mia difesa il tuo dharma non si sporca,

  28 	o se pure del dharma vi fosse una piccola trasgressione,
     	questo sarebbe il tuo dharma, di ridare la vita a me o Arjuna,

  29 	me devota prendi o pṛthāde, questa è l'opinione dei virtuosi o potente,
     	se non farai così, considera che sarà la mia morte, 

  30 	salvandomi la vita o grandi-braccia, compi il dharma supremo,
     	io vengo a te per aver protezione ora, o migliore degli uomini,

  31 	le donne afflitte senza protettori sempre tu proteggi,
     	io stessa cerco rifugio e forte mi lamento piena di dolore,

  32 	di amore io ti imploro, perciò compi quanto a me è caro,
     	solo tu col dono di te stesso puoi farmi felice.”

  33 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così apostrofato il Kuntīde dalla figlia del re dei serpenti,
     	compiva allora tutto nel dharma, essendone spiegato il motivo,

  34 	nel palazzo dei nāga passava la notte quel glorioso,
     	e al sorgere del sole abbandonava la casa di Kauravya. 
     


                              CCVII


   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	raccontato che ebbe tutto questo ai brahmani o bhārata, 
     	il figlio del'armato di folgore, partiva verso i declivi dell'himalaya,

   2 	raggiunto il luogo agastyavaṭa e il monte di Vasiṣṭha,
     	e a bhṛgutuṅga il Kuntīde purificava sé stesso,

   3 	e offriva migliaia di capi nei santuari dei tīrtha,
     	e case dava ai brahmani il migliore dei kuru,

   4 	e nel tīrtha di hiraṇyabindu bagnatosi, il migliore degli uomini,
     	scorgeva la migliore montagna e i sacri santuari,

   5 	attraversando il migliore degli uomini, assieme ai brahamani,
     	verso le regione orientali si recava, desiderando vederle quel toro fra i bhārata, 

   6 	in successione i tīrtha visitava il migliore dei kuru, 
     	e la bella fiumama utpalinī in direzione della foresta naimiṣa,

   7 	la nandā e l'aparanandā e la famosa kauzikī
     	e il grande fiume gayā e la anche la Gaṅgā, o bhārata,

   8 	così tutti quei tīrtha vedendo e gli āśrama,
     	facendo un fuoco per sé, ricchezze distribuiva ai brahmani,

   9 	e tra aṅga, vaṅga e kaliṅga alcuni dei più sacri luoghi che c'erano
     	e tutti quei tīrtha e santuari, visitava,
     	e questi avendo visto secondo le regola pure qui diede ricchezze,

  10 	all'entrata del regno di kaliṅga i brahmani che seguivano il pāṇḍava,
     	dando licenza al kuntīde, da lui si separarono,

  11 	avuto il loro permesso il figlio di Kuntī, il conquista-ricchezze,
     	quel potente con pochi compagni partiva verso il mare,

  12 	attraversate le regioni dei kaliṅga e i loro santuari,
        visitati, gradevoli e pieni di dharma, partiva quel forte,
                    
  13 	e vista la montagna mahendra ornata dagli asceti,
     	lentamente lungo la riva del mare giungeva a maṇalūra,

  14 	e là tutti i sacri tīrtha e rifugi ascetici,
     	e quel grandi-braccia avvicinandosi incontrava un sovrano della terra,
     	il signore di maṇalūra o re, il sapiente nel dharma Citravāhana,

  15 	sua figlia di nome Citrāṅgadā era molto bella di aspetto,
     	e la vide per caso aggirarsi in quella città,

  16 	e vedendola con splendide natiche, fu colto da amore per la figlia di Citravāhana,
     	e avvicinando il re, gli fece conoscere la sua intenzione,
     	e a lui disse il re questo discorso conciliante:

  17 	" un re di nome Prabhaṁkara vi era in questa famiglia,
     	senza figli, per aver discendenza praticava un supremo tapas,

  18 	con quel terribile tapas fatto in suo omaggio, Śaṃkara,
     	il signore, Mahādeva il marito di Umā, fu da lui soddisfatto,

  19 	il beato a lui diede un unico figlio nella famiglia,
     	e un unica figliolanza perciò in questa famiglia sempre vi è,

  20 	e principi maschi nacquero da tutti i miei antenati,
     	ma a me una figlia è nata, e certo per la prosecuzione della famiglia,

  21 	un figlio di cui ella sarà genitrice o migliore degli uomini sarà mio,
     	ella sarà data a questa condizione come madre di mio figlio, o toro tra i bhārata,

  22 	questo sia il suo prezzo, lei faccia nascere il prosecutore della famiglia,
     	con questo accordo prendila o pāṇḍava."

  23 	e rispondendo di si, egli prese la fanciulla,
     	e visse in quella città il kuntīde per tre inverni.
     	


                              CCVIII


   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	quindi i tīrtha lungo il mare meridionale il toro dei bhārata,  
     	visitava santissimi e adornati da asceti,

   2 	ma gli asceti trascuravano cinque tīrtha,
     	che prima erano stati frequentati dagli asceti,

   3 	l'agastyatīrtha il saubadra e il pauloma santissimo,
     	e il kāraṁdhama propizio che era frutto di un aśvamedha,
     	e il tīrtha di Bharadvāja, grande purificatore dei mali,

   4 	deserti vedendo allora questi tīrtha il pāṇḍava,
     	e vedendoli trascurati dai muni sapienti del dharma,

   5 	agli asceti allora chiese a mani giunte il rampollo dei kuru:
     	“per quale motivo o recitatori del brahman questi tīrtha evitate?”

   6 	gli asceti dissero:
     	“cinque coccodrilli abitano in questi e fanno preda di noi ricchi in tapas,
     	perciò sono abbandonati questi tirtha o rampollo dei kuru.”

   7 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	udendo le loro parole, pur trattenuto dai ricchi in tapas il grandi-braccia,
     	il migliore degli uomini andava a vedere quei tīrtha,

   8 	quindi fermatosi nel saubhadra supremo tīrtha del grande ṛṣi
     	entrato veloce, il prode il bagno faceva quel distruttore di nemici,

   9 	quindi un grande abitante delle acque, un coccodrillo afferrava,
     	in acqua, il figlio di Kuntī il conquista-ricchezze, tigre fra gli uomini,

  10 	il kuntīde allora, afferrando quell'abitante delle acque capace di maciullare,
     	quel grandi-braccia lo alzava con forza, il migliore dei forti,

  11 	il coccodrillo tirato fuori dal glorioso Arjuna,
     	divenne una donna bella e adornata di ogni ornamento,
     	luminosa, prospera o re, di forme divine, affascinante,

  12 	quel grande prodigio vedendo il figlio di Kuntī, il conquista-ricchezze,
     	a quella donna con suprema gioia disse questo discorso:

  13 	“chi sei tu o bella, e in che modo divenisti un animale acquatico?
     	e per quale ragione questa grande malvagia azione hai compiuto prima?”

  14 	la donna disse:
     	“un apṣaras io sono in una divina foresta residente o grandi-braccia
     	desiderata sempre dal re delle ricchezze, di nome sono Vargā o fortissimo,

  15 	io ho altre quattro amiche, tutte belle, capaci di muoversi secondo il loro desiderio,
     	assieme a queste, mentre andavo verso il palazzo dei lokapāla

  16 	vedemmo tutte un brahmano dai ferrei voti,
     	bello, studioso, e che stava da solo in un luogo solitario,

  17 	per il suo tapas o re, quella foresta era coperta di splendore,
     	come fosse il sole egli quell'intero luogo illuminava,

  18 	di lui vedendo un tale tapas, e l'aspetto meraviglioso a vedersi,
     	scendevo in quel luogo per desiderio di fargli rompere il tapas,

  19 	io e Saurabheyī e Samīcī e Budbudā e Latā,
     	insieme quel savio raggiungiammo o bhārata,

  20 	cantando e ridendo e seducendo quel ri-nato,
     	ed egli a noi non pose mente in alcun modo o eroe,
     	non fece un tremito lo splendido, saldo nel suo puro tapas, 

  21 	ma offeso quel brahmano ci malediva o toro degli kṣatriya:
     	“diventate coccodrilli voi nell'acqua vivrete cento anni.”
     


                              CCIX


   1 	Vargā disse
     	“quindi noi tutte spaventate o migliore dei bhārata,
     	andiamo a in cerca di rifugio dal savio ricco in tapas, e incrollabile,

   2 	“orgogliose della nostra bellezza e gioventù e infiammate di desiderio,
     	un peccato facemmo, tu devi perdonarci o ri-nato,

   3 	questa punizione per noi è eccessiva o ricco in tapas,
     	per noi che qui siamo venute per sedurre te dall'anima salda,

   4 	non si devono colpire le donne abbandonate, così pensano i meditanti del dharma, 
     	perciò secondo il dharma o sapiente del dharma, non puoi colpirci così,

   5 	verso tutti gli esseri o sapiente del dharma, amico si dice il brahmano,
     	fai che sia vero o nobile signore, questo detto dei sapienti,

   6 	e i saggi proteggono coloro che vengono per protezione,
     	noi ci inchiniamo a te per aver protezione, perciò tu ci devi perdonare.”

   7 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così apostrofato quel brahmano dall'anima giusta e dal migliore agire,
     	si calmava o eroe, lui che aveva uguale splendore del sole e della luna.

   8 	il brahmano disse:
     	“centomila è espressione di tutto, dell'universale, e di eternità,
     	ma il numero cento non esprime l'eternità,

   9 	e quando voi, divenute dei coccodrilli, che afferrano gli uomini nell'acqua,
     	qualche ottimo uomo, vi trascini fuori dall'acqua, sulla riva,

  10 	allora voi di nuovo tutte, riacquisterete le vostre forme,
     	una cosa falsa io non dissi mai prima, neppure per scherzo,

  11 	e tutti questi tīrtha da qui in avanti dunque,
     	col nome di nārītīrtha universalmente quaggiù saranno conosciuti,
     	e sacri diverrano, e purificatori degli uomini.”

  12 	Vargā disse:
     	“allora salutato quel savio e fatto a lui la pradakṣiṇa, 
     	pensavamo, abbandonando quel luogo molto afflitte,

  13 	quale fosse il nome di quell'uomo che in breve tempo noi tutte
     	incontrando, ci ridasse di nuovo il nostro aspetto,

  14 	noi a questo così pensando qualche momemto o bhārata,
     	vedemmo l'illustre, il divino ṛṣi Nārada,

  15 	tutte eccitate di gioia fummo, vedendo il ṛṣi divino, dall'infinito splendore,
     	e salutatolo o pṛthāde, stemmo immobili con viso tremante,

  16 	egli ci chiese il motivo del nostro dolore e noi lo dicemmo,
     	e udito come era avvenuto questo, queste parole ci disse:

  17 	'sulla riva meridionale del mare cinque tīrtha sacri vi sono
     	santi e belli, a questi andate in fretta, 

  18 	là in breve tempo, la tigre fra gli uomini, il pāṇḍava, il conquista-ricchezze,
     	vi libererà, quell'anima pura da questo dolore, non vi è dubbio.'

  19 	il suo discorso udendo tutte noi o eroe, qui siamo venute,
     	e questo si è avverato, oggi invero fui liberata da te o senza-macchia,

  20 	ma le altre quattro amiche sono ancora nell'acqua,
     	compi questa buona azione o eroe, tutte loro  liberando.”

  21 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	allora il migliore dei pāṇḍava tutte loro o signore di popoli,
     	liberava da quella maledizione, quel valoroso dall'animo saldo, 

  22 	tirate fuori da quell'acqua e riavuto il proprio corpo,
     	allora quelle apsaras o re, si mostrarono come erano prima,

  23 	e avendo purificato i tīrtha salutandole quel potente,
     	per rivedere ancora Citrāṅgadā alla città dei maṇalūra si recava,

  24 	da lei generava un figlio: il re Babhruvāhana,
     	avendo visto costui, il pāṇḍava o re, verso gokarṇa partiva.
     


                              CCX


   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	egli all'estremità occidendale i tīrtha sacri e i santuari
     	tutti, uno dopo l'altro visitava quel valoroso senza pari,

   2 	e all'estremo mare occidentale quei tīrtha e santuari che v'erano,
     	in tutti quelli essendo andato egli a prabhāsa si avvicinava,

   3 	raggiunta la regione di prabhāsa, l'invincibile Bībhatsu, 
     	mentre si aggirava tra i tīrtha, veniva a saperlo l'uccisore di Madhu,

   4 	quindi il mādhava si recava verso il kuntīde senza saperne il nome, 
     	si videro allora, l'un l'altro a prabhāsa Kṛṣṇa e il pāṇḍava,

   5 	i due l'un l'altro abbracciandosi e chiedendosi come stai? nella foresta
     	stavano quei due cari amici, invero i due ṛṣi Nara e Nārāyaṇa,

   6 	quindi Vāsudeva ad Arjuna chiedeva del suo viaggio:
     	“per quale ragione o pāṇḍava in questi tīrtha ti aggiri dunque?”

   7 	allora Arjuna tutto gli raccontava come era accaduto,
     	e avendo udito ciò, il potente re dei vṛṣṇi diceva: “ così sia!”

   8 	i due passando il tempo a loro piacere a prabhāsa, Kṛṣṇa e il pāṇḍava
     	al monte raivataka per risiedervi si avvicinavano,

   9 	un tempo per ordine di Kṛṣṇa, quel monte 
     	degli uomini avevano adornato, e portato là dei cibi,

  10 	avendo accettata ogni cosa Arjuna, e avendone goduto il pāṇḍava,
     	assieme a Vāsudeva guardava attori e danzatori,

  11 	e avendo salutato inchinandosi, e onorando tutti loro il pāṇḍava,
     	ad un divino ospitale letto si recava, quello spledidissimo,

  12 	e la sua visita ai tīrtha e ai monti o bhārata, 
     	e ai fiumi e foreste raccontava al principe sātvata,

  13 	e raccontata quella storia, dal sonno o Janamejaya,
     	il kuntīde era rapito, in quel letto simile a quelli del paradiso, 

  14 	da un dolce canto e dal suono della vīṇā, o senza macchia,
     	risvegliato si alzava con benedizioni di auspico allora,

  15 	compiuti i necessari riti e salutato dal principe vṛṣṇi,
     	con un carro con le parti d'oro, partiva verso dvārakā

  16 	tutta adornata era dvārakā o Janamejaya,
     	per onorare il figlio di Kuntī, persino nelle abitazioni,

  17 	e la gente che abitava a dvārakā per vedere il kuntīde,
     	lungo il percorso del sovrano veniva velocemente a centinaia di migliaia,

  18 	sotto gli occhi di centinaia di migliaia di donne,
     	in compagnia dei bhoja dei vṛṣṇi e degli andhaka era quel grande,

  19 	allora onorato da tutti i figli dei bhoja dei vṛṣṇi e degli andhaka, 
     	e salutando e salutato da tutti era molto felice,

  20 	dai principi ovunque, l'eroe con onore era salutato, 
     	tutti i pari età abbracciando egli ripetutamente,

  21 	nel bel palazzo di Kṛṣṇa pieno di gemme e di provviste,
     	abitava là assieme a Kṛṣṇa, per numerose notti.