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19. Khāṇḍavadāhākhya

( Il racconto dell'incendio di Khāṇḍava I, 214-225)


                              CCXIV


   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	ad indraprastha abitando essi, altri sovrani uccisero
     	per ordine del re Dhṛtarāṣṭra e del figlio di Śaṃtanu,

   2 	rifugiandosi nel dharmarāja tutto il mondo abitava felice, 
     	come i viventi nel proprio corpo, purificato da qualità e azione,

   3 	e il toro dei bhārata ugualmente attendeva a dharma, kāma ed artha,
     	come se questi tre fossero parenti egli li onorava come uno deve coi parenti, 

   4 	come se di questi tre, divisi e fatti corporei sulla terra, 
     	come quarto il sovrano apparisse dopo dharma, artha e kāma,

   5 	un supremo studioso dei veda, un celebrante dei grandi sacrifici,
     	un buon protettore dei varṇa, ottenevano con quel sovrano,

   6 	la prosperità era la regola, il pensiero la suprema risorsa,
     	il dharma un parente era interamente per quel sovrano,

   7 	insieme ai quattro fratelli il re supremamente risplendeva,
     	come un grande sacrificio accompagnato dalle recitazioni dei veda,

   8 	attorno a lui v'erano i sapienti a cominciare da Dhaumya,
     	e i preminenti simili a Bṛhaspati come gli immortali attorno Prajāpati,

   9 	essendo il dharmarāja senza macchia come la luna piena, pieni di gioia
     	gli occhi, e i cuori delle creature interamente si rallegravano,

  10 	non solo le creature si rallegravano per la sua natura divina,
     	ma egli agiva compiendo quanto era caro ai loro cuori,

  11 	né disattenzione né falsità né ingiustizia né spiacevolezza,
     	si conosceva fosse stata detta dall'intelligente pṛthāde dalle belle parole,

  12 	egli il bene di tutto il mondo, e di sé pure
     	desiderando fare, quello splendidissimo, quel migliore dei bhārata gioiva,

  13 	quindi tutti i pāṇḍava felici, e liberi da afflizioni,
     	vivevano catturando i sovrani della terra col loro splendore, 

  14 	quindi dopo alcuni giorni Bībhatsu disse a Kṛṣṇa:
     	“durante la stagione calda o Kṛṣṇa, andiamo verso la yamunā,

  15 	circondati dagli amici là trascorrendo il tempo o distruttore di Madhu,
     	alla sera di nuovo torniamo se piacerà a te o Janārdana."

  16 	Vāsudeva disse:
     	“o figlio di Kuntī anche a me piace che nell'acqua,
     	circondati dagli amici o pṛthāde, passiamo il tempo felicemente.”

  17 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	salutando e chiedendo il permesso al dharmarāja o bhārata, 
     	andarono allora i due, il pṛthāde e Govinda circondati dagli amici,

  18 	raggiunto il luogo della gita, supremamente coperto di alberi,
     	pieno di variegate case simile alla dimora del dio distruttore di fortezze,

  19 	con cibi vari e bevande e succhi preziosi,
     	e di ghirlande varie fornito ciascuno dei due, sia il vṛṣṇi che il pṛthāde,

  20 	sedevano i due con abbondanza di varie e belle gemme,
     	e tutta la gente giocava secondo l'inclinazione o bhārata,

  21 	alcuni nella foresta, altri nell'acqua, e altri camminando nelle case,
     	secondo il luogo e il piacere se la spassavano i due: Kṛṣṇa e il pṛthāde,

  22 	sia Draupadī che Subhadrā abiti e gioielli
     	presiosi offrivano alle donne, eccitate dal bere,

  23 	e alcune gioiose danzavano e altre gridavano,
     	e altre ridevano e altre non nobili, bevevano preziose bevande,

  24 	e altre si lamentavano e si colpivano l'un l'altra,
     	e altre si consultavano in privato vicendevolmente,

  25 	e dei flauti di canna e dei dolci tamburi ovunque,
     	coi loro suoni riempivano quella sovrabbondante foresta,

  26 	in quel frangente i due, il rampollo dei kuru e quello dei dāśārha,
     	vicino giunsero ad un certo luogo bellissimo,

  27 	e là giunti quelle due grandi anime Kṛṣṇa e il figlio del dio distruggi-fortezze,
     	su due preziosi seggi o re allora insieme sedevano, 

  28 	e là di antiche e piacevoli vicende di coraggio passate,
     	di molte avendo raccontato, i due il pṛthāde e il mādhava si rallegravano,

  29 	là erano seduti i due, gioiosi come i due aśvin sulla volta del cielo,
     	si avvicinava allora un brahmano a Vāsudeva e al conquista-ricchezze,

  30 	simile ad un albero di palma appariva, della luce dell'oro, 
     	giallobruno, con un barba giallo-rossastra, regolare in altezza e larghezza,

  31 	giovane, simile al sole all'apparenza, vestendo di nero e con i capelli a crocchia,
     	con occhi come foglie di loto giallo, per splendore quasi fiammeggiante,

  32 	lasciato avvicinare quello splendido e ottimo ri-nato i due Kṛṣṇa,
     	Arjuna e Vāsudeva rapidamente alzandosi, stavano in piedi.
     


                              CCXV


   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	egli disse ad Arjuna e al sātvata Vāsudeva:	
     	“o eroi senza uguali al mondo, che siete vicino alla foresta khāṇḍava,

   2 	io sono un brahmano dal grande appetito, io mangio sempre senza misura,
     	la bhikṣa o vṛṣṇi e pṛthāde, ciascuno dei due a soddisfarmi datemi.”

   3 	così apostrofati, a lui dissero allora i due: Kṛṣṇā e il pāṇḍava:
     	“ con quale cibo signore ti soddisfi? di quel cibo noi due ti offriremo.”

   4 	così apostrofato il venerabile disse ad entrambi quei due allora,
     	ai due splendenti eroi che “quale cibo dobbiamo prepare?” chiedevano:

   5 	io non mangio cibo, sappiate che io sono il fuoco che purifica,
     	se del cibo adatto voi due mi volete offrire in dono,

   6 	Indra sempre protegge la foresta di khāṇḍava, 
     	io non posso bruciarla, protetta com'è dal grand'anima,

   7 	sempre risiede qui il suo amico, il serpente Takṣaka,
     	con la sua gente, per questo motivo il dio-tonante protegge la foresta,

   8 	e là molte creature che vi dimorano insieme sono protette,
     	desiderando bruciarla non sono in grado di farlo per la potenza di Śakra,

   9 	egli vedendomi acceso, dalle nuvole tonanti fa cadere la pioggia,
     	quindi non sono in grado di bruciare tale foresta pur desiderando farlo,

  10 	fatta l'alleanza con voi due, esperti delle armi, come alleati,
     	io potrei bruciare questa foresta, questo è il cibo adatto a me,

  11 	da ogni luogo tenete lontani gli scrosci d'acqua e tutti gli esseri, 
     	voi due, ciascuno di voi è sapiente delle supreme armi.”

  12 	così apostrofato rispondeva il Bībhatsu al fuoco che possiede ogni cosa,
     	che desiderava bruciare la foresta khāṇḍava contro il desiderio del Cento-riti:

  13 	“io possiedo molte frecce supreme e divine,
     	con quelle io sarei in grado pure, di combattere contro molti dèi con la folgore,

  14 	non ho invece un arco che sia a misura del valore del mio braccio,
     	che compia in battaglia lo sforzo e la potenza che occorre a me,

  15 	e di scagliare rapidamente molte e inesauribili frecce sia mezzo,
     	e non ho un carro capace di trasportare le frecce che desidero,

  16 	e divini cavalli vorrei bianchi, e veloci come il vento,
     	e il carro sia dal rumore del tuono e splendente come il sole,

  17 	inoltre per il valore di Kṛṣṇa nessun'arma si trova adatta,
     	con la quale nāga e piśāca possa uccidere il mādhava in battaglia,

  18 	devi dire a noi due pronti, il modo di agire o beato, 
     	con il quale possa tener lontano la pioggia di Indra dalla grande foresta, 

  19 	noi due siamo pronti all'impresa che l'uomo deve fare o fuoco,
     	ma i mezzi adatti o beato ci devi fornire.”
     


                              CCXVI


   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così apostrofato il divora-offerte che ha il fumo come insegna,
     	pensava a Varuṇa desiderando vedere quel guardiano del mondo,
     	che risiede nell'acqua, l'Aditya, il dio signore dell'acque,

   2 	ed egli quel pensiero conoscendo si mostrava al fuoco,
     	a lui disse il fuoco che ha il fumo per insegna, onorando il signore delle acque,
     	il quarto protettore dei guardiani del mondo, il grande signore:

   3 	“l'arco e le faretre a te date dal re Soma,
     	questi entrambi offri, e anche il veloce carro colla scimmia per insegna,

   4 	una grande impresa il pṛthāde col gāṇḍīva compirà,
     	e con il disco Vāsudeva, anche questo a mio beneficio sia dato.”
     	“io li darò.” così Varuṇa rispondeva al fuoco,

   5 	quindi l'arco meraviglioso, e potentissimo che accresce fama e gloria,
     	invincibile da ogni arma, e distruttore di ogni arma,
     	il più grande di tutte le armi, molesto agli eserciti nemici,

   6 	da solo pari a centomila, che incrementa i regni,
     	splendente, di variegati colori, lucente, polito, privo di difetti,

   7 	venerato da dèi, dānava, e gandharva per inesauribili anni,
     	quel gioiello di arco offriva, e due faretre inesauribili,

   8 	e un carro divino aggiogato a divini cavalli, con una grande scimmia per bandiera,
     	fornito di cavalli gandharva, argentei e inghirlandati d'oro,
     	simili a pallide nubi, e in velocità pari al pensiero e al vento,

   9 	pronto ad ogni uso, invincibile pure da parte di dèi e dānava,
     	pieno di splendore, dal grande frastuono, che affascina ogni creatura,

  10 	il quale produsse col suo tapas il signore del mondo, Viśvakarman,
     	signore delle creature incomparabile, che ha la forma del sole,

  11 	su questo avanzando, il signore Soma sconfiggeva i dānava,
     	per bellezza come il sole fiammeggiante immobile tra le nubi,

  12 	è affisso al quel migliore dei carri, bello come l'arma di Śakra,
     	un pennone d'oro, incomparabile per splendore,

  13 	e su questo, una divina scimmia simile a leone o tigre,
     	che quasi gridando, là stando ferma sulla sommità, appare,

  14 	e sulla bandiera là vi erano vari e grandi esseri,
     	che col loro rumore distruggono i sentimenti dei soldati nemici,

  15 	attorno a quel meraviglioso supremo carro, con vari pennoni,
     	girando nella pradakṣiṇa e avendo onorato le divinità,

  16 	armato di corazza e di spada, allacciato il copri-braccio e il copri-dita
     	il pṛthāde saliva su quel carro, come fa un santo uomo su quello celeste, 

  17 	e quel divino quel migliore degli archi fatto anticamente da Brahmā, 
     	il gāṇḍīva imbracciando divenne allora felice Arjuna,

  18 	quindi il valoroso avendo onorato il consuma-offerte,
     	afferrava il forte arco e con facilità lo congiungeva alla corda,

  19 	congiunta la corda dell'arco da quel forte pāṇḍava,
     	quanti ne udivano il rumore là ne avevano la mente scossa,

  20 	ottenuto il carro e l'arco e pure le due inesauribili faretre,
     	divenne pronto con gioia il kuntīde a quell'alleanza,

  21 	quindi il fuoco il disco vajranābha diede a Kṛṣṇa,
     	quell'arma amata dal fuoco e anche egli fu pronto allora,

  22 	e disse a lui il fuoco: “con questo o distruttore di Madhu,
     	anche i non umani in battaglia vincerai, non vi è dubbio,

  23 	con questo tu in battaglia agli uomini e anche agli dèi,
     	ai rakṣas, ai pīśāca, ai daitya e ai nāga sempre superiore
     	sarai, non c'è incertezza nella distruzione dei più potenti nemici,

  24 	e colpo dopo colpo in battaglia o mādhava, i nemici
     	colpendo ininterottamente sul campo, esso nella mano ti ritornerà.”

  25 	e Varuṇa diede ad Hari una mazza pari ad un silenzioso fulmine,
     	capace di fare la fine dei daitya, terribile di nome kaumodakī,

  26 	quindi al fuoco dissero con gioia Kṛṣṇa e il pāṇḍava,
     	quei due esperti d'armi, forniti di proiettili sul carro con le loro bandiere:

  27 	“pronti siamo noi due o beato, pure al combattere con tutti gli dèi e gli asura,
     	come dunque non contro il solo dio-tonante bramoso di battersi per il serpente?”

  28 	Arjuna disse:
     	“ quando il vṛṣṇi valoroso in battaglia scaglia la sua arma, il disco,
     	nei tre mondi non vi alcuno che non sia vinto da Janārdana,

  29 	e imbracciato l'arco gāṇḍīva e le due faretre inesauribili,
     	io pure sono in grado di vincere i mondi in battaglia o dio-purificatore,

  30 	in ogni luogo circonda questa selva con grandi fiamme o potente,
     	a tuo desiderio accendi il fuoco, noi due siamo pronti ad assisterti.”

  31 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così apostrofato il Beato, da Arjuna e dal dāśārha,
     	una splendente forma assunta, si apprestava ad accendere l'incendio, 

  32 	quindi il fiammeggiante dalle sette lingue di fuoco, ovunque circondandola,
     	bruciava la khāṇḍava, feroce apparendo come alla fine di uno yuga,

  33 	prendendo possesso di quella foresta, o toro dei bhārata, 
     	distruggendo con rumore di tuono tutte le creature,

  34 	e l'aspetto di quel fuoco acceso risplendeva o bhārata,
     	come lo splendido oro del meru che è il re dei monti.
     


                              CCXVII


   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	quelle due tigri fra gli uomini, stando con i due carri ai due lati dell'incendio,
     	in tutti i luoghi facevano grande strage di creature,

   2 	ovunque vedevano esseri che abitavano in khāṇḍava,
     	avvicinarsi per protezione là i due eroi attaccavano,

   3 	e rifugi non trovavano per il veloce procedere dei due carri,
     	come vedevano colpivano, quei due dai carri, supremi guerrieri,

   4 	mentre bruciava la foresta migliaia di esseri quindi,
     	producevano terribili suoni gridando dalle dieci direzioni,

   5 	molti con parti bruciate e altri tutti infuocati,
     	e con gli occhi brucianti e rotti, e confusi, e privi di ragione,

   6 	altri abbracciando i figli, altri i padri e le madri,
     	non potevano per l'amore, abbandonarli e perciò andavano a morte,

   7 	altri con evidenti mutilazioni fuggivano a migliaia,
     	e ovunque si agitavano, di nuovo nel fuoco cadevano,

   8 	con gli occhi, i piedi e le ali bruciate si muovevano sulla terra,
     	e ovunque erano scoperte, morivano quelle creature,

   9 	poiche tutte le pozze d'acqua bollivano o bhārata,
     	morti si vedevano pesci e tartarughe a migliaia,

  10 	e coi corpi accesi, gli esseri corporei come dei fuochi,
     	apparivano in quella foresta, quelle creature nella completa distruzione della vita,

  11 	mentre fuggivano, il pṛthāde con le frecce tagliatili a pezzi,
     	sorridendo li gettava poi nel fuoco acceso,

  12 	essi con tutte le membra coperte di freccie, emettendo grandi urla,
     	in alto balzando con forza, ricadevono nel fuoco,

  13 	di quegli abitanti della foresta, colpiti dalle frecce mentre bruciavano,
     	il frastuono si udiva, pari a quello del frullamento dell'oceano,

  14 	anche al cielo salivano le grandi fiamme del gioioso fuoco,
     	e facevano nascere grandissima agitazione agli abitanti del cielo

  15 	quindi tuti i celesti, grandi anime si recarono
     	a chieder rifugio, dal re degli dèi, dal mille-occhi, dal distruggi-fortezze.

  16 	gli dèi dissero
     	“perchè tutti questi uomini sono bruciati dal fuoco?
     	è giunta forse, la distruzione dei mondi o signore degl'immortali?”

  17 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	questo udendo l'uccisore di Vṛtra e guardando di persona, 
     	per salvare la khāṇḍava partiva coi fulvi cavalli,

  18 	il dio-folgorante con una grande nuvola d'acqua di mutevole aspetto,
     	coprendo il cielo, faceva piovere il signore dei celesti,

  19 	quindi in un batterd'occhio, scaricando miriadi di piogge,
     	faceva piovere il mille-ochhi contro l'infuocata khāṇḍava,

  20 	ma incapaci erano quelle piogge, dalla forza del fuoco
     	in cielo si asciugavano, e nessuna raggiungeva il fuoco,

  21 	quindi adirato l'uccisore di Namuci allora la forza del fuoco
     	di nuovo innondava rilasciando molte acque,

  22 	il fuoco unito alle acque, piena di fulmini e di fumo
     	rendeva quella foresta e terribile col suo frastuono di tuono.
     


                              CCXVIII


   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	il pāṇḍava arrestava l'acqua che lui faceva piovere, 
     	con una pioggia di frecce, armi divine mostrando Bībhatsu, 

   2 	e con le frecce da ogni parte l'intera foresta il pāṇḍava
     	copriva, tenendo quindi lontana la pioggia dalla foresta,

   3 	e nessun essere era in grado inoltre di uscirne,
     	essendo ricoperto dai missili che lanciava l'ambidestro,

   4 	Takṣaka però, il fortissimo re dei serpenti non era là,
     	mentre bruciava quella foresta, a kurukṣetra lui era allora, 

   5 	ma là vi era Aśvasena il forte figlio di Takṣaka,
     	un grande sforzo compiva egli per liberarsi dal divora-offerte,

   6 	ma non poteva fuggire colpito dalle frecce del kuntīde,
     	lo liberava la madre figlia del serpente inghiottendolo,

   7 	ingoiata prima la sua testa, ingoiava poi la sua coda,
     	in alto saliva la serpentessa portando il figlio,

   8 	il pāṇḍava con una appuntita freccia bhalla dai larghi bordi la sua
     	testa tagliava mentre andava, la vide il signore dei celesti

   9 	desiderando liberarlo il dio-tonante con acqua e vento, il pāṇḍava
     	confondeva, e nello stesso tempo liberava Aśvasena,

  10 	quella magica tremenda illusione vista e ingannato dal nāga,
     	in due o tre parti tagliava gli esseri volanti o bhārata,

  11 	e irato il Bībhatsu malediva quel serpente 
     	e pure il fuoco e Vāsudeva lo facevano: "che possa divenire senza sostegno."

  12 	quindi Jiṣṇu il cielo del mille-occhi riempiendo con frecce appuntite,
     	combatteva infuriato, ricordando quell'inganno,

  13 	il re degli dèi, però avendo visto Phalguna furioso,
     	la propria arma luminosa scagliava facendo risuonare l'intero cielo,

  14 	quindi un vento da scuotere tutti gli oceani,
     	stando nell'aria faceva nascere, e confuse nuvole piene di pioggia,

  15 	per distruggere ciò, Arjuna anche la suprema arma 
     	del vento attivava con un mantra, conoscendone il modo,

  16 	con questa, il valoroso compiva la distruzione delle nuvole e dei tuoni di Indra,
     	e le acque si seccarono, e i lampi si esaurirono,

  17 	in un momento il cielo divenne libero da furia e tenebre,
     	e per il felice e fresco vento il sole era tornato normale,

  18 	senza limiti gioioso, il divora-offerta che muta d'aspetto,
     	risplendeva acceso dalle fiamme, riempiendo il mondo coi suoi rumori,

  19 	la protezione dei due Kṛṣṇa vedendo, e l'incendio pensando a sé stessi,
     	si riunirono gli uccelli nel cielo, a cominciare da Suparṇa,

  20 	e quei divoratori cogli artigli, i becchi e ali simile a folgori,
     	per afferrarli scesero dal cielo, sui due, su Kṛṣṇa e sul pāṇḍava,

  21 	e combattendo insieme agli uraga vicino al pāṇḍava,
     	emettendo tremendi veleni, con occhi fiammeggianti,

  22 	il pṛthāde vedendo gli uccelli furiosi, li faceva a pezzi con le frecce, 
     	e privi di forza cadevano a corpo morto, nel fuoco acceso,

  23 	quindi i celesti assieme ai gandharva, agli yakṣa, ai raksas, e ai serpenti,
     	partivano emettendo ineguagliabili urla, desiderosi di battaglia,

  24 	imbracciando macchine-fionde a proiettili di ferro,
     	per uccidere Kṛṣṇa e il pṛthāde, con l'impeto aumentato dalla rabbia,

  25 	di questi che urlavano, e scagliavano una pioggia di frecce,
     	il Bībhatsu colpiva le parti superiori con frecce appuntite,

  26 	e Kṛṣṇa lo splendidissimo uccisore di nemici, col disco allora,
     	di daitya e di dānava insieme faceva grande strage,

  27 	alcuni colpiti dalle frecce e altri urtati dalla forza del disco,
     	quasi raggiungendo il limite, si disperdevano quegli splendidissimi,

  28 	quindi Śakra ancora più infuriato il grande signore dei trenta dèi,
     	usando l'elefante bianco attaccava entrambi quei due, 

  29 	la folgore afferrata velocemente, la sua arma, il fulmine scagliava,
     	“morti sono quei due!” così disse ai celesti il distruttore degli asura,

  30 	quindi vedendo alzato il grande fulmine dal dio Indra
     	afferrarono tutte le armi, ciascuno la sua, i celesti, 

  31 	kāladaṇḍa  il re Yama, e śibikā, il signore delle ricchezze,
     	e il suo cappio Varuṇa e pure Śiva la vicakra,

  32 	e risplendenti piante mediche presero i due aśvin,
     	il creatore afferrava l'arco, e anche Jaya la sua mazza,

  33 	Tvaṣṭṛ il fortissimo afferrava irato una montagna, 
     	Aṃśa una lancia afferrava e il dio-morte l'ascia,

  34 	pure Aryaman afferrata la tremenda barra di ferro, avanzava, 
     	e Mitra si schierava brandendo un disco circondato da lame,

  35 	e Pūṣan e Bhaga infuriati e Savitṛ o signore di popoli,
     	afferrati il formidabile arco e la spada attaccarono Kṛṣṇa e il pṛthāde,

  36 	e i rudra e i vasu e i marut fortissimi,
     	assieme ai viśvedeva e ai sādhya luminosi di proprio splendore,

  37 	e molti altri dèi attaccavano quei due migliori tra gli uomini,
     	Kṛṣṇa e il pṛthāde, per ucciderli armati di varie armi,

  38 	là nella battaglia si videro straordinari segni,
     	simili a quelli della fine di uno yuga, per la distruzione degli esseri,

  39 	e quindi vedendo furioso Śakra assieme agli dèi, quei due incrollabili,
     	invincibili senza paura in battaglia si schierarono con l'arco incoccato,

  40 	e vedendo gli dèi arrivare uno dietro l'altro,  
     	 i due con frecce simili a fulmini, li fermavano con furia,

  41 	e molte volte ripetutamente i celesti, rotte le loro aspettative,
     	per la paura abbandonando la battaglia, cercavano rifugio in Śakra,

  42 	e visti gli dèi respinti dal mādhava e da Arjuna,
     	a quel portento vennero allora i muni che stavano in cielo,

  43 	e pure Śakra intuendo il valore dei due, ripetutamente in battaglia,
     	divenne molto contento, e di nuovo contro i due combatteva,

  44 	quindi una pioggia di pietre immensa versava il punitore di Pāka
     	di nuovo allora, desiderando provare il valore dell'ambidestro,
     	Arjuna con le frecce quella pioggia colpiva con grande furia,

  45 	vedendo priva di frutti quell'azione, il dio Cento-riti,
     	di nuovo allora il re degli dèi faceva aumentare la pioggia, 

  46 	il figlio di Indra con potentissime frecce quella pioggia di pietre
     	mandava alla distruzione, rallegrando il padre allora,

  47 	staccato con le mani un grande picco dal monte mandara
     	con i suoi alberi, Śakra lo lanciava cercando di colpire il rampollo di Pāṇḍu,

  48 	allora Arjuna con potentissime infiammate e precise 
     	frecce, tagliava il picco della montagna in millepezzi,

  49 	e la forma di quella montagna fatta a pezzi appariva,
     	come se dal firmamento cadessero sole, luna e i pianeti,

  50 	da quella grande e violenta caduta di rocce giù sulla foresta,
     	di nuovo furono colpiti là i viventi che risiedevano a khāṇḍava.
     
     
     ( mayadarśanam)


                              CCXIX


   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	spaventati da quella pioggia di rocce gli abitanti di khāṇḍava,
     	i dānava, i rākṣasa, i nāga, iene e bufali che vivevano nella selva,
     	gli elefanti furiosi, le tigri, e pure i leoni dalla criniera,

   2 	e le grandi antilopi, e gli uccelli a centinaia,
     	agitati si disperdevano, e altre specie di esseri

   3 	quell'incendio vedendo, si offrivano ai due Kṛṣṇa armati,
     	per il frastuono sorto dalle meteore quasi tremavano,

   4 	Janārdana scagliava il suo disco splendente di propria luce,
     	e da quello le timide creature assieme ai dānava e ai mostri notturni,
     	erano tagliate tutte, e a centinaya cadevano in un istante nel fuoco,

   5 	si vedevano là i rākṣasa sbudellati dal disco di Kṛṣṇa,
     	le vesti coperte di sangue come nuvole al tramonto,

   6 	e piśaca, uccelli, nāga e anche altri animali a migliaia,
     	erano abbattuti dal vṛṣṇi, che agiva simile al fato, o bhārata,

   7 	scagliato di continuo, il disco di Kṛṣṇa uccisore di nemici,
     	dopo aver ucciso innumerevoli esseri, nella mano di nuovo tornava ripetutamente,

   8 	il suo aspetto mentre uccideva tutti gli esseri o bhārata, 
     	diveniva molto fiero allora, lui che è l'anima di tutti gli esseri,

   9 	e fra gli dèi e i dānava là convenuti, tutti insieme,
     	nessuno vi era che vincesse Kṛṣṇa e il pāṇḍava in battaglia,

  10 	quando, a causa della forza dei due, di proteggere quella foresta i celesti 
     	non erano in grado, allora girarono le spalle e abbandonarono,

  11 	e il Cento-riti vedendo le schiere degli dèi allontanarsi,
     	restando, divenne compiaciuto stimando i due: Kṛṣṇa e il pāṇḍava,

  12 	essendosi ritirati gli dèi una voce incorporea disse
     	al Cento-riti rivolgendosi, con tono profondo senza gridare:

  13 	“non è presente il tuo amico Taksaka il migliore dei serpenti,
     	al momento dell'incendio di khāṇḍava egli si era recato a kurukṣetra,

  14 	e neppure i due schierati in questa battaglia si possono sconfiggere, 
     	Vāsudeva e Arjuna, o Śakra ascolta queste mie parole,

  15 	come Nara e Nārāyaṇa sono questi due conosciuti in cielo,
     	pure tu conosci di quale valore, e di quale coraggio sono questi due,

  16 	questi due invincibili mai vinti in battaglia, non possono essere sconfitti, 
     	e pure in tutti i mondi questi due antichi e magnifici ṛṣi,

  17 	sono veneratissimi, e anche da tutti i celesti e dagli asura,
     	assieme agli yakṣa, raksas, gandharva, uomini e kiṃnara ed ai serpenti,

  18 	perciò da qui tu, assieme ai celesti devi andare via o signore dei vasu, 
     	e pure destinata sappi questa distruzione della khāṇḍava.”

  19 	così avendo udito la voce: “così sia.” disse il signore degli immortali,
     	e la furia e l'irritazione abbandonado, partiva per il cielo allora,

  20 	partito vedendo il grand'anima gli abitanti del cielo
     	veloci tutti insieme o re, seguirono il Cento-riti,

  21 	allora scorgendo il re degli dèi andarsene assieme agli dèi,
     	Vāsudeva e Arjuna quei due eroi, un ruggito di leone lanciarono,

  22 	andatosene via il re degli dèi o re, gioiosi erano i due: Kṛṣṇa e il pāṇḍava,
     	senza esitazione di nuovo la foresta facevano bruciare allora,

  23 	Arjuna avendo disperso i celesti come nubi dal vento,
     	distruggeva con volanti frecce le creature abitanti a khāṇḍava,

  24 	e nessun essere era in grado allora di sfuggire,
     	fatto a pezzi dalle frecce scagliate dall'ambidestro,

  25 	là i grandi esseri non erano in grado neppure di scorgere in battaglia
     	Arjuna, come dunque sfuggire in battaglia a lui dalle infallibili frecce?

  26 	con cento, uno ne trafiggeva e con una freccia cento, 
     	e morti cadevano nel fuoco come uccisi dal fato in persona,

  27 	e non trovavano rifugio neppure nelle scarpate dirupate,
     	e nelle case dei padri, e degli dèi, il dolore vinceva,

  28 	a migliaia le schiere degli esseri miserabili lanciavano grandi urla,
     	urlavano le scimmie, e pure uccelli, e le gazzelle,
     	e a quel suono si spaventavano i pesci che si muovevano nell'acqua della Gaṅgā,

  29 	di fronteggiare Arjuna grandi-braccia, e il fortissimo Kṛṣṇa,
     	nessuno era in grado, e neppure di combatterli in nessun modo,

  30 	e pure di quelli che erano ben concentrati, alcuni qui cadevano,
     	Hari uccise col disco rākṣasa dāvana e nāga,

  31 	costoro con la testa separata dal corpo per la violenza del disco morivano,
     	cadevano i corpi giganteschi nella bocca del fuoco acceso,

  32 	per i rivoli di sangue e carni e di grasso prodotto,
     	il fuoco in alto salendo nel cielo, senza fumo appariva,

  33 	gli occhi accesi, la lingua fiammeggiante, di fuoco la grande faccia,
     	fiammeggianti in alto i capelli, gli occhi gialli, beveva il grasso dei viventi,

  34 	ottenuto l'aiuto compiuto da Kṛṣṇa e da Arjuna, il divora-offerta,
     	divenne felice, e soddisfatto, arrivato all'estremo nascondiglio,

  35 	allora l'asura di nome Maya che dalla casa di Takṣaka, 
     	fuggiva precipitosamente, era visto dall'uccisore di Madhu,

  36 	e Agni lo attaccava desiderando bruciarlo, condotto dal vento,
     	assunto il corpo di un asceta, rumoreggiando come un temporale,
     	e Vāsudeva in piedi, alzava il disco per ucciderlo, 

  37 	ed egli vedendo il disco alzato, e il divora-offerta desideroso di bruciarlo: 
     	“accorri Arjuna!” così Maya gridava o bhārata, 

  38 	di lui il grido di paura udendo: “ non temere!” così il conquista-ricchezze
     	rispondeva a Maya, il pṛthāde quasi ridandogli la vita o bhārata, 

  39 	da parte del pṛthāde essendo concessa sicurezza a Maya fratello di Namuci,
     	il dāśārha non volle ucciderlo, né lo bruciava il fuoco, 

  40 	in quella foresta infuocata in sei non furono bruciati dal fuoco,
     	Aśvasena, Maya e pure quattro uccelli śārṅgaka.
     


                              CCXX


   1 	Janamejaya disse:
     	“per quale motivo il fuoco non bruciava i śārṅgaka in quella circostanza,
     	mentre bruciava questa foresta? o brahmano, questo dimmi in breve, 

   2 	del perché non furono bruciati Aśvasena e il dānava Maya, 
     	il motivo hai menzionato o brahmano, ma dei śārṅgaka non l'hai detto,

   3 	quindi la straordinaria salvezza dei śārṅgaka o brahmano,
     	raccontami e il perchè essi non furono distrutti nell'incontro con Agni.”

   4 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	il motivo per cui Agni non bruciò i śārṅgaka in tale circostanza,
     	tutto questo come accadde io ti racconterò o bhārata, 

   5 	principalissimo tra i sapienti del dharma, asceta dai fermi voti,
     	era Mandapāla, il dotto grande ṛṣi, così si narra,

   6 	egli era saldo sulla retta via o re, dei ṛṣi dediti alla castità,
     	dedito al proprio studio, felice nel dharma, era l'asceta dai domati sensi,

   7 	egli immerso in ascesi il corpo precedente abbandonando o bhārata, 
     	andava al mondo dei padri, là non ottenne alcun frutto,

   8 	egli avendo visto i mondi privi di frutti, pur guadagnati attraverso il tapas,
     	chiedeva agli abitanti del cielo che erano attorno la re Dharma:

   9 	“per quale motivo mi sono nascosti i mondi guadagnati col tapas, 
     	perché le azioni da me compiute là non hanno dato frutto?

  10 	qua io compirò quanto mi darà il premio, perché mi è nascosto 
     	il frutto di quel tapas, ditemi voi o abitanti del cielo.”

  11 	gli dèi dissero:
     	“ ascolta da cosa nascono i debiti umani o brahmano,
     	con i riti, con la castità, e con la riproduzione non v'è dubbio,

  12 	tutto questo è cancellato dal sacrificio, dal tapas e dai figli,
     	tu sei un cultore del tapas, un sacrificante, ma di te non si conosce progenie,

  13 	questi mondi sono chiusi per te a causa della progenie,
     	genera e allora gusterai i mondi eterni,

  14 	il figlio che protegga il padre dall'inferno è chiamato 'put' o muni,
     	perciò nel continuare la specie impegnati o migliore dei ri-nati.”

  15 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	Mandapāla udendo questo discorso degli abitanti il cielo,
     	in quale modo potesse avere una veloce e abbondante progenie pensava,

  16 	mentre pensava, si avvicinava a degli uccelli di abbondante progenie,
     	e diventato uno śārṅgaka si congiungeva con la śārṅgikā Jaritā,

  17 	e da lei faceva nascere quattro figli, ferrati nel brahman,
     	questi lasciati, si recava allora presso Lapitā,
     	e i giovani figli ancora nell'uovo con la madre lasciava il muni nella foresta,

  18 	andando questo eminente presso Lapitā o bhārata,
     	pensava che Jaritā fosse impegnata nell'accudire la prole,

  19 	e da lui furono abbandonati nella foresta quei ṛṣi ancora nell'uovo, 
     	non abbandonava i figli la sfortunata Jaritā nella foresta di khāṇḍava,
     	portava i figli con se, per la sua virtuosa condotta, e spinta dall'amore,

  20 	quindi il ṛṣi Mandapāla scorgeva Agni mentre si recava a bruciare khāṇḍava,
     	aggirandosi egli in questa foresta assieme a Lapitā,

  21 	la sua intenzione conoscendo, e sapendo i figli ancora infanti,
     	il saggio ṛṣi, il brahmano pregava il fuoco che tutto possiede, 
     	al custode del mondo splendidissimo, di risparmiare i figli, ansioso per loro. 

  22 	Mandapāla disse:
     	“tu o Agni, la bocca di tutti gli dèi sei, e il veicolo delle offerte,
     	tu sei la fine di tutti gli esseri, e di nascosto ti muovi o fuoco,

  23 	i sapienti ti dicono uno solo, e ti dicono ancora in tre parti, 
     	a te pensando in otto parti dichiarano il veicolo del sacrificio,

  24 	che da te sia prodotto l'universo dicono i supremi ṛṣi,
     	senza di te l'intero universo non esisterebbe ora, o divora-offerta,

  25 	facendo onore a te, i saggi la conquistata meta del proprio agire,
     	l'eterna, ottengono con le mogli e pure coi figli,

  26 	te stesso o Agni, dicono siano le nuvole sospese in cielo accompagnate dai lampi,
     	da te uscendo le fiamme bruciano tutti gli esseri,

  27 	o tu che tutto possiedi, questa creazione o splendidissimo appartiene a te,
     	tua è l'azione che determina tutto il creato, mobile e immobile,

  28 	da te le acque furono anticamente stabilite, in te vi è tutto questo universo,
     	in te l'offerta e l'oblazione è stabilita in modo proprio,

  29 	o Agni, tu sei l'infiammabile, tu il creatore, tu Bṛhaspati,
     	tu i gemelli aśvin, tu Mitra, e Soma, tu sei il vento.”

  30 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così elogiato quindi da Mandapāla il fuoco,
     	era soddisfatto del muni o re, l'infinitamente splendente,
     	e gli disse con animo affezionato: ” quanto desideri io farò per te.”

  31 	a lui disse Mandapāla a mani giunte, al veicolo dell'offerta:	
     	“bruciando la foresta di khāṇḍava i miei figli risparmia.”

  32 	“cosi sia!” prometteva il beato, il veicolo dell'offerta, 
     	nel tempo in cui a khāṇḍava bruciava a proprio piacere.
     


                              CCXXI


   1 	 Vaiśaṁpāyana disse:
     	quindi acceso il fuoco i śārṅgaka pieni di dolore,
     	tremanti, supremamente ansiosi, andarono a rifugiarsi al fiume, 

   2 	calmando i giovani figli la loro madre che era un'asceta, 
     	Jaritā oppressa dal dolore si lamentava o sovrano degli uomini: 

   3 	"il fuoco, bruciando la foresta qui arriva tremendo,
     	l'universo incendiando quel terribile, e accrescendo il mio dolore,

   4 	questi figli mi tormentano quasi privi di sensi,
     	sono privi di penne, e senza piedi che erano il rifugio dei nostri antenati,
     	e quello facendo tremare gli alti alberi si avvicina leccandosi le labbra,

   5 	per il mio scarso potere, non sono in grado di esser rifugio ai miei figli, 
     	e trasportandoli non sono in grado si salvare i figli in altro luogo,

   6 	né sono capace di abbandonarli, quasi si brucia il mio cuore,
     	quale dei figli io posso abbandonare? e quale prendendolo io posso andare via?

   7 	quale cosa posso fare? cosa pensate o figli si debba fare?
     	io pur pensando ad un modo di salvarvi non ne trovo nessuno,
     	allora proteggendo voi con le mie membra io morirò:

   8 	' su Jaritāri per primogenitura, è radicata questa famiglia,
     	Sārisṛkva nasca come continuatore della famiglia dei padri,

   9 	Stambamitra si dedichi al tapas e Droṇa sia supremo conoscitore del brahman.'
     	così parlando se ne partiva un tempo il vostro crudele padre,

  10 	quale figlio prendendo potrò andar via, e a chi toccherà la suprema sventura?
     	quale dunque sarebbe la cosa giusta da fare?” così lei era confusa,

  11 	non scorgeva nel suo pensiero, liberazione per i propri figli dal fuoco allora,
     	 alla madre che così si lamentava, risposero allora gli śārṅga:

  12 	“rinunciando all'amore o madre, vola via dove non ci sia il fuoco porta-offerta,
     	alla distruzione noi, i tuoi figli siamo pronti ad andare,
     	con te madre, non si distrugga la continuazione della nostra famiglia,

  13 	guardando ad entrambi queste cose, sia fatto l'utile della nostra stirpe,
     	tu avrai altro tempo per fare questo o madre, 

  14 	non farti influenzare dall'affetto per i figli, davanti alla fine della nostra famiglia,
     	dunque questa azione di nostro padre desideroso dei mondi non sia vana.”

  15 	Jaritā disse:
     	“ questa è una tana di topo nella terra, là vicino a quell'albero,
     	in questa entrate veloci, qui non temerete più il fuoco,

  16 	quindi io con terra il buco chiuderò o figli,
     	così io credo resisterà al fuoco che annerirsce,

  17 	quindi io verrò, passato il fuoco a torgliere il tappo di terra,
     	questo espediente ha lo scopo di liberarvi dal fuoco.”

  18 	gli śārṅgaka dissero: 
     	“il topo carnivoro ci distruggerà, noi che siamo senza penne, e fatti di carne,
     	noi guardiamo a questo timore e non possiamo entrare,

  19 	come fare che il fuoco non ci bruci? e come che il topo non ci mangi? 
     	e come che non sia vano il padre, in che modo la madre potrà portarci via?

  20 	la tana del topo e il fuoco possono essere la distruzione degli uccelli, 
     	non scorgiamo quale dei due sia meglio, se il fuoco od essere mangiati,

  21 	vergognosa la morte per noi sarebbe divorati dal topo nella tana,
     	dal saggio e bramata la distruzione del corpo col fuoco.”
     


                              CCXXII


   1 	Jaritā disse:
     	“dal  nido volando l'aquila quel topo ha afferrato,
     	ed il vile essendo stato ghermito dagli artigli non ci sarà paura di lui allora.”

   2 	gli śārṅgaka dissero
     	“non fu affatto portato via dall'aquila quel topo, noi lo sappiamo, 
     	altri comunque ve ne saranno pronti, pure di questi noi abbiamo paura,

   3 	vi è dubbio che il fuoco possa arrivare, vedendo il vento contrario,
     	ma senza dubbio la morte sarebbe per noi rifugiati nella tana o madre,

   4 	una morte dubbia o madre, è preferibile a quella certa,
     	vola in cielo, tu troverai splendidi i figli secondo la giustizia.”

   5 	Jaritā disse:
     	“io vidi la forte aquila andare vicino alla tana 
     	 e dopo essere entrata, portava via il topo avendolo afferrato,

   6 	quell'aquila calante io veloce seguii alle spalle,
     	e le diedi una benedizione a lei che portava via il topo dalla tana:

   7 	'tu o re delle aquile, che prendendo il nostro peggior nemico, voli,
     	che possa salda in cielo, essere senza nemici col tuo corpo d'oro.'

   8 	e quando quello fu mangiato dall'uccello affamato,
     	allora io col suo permesso tornai verso casa,

   9 	entrate figli, tranquilli nella tana, non abbiate paura,
     	dall'aquila da me vista, fu portato via il topo non vi è dubbio.”

  10 	gli śārṅgaka dissero:
     	“non sappiamo o madre, se prima fu portato via il topo,
     	e non sapendolo non possiamo entrare nella tana.”

  11 	Jaritā disse:
     	“io lo so che il topo fu portato via dall'aquila,
     	perciò non temete agite secondo le mie parole.”

  12 	gli śārṅgaka dissero: 
     	“non con la tua finta rassicurazione ci toglierai la grande paura,
     	nella conoscenza confusa, non è saggio agire, 

  13 	tu non sei di aiuto per noi, e non sai chi noi siamo,
     	chi sei tu che ci trasporti addolorata, chi siamo noi per te?

  14 	giovane e bella sei capace di eccitare il marito,
     	segui tuo marito e otterrai bellissimi figli,

  15 	e noi pure entrati nel fuoco otterremo i mondi sublimi,
     	e se il fuoco non ci bruciasse torna tu di nuovo da noi.”

  16 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così apostrofata la śārṅgī, i figli lasciati a khāṇḍava,
     	andava veloce in un luogo abitabile privo di fuoco,

  17 	la fiamma pungente si avvicinava, e acceso era il veicolo dell'offerta, 
     	dove erano gli śārṅgaka, i figli di Mandapāla,

  18 	gli śārṅgaka vedendo il fuoco acceso di proprio splendore,
     	Jaritāri allora questo discorso faceva udire al fuoco:
     


                              CCXXIII


   1 	Jaritāri disse:
     	“davanti al pericolo l'uomo saggio è ben conscio,
     	e sopraggiunta la difficoltà, non cade mai in agitazione,

   2 	chi è sciocco invece, prima di cadere in difficoltà non se ne avvede,
     	e agitato, nella difficoltà non capisce più nulla.”

   3 	Sārisṛkva gli disse:
     	“intelligente tu sei e dotto, questo è il momento della nostra morte, 
     	solo uno fra molti, diviene senza dubbio saggio e potente.”

   4 	Stambamitra disse:
     	“il maggiore è il protettore, il maggiore libera dalle difficoltà,
     	ma se il maggiore non sa farlo, il più giovane cosa farà?”

   5 	Droṇa disse:
     	“coi suoi semi dorati, il fuoco giunge alla nostra distruzione,
     	il fuoco dalle sette-lingue, pazientemente striscia leccando.”

   6 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	cosi apostrofato dai fratelli Jaritāri allora rendeva soddisfatto
     	il fuoco, tesoro di splendore, messosi a mani giunte, ascolta come o principe.

   7 	Jaritāri disse:
     	“tu stesso sei o fuoco, il corpo e la radice del vento,
     	l'acqua è la tua origine o splendente, e tu sei l'origine delle acque,

   8 	e in alto dunque salgono, e volano ovunque 
     	le tue fiamme o valoroso, come i raggi del sole.” 

   9 	Sārisṛkva disse:
     	" ignoriamo se la madre ha raggiunto il padre e non ci sono nate le ali, fuoco nato dall'acqua,
     	nessun altro protettore che te o Agni, noi abbiamo, perciò salvaci o unico eroe,

  10 	con quello che è il tuo benevolo aspetto, e con quelle che sono le tue sette fiamme,
     	con ciò, salvaci ora, noi che veniamo implorando rifugio,

  11 	tu solo nella sofferenza garantisci mercede, nessun altro dio si trova nei cieli che scaldi,
     	noi ṛṣi ancora infanti proteggi, procedi al di là di noi o veicolo dell'oblazione.”

  12 	Stambamitra disse:
     	“tutto è del fuoco, tu il solo, in te vi è tutto questo universo,
     	tu sostieni gli esseri, tu mantieni il mondo,

  13 	tu sei Agni il veicolo dell'oblazione, tu la suprema offerta,
     	i devoti a te sacrificano in molti modi e in uno solo,

  14 	creati i tre mondi o veicolo dell'oblazione, a tempo tu esci di nuovo splendente,
     	di tutto questo mondo sei il procreatore tu Agni, e tu ne sei ancora il sostegno,

  15 	tu sei il cibo mangiato dei viventi, essendovi dentro o signore dell'universo,
     	e sempre potente tu ne esci fuori, su di te tutto è sostenuto.”

  16 	Droṇa disse:
     	“trasformato in sole, con raggi o possessore di tutto, le acque della terra e fluidi in essa nati,
     	tutti prendendo, al tempo della nascita riemettendoli, tu produci le piogge o splendido, 

  17 	per causa tua le piante o splendido, di nuovo hanno foglie verdi,
     	e nascono gli stagni di loti, e i mari e il grande oceano,

  18 	questo è dimora e rifugio di Varuṇa, o raggio di bruciore,
     	sii di noi il benevolo protettore, non distruggerci ora,

  19 	o occhi gialli, o collo rosso, o nero-sentiero o divora-offerta,
     	vai oltre e risparmiaci, come fai con le dimore del mare.”

  20 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così apostrofato da Droṇa dall'instancabile agire, il fuoco padrone di tutto,
     	a Droṇa disse con animo risoluto per la promessa fatta a Mandapāla,

  21 	“tu sei il ṛṣi Droṇa o brahmano, e quanto da te detto,
     	quanto tu desideri, io farò, non vi sia in te timore,

  22 	da Mandapāla precedentemente voi mi siete stati fatti conoscere:
     	'risparmia i miei figli, bruciando la foresta.' così disse

  23 	e il discorso da lui fatto e quello che tu qui hai pronunciato, 
     	entrambi sono per me i più importanti, dimmi quanto io debba fare,
     	molto sono compiaciuto, fortuna sia a te o brahmano, del tuo elogio o potente.”

  24 	Doṇa disse:
     	“i gatti o splendente, sempre ci affliggono,  
     	sii il loro divoratore o veicolo dell'oblazione, con tutti i loro parenti.”

  25 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	quindi così agiva il fuoco assentendo agli śārṅgaka,
     	e infiammato bruciava la khāṇḍava o Janamejaya.
     


                              CCXXIV


   1 	 Vaiśaṁpāyana disse:
     	Mandapāla però o kuru, pensando ai figli allora,
     	pure avendo parlato al caldo-raggiante non certo non si preoccupava,

   2 	egli in ansia per la sorte dei figli a Lapitā questo diceva:
     	“come saranno i miei figli incapaci di volare o Lapitā,

   3 	mentre il fuoco accresciuto dal vento veloce li raggiunge?
     	incapaci di liberarsi saranno i miei rampolli,

   4 	come sarà la loro madre dedita al tapas, e incapace di proteggerli, 
     	sarà piena di infelicità non vedendo protezione per i figli?

   5 	e come dunque, si lamenterà per i miei rampolli incapaci di rifugiarsi nel volo,
     	lei soverchiata dal calore vicino che li circonda?

   6 	e come sarà mio figlio Jaritāri e come il mio Sārisṛkva,
     	e come Stambamitra e come Droṇa, loro tutti dediti al tapas?”

   7 	al ṛṣi Mandapāla che così si lamentava nella foresta,
     	Lapitā rispondeva questo, quasi con rabbia o bhārata:

   8 	“non aver timore per i figli tu mi dicesti che sono ṛṣi,
     	potenti e valorosi, per essi non vi è timore del fuoco,

   9 	e da te essi furono salvati dal fuoco in mia presenza,
     	e dal fiammeggiante grand'anima ti fu promesso di si,

  10 	e di quel custode del mondo mai fu falsa la parola data,
     	e avendo pronunciate appropriate parole, non aver in te pensiero per loro,

  11 	ma tu ti addolori anche pensando alla mia rivale, 
     	certamente per me non hai l'amore che avevi per lei prima,

  12 	non è proprio del nobile, non aver amore verso l'amico,
     	ferendolo in qualche modo con l'animo pieno di indifferenza,

  13 	va dunque da Jaritā per la quale ti addolori,
     	io vivrò da sola, in quanto sono assieme ad un malvagio.”

  14 	Mandapāla disse:
     	" io non agisco nel mondo come tu ritieni,
     	ma in cerca di discendenza, ho avuto difficoltà in ciò,

  15 	chi lasciando il passato va in cerca di futura prosperità è uno sciocco,
     	e il mondo lo disprezzerebbe, come vuoi allora agisci,

  16 	il fuoco fiammeggiante che lambisce gli alberi,
     	uno sgradevole dolore e apprensione fa nascere nel mio cuore.”

  17 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	quindi da quel luogo essendo passato il fiammeggiante, Jaritā allora,
     	volava dai figli veloce bramando i suoi figlioli,

  18 	tutti vegeti e risparmiati dal possessore di tutto,
     	gridando forte quella misera vedeva i figli nella foresta,

  19 	incredibilmente ella li vedeva e li guardava ripetutamente,
     	e ciascuno dei figli chiamando li toccava,

  20 	allora si avvicinava veloce anche Mandapāla o bhārata, 
     	ma tutti i figli non lo salutarono,

  21 	mentre si lamentava con ciascuno e con Jaritā ripetutamente, 
     	non dissero essi alcuna parola al ṛṣi buona o cattiva che fosse.

  22 	Mandapāla disse:
     	"qual'e il tuo primogenito qual'e il secondo?
     	quale il figlio mediano, e quale il più giovane dei tuoi?

  23 	perchè a me che parlo pieno di dolore non rispondi?
     	io lo feci al fuoco da allora non trovo pace.”

  24 	Jaritā disse:
     	“che importa a te del figlio maggiore o cosa riguardo il secondo?
     	e che ti importa del mezzano e cosa per il più giovane che è dedito al tapas?

  25 	tu che me completamente sola abbandonasti, un tempo andando via,
     	da Lapitā vai, da quella giovane dal dolce sorriso.”

  26 	Mandapāla disse:
     	“null'altro si trova nelle donne eccetto che la vicinanza all'uomo,
     	a parte la rivalità tra mogli nel mondo ci deve essere qualcosa,

  27 	e pure quella donna fidata, e nobile, in tutti i mondi conosciuta, 
     	Arundhatī sospettava di Vasiṣṭha il migliore degli uomini,

  28 	e quell'anima assolutamente pura, sempre fedele nell'amore,
     	quell'uomo nella schiera dei sette ṛṣi, quel muni sempre maltrattava,

  29 	ella, per quella gelosia, simile a fuoco misto a fumo,
     	appariva come una luna visibile e invisibile, come un segno infausto,

  30 	e tu pure, me, tuo marito, che cercavo di aver dei figli,
     	quaggiù abbandonando in questo frangente, così ti comporti,

  31 	la moglie in nessun modo può aver fiducia nell'uomo
     	la moglie virtuosa che ha avuto dei figli, non permette questo agire.”

  32 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	allora tutti i figli contemporaneamente lo onoravano,
     	ed egli o re, ottenne di consolare i figlioli.
     


                              CCXXV


   1 	Mandapāla disse:
     	“per la vostra salvezza il fuoco fu da me implorato,
     	e il fuoco allora di si, in questo modo rispose,

   2 	e conoscendo la promessa del fuoco e il dharma di vostra madre,
     	e il vostro supremo valore io non venni qui allora,

   3 	non ero preoccupato del vostro agire di fronte alla morte,
     	anche il divora-offerta vi conosce come ṛṣi che conoscono il brahman.”

   4 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così confortando i figli e la moglie con sé prendendo o bhārata, 
     	Mandapāla allora da quel luogo andava in un'altro posto,

   5 	e pure il beato dalle calde fiamme, incendiata la foresta khāṇḍava,
     	la bruciava assieme ai due Kṛṣṇa, generando sicurezza per l'universo,

   6 	i flussi del grasso e le carni là avendo bevuto, il fuoco
     	diveniva supremamente soddisfatto, e lo mostrava ad Arjuna,

   7 	allora dal cielo discendendo il beato signore degli dei,
     	circondato dalle schiere dei marut, al pṛthāde e al mādhava questo diceva:

   8 	“voi due avete compiuto questa impresa ardua anche per gli immortali,
     	io sono soddisfatto, dunque dei doni scegliete, anche difficili da ottenere ai celesti.”

   9 	il pṛthāde allora scelse da Śakra tutte le armi,
     	Śakra allora fissò il tempo del suo ottenimento: 	

  10 	quando il beato Mahādeva sarà disposto,
     	a te allora io donerò o pāṇḍava, interamente le mie armi,

  11 	io quel tempo saprò riconoscere o rampollo dei kuru,
     	e pure per il tuo grande tapas io ti darò queste,

  12 	e tutte quelle del fuoco come pure quelle del vento,
     	e tutte le mie acquisterai o conquista-ricchezze.”

  13 	Vāsudeva pure scelse l'eterna amicizia col pṛthāde,
     	e a lui diede il re degli dèi compiaciuto, quel premio allora,

  14 	e dato ai due il premio, contento il signore dei marut assieme agli dèi,
     	avendo chiesto licenza al divora-offerta, si recava di nuovo al terzo cielo,

  15 	e pure il fuoco bruciata quella foresta assieme ai quadrupedi e ai volatili,
     	per sei giorni molto soddisfatto si rallegrava,

  16 	e avendo divorato carni, e bevuto grassi e sangue,
     	pieno di suprema gioia disse a quei due, o signore di popoli:

  17 	“di voi due eccellenti uomini, io sono soddisfatto quanto è possibile,
     	e voi due io ora congedo, andate dove volete.”

  18 	così i due congedati dal fuoco grand'anima,
     	Arjuna e Vāsudeva e pure il dānava Maya,

  19 	si avviarono allora tutti e tre o toro dei bhārata, 
     	e sulla splendida sponda del fiume insieme si accamparono.