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36. Ājagara

( Il libro del serpente boa. III, 173-178)

                              CLXXIII


   1 	Janamejaya disse:
     	“quando quel primo dei guerrieri, avute le armi ritornava dalla dimora di Indra,
     	da lì in avanti cosa fecero i pṛthādi assieme al guerriero Conquista-ricchezze?”

   2 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	in quelle selve i valorosi re degli uomini, con Arjuna e Indrasena,
     	sulla bellissima sommità del monte nel giardino del dio dei tesori vivevano,

   3 	vedendo ineguagliabili palazzi, e giardini, ricettacoli di varie piante,
       	in molti luoghi si aggirava con l'arco il re, sempre esercitando le armi il Coronato,

   4 	ottenuta la dimora, per grazia del re figlio di Viśravaṇa questi umani figli di dèi,
     	non avevano invidia dei viventi o re, e il tempo per loro scorreva benigno,

   5 	uniti al pṛthāde come una sola notte vissero là quattro anni,
     	e coi precedenti sei dieci anni benigni per i pāṇḍava furono trascorsi nelle selve,

   6 	allora il possente figlio di Vāyu, e Jiṣṇu avvicinandosi al re, gli dicevano,
     	e pure i valorosi gemelli simili al re degli dèi, in segreto con utili e dolci modi:

   7 	“tu conosci la sincerità o re dei kuru, e noi desiderando fare il tuo bene,
     	allora venimmo nella foresta trascurando di uccidere Suyodhana coi suoi accoliti,

   8 	così vivemmo dieci anni, rapita la felicità da Suyodhana pur meritevoli di felicità,
     	ingannando quella mente malvagia, troveremo facilmente un segreto nascondiglio,

   9 	per tuo ordine o principe senza esitazione, vivendo nella selva trascurando l'onore,
     	essi ingannati da una vicina residenza non ci scopriranno in distanti regioni,

  10 	un intero anno vivendo nascosti, incontreremmo di certo il disonore degli uomini,
     	rinnovando l'ostilita coi suoi frutti e fiori, o re dei re, verso quel malvagio uomo,

  11 	Suyodhana circondato dai seguaci, allora prendi la terra o dharmarāja,
     	vivendo su questa cima simile al paradiso o re, il dolore può essere dimenticato,

  12 	e la tua fama di pura fragranza o bhārata non perirà tra i mondi mobili e immobili,
     	e avuto il regno dei tori fra i kuru, grande potere otterrai e pure riti religiosi,

  13 	un'eterno potere tu o re dei re, otterrai come quello ottenuto da Kubera,
     	poni mente alla distruzione dei nemici, e alla punizione delle offese, o bhārata,

  14 	la tua grande potenza o re, pure l'armato di folgore in persona non sconfiggerebbe, 
     	e mai avranno danno anche incontrando gli dèi o Dharma, quei due

  15 	occupati nel tuo interesse, Kṛṣṇa dall'uccello per insegna, e il nipote di Śini,
     	e quanto è il primo per forza Kṛṣṇa, tanto o re, lo è il discendente di Śini,

  16 	e intenti al tuo interesse, quanto Kṛṣṇa assieme agli yādava,
     	tanto noi due o migliore dei re, e i due valorosi gemelli esperti nello scagliare,
     	noi con l'intento principale del tuo interesse, lo stesso faremo incontrando i nemici.”

  17 	quella loro opinione approvando il grand'anima figlio di Dharma, l'eccellentissimo,
        la pradakṣiṇa alla dimora del Vaiśravaṇa, compiva il potente sapiente di dharma e artha, 

  18 	e salutato i palazzi, i fiumi e i laghi, e tutti i rakṣas, il dharmarāja,
     	guardando la via da dove era giunto, e di nuovo osservando la montagna:

  19 	“ compiuta ogni azione cogli amici, e vinto i nemici e recuperato il regno,
       	o re dei monti, di nuovo con anima ferma nel tapas, ti rivedrò, questa la mia intezione.”

  20 	e circondato da tutto il seguito, e dai ri-nati, per quella via era il signore dei kuru,
     	e Ghaṭotkaca, lo trasportava allora con le sue schiere, sulle cascate del monte,

  21 	e loro partendo, il grande ṛṣi con mente lieta, come un padre che istruisce tutti i figli,
     	Lomaśa dal cuore lieto, andava verso la santissima dimora dei celesti,

  22 	e istruiti anche da Ārṣṭiṣeṇa, quel gradevoli tīrtha e le selve ascetiche,
     	e gli altri grandi laghi, guardando, i pṛthādi, i migliori degli uomini partivano.
     


                              CLXXIV


   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	quella suprema montagna piena di cascate, luogo  di elefanti, uccelli, e kiṃnara,
     	abbandonata quella felice residenza in loro non vi era felicità o toro dei bhārata,

   2 	allora ai tori dei bhārata, di nuovo tornava la gioia scorgendo la grande kailāsa,
     	cara a Kubera, la grande montagna splendente di nuvole,

   3 	elevati grandi passi montani, pascoli e campi montani e terrapieni,
     	e molti precipizi vedendo i valorosi, e pianure e grotte qua e là,

   4 	e anche altre grandi foreste, abitate da animali, uccelli ed elefanti
     	scorgendo, procedevano contenti con gli archi e armati di spade quei grandi uomini,

   5 	e foreste e gradevoli laghi e fiumi, e grotte montane e cime impervie,
     	e queste sempre le residenze di quei tori fra gli uomini divennero giorno e notte,

   6 	essi abitando vari inospitabili luoghi, passando la kailāsa dall'incredibile bellezza,
     	arrivarono al piacevolissimo grande āśrama di Vṛṣaparvan,

   7 	e incontrato il re e da Vṛṣaparvan accolti, a proprio agio,
     	raccontarono ogni cosa del soggiorno, benignamente da Vṛṣaparvan accolti,

   8 	risiedendo là una notte nel santo āśrama pieno di divini e grandi ṛṣi,	
     	si avviarono alla grande badarī, felicemente i valorosi e di nuovo risiedettero

   9 	quindi là i nobilissimi, raggiunta la sede di Nārāyaṇa quei grandi uomini,
     	lo stagno di loti caro a Kubera in agio scorgendo pieno di dèi e siddha,

  10 	e quindi avendo visto in agio lo stagno, i figli di Pāṇḍu, i migliori di tutti gli uomini,
     	si fermarono raggiunta la dimora di Nandana, come fossero brahmarṣi privi di paura,

  11 	quindi poi partirono gli eroi, percorrendo la via da dove erano venuti,
     	avendo abitato un mese felici a badarī, verso il regno di Subāhu, re dei montanari,

  12 	le regioni della cina, dei tukhāra, dei darada, e di kuṇinda ricche di gemme,
     	passando, e l'ardua regione himalayana, quegli eroi videro la città di Subāhu,

  13 	e Subāhu avendo saputo che quei grandi figli e nipoti di principi erano giunti nel regno,
     	quel re pieno di gioia, andava loro incontro, e lo salutarono i tori dei kuru,

  14 	ed essi incontrato il re Subāhu, con tutti gli auriga a cominciare da Viśoka,
     	e con gli attendenti e Indrasena, cogli intendenti, che stavano in cucina,

  15 	felici passarono là una notte, presi con sé gli auriga e tutti i carri,
     	e lasciato Ghaṭotkaca col suo seguito, allora partirono verso la yamunā e verso il re dei monti,

  16 	su questo monte, pieno di cascate, e vette bianche di neve e rossastre,
     	raggiungendo la selva viśākhayūpa, là vi fecero residenza quei primi fra gli uomini,

  17 	nella grande foresta piena di uccelli, vari animali e cinghiali, simile alla caitraratha,
     	felicemente praticando principalmente la caccia, un anno nella selva trascorsero,

  18 	là Ventre-di-lupo un enorme serpente incontrava, affamato, come la morte 
     	per crudele aspetto, in una caverna montana, e con anima agitata dal veleno,

  19 	protettore divenne là di Ventre-di-lupo, Yudhiṣṭhira, il migliore dei giusti,
     	il quale lo liberava con infinita energia, dalle spire, avvinte ad ogni membra,

  20 	quei saggi kuru raggiunto il dodicesimo anno, di soggiorno nella foresta,
     	da quella selva simile alla caitraratha, splendenti di fortuna e fermi nel tapas,

  21 	allora recandosi al vicino deserto, sempre erano intenti nella pratica dell'arco, 
     	raggiunta la Sarasvatī per desiderio di risiedervi, raggiunsero il lago dvaitavana,

  22 	e scorgendoli entrare nel dvaitavana allora gli abitanti, là si recarono,
     	fermi nella meditazione nel controllo e nel tapas, con erbe macinate e vasi d'acqua,

  23 	plakṣa, akṣa, rauhītika, canne, snuhā, badari, khadira, e śirīṣa,
     	bilva e iṅguda, pīlu, śamī, karīra, erano cresciuti sulle rive della Sarasvatī,

  24 	quel fiume caro a yakṣa, a gandharva e ai grandi ṛṣi, ottenuta coi riti degli dèi,
     	pieni di gioia vivendo sulla Sarasvatī, felici passavano il tempo quei figli di re.
     


                              CLXXV


   1 	Janamejaya disse:
     	“ come fu che Bhīmasena fortissimo, con l'energia di miriadi di elefanti,
     	provava acuta paura per questo grande serpente o muni?

   2 	quel pieno di forza che sfidò il figlio di Pulastya, sul campo, il signore dei tesori,
     	compiendo strage nel giardino dei loti, dei migliori yakṣa e rakṣas,

   3 	questo tormentatore di nemici tu dici fu preso e afflitto da paura,
     	questo io desidero sapere, con grandissima curiosità.”

   4 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	in una selva dai molti portenti risiedendo quei potenti arcieri,
     	dopo che l'ebbero raggiunta dall'āśrama del ṛṣi reale Vṛṣaparvan,

   5 	per caso arco in mano e cinta la spada Ventre-di-lupo,
     	scorgeva un bel boschetto frequentato da dèi e gandharva,

   6 	egli vedeva allora bellissimi luoghi del monte himavat,
     	frequentati da siddha e da divini ṛṣi, e da schiere di apsaras,

   7 	risuonanti di pernici, di uccelli cakravāka, e di fagiani,
     	di cuculi, e di grandi api in ogni luogo,

   8 	e forniti di alberi sempre pieni di frutti e fiori, morbidi al tocco come neve,
     	dalla larga ombra, e rallegranti gli occhi e la mente,

   9 	egli scorgeva fiumi montani, con rocce simili a perle e a gemme,
     	come neve al tocco, con miriadi di anatre e oche selvatiche, 

  10 	e foreste di deodar, come reti di nuvole,
     	trapuntate di alberi di sandalo, e pure di tuṅga e kālīyaka,

  11 	egli a caccia andava tra le pianure desertiche,	
     	e trafiggendo le bestie con acute frecce, si aggirava il fortissimo,

  12 	egli scorgeva un serpente gigantesco, da far rizzare i capelli,
     	incontrandolo sul'impervio monte egli riempiva una grotta col corpo

  13 	un serpente era grande come una montagna, con spire come la luna e il sole,
     	dal corpo variegato, e variegata pelle, e del colore simile alla curcuma,

  14 	e con una bocca a forma di caverna, dotata di quattro zanne,
     	con occhi eccesi di rame, e che si leccava le labbra veloce,

  15 	terrificante per tutti gli esseri, simile a Yama alla fine di tempi,
     	quasi fermo a deridere con un rumore di sospiro sibilante,

  16 	il serpente all'improvviso avicinatosi a Bhīma, violentemente furioso,
     	lo afferrava il serpente serrandogli con forza entrambe le braccia,

  17 	non appena fu da lui toccato Bhīmasena allora
     	perdeva la coscienza, rapidamente, per un dono avuto da lui,

  18 	la forza che reggeva diecimila elefanti,
     	quella era la forza delle braccia di Bhīmasena, inguagliata da altri, 

  19 	ma il potente soggiogato da quel serpente, 
     	tremando piano, Bhīma non era in grado di muoversi,

  20 	quel grandi-braccia dal vigore simile a miriadi di elefanti, dai balzi di leone,
     	afferrato, perdeva la coscienza, incantato dal dono ricevuto,

  21 	egli un violento sforzo compì per liberarsi,
     	ma non era in grado il valoroso, di sciogliersi in nessun modo. 
     


                              CLXXVI


   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	il possente Bhīmasena allora finito in potere del serpente,
     	pensava che il valore del serpente fosse miracolosamente grande,

   2 	e diceva al grande serpente: " per favore dimmi o serpente,
     	chi sei tu, dunque o migliore dei serpenti, e cosa farai di me?

   3 	io sono il pāṇḍava Bhīmasena, nato subito dopo il dharmarāja,
     	forte come miriadi di elefanti, come posso essere da te soggiogato?

   4 	leoni dalla folta criniera, tigri, e grandi elefanti,
     	in branchi, spesso io ho ucciso nella caccia,

   5 	e dānava, e piśāca e rākṣasa fortissimi,
     	non sono in grado di reggere la forza delle mia braccia, o migliore dei serpenti,

   6 	quale forza magica hai, o quale dono divino?
     	il massimo sforzo anche facendo, rimango in tuo potere,

   7 	falsa l'energia degli uomini, io certamente penso,
     	che la mia grande forza o nāga, da te è resa vana."

   8 	lui che così parlava, il valoroso Bhīma dall'indisturbato agire,
     	interamente avvolgeva nelle potenti spire, il serpente,

   9 	e tenendo stretto il grandi-braccia, il pitone allora
     	liberando le sue due potenti braccia, queste parole diceva:

  10 	"fortuna che oggi te come cibo, a me affamato han dato gli dèi o grandi-braccia,
     	fortuna che questo dopo molto tempo, cara è la vita di chi ha un corpo,

  11 	come io sia caduto nel forma di serpente o uccisore di nemici,
     	questa da me certamente raccontato ascolta o eccellente,

  12 	questo stato io ho ottenuto, per l'ira dei saggi,
     	desideroso di ottenere la fine della maledizione in serpente io ti racconterò tutto,

  13 	della venuta del ṛṣi regale, a nome Nahuṣa certamente tu hai udito,
     	egli era figlio di Āyu perpetuatore degli avi,

  14 	io sono quello, per la maledizione di Agastya, avendo disprezzato i brahmani,
     	in questo stato sono trattenuto, guarda questo mio destino,

  15 	se io te, qui giunto grandemente caro a guardarsi e invulnerabile,
     	ora mangerò, guarda con quale mezzo,

  16 	nessuno si può liberate una volta giunto tra le mie grinfie,
     	o elefante oppure bufalo, al tempo del mio pasto o migliore degli uomini,

  17 	tu non sei da un semplice serpente nato tra gli animali
     	afferrato, o migliore dei kuru, ma questo è il divino dono,

  18 	mentre io cadevo veloce dal grande carro volante, dal seggio di Śakra,
     	' poni fine alla maledizione.' così io dissi al venerabile, al migliore dei muni,

  19 	il potente mi disse soverchiato dalla compassione:
     	' la tua liberazione vi sarà nel corso di qualche tempo.'

  20 	allora io caddi sulla terra e il ricordo non mi abbandonava,
     	e pure essendo il mio ricordo antico, comunque non è passato,

  21 	'chi alle tue domande risponda interamente,
     	costui ti libererà dalla maledizione.' così mi disse il ṛṣi.

  22 	e l'essere da te afferrato, o re, pure il più forte,
     	pure il superiore a tutti perderà ogni forza,

  23 	e così pure io udivo la voce di quei pietosi,
     	che affetto avevano verso di me, e quei ri-nati quindi sparirono,

  24 	ed io compiendo azioni malvage, vivo in un impuro inferno,
     	preso l'aspetto di un serpente, aspettando il tempo o glorioso."

  25 	al serpente diceva il grandi-braccia Bhīmasena:
     	"non mi adiro con te o grande serpente, né rimprovero me stesso,

  26 	quanto è destinato o non destinato, all'uomo di dolore e felicità,
     	se viene o se ne va, non deve qui scoraggiare la mente,

  27 	chi con umano agire è in grado di allontanare il destino?
     	il destino io credo è superiore, ed ogni scopo umano è vano,

  28 	colpito dal fato, guarda me, che confidavo nel valore delle braccia,
     	come sono caduto in questo stato, qui oggi senza causa,

  29 	ma in nulla mi dolgo per me che sono perduto,
     	quanto per i miei fratelli cacciati dal regno nella foresta,

  30 	l'himavat e arduo da percorrere e pieno di yakṣa e rākṣasa,
     	essi cercando me, cadranno in grande agitazione,

  31 	o della mia morte udendo diverranno fiaccati,
     	essi seguaci del dharma da me sono spinti a recuperare il regno,

  32 	o anche se il saggio Arjuna non cadrà in depressione,
     	quel sapiente di ogni arma invincibile anche da dèi, gandharva e rākṣasa,

  33 	quel grandi-braccia, dall'enorme potenza è capace in un solo giorno,
     	con la sua energia di strappare anche il re degli dèi dalla sua sede,

  34 	come dunque non, del figlio di Dhṛtarāṣṭra baro al gioco dei dadi,
     	odioso a tutto il mondo, intento alla frode e alla cupidigia?

  35 	io mi dolgo per la madre compassionevole piena di desiderio per i figli,
     	che sempre ci ha educato alla grandezza superiore agli altri, 

  36 	come sarà ella senza protezione a causa della mia morte o serpente?
     	invano tutti loro saranno pieni di desiderio per me,

  37 	Nakula e Sahadeva i due gemelli rispettosi dei superiori,
     	questi onorati dagli uomini sempre sono sostenuti dalla forza del mio braccio,

  38 	indolenti diverrano i due, perduto valore e coraggio,
     	addolorati per la mia morte, questa la mia opinione."

  39 	in questo modo molto allora si lamentava Ventre-di-lupo,
     	avvolto nelle spire del serpente, e non era in grado di muoversi,

  40 	Yudhiṣṭhira però il kuntīde divenne preoccupato nell'animo,
     	meditando sull'apparizione di terribili cattivi portenti, 

  41 	un terribile sfavorevole suono, uno sciacallo stando a sud,
     	in una direzione infausta per il suo āśrama ululava allarmante,

  42 	un vartikā con un solo occhio, ala, e piede, orribile a vedersi,
     	vomitando sangue appariva, con un suono cacofonico verso il sole,

  43 	un vento arido soffiava impetuoso, trasportando pietre,
     	tutte le urla di animali e uccelli erano da destra a sinistra,

  44 	e da dietro un nero corvo gridava: " va! va!"
     	e di momento in momento il suo braccio destro tremava,

  45 	e il suo cuore, e pure il suo piede, e il petto si muoveva,
     	e l'intera sua parte sinistra sfavorevolmente risuonava,

  46 	il saggio dharmarāja cadde in un grande timore,
     	e chiedeva a Draupadī: "dov'è Bhīma?" così o bhārata,

  47 	a lui rispondeva la pāñcālī, che era da molto assente Ventre-di-lupo,
     	si metteva in moto il grandi-braccia assieme a Dhaumya, il sovrano,

  48 	"tu proteggi Draupadī." così disse al Conquista-ricchezze,
     	e Nakula e Sahadeva disponeva per i ri-nati,

  49 	e posto piede ad uscire dall'āśrama il potente,
     	scorgeva la terra segnata colle tracce di Bhīma,

  50 	nella caccia di quel valoroso veloce come il vento,
     	alberi divelti dalle sue coscie, sparsi sulla via,

  51 	egli procedendo con quelle tracce, vide in una grotta montana,
     	afferrato da un re dei serpenti, incapace di muoversi, il fratello minore.
     	


                              CLXXVII


   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	Yudhiṣṭhira avvicinatosi a lui coperto dalle spire del serpente,
     	al valoroso amato fratello queste parole diceva:

   2 	" come sei caduto in questa sventura, tu figlio di Kuntī?
     	e chi è questo grande serpente simile ad una montagna per grandezza?"

   3 	il fratello vedendo il fratello maggiore, il dharmarāja, 
     	gli raccontava ogni cosa a cominciare dall'immobilità per la presa.

   4 	Yudhiṣṭhira disse:
     	" se dio o daitya, o se uraga tu sei,
     	parole veritiere tu dimmi, te lo chiede Yudhiṣṭhira,

   5 	cosa posso portarti, avendo saputo cosa sia bene per te o serpente?
     	quale cibo io ti posso dare? e come può essere liberato lui o signore?"

   6 	il serpente disse:
     	"di nome Nahuṣa io fui un re, tuo antenato, o senza macchia,
     	il quinto conosciuto da Soma, e figlio di Āyu o sovrano di uomini,

   7 	con cerimonie e col tapas, col mio studio e con l'autocontrollo,
     	la sicura sovranità del trimundio io ottenni, col mio valore,

   8 	questa sovranità raggiunta, allora l'orgoglio mi prese,
     	e migliaia di ri-nati trasportavano il mio palanchino,

   9 	e reso ebbro dalla sovranità io dispregiavo i ri-nati,
     	e a questa condizione fui ridotto da Agastya, o principe della terra,

  10 	non mi ha abbandonato l'intelligenza fino ad ora o pāṇḍava,
     	per grazia di Agastya grand'anima, o re, 

  11 	nell'ora del sesto pasto come cibo ho avuto questo tuo fratello minore,
     	e non lo libererò, né altra cosa io desidero,

  12 	se però tu risponderai alle domande che io porrò,
     	allora dopo io libererò tuo fratello Ventre-di-lupo."

  13 	Yudhiṣṭhira disse:
     	"dimmi o serpente, quanto vuoi, io risponderò alle tue parole,
     	se pure sono in grado di fare il tuo bene o strisciante,

  14 	tu signore conosci interamente quanto deve esser conosciuto da un brahmano,
     	o re dei serpenti, uditele, io risponderò alla tue parole. "

  15 	il serpente disse:
     	"chi è un brahmano e che cosa deve conoscere o Yudhiṣṭhira,
     	rispondimi, dalle tue parole noi ti valutiamo molto intelligente."

  16 	Yudhiṣṭhira disse:
     	"sincerità, carità, pazienza, buona condotta, misericordia, autocontrollo, pietà,
     	appaiono dove vi è un brahmano o re dei nāga, così si dice.

  17 	la sapienza o serpente è il supremo brahman, che è assenza di dolore e di felicità,
     	dove questo è raggiunto non si addolorano gli esseri, che cosa ne pensi?"

  18 	il serpente disse:
     	"la giusta nozione dei quattro varṇa, la verità, e il brahman
     	anche tra i śūdra vi sono, e pure sincerità carità, e assenza di ira,
     	misericordia, innocuità, e pietà o Yudhiṣṭhira,

  19 	e la sapienza che tu hai detto essere assenza di dolore e di felicità o sovrano,
     	io non scorgo nessun'altra cosa priva di queste due cose."

  20 	Yudhiṣṭhira disse:
     	"quanto è caratteristico in uno śūdra non si trova in un ri-nato,
     	né uno nato śūdra è uno śūdra, né un brahmano un brahmano,

  21 	laddove si scorge una buona condotta, costui si dice un brahmano,
     	e laddove questo non sia, costui si indica come śūdra,

  22 	e quanto ancora hai affermato che non vedi una sapienza,
     	che qui sia priva dei due opposti, e che questa cosa non esiste,

  23 	e se così è la tua opinione o serpente, che nulla si trovi privo di entrambi,
     	quanto può esserci tra il freddo e il caldo, non è caldo e non è freddo,

  24 	e così vi è qualcosa che è priva di entrambi sia dolore che felicità,
     	questa è la mia opinione o serpente, cosa pensi tu o signore?"

  25 	il serpente disse:
     	"se per te  un brahmano o re, e determinato dalla condotta,
     	priva di valore è la nascita o dalla lunga vita, quando non vi sia la condotta."

  26 	Yudhiṣṭhira disse:
     	"la nascita o grande serpente, tra gli umani o grande intelletto,
     	e difficile da investigare per la confusione di tutti i varṇa, questa la mia opinione,

  27 	tutti gli uomini in tutte le caste generano figli,
     	la parola, il coito, la nascita, la morte sono uguali per tutti gli uomini,

  28 	misura sapienziale dei ṛṣi è che noi sacrifichiamo,
     	perciò l'agire più importante dicono sia il rito, quelli che vedono la verità,

  29 	dopo il taglio del cordone l'uomo ha compiuto il rito di nascita,
     	là, sua madre è come Sāvitrī e il padre maestro è chiamato

  30 	per condotta è come uno śūdra fintanto che non conosce i veda,
     	in questa differenza di opinioni, Manu lo svāyambhuva disse:

  31 	'ancora devono compiere i loro doveri i varṇa se non vi si trova buona condotta,
     	la confusione è in quel luogo.' così o re dei nāga, il potente ha stabilito,

  32 	dove, e nel caso o grande serpente, si cerchi la perfetta condotta,
     	questo io prima ti dissi che è un brahmano o migliore degli striscianti."

  33 	il serpente disse:
     	"udite le tue parole di riconosciuto sapiente o Yudhiṣṭhira,
     	come io posso divorare il tuo fratello Ventre-di-lupo?"
     
     	


                              CLXXVIII


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	"o signore nel mondo di tal fatta tu sei esperto dei veda e dei vedāṅga
     	dimmi quale azione facendo si possa raggiungere la meta suprema."

   2 	il serpente disse:
     	" nel piatto donando, dolci parole dicendo, la verità dicendo o bhārata,
     	chi si contenta delle azioni innocue, ottiene il paradiso, questa la mia opinione."

   3 	 Yudhiṣṭhira disse:
     	" del donare o serpente, o della sincerità qual'è il più importante? 
     	e dimmi tra la non violenza e il fare il bene quale il maggiore e il minore?"

   4 	il serpente disse:
     	“nel donare l'applicarsi, la sincerità, la non-violenza, il fare il bene,
     	di questi il valore appare dalla maggiore importanza dell'agire,

   5 	dell'applicarsi a qualche dono, la sincerità è superiore,
     	e del parlare sinceramente, o re dei re, qualche dono è superiore,

   6 	così o grande arciere, del dire gentilezze, o principe della terra,
     	la non-violenza appare superiore, e a volte la gentilezza è desiderabile,

   7 	così questo può essere o re, conseguente alle aspettative dell'agire.
     	quant'altro tu desideri chiedimi, che io te lo dirò."

   8 	Yudhiṣṭhira disse:
     	" in che modo l'arrivo in paradiso è il frutto certo delle azioni?
     	e dimmi inoltre come le percezioni dei sensi appaiono a chi è scorporato."

   9 	il serpente disse:
     	" tre le mete o re, determinate dalle proprie azioni, 
     	la nascita umana, la residenza in cielo, e per terza la nascita animale,

  10 	là dal mondo umano l'instancabile per primo nel donare,
     	e nelle azioni legate alla non-violenza, guadagna il paradiso,

  11 	e con mezzi contrari, o re dei re, diviene un uomo,
     	o un animale, o caro, qui vi sarà una differenza,

  12 	chi è preso da desiderio e ira, chi agisce con avidità e nocività,
     	decaduto dalla natura umana, nasce in un grembo animale,

  13 	e singoli esseri nati animali passano allo stato umano,
     	a cominciare dalle vacche e dai cavalli pure la divinità si vide ottenere,

  14 	tutte queste vie percorre il vivente a motivo del suo agire,
     	e nell'eterno supremo, si stabilisce o sovrano,

  15 	di nascita in nascita il forte vive e il dotato di corpo da sé
     	desiderando il frutto del suo agire, o caro, diviene causa del modo di nascere."

  16 	Yudhiṣṭhira disse:
     	" nell'udito, nel tatto, nella vista e pure nel gusto e odorato,
     	qual'è la sua condizione, dimmi o serpente secondo verità e senza confusione,

  17 	forse che tu non afferri tutti insieme gli oggetti dei sensi, o grande intelletto?
     	a tutte le mie richieste devi rispondere o migliore dei serpenti."

  18 	il serpente disse:
     	" la sostanza ātman, o dalla lunga vita, che è impegnata nell'unione col corpo,
     	obbligata dalle cause, gode dei beni secondo giustizia,

  19 	qui invero il sapere, l'intelletto e la mente o toro dei bhārata,
     	sappi da me che di quella sono i mezzi nell'usufruire dei beni, 

  20 	attraverso la mente o caro, uno alla volta gli oggetti dei sensi, produce
     	il corpo, estraendoli nel corpo dalla sede degli oggetti dei sensi,

  21 	e pure la mente qui o tigre degli uomini, è concessa al vivente.
     	perciò per lui la percezione insieme di tutti non avviene,

  22 	l'anima o tigre tra gli uomini, posta tra le sopracciglia,
     	manda l'intelletto grande e piccolo sulle varie sostanze,

  23 	e successivamente avviene la percezione dell'intelletto per i saggi,
     	questo o tigre dei re, e il giusto modo concepito dal conoscitore del campo."

  24 	Yudhiṣṭhira disse:
     	" della mente e dell'intelletto dimmi le altre caratteristiche,
     	questo è la supremo dottrina dato ai sapienti dell'anima. "

  25 	il serpente disse:
     	" l'intelletto dell'anima ancella o caro, per illusione appare
     	percepito come dipendente da essa, esso è solo il mezzo per la sua ricerca,

  26 	l'intelletto non ha l'ufficio dei guṇa, la mente possiede i guṇa,
     	l'intelletto non prende parte all'azione, ma è la mente a prenderne parte,

  27 	questa io ti dico è la differenza o caro, tra mente e intelletto,
     	tu pure qui sei completamnete istruito, e cosa ne pensi tu?"

  28 	Yudhiṣṭhira disse:
     	"o migliore dei sapienti ottima è questa tua opinione,
     	da te è conosciuto quanto si deve conoscere perche dunque chiedi a me?

  29 	come può la confusione prendere te che abitato in cielo tutto conosci,
     	e che cosi meravigliosamente agisti? questo è il mio grande dubbio."

  30 	il serpente disse:
     	" la buona fortuna confonde anche l'uomo forte e sapiente,
     	immersa nella felicità l'intera mia mente non capiva,

  31 	pure io per il turbamento dalla sovranità fui reso folle o Yudhiṣṭhira,
     	accaduto che ebbi recuperata la ragione, io ti istruisco,

  32 	tu hai fatto per me una azione sacra o tormentatore di nemici,
     	interrotta la dolorosissima maledizione, parlando con te che sei virtuoso,

  33 	io un tempo vivendo in cielo con un divino carro,
     	folle di arroganza essendo, a nessun altro pensavo,

  34 	brahmarṣi, dèi, gandharva, yakṣa, rākṣasa, kiṁnara,
     	tutti gli abitanti del trimundio mi davano tributi,

  35 	qualsiasi creatura che io scorgessi cogli occhi o principe della terra,
     	la sua energia le toglievo veolcemente, questa era lo forza della mia mente,

  36 	migliaia di brahmani trasportavano la mia portantina,
     	questa mia cattiva condotta o re, distrusse la mia prosperità,

  37 	là il muni Agastya che mi trasportava fu da me colpito con il piede,
     	senza guardarmi, allora mi disse per l'ira: ' perisci o serpente!'

  38 	allora caduto dal quel gran carro volante, perduti gli ornamenti,
     	divennni un serpente cadendo a faccia in giù,

  39 	chiedevo io allora a quel saggio: ' che giunga la fine di quella maledizione,
     	o venerabile, tu devi perdonare chi ha agito senza saperlo.'

  40 	allora egli a me che stavo cadendo diceva, pieno di compassione:
     	' Yudhiṣṭhira il dharmarāja, ti libererà dalla maledizione,

  41 	di questa orrenda e forte arroganza o sovrano di uomini,
     	il frutto finito, o grande re, un puro frutto otterrai.'

  42 	allora una meraviglia nacque in me vedendo la forza del tapas,
     	per questo io ti chiesi del brahman e dello stato di brahmano,

  43 	sincerità, autocontrollo, yoga, tapas, non-violenza, dono perpetuo,
     	sempre sono i mezzi degli uomini, non la nascita non la famiglia o sovrano,

  44 	senza danno, tuo fratello Bhīma il grandi-braccia è libero,
     	fortuna a te sia o grande re, io ritornerò in cielo."

  45 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così avendo parlato abbandonato il corpo di serpente il sovrano Nahuṣa, 
     	il divino aspetto riconquistato andava in paradiso.

  46 	Yudhiṣṭhira però, anima giusta, col fratello Bhīma reincontrandosi,
     	assieme a Dhaunya, il glorioso, di nuovo tornava all'āśrama,

  47 	quindi a tutti i ri-nati riuniti come era accaduto,
     	tutto raccontava, il dharmarāja, Yudhiṣṭhira,

  48 	e questo avendo udito tutti i ri-nati e i suoi tre fratelli,
     	erano molto imbarazzati e anche la splendida Draupadī,

  49 	e tutti quegli ottimi ri-nati, desiderando il bene dei pāṇḍava, 
     	non farlo più dicevano a Bhīma, rimproverando la sua temerarietà,

  50 	i pāṇḍava però vedendo libero dal pericolo il fortissimo Bhīma,
     	gioia manifestarono, e lieti, insieme trascorsero il tempo.