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38. Saṃvāda draupadīsatyabhāmayoḥ

( Il dialogo di Draupadī e Satyabhāmā. III, 222-224)

                              CCXXII


   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	sedendo vicino ai saggi i pāṇḍava grandi anime,
     	Draupadī e Satyabhāmā, entravano allora insieme,
     	e ridendo le due amate mogli confortevolmente allora sedettero, 

   2 	dopo lungo tempo le due vedendo o re dei re, con dolci parole l'un l'altra,
     	si raccontavano varie storie inerenti ai kuru e agli yadu,

   3 	allora diceva Satyabhāmā la cara prima moglie di Kṛṣṇa,
     	la graziosa figlia di Satrājit alla figlia di Yajñasena questo in segreto:

   4 	“ con quale condotta o Draupadī tu servi i pāṇḍava,
     	questi giovani eccellenti sovrani del mondo, dal supremo consiglio?
     	e come essi obbedienti non si adirano verso di te o bella?

   5 	al tuo comando sempre sono i pāṇḍava o cara a vedersi,
     	e tutti ti guardano in viso, questo in verità dimmi,

   6 	cura religiosa o il tapas, o formule o droghe d'amore,
     	efficacia di scienza, o forza di tua natura, formule magiche, o droghe?

   7 	a me rivela o pāñcāla, questa gloriosa felicità coniugale,
     	con cui o Kṛṣṇā, sia sempre a me obbediente Kṛṣṇa.”

   8 	così avendo parlato Satyabhāmā, rimase silente la splendida,
     	e la gloriosa moglie fedele Draupadī rispondeva a lei:

   9 	“ della condotta di donne non virtuose tu mi chiedi o Satyā,
     	nella via di chi non agisce virtuosamente, come vi può essere insegnamento?

  10 	la domanda è pericolosa e non è degna di te,
     	che sei così dotata di senno, e che sei l'amata prima moglie di Kṛṣṇa,

  11 	quando il marito sapesse che la donna è legata a droghe e incantamenti,
     	di lei si spaventerebbe come di un serpente entrato in casa, 

  12 	come può esserci pace per l'agitato, e come la felicità per chi non ha pace?
     	mai obbediente alla donna sia il marito, per mezzo di incantamenti,

  13 	quelli che desiderano colpire i nemici con orrende malattie,
     	mandano loro il veleno con formule e droghe,

  14 	l'uomo che li usi con la lingua o anche con la pelle,
     	allora dalle polveri donate è velocemnete ucciso, senza dubbio,

  15 	affetti da idropsia, lebbrosi, e decrepiti,
     	impotenti sono ridotti dalle donne e pure paralizzati, ciechi e muti,

  16 	queste malvage seguaci del male, i mariti affliggono,
     	mai, e in nessun modo la donna deve fare del male al marito,

  17 	quella condotta che io ho con i pāṇḍava grand'anime,
     	nell'intera verità ascolta da me, o splendida Satyabhāmā,

  18 	eliminato l'egoismo, e sempre la passione e l'ira,
     	io mi comporto sempre devotamente verso i pāṇḍava e le loro mogli,

  19 	amore ricevendone fissandomi da me, 
     	desiderosa di obbedire, senza paura, col cuore pronto ai desideri dei mariti,

  20 	da male parole, da sospetti, da male agire, dal mal guardare,
     	dal mal sedere, dal male andare, e pure da male fisionomie astenendomi,

  21 	io servo questi grandi guerrieri simili al sole e al fuoco, pari alla luna,
     	i pṛthādi che possono uccidere con lo sguardo, maestosi di impetuosa energia,

  22 	dio o uomo o gandarva pure giovane e adornato,
     	sia ricco che bello, per me non esiste altro uomo,

  23 	non avendo mangiato il marito, non lavato, non riposato,
     	io non riposo, non mangio e sempre sono nelle faccende,

  24 	dal campo, o dalla foresta o dal villaggio, il marito giunto a casa,
     	incontrando, io gli do il benvenuto con un seggio e acqua lustrale, 

  25 	un piatto pulito, cibi puri, a tempo servendogli,
     	controllata, avendogli tenuto del riso, tenendo pulitissima la dimora,

  26 	senza pronunciare male parole, io non seguendo le malefemmine,
     	sempre ben disposta, io sono sempre attiva,

  27 	a parte negli schezi io mi astengo dal ridere, dallo stare costantemente sulla porta,
     	dallo stare a lungo in bagno nelle indecenze,

  28 	mi astengo da troppo riso ed ira, e dal rimanere nella furia,
     	soddisfatta io sono sempre nella sincerità e nel servizio ai mariti,
     	mai in nessun modo io desidero la separazione dai mariti,

  29 	quando il marito soggiorna via per qualche affare di famiglia,
     	mi astengo dai piacevoli aromi, e pratico religiosi voti,

  30 	quello che il marito non beve, quello che il marito non mangia,
     	di quello che mio marito non gode, io a tutto questo rinuncio,

  31 	secondo prescrizione attendendomi io mi comporto o belle-membra,
     	ben adornata, devotissiama, soddisfatta del bene del marito, 

  32 	quelli che sono i dharma famigliari mi furono insegnati un tempo dalla suocera,
     	elemosina, offerta agli dèi e agli avi, cuocere i cibi nei periodi lunari,
     	e le altre attenzioni e scopi onorifici che io conosco, 

  33 	tutti questi io seguo, notte e giorno, instancabile,
     	e compiendo questi obblighi, sempre fissata con tutta l'anima,

  34 	nelle docezze, nelle virtù, nelle condotte sincere, che preservano il vero dharma,
     	io mi mantengo considerando i mariti irritabili come serpenti velenosi,

  35 	l'autorità del marito io credo il dharma eterno delle donne,
     	egli è il dio, non vi è altro scopo, quale donna potrebbe male recargli? 

  36 	io non precedo i mariti non mangio prima, prima non mi adorno,
     	neppure li accuso, sempre obbediente alla suocera, 

  37 	con attenzione o bellissima, e sempre con gioia,
     	i miei mariti sono a me obbedienti, perché io li ascolto come dei guru,

  38 	sempre io, Kuntī la nobile madre degli eroi, di parole sincere,
     	spontaneamente io da sola onoro, con vesti e cibi,

  39 	mai io prima di lei uso avere cibi, ornamenti o vesti,
     	e neppure io parlo prima di Pṛthā, pari alla madre terra,

  40 	un tempo otto mila brahmani sempre
     	mangiavano in piatti d'oro nel palazzo di Yudhiṣṭhira,

  41 	ottantotto mila brahmani consacrati, sacrificatori domestici,
     	ciascuno con trenta schiave, manteneva Yudhiṣṭhira,

  42 	e altri diecimila erano quelli che avevano cibi prelibati,
     	serviti in piatti d'oro, asceti che vivevano in castità,

  43 	tutti questi brahmani, recitanti i veda, con donazioni reali,
     	secondo il merito io onoravo, con bevande, vesti e cibi,

  44 	cento mila schiave aveva il kuntīde grand'anima,
     	che indossavano bracciali e braccialetti, e adornate da gioielli d'oro,

  45 	indossanti preziose collane, bellissime, unte di sandalo,
     	gemme e oro indossando, esperte nei canti e nelle danze,

  46 	di queste nome e viso e i cibi e le vesti,
     	di tutte io conoscevo, e le cose che dovevano fare,

  47 	le centomila schiave del saggio figlio di Kuntī,
     	coi piatti in mano, giorno e notte gli ospiti nutrivano,

  48 	di cento mila cavalli e dieci miriadi di elefanti,
     	era il seguito di Yudhiṣṭhira nel palazzo di indraprastha,

  49 	tutto questo era allora del re che governava la terra,
     	e di questi il numero e il ruolo io assegnavo e ricordavo,

  50 	e di tutti i dipendenti dentro casa, interamente,
     	dai bovari ai pastori, di tutti io conoscevo il compito,

  51 	tutto il patrimonio del re, le spese e le entrate,
     	dei pāṇḍava gloriosi, solo io conoscevo, o nobildonna, 

  52 	in me, ogni cosa ponendo degli affari famigliari, il tori dei bhārata,
     	tutti erano intenti nell'esercizio delle armi, o bella di viso,

  53 	presa da tutto questo carico insopportabile per le malanime,
     	l'intera felicità trascurando, notte e giorno io mi impegnavo,

  54 	come il mare invincibile pieno dei tesori di Varuṇa,
     	il tesoro dei miei mariti intenti nel dharma, io da sola conoscevo,

  55 	di giorno o di notte, sopportando sete e fame,
     	io onoro i kaurava, eguale per me giorno e notte,

  56 	per prima mi sveglio, per ultima mi corico,
     	sempre io o Satyā, questo è il mio fascino,

  57 	questo grande fascino per i mariti io so fare,
     	condotta simile alle male femmine io non faccio né desidero.”

  58 	questa dichiarazione piena di dharma, udendo da Kṛṣṇā,
     	Satyā diceva alla pāñcāla onorandola, così disciplinata nel dharma:

  59 	“o pāñcāla, io sono colpevole, o figlia di Yajñasena, perdonami,
     	è abitudine delle amiche il parlare scherzando.”
     


                              CCXXIII


   1 	Draupadī disse:
     	“una via non peccaminosa io ti dirò per carpire il cuore del marito,
     	la quale percorrendo amica mia, nel giusto modo, separerai il marito da altri amori,

   2 	non un dio simile a lui v'è, o Satyā sempre in tutti questi mondi,
     	quando il marito è in pace ogni desiderio è ottenibile, e irato egli può uccidere,

   3 	perciò prole e vari cibi, e seggi meravigliosi a vedersi,
     	abiti, ghirlande e profumi, e il mondo del paradiso e grande gloria,

   4 	la felicità mai si ottiene facilmente qui, col dolore la virtuosa ottiene le cose felici,
     	tu conciliati Kṛṣṇa con l'amicizia, e con l'amore, e sempre con la cura di te,

   5 	così con piacevoli seggi, e belle ghirlande, coll'uso di gentilezze e vari profumi,
     	'da lei io sono amato.' così quando sa egli, a te sarà unito in tutti i modi,

   6 	udita la voce del marito sulla porta, alzandoti rimani in mezzo alla casa,
     	e vedendolo entrare rapida con un seggio, e acqua lustrale, tu onoralo,

   7 	e messa in moto la servitù da lui, alzandoti tutto da te compi,
     	Kṛṣṇa conosca la tua natura, o Satyā, 'con tutta l'anima ella mi serve.' così pensi, 

   8 	quanto dica il marito sia a te vicino, quando pure non sia segreto tienilo per te,
     	che se altra moglie di te parlasse a Vāsudeva, per questo lui non sarebbe irato,

   9 	cose care, piacevoli e salutari al marito con vari mezzi forniscili,
     	tienilo distante da odi, da oppositori, da svantaggi, e sempre da mali e inganni,

  10    eliminando passione e negligenza quando sei tra uomini, frena la tua natura in silenzio,
     	e pure con Pradyumna e Sāmba i tuoi figli, non onorarli in segreto mai,

  11 	resta amica di donne di nobile nascita, non cattive, ma virtuose,
     	e le passionali, bevitrici, voraci, disoneste, maligne, e incostanti, siano evitate, 

  12 	questo fornisce fama e felicità coniugale, e paradiso e distruzione di avversari,
       	indossando preziose ghirlande e gioielli e unguenti, e puri profumi, concilia il marito.”
     


                              CCXXIV


   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	coi savi con Mārkaṇḍeya in testa e coi pāṇḍava grand'anime,
     	che raccontavano piacevoli vicende, insieme sedendo Janārdana,

   2 	con essi allora fatto un patto secondo le regole, il madhusūdana,
     	il Lunghi-capelli invitava Satyā a salire sul carro,

   3 	Satyabhāmā allora là abbracciata la figlia di Drupada, 
     	le diceva le accorate parole, conformi alla propria natura:

   4 	“ o Kṛṣṇā, non aver rimpianti, né agitazione, né insonnia,
     	dai tuoi mariti simili a dèi otterrai la conquista della terra,

   5 	non donne dotate di simile condotta, coi segni dell'onore,
     	come tu sei, a lungo mantengono la sventura, o occhi-neri,

   6 	inevitabilmente, tu di questa terra privata di ogni spina,
     	assieme ai mariti dovrai godere, senza preoccupazione, così io ho udito,

   7 	uccisi i figli di Dhṛtarāṣṭra, respinte le ostilità,
     	vedrai la terra ai piedi di Yudhiṣṭhira, o figlia di Drupada,

   8 	quelle insolenti e confuse che ti hanno derisa mentre eri bandita,
     	presto, queste donne kuru tu vedrai intente ai riti funebri,

   9 	sappi che quelle che il male compirono per procurarti dolore,
     	saranno tutte o Kṛṣṇā, stabilite nella dimora di Yama,

  10 	e tuo figlio Prativindhya, e il potente Sutasoma,
     	e Śrutakarma di Arjuna, e il figlio di Nakula Śatānīka,
     	e tuo figlio Śrutasena, nato da Sahadeva,

  11 	tutti i tuoi figli sono sani e valorosi, e abili nelle armi,
     	come Abhimanyu amati e fortemente contenti sono a dvāravatī

  12 	come fosse te Subhadrā con amore, con tutta l'anima accanto a loro,
     	li ama e senza alcuna gelosia per te, non aver alcun timore,

  13 	e pure la madre di Pradyumna così li amava con tutta l'anima,
     	e il Lunghi-capelli, col figlio Bhānu e con gli altri, di loro non fa differenze,

  14 	nel loro mangiare e nel loro vestire, sempre mia suocera attende,
     	tutti gli andhaka e i vṛṣṇi a cominciare da Rāma, li amano,
     	e simile affetto vi è per loro o bellissima, come per Pradyumna.”

  15 	un tale accorato e caro e piacevole discorso avando pronunciato con amore,
     	la mente pose ella ad andare verso il carro di Vāsudeva,

  16 	e a Kṛṣṇā, la prima moglie di Kṛṣṇa compiva la pradakṣiṇa,
     	e saliva sul carro del śauri, la splendida Satyabhāmā,

  17 	e sorridendo il migliore degli yadu, confortata Draupadī,
     	giratosi allora coi veloci destrieri partiva quell'uccisore di nemici.