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41. Vrīhidrauṇika

( Il libro del secchio di riso. III, 245-247)

                              CCXLV


   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	nella foresta i pāṇḍava grand'anime, risiedendo 
     	miseramente, undici anni passarono, o toro dei bhārata,

   2 	nutrendosi di frutta e radici, essi meritevoli di felicità, il supremo dolore,
     	vincevano pensando al loro momento, quei migliori uomini.

   3 	Yudhiṣṭhira quel regale ṛṣi, al supremo dolore
     	dei fratelli pensando quel grandi-braccia, nato da un suo proprio fallo,

   4 	non dormiva felice il re, come col cuore da dardi colpito,
     	guardando a quella depravazione che fu al tempo in cui nacque la partita,

   5 	il pāṇḍava ricordando le offensive parole del figlio del sūta, 
     	fortemente sospirando, depresso tratteneva il grande veleno dell'ira.

   6 	Arjuna ed entrambi i gemelli, e Draupadī bellissima, 
     	e Bhīma dalla grande potenza, il più forte di tutti,
     	scorgendo Yudhiṣṭhira sopportavano quell'infinito dolore,

   7 	e pensando che restava ancora poco tempo, quei tori fra gli uomini,
     	quasi mostravano un altro corpo e sopportavano frenando l'impazienza,

   8 	ad un certo tempo Vyāsa, il figlio di Satyavatī,
     	quel grande yogin, giungeva a far visita ai pāṇḍava,

   9 	lui arrivare avendo visto, il figlio di Kuntī Yudhiṣṭhira,
     	alzatosi incontro al grand'anima, lo accoglieva secondo le regole,

  10 	e vicino a lui seduto, sedendosi, a lui attento, coi sensi domati,
     	gratificava Vyāsa col gettarsi ai suoi piedi il rampollo di Pāṇḍu,

  11 	magri vedendo i nipoti, che vivevano nella foresta,
     	quel grande ṛṣi, diceva quasi balbettando per le lacrime:

  12 	“ Yudhiṣṭhira grandi-braccia, ascolta o migliore dei sostenitori del dharma,
     	quanti non son provati dal tapas, non ottengono una grande felicità,

  13 	nel piacere e nel dolore l'uomo, alternativamente si dibatte,
     	e nessuna eccessiva infelicità o toro degli uomini, ottiene

  14 	il saggio uomo, che adopera il supremo pensiero,
     	che conosce il sorgere e cessare, non si duole e non gioisce,

  15 	accetta la felicità capitata, e sopporta il capitato dolore,
     	e attende il giusto tempo del raccolto come il seminatore,

  16 	nulla v'è di superiore al tapas, col tapas molto si trova,
     	nulla vi è di inconquistabile dal tapas, di questo sii certo o bhārata,

  17 	sincerità, onestà, assenza d'ira, donazioni, autocontrollo, pace interiore,
     	assenza di invidia e non violenza, e purezza e controllo dei sensi,
     	questi o grande re, gli scopi degli uomini dalle pure azioni,

  18 	compiaciuti nell'adharma gli sciocchi, seguaci della falsa meta,
     	una sventurata nascita ottenendo, queste genti non trovano la felicità,

  19 	l'azione che si compie quaggiù si gode nell'aldilà,
     	perciò che eserciti il corpo col tapas e col controllo,

  20 	secondo possibilità doni, e venerando e prostrandosi,
     	al tempo del pasto, con lieto animo, rigettata ogni inimicizia,

  21 	il sincero dalla buona condotta, otterrà facilmente lunga vita, 
     	senza adirarsi, privo di invidia, la suprema beatitudine ottiene,

  22 	il trattenuto, il perennemente tranquillo, non conosce sofferenza,
     	né è tormentato chi ha raffrenato spirito, vedendo la fortuna andata altrove,

  23 	chi i beni condivide, chi dona, quest'uomo che possiede beni e felicità,
     	diviene privo di violenza, e ottiene la suprema sanità,

  24 	onorando i degni di onore, la nascita ottiene in una grande famiglia,
     	chi ha vinto i sensi, non cade in grembo alle sventure,

  25 	con la mente unita al bene, fornito del dharma per ogni tempo,
     	egli appare, per questa unione, di felice pensiero.”

  26 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ o venerabile, del tapas e dei dharma, e del dono o grande muni,
     	quale di questi dà buone cose nell'aldilà, o quale il più difficile è detto?”

  27 	Vyāsa disse:
     	“ nulla si trova sulla terra più difficile del donare,
     	chi è avido di grande ricchezze dal dolore è soverchiato,

  28 	abbandonando pure la cara vita, per aver ricchezza, nel grande fuoco
     	entrano gli uomini valorosi, come nel mare e nella foresta,

  29 	alcuni uomini così si dedicano all'agricoltura e all'allevamento,
     	altri uomini si prestano al servire desiderosi di ricchezza,

  30 	dolorosa è la separazione da quanto guadagnato, e difficile a farsi,
     	non vi è cosa più difficile del donare, perciò per mia opinione, il donare

  31 	puoi ritenere qui superiore anche per logica, e la ricchezza acquisita,
     	al giusto tempo e luogo deve essere data via dai virtuosi,

  32 	con ricchezza acquisita ingiustamente, la pratica del dono che 
     	si compie non salva l'autore dalla grande paura,

  33 	al tempo appropriato, un dono anche piccolo dato o Yudhiṣṭhira,
     	con mente purissima, è ritenuto come un infinito frutto dell'aldilà,

  34 	così pure dichiarano in una antica storia,
     	che Mudgala, distribuendo un secchio di riso, ottenne quel frutto.”
     


                              CCXLVI


   1 	Yudhiṣṭhira disse:
     	“ in che modo quel grand'anima dette via un secchio di riso?
     	e a chi lo diede e in quale modo o venerabile dimmi,

   2 	vedendo il dharma del virtuoso che è soddifatto delle sue azioni,
     	io penso che questo praticante del santo dharma ottenga una nascita fruttuosa.”

   3 	Vyāsa disse:
     	“ spigolando granaglie, Mudgala anima giusta, dai fermi voti,
     	viveva quel sincero uomo, privo di invidia o re, a kurukṣetra,  

   4 	devoto agli ospiti, e intento ai riti, pur vivendo la vita di un piccione,
     	quel grande asceta era intento ad un sattra chiamato iṣṭīkṛta,

   5 	il muni assieme a moglie e figlio prendeva i pasti per una quindicina,
     	alla maniera di un piccione per l'altra quindicina raccoglieva una secchia di riso,

   6 	e celebrato i riti di luna nuova e piena, senza invidie,
     	e coi resti delle offerte agli dèi e agli ospiti sostentava il corpo,

   7 	e Indra in persona il signore del trimundio assieme agli dèi, la sua
     	offerta o grande re accettava in ciascun giorno di congiunzione lunare,

   8 	egli passati quei giorni, fermo restando nella condotta da muni,
     	agli ospiti dava il cibo, con la gioia nell'anima,

   9 	e nel medesimo giorno, della secchia di riso, il cibo dato dal grand'anima,
     	il rimanente di quel privo di invidia, cresceva sotto lo sguardo degli ospiti,

  10 	che pure cento saggi brahmani potevano mangiare,
     	e quel cibo, a retribuizione del donare del muni, diventava maggiore,

  11 	avendo udito del giusto Madgala dai fermi voti,
     	Durvāsas o re, nudo mendico, da lui si recava,

  12 	e avendo un diverso aspetto quasi di pazzo o pāṇḍava,
     	il muni pelato, pronunciando varie male parole,

  13 	avvicinato quindi quel savio diceva quel migliore dei muni:
     	' sappi o migliore dei muni che io sono giunto in cerca di cibo.'

  14 	' benvenuto tu sia.' Mudgala rispondeva al muni,
     	e acqua per i piedi e per l'ācamana offrendo, cibo eccellente,

  15 	quell'asceta per voto ospitale, dava in dono all'affamato,	
     	suprema fede avendo quel fermo nei voti che lui fosse folle,

  16 	quindi allora quel cibo gustoso pieno di fame,
     	mangiava interamente, quel folle, e a lui ancora ne dava Mudgala,

  17 	e mangiato tutto il cibo ancora col boccone in bocca,
     	si ungeva le membra e se ne andava dove voleva,

  18 	giunto una seconda volta il tempo della fase lunare, arrivando
     	egli mangiava tutto il cibo di quel saggio che viveva spigolando,

  19 	e digiunando quel muni di nuovo andava a spigolare, 
     	né questa afflizione subita era in grato di condurre all'ira Mudgala,

  20 	né ira, né invidia, né mancanza di rispetto, né agitazione,
     	entrava in quel migliore dei ri-nati che andava spigolando con moglie e figlio,

  21 	Durvāsas al migliore dei muni, intento nella regola dello spigolare,
     	andava risoluto al tempo giusto per sei volte, 

  22 	e nessuna alterazione della mente il muni vedeva in lui
     	che era di animo puro, egli ne vedeva la mente brillare pura,

  23 	a Mudgala allora diceva contento, quel muni:
     	' generoso a te pari, e privo di ogni invidia non vi è al mondo,

  24 	la fame scaccia ogni segno di dharma, e porta via pure l'intelligenza,
     	la lingua seguendo il proprio scopo, corre verso i sapori,

  25 	dal cibo nasce la vita, e la mobile mente è arduo mantenerla ferma,
     	la concentrazione della mente e dei sensi, è certamente il tapas,

  26 	di trascurare il dolore nato dalla fatica, con mente pura,
     	in tutto questo ti sei impegnato o virtuoso secondo le regole,

  27 	felici noi siamo e obbligati incontrandoti, con te sono sempre
     	vittoria sui sensi, intelligenza, condivisione, autocontrollo e calma,

  28 	in te compassione, sincerità e dharma interamente sono radicati,
     	e vinti i mondi con le tue azioni, hai ottenuto la suprema meta,

  29 	il tuo grandissimo donare, risuona tra gli abitanti del cielo,
     	e col tuo corpo tu andrai in paradiso o fermo nelle osservanze.'

  30 	così avendo parlato allora il muni Durvāsas,
     	un messaggero degli dèi raggiungeva Mudgala con una carro volante,

  31 	aggiogato a cigni e oche selvatiche, inghirladato di reti di campanelli,
     	da quel variegato carro volante, che emanava un divino aroma,

  32 	e diceva al savio ṛṣi:' il carro volante hai vinto col tuo agire,
     	sali, tu hai ottenuto la suprema perfezione o muni.'

  33 	a quel divino messaggero che così parlava, il ṛṣi diceva dunque:
     	' io desidero che tu mi narri delle qualità degli abitanti del paradiso,

  34 	quali sono le qualità di coloro che là abitano? quale il tapas? e quale il loro scopo?
     	in paradiso, quale divina felicità vi è o quale vizio o messaggero degli dèi?

  35 	i virtuosi di nobile famiglia dicono che con sette passi si diviene amico dei buoni,
     	e in nome dell'amicizia io a te chiedo o splendente,

  36 	che qui la vera via tu mi indichi senza esitare,
     	e uditola, allora io mi determinerò alle tue parole.'
     


                              CCXLVII


   1 	il messaggero divino disse:
     	' o grande ṛṣi, di impropria opinione tu sei, che la suprema felicità del cielo
     	ottenuta, molto supponendo ti informi come uno sciocco,

   2 	sopra questo mondo, v'è quello che è detto il paradiso,
     	che sta in alto, ha buone strade ed è sempre percorso dai carri divini o muni,

   3 	né gli uomini privi di tapas, né chi non compie grandi sacrifici,
     	né gl'ingannatori e neppure i non credenti, là possono andare o Mudgala,

   4 	le anime giuste, che hanno sé stessi vinto, i tranquilli, i controllati, privi d'invidie,
     	gli uomini felici nel dono e nel dharma, e i guerrieri coi segni delle ferite,

   5 	là vanno, quella miglior azione facendo che è la pace e il controllo di sé,
     	nei mondi dei bene agenti, o brahmano, frequentati dagli uomini virtuosi,

   6 	gli dèi, e i sādhya, i viśvedeva, e i marut coi grandi ṛṣi,
     	gli yāma, e i dhāma, o Mudgala, e i gandharva e le apsaras,

   7 	di queste schiere divine, ciascuna in gran numero,
     	sono i mondi splendenti, fatti di luce, bellissimi, forniti di ogni desiderio,

   8 	di trentatre mila yojana, e fatto d'oro,
     	è il meru il re dei monti, dove vi sono i giardini degli dèi o Mudgala,

   9 	santi, con quello di Indra in testa, sono luoghi di piacere per i bene agenti,
     	non fame né sete, non fatica, né paura del caldo e del freddo,

  10 	o anche disgusto per il brutto, o alcuna malattia là vi è,
     	ovunque profumi, delizia della mente, e cose interamente piacevoli a toccarsi,

  11 	musiche affascinanti a sentirsi ovunque là ci sono, o muni,
     	né sofferenza, né malattia vi sono là, non fatica né lamenti,

  12 	tale è questo mondo o muni, destinato come frutto del proprio agire,
     	là gli uomini per le proprie virtuose azioni nascono,

  13 	i corpi di quelli che qui arrivano son soffusi di luce, 
     	nati dalle loro azioni, o Mudgala, non da padre e madre,

  14 	e non v'è sudore, non cattivi odori di feci ed orina, 
     	costoro hanno, la polvere non si attacca alle vesti, là o muni,

  15 	non appassiscono le loro ghirlande, dal divino profumo che trascina la mente,
     	e sono trasportati da carri volanti o brahmano, quelli come te,

  16 	privi di malizia, dolore e fatica, eliminata l'obnubilante invidia,
     	felicemente vivono là quelli che hanno conquistato il cielo o grande muni,

  17 	al di sopra di questi siffati mondi o toro dei muni,
     	vi sono i mondi di Śakra, pieni delle qualitità divine,

  18 	alla presenza di Brahmā là vi sono i bellissimi mondi fatti di luce,
     	dove vanno i ṛṣi o brahmano, purificati dalle loro buone azioni,

  19 	là vi sono altre divinità tra gli dèi, che hanno nome ṛbhu,
     	di questi sono i mondi migliori, e questi qui sono venerati dagli dèi,

  20 	luminosi di propria luce questi altri mondi risplendono, fornendo ogni desiderio,
     	non in essi vi è il male prodotto dalle donne, non l'invidia della sovranità,

  21 	non si sostengono coi sacrifici, e neppure nutrendosi di amṛta,
     	e i loro corpi sono divini, ed essi non hanno forme visibili,

  22 	non felici per desiderio di felicità sono questi eterni dèi degli dèi,
     	né essi mutano alle rivoluzioni dei kalpa,

  23 	malattie e morte come possono loro attaccarsi? non gioia, né piacere, né felicità,
     	non dolore, non piacere a loro, come dunque passione e odio, o muni?

  24 	questa suprema meta anche dagli dèi è desiderata o Mudgala,
     	questa difficile suprema perfezione non è raggiungibile coi carri volanti,

  25 	questi i mondi dei trentatre dèi, ai rimanenti mondi i saggi,
     	giungono, i migliori con l'autocontrollo, o coi doni, col ben agire nelle vite anteriori,

  26 	questo il premio nato dal donare, qui ottenuto, e fonte di felicità,
     	di questo, ottenuto con le buone azioni, godi, tu risplendente per il tapas,

  27 	la felicità del cielo, o saggio, e i molteplici e vari mondi,
     	e le qualità del paradiso ti ho detto, ora ascoltane da me pure la macchie,

  28 	dell'agire compiuto, là in cielo se ne gode il frutto,
     	nessun'altra azione si compie, si deve consumarla fino alla radice,

  29 	questo è il male io credo, che al suo esaurimento si cade di nuovo,
     	questa che è la caduta di anime pervase di felicità o Mudgala,

  30 	vi è dispiacere e dolore, avendo già visto la più accesa fortuna,
     	quanto avviene in uno stato inferiore è doloroso per chi vi sta,

  31 	e confusione di percezione hanno i caduti e molestia dalle passioni,
     	e quando sono appassite le ghirlande, sorge la paura in chi cade,

  32 	fin nella dimora di Brahmā questi mali o Mudgala, sono intensi,
     	nel mondo dei cieli, le buone cose sono a miriadi per gli uomini virtuosi,

  33 	e questa è un'altra ottima qualità nel paradiso di quelli che ne cadono o muni,
     	che  avendo una buona rinascita, rinascono tra gli uomini,  

  34 	e là pure il fortunato dalla grandissima prosperità, rinasce,
     	ma se là non ha comprensione, allora ottiene un vile nascita,

  35 	quale azione quaggiù si compie, nell'altro mondo, si sconta
     	questa è la terra delle azioni, quella è ritenuta la terra dei frutti,

  36 	tutto quello che mi hai chiesto ti ho riferito o Mudgala,
     	col tuo favore, o virtuoso, giusto andiamo in fretta.'”

  37 	Vyāsa disse:
     	“ questo discorso avendo udito Mudgala, colla mente rifletteva,
     	e avendo riflettuto, quel migliore dei muni, al messaggero divino diceva:

  38 	'o messaggero divino, mi inchino a te, vai caro, come ti piace,
     	non ho nulla a che fare col grande male o con la felicità del paradiso,

  39 	questa caduta, è un grande dolore, una sofferenza terribile,
     	gli abitanti del paradiso cadono quaggiù, perciò io non desidero il cielo,

  40 	dove una volta andati, non soffrono, non tremano nè se ne vanno,
     	io, questo stato assoluto solamente desidero ottenere.'

  41 	così avendo le parole dette, il muni liceziava il messaggero divino,
     	e abbandonata la pratica dello spigolare, si raffermava in una suprema pace,

  42 	indifferente a preghiere e rimproveri, uguale di fronte ad una zolla, pietra od oro,
     	fattosi, sempre in meditazione divenne, con purezza unita a sapienza,

  43 	e acquisita la forza della concentrazione, e ottenuta supremo successo,
     	raggiungeva l'eterna suprema perfezione, segnata dal nirvāṇa,

  44 	perciò pure tu o kuntīde, non devi avere dolore,
     	privato di un regno prospero, questo col tapas riotterrai,

  45 	il dolore alla gioia segue, e la gioia segue al dolore,
     	in perenne successione si avvicendano nell'uomo come i raggi di una ruota, 

  46 	il regno otterrai del padre e del nonno, o tu dall'infinito valore,
     	dopo il tredicesimo anno, che se ne vada l'afflizione della tua mente.”

  47 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	avendo così parlato il venerabile Vyāsa, al rampollo di Pāṇḍu,
     	di nuovo se ne partiva il saggio verso l'āśrama al suo tapas.