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5. Āstīka

(Il libro di Āstīka. I, 13-53)


                              XIII

   1 	Śaunaka disse:
     	“per quale motivo, il re Janamejaya, quella tigre fra i re,
     	con sacrificio dei serpenti voleva compiere la fine dei serpenti? questo dimmi,

   2 	e Āstīka il migliore dei ri-nati, per quale motivo quel migliore dei preganti,
     	liberava i serpenti dall'acceso fuoco che consuma l'offerta?

   3 	di chi era figlio il re che celebrava il sacrificio dei serpenti?
     	e dimmi di chi è figlio quell'eccellente brahmano.”

   4 	il sūta disse:
     	la grande storia di Āstīka come si racconta o ri-nato,
     	tutta intera ascolta da me che te la racconto, o migliore dei parlanti.

   5 	Śaunaka disse:
     	“voglio udire interamente questa storia che rapisce la mente,
     	di Āstīka, di questo antico e glorioso brahmano.”

   6 	il sūta disse:
     	questa antica storia gli anziani dicono che fu
     	raccontata da Kṛṣṇa il dvaipāyana, agli abitanti della selva naimiṣa,

   7 	un tempo la raccontava il sūta, il padre mio Lomaharṣaṇa,
     	quel saggio discepolo di Vyāsa, questa raccontava ai brahmani,

   8 	perciò io che l'ho udita, racconterò secondo verità
     	questa storia di Āstīka a te o Śaunaka, che me lo chiedi.

   9 	il padre di Āstīka era potente come lo stesso Prajāpati,
     	casto, temperato nel cibo, intento sempre in un aspro tapas,

  10 	era chiamato Jaratkāru, quel grande ṛṣi che non spargeva il suo seme,
     	era il primo di tutti i santi vaganti, per sapere del dharma e per fermezza di voti,

  11 	viaggiando un giorno egli scorgeva i propri avi,
     	appesi ad un grande buco coi piedi in alto e la faccia in giù,

  12 	e vedendoli Jaratkāru diceva agli antenati:
     	“chi siete voi che pendete sul quel buco a testa in giù?

  13 	voi che siete attaccati ad uno stelo d'erba rosicchiato
     	in continuazione da un topo che abita questo buco?”

  14 	gli avi dissero:
     	“santi itineranti di nome, e ṛṣi noi siamo dai fermi voti,
     	per la fine della progenie o brahmano nella terra giù sprofondiamo,

  15 	un solo discendente noi abbiamo chiamato Jaratkāru,
     	sfortunato degli sfortunati egli persevera nel tapas, 

  16 	e non desidera generare figli da una sposa, quello sciocco,
     	per questo qui siamo appesi al buco, per la fine della nostra progenie,

  17 	privati del suo aiuto, e poiché lui non ci aiuta male si comporta,
     	ma chi sei tu o virtuoso che ci compiangi come un parente?

  18 	noi vogliamo sapere o brahamano chi tu sia che qui sei giunto,
     	e perchè sei capace di aver compassione di noi infelici.”

  19 	Jaratkāru disse:
     	“voi o antichi, siete i miei padri e antenati,
     	ditemi cosa posso fare ora per voi, io sono il vostro Jaratkāru.”

  20 	gli avi dissero:
     	“ impègnati potentemente o figlio, nella continuazione della nostra famiglia,
     	per te e anche per noi, questo è il dharma superiore,

  21 	non coi frutti del dharma, non coi tapas accumulati,
     	tu otterrai la meta qui, che ottengono quelli che hanno figli,

  22 	poni mente dunque allo sforzo di prendere moglie e di generare,
     	per figliale amore per noi, tu devi compiere questo supremo beneficio per noi.”

  23 	Jaratkāru disse:
     	“ 'non prenderò mai moglie.' questo fu sempre il mio pensiero,
     	ma per il vostro bene io prenderò moglie,

  24 	sotto questa condizione io lo farò secondo l'antica regola,
     	e in nessun altro modo io lo farò se non come io dirò: 

  25 	una che abbia il mio nome e che sia voluta dare dai parenti,
     	come un elemesina, io quella fanciulla sposerò secondo le regole.

  26 	chi dunque darà moglie a me che soprattutto sono povero?
     	io la accoglierò come l'elemosina se qualcuno me la darà,

  27 	in questo modo io o antenati, mi sforzerò di prender moglie,
     	con questa regola nella sua intierezza io lo farò e non altrimenti,

  28 	e allora avverrà la nascita per la vostra salvezza,
     	e raggiungerete l'eterna sede di chi è felice o avi miei.”

  29 	il sūta disse:
     	quindi  per sposarsi quel savio dai fermi voti allora,
     	la terra percorreva in cerca di moglie e non trovava moglie.

  30 	un giorno il savio raggiunta una selva, ricordando le parole degli avi,
     	tre volte esclamava quasi sottovoce che desiderava avere un moglie,

  31 	Vāsuki allora l'accoglieva e gli offriva la sorella,
     	egli però non la prese pensando che non avesse il suo stesso nome, 

  32 	“io posso accettare solo l'offerta di una moglie col mio stesso nome.”
     	così era decisa la mente di Jaratkāru grand'anima,

  33 	 e a lui diceva il grande saggio Jaratkāru, dalla grande ascesi:
     	“ che nome ha tua sorella? dimmi la verità o serpente.”

  34 	Vāsuki disse:
     	“ o Jaratkāru, mia sorella minore ha nome Jaratkāru,
     	per darla a te fu a lungo custodita, prendila o migliore dei ri-nati.”

  35 	il sūta disse:
     	dalla madre un tempo i serpenti furon maledetti o migliore dei sapienti dei veda,
     	“nel sacrificio di Janamejaya, vi brucerà il fuoco amico del vento.”

  36 	per pacificare quella maledizione il migliore dei serpenti diede
     	la sorella a quell'ascetico ṛṣi dai fermi voti,

  37 	egli la accettava agendo secondo le regole,
     	e un figlio di quel grand'anima, nacque da lei di nome Āstīka,

  38 	e asceta era e grand'anima, adepto dei veda e dei vedāṅga,
     	uguale verso tutto il mondo, sostegno e sicurezza per padre e madre,

  39 	dopo grande tempo il sovrano discendente di Pāṇḍu,
     	celebrava un grande sacrificio conosciuto come il sacrificio dei serpenti. 

  40 	iniziato questo sacrificio per la distruzione dei serpenti,
     	Āstīka dal grandissimo splendore scioglieva quella maledizione,

  41 	e i nāga e gli zii materni, e anche gli altri parenti,
     	salvava, e pure gli avi, con la progenie e col tapas,
     	coi fermi voti e la recitazione dei veda affrancava.

  42 	e venerava gli dèi con sacrifici e offerte varie,
     	e i ṛṣi con la castità e gli antenati colla progenie,

  43 	e avendo sollevato il pesante fardello degli avi, il fermo nei voti
     	Jaratkāru, raggiunse il cielo assieme ai suoi antenati, 

  44 	e ottenuto Āstīka per figlio e il supremo dharma, il muni
     	Jaratkāru, dopo molto tempo raggiungeva il paradiso,

  45 	questa è la storia di Āstīka secondo verità da me raccontata
     	dimmi ora o tigre dei bhṛguidi cosa ancora ti debbo raccontare.


     
                              XIV

   1 	Śaunaka disse:
     	“  o sūta, racconta ancora in dettaglio la storia
     	del saggio santo Āstīka, che in parte noi abbiamo udita,

   2 	tu o eccellente, l'hai raccontata con melodiosi e dolci versi,
     	e noi ne siamo molto rallegrati o caro, tu racconti come tuo padre,

   3 	sempre il padre tuo fu soddisfatto di servirci,
     	quindi raccontaci questa storia come te la narrò tuo padre.”

   4 	il sūta disse:
     	questa storia della vita di Āstīka io ti racconterò,
     	come l'ho udita, raccontata da mio padre in persona,

   5 	un tempo nell'era degli dèi o brahmano, due belle figlie di Prajāpati
     	v'erano, splendide dotate di bellezza, meravigliose e innocenti,

   6 	Kadrū e Vinatā furono le due mogli di Kaśyapa,
     	il marito simile a Prajāpati, compiaciuto concesse una grazia, 
     	a quelle sue due mogli, Kaśyapa preso da suprema gioia,

   7 	e udendo da Kaśyapa quella promessa di una grazia suprema,
     	quelle due ottime donne per la gioia, caddero in suprema contentezza,

   8 	Kadrū scelse per figli mille nāga di uguale splendore,
     	e due soli figli scelse Vinatā superiori per forza ai figli di Kadrū,
     	due figli superiori per splendore, potenza e valore, 

   9 	a lei il marito concedeva solo un figlio è mezzo di quelli voluti,
     	e Vinatā “così sia” disse a Kaśyapa allora,

  10 	compiuto il dovuto, Vinatā ottenne due figli superiori per valore,
     	e Kadrū ottenne mille figli di uguale splendore,

  11 	“con diligenza siano curati i due embrioni.” cosi avendo detto, il grande asceta
     	Kaśyapa alle due mogli gioiose per i doni, entrava nella foresta,

  12 	dopo molto tempo Kadrū mille uova 
     	deponeva o Indra dei savi, e Vinatā due sole uova,

  13 	le serve eccitate posero le uova delle due 
     	in umidi recipienti per cinquecento anni,

  14 	quindi giunta la fine dei cinquecento anni i figli di Kadrū uscirono, 
     	ma la coppia delle due uova di Vinatā non ne dava segno,

  15 	quindi quell'ascetica dea imbarazzata per desiderio di figli,
     	un uovo lacerava Vinatā e dentro il figlio guardava,

  16 	perfetto era nella parte superiore, e l'altra non era formata,
     	il figlio preso da furiosa rabbia la malediva, così si racconta,

  17 	“ poiche tu madre presa da avidità così mi hai ridotto,
     	col corpo incompleto, ora tu una schiava diverrai

  18 	di quella con cui hai scommesso, per cinque secoli,
     	e quindi tuo figlio o madre ti libererà dalla schiavitù,

  19 	se pur madre, tu, come me lacerando l'uovo,
     	non renderai quel ricco in tapas con metà corpo,

  20 	tu con diligenza devi proteggerlo fino al momento della nascita,
     	se vuoi ottenere quel migliore dei forti dopo cinquecento anni.”

  21 	così avendo maledetta Vinatā il figlio volava in cielo,
     	Aruṇa o brahmano, sempre appare al sorgere dell'alba,

  22 	e pure Garuḍa il divora-serpenti, a tempo debito, nacque,
     	egli fin dalla nascita lasciata Vinatā, volava nell'aria,

  23 	da sé prendendo il cibo che a lui era stato stabilito di mangiare,
     	da parte del creatore o tigre dei bhṛguidi, mangiando quando aveva fame.


     
                              XV

   1 	il sūta disse:
     	in quel tempo le due spose, o ricco in tapas,
     	videro avvicinarsi a loro il cavallo Uccaiḥśravas,

   2 	lui che fu venerato da tutte le schiere degli dèi, piene di gioia,
     	è nato dal frullamento dell'amṛta, quel supremo gioiello di destriero,

   3 	superiore a tutti i cavalli per forza e splendore, egli è il migliore dei viventi,
     	bellissimo, sempre giovane, divino, è di ogni bellezza fornito.

   4 	Śaunaka disse:
     	“ in che modo fu frullata l'amṛta dagli dèi, e dimmi dov'è 
     	che nacque quel valentissimo re dei cavalli, dal grande splendore.”

   5 	il sūta disse:
     	il monte meru massa fiammeggiante di splendore senza pari,
     	che è fatto risplendere dalla luce del sole, coi suoi raggi appuntiti d'oro,

   6 	è variegato, ornato d'oro, frequentato da dèi e gandharva,
     	incommensurabile, egli non è conquistato dai molti popoli senza dharma,

   7 	percorso da terribili fiere, splendente di erbe divine,
     	verso il cielo puntando in altezza, quella grande montagna sta,

   8 	non raggiungibile da altri, pur con la sola mente, esso è pieno di fiumi e alberi,
     	e risuonante dei canti di meravigliosi uccelli,

   9 	salita la sua sommità piena di belle gemme,
     	ed alta infiniti kalpa, tutti gli dèi dal grande splendore,

  10 	là erano seduti i celesti per prendere consiglio,
     	per aver l'amṛta riuniti, e insieme praticando il tapas,

  11 	là il dio Nārāyaṇa queste parole diceva a Brahmā:
     	“avendo pensato e interamente preso consiglio,

  12 	gli dèi e le schiere degli asura frullino dunque l'invaso delle acque,
     	e là nel grande oceano frullato nascerà l'amṛta,

  13 	tutte le erbe e tutte le gemme riunendo,
     	frullate le acque o dèi, e allora troverete l'amṛta.”


     
                              XVI

   1 	il sūta disse:
     	vi è dunque, adornato di picchi simili a nuvole,
     	l'eccellente monte mandara, coperto da intrichi di liane,

   2 	risuonante di vari uccelli, pieno di vari animali zannuti,
     	abitato da kiṃnara, da apsaras, e dagli dèi,

   3 	elevato in altezza per undicimila yojana,
     	e sotto terra di altrettante migliaia piantato,

   4 	tutte le schiere degli dèi non erano in grado di alzarlo,
     	allora avvicinatesi a Viṣṇu seduto e a Brahmā dissero loro:

   5 	“signori prendete una decisione per la suprema felicità,
     	impegnatevi al alzare il mandara, per il nostro bene.”

   6 	“così sia.” disse Viṣṇu, assieme a Brahmā o bhṛguide,
     	quindi Ananta alzatosi, incitato da Brahmā,
     	e richiesto da Nārāyaṇa, in questa impresa, il valoroso,

   7 	il fortissimo Ananta, quel re dei monti, 
     	colle sue foreste e suoi abitanti, sollevava con forza o brahmano, 

   8 	allora i celesti con quello si avvicinavano all'oceano,
     	e a lui dicevano: “ per aver l'amṛta noi frulleremo le acque.”

   9 	e l'oceano allora diceva: “ anche a me sia data una parte,
     	io soffrirò una grande frizione al girare del mandara.”

  10 	allora gli dèi e gli asura dissero al re delle testuggini, Akūpāra:
     	“tu sei in grado di diventare la base del monte.”

  11 	la testuggine avendo detto di sì, sulla sua schiena fissata
     	la cima di quella montagna, con uno strumento Indra la colpiva,

  12 	e fatta la base del mandara, quindi per corda preso Vāsuki,
     	gli dèi cominciarono a frullare l'oceano, tesoro di acque,
     	allora o brahmano, assieme a daitya e dānava per avere l'amṛta,

  13 	una estremità del re dei nāga afferrata, i grandi asura,
     	tutti insieme quei savi, si impegnavano fermi alla coda,

  14 	e il beato dio Ananta e Nārāyaṇa erano impegnati
     	afferrata la testa del nāga, ripetutamente tiravano,

  15 	e dalla bocca del nāga Vāsuki, tirato dai celesti,
     	ventate fiammeggianti e fumose uscivano frequentemente,

  16 	le masse di fumo e le masse di nuvole lampeggianti,
     	rovesciavano piogge sulle schiere dei celesti provati dal calore della fatica,

  17 	e dalla cima del monte uscirono piogge di fiori,
     	che coprivano di ghirlande completamente le schiere di dèi e asura,

  18 	sorgeva qui un grande rumore simile al grande tuonare di nuvole,
     	per l'oceano frullato col monte mandara da dèi e asura,

  19 	in esso molti animali acquatici e le grandi rocce erano triturate,
     	a centinaia andavano distrutti nell'oceano salato,

  20 	quella montagna, vari esseri del regno di Varuṇa,
     	e anche gli abitanti del mondo sotterraneo portava alla distruzione,

  21 	e mentre girava quel monte, schiantandosi l'uno sull'altro,
     	grandi alberi pieni di uccelli cadevano dal grande monte,

  22 	dal fuoco nato dalla loro frizione, si sprigionavano improvvise fiamme,
     	e coprivano il monte mandara come nere nuvole lampeggianti,

  23 	che bruciavano elefanti e leoni mentre fuggivano,
     	e tutti gli esseri di varie specie già morti, 

  24 	allora il migliore degl'immortali, ripetutamente quel fuoco,
     	spegneva Indra ovunque, con una pioggia caduta dalle nuvole,

  25 	quindi svariati elementi fluivano nelle acque dell'oceano,
     	i succhi dei grandi alberi e gli effluvi delle molte piante,

  26 	e col succo di quei molti effluvi dall'immortale energia,
     	i celesti cercavano l'immortalità e con un'aggiunta d'oro

  27 	allora quel succo nato nell'acqua dell'oceano,
     	mescolato coi migliori fluidi, da latte divenne burro,

  28 	allora gli dèi dissero a Brahmā dio dei benefici:
     	“ stanchi molto siamo o Brahmā e non sorge ancora l'amṛta,

  29 	senza il dio Nārāyaṇa e i daitya e i migliore dei nāga,
     	non a lungo manterremo il frullamento dell'oceano.”

  30 	allora Brahmā diceva a Nārāyaṇa queste parole:
     	“aggiungi o Viṣṇu la tua forza al loro intento.”

  31 	Viṣṇu diceva:
     	“ la mia forza darò a tutti questi impegnati nell'impresa,
     	che l'acqua sia frullata dunque, che tutti girino il mandara.”

  32 	il sūta disse:
     	quei forti, udite le parole di Nārāyaṇa, le acque 
     	del grande oceano, insieme di nuovo violentemente agitarono,

  33 	quindi come centomila raggi insieme dal mare,
     	sorgeva Soma dalla pura luce, splendente di freddi raggi,

  34 	Śrī subito dopo sorse dal burro, vestita di chiaro,
     	la celeste dea, e con lei sorgeva il bianco cavallo,

  35 	e la divina gemma kaustubha, sorgeva, dall'amṛta uscendo,
     	splendente come il sole, meravigliosa, appuntata sul petto di Nārāyaṇa,

  36 	la divina Śrī, e Soma, e il destriero veloce come il pensiero, 
     	 dove erano gli dèi andarono, seguendo il percorso del sole,

  37 	quindi il dio Dhanvantari, in persona sorgeva,
     	reggendo l'amṛta, che stava in un bianco recipente,

  38 	quel grande portento vedendo, nei dānava sorse 
     	un grande urlo, per aver l'amṛta:  “è mia!” così si gridava,

  39 	allora Nārāyaṇa il potente usando la magìa, una splendida
     	meravigliosa donna divenuto, si rifugiava presso i dānava,

  40 	allora l'amṛta, quegli sciocchi, consegnarono a quella
     	donna, tutti i dānava e i daitya avendo persa la ragione. 


     	
                              XVII


   1 	il sūta disse:
     	e quindi a cominciare dagli scudi varie armi
     	afferrate, i daitya e i dānava assalirono insieme gli dèi,

   2 	allora il dio Viṣṇu, valoroso, presa l'amṛta,
     	la portava via ai re dei dānava, quel potente assieme a Nara, 

   3 	e quindi tutte le schiere degli dèi bevvero allora l'amṛta,
     	da Viṣṇu in persona ottenendola, mentre sorgeva una tumultuosa confusione,

   4 	e mentre gli dèi in quei momenti bevevano la bramata amṛta,
     	il dānava Rāhu, nell'aspetto di un dio la beveva allora,

   5 	che la gola del dānava aveva ingoiato allora l'amṛta,
     	questo il sole e la luna rivelavano allora per il bene dei celesti,

   6 	allora tagliava la sua testa adornata, il Beato 
     	armato del disco, con forza col disco, mentre beveva l'amṛta,

   7 	quella grande testa del dānava simile al picco di un monte,
     	tagliata dal disco, cadeva e colpiva la superfice della terra,

   8 	allora acerrimo nemico divenuto con la bocca Rāhu,
     	ancora oggi sempre ingoia quei due il sole e la luna,

   9 	e il beato Hari, abbandonato l'aspetto di splendida donna,
     	con varie e terribili armi faceva tremare i dānava,

  10 	allora sorse una battaglia vicino all'oceano, tesoro di acque,
     	grande, la più crudele di tutte tra celesti e asura,

  11 	pesanti dardi appuntiti volavano a migliaia,
     	e lance dall'acutissima punta e frecce di vario genere,

  12 	allora gli asura, colpiti dal disco, perdendo moltissimo sangue,
     	e abbattuti da spade, lance e mazze, cadevano a terra,

  13 	e pure le teste tagliate dai tridenti, in quella terribile lotta,
     	adornate di oro puro, cadevano continuamente allora,

  14 	con le membra grondanti di sangue uccisi, i grandi asura,
     	giacevano come rossi picchi di montagne,

  15 	il grido 'ha! ha!' sorgeva qua e là migliaia di volte,
     	da quelli che con le armi si colpivano l'un l'altro, mentre il sole si arrossava,

  16 	e da vicino con mazze di ferro e d'oro e coi pugni,
     	i rumore di quelli che si colpivano l'un l'altro in battaglia toccava il cielo,

  17 	“ taglia, colpisci, attaccate, cacciali via, assaltali!”
     	queste terribili urla si udivano là sorgere,

  18 	così tumultuosa sorgendo la battaglia, e paura incutendo,
     	i due dèi, Nara e Nārāyaṇa insieme procedettero in battaglia,

  19 	allora vedendo il divino arco di Nara, anche il Beato
     	Viṣṇu poneva mente al suo disco uccisore di dānava,

  20 	allora dal cielo venne veloce come il pensiero, il potente disco, tormento dei nemici,
     	simile al sole, indistruttibile ruota, il terribile, il supremo, l'invincibile Sudarśana,

  21    venne, simile a fuoco acceso, terrificante e l'Incrollabile dal braccio come proboscide d'elefante, 
     	lo scagliava con rapida terribile violenza, quello splendore, capace di abbattere un elefante,

  22 	esso simile per luce al fuoco finale, ripetutamenete cadeva con violenza,
     	e distruggeva i figli di Diti a migliaia, maneggiato in battaglia dal migliore dei maschi,

  23 	a volte bruciava, come il fuoco guizzando, violento distruggeva le schiere degli asura,
     	scagliato in un istante giungeva e terra e beveva il sangue sul campo come un piśāca,

  24 	quindi gli asura con mente accesa, tormentavano ad ogni istante, i celesti con delle rocce,
     	quei forrtissimi, simili a nuvole disperse a migliaia assaltavano il cielo,

  25 	quindi dal cielo facendo paura, le rocce scagliavano simili a nuvole,
     	grandi monti con alberi, con pianure sopra, che cozzavano rapide l'un l'altra rumoreggiando,

  26 	allora la terra con le sue selve, era scossa colpita ovunque dalle grandi rocce,
     	per quell'improvviso cozzare violento rapidamente la battaglia mutando fronte,

  27 	Nara allora con grandi frecce lucenti di oro puro, riempiva la via del cielo,
     	frantumando quei picchi con le frecce, nel pauroso scontro con le schiere degli asura,

  28 	allora i grandi asura spinti dai celesti entravano nella terra e nell'oceano,
     	vedendo, Sudarśana volare irato nell'aria splendente come fuoco acceso,

  29 	allora ottenuta la vittoria, i celesti, il mandara riposero al suo posto, e lo venerarono,
     	e risuonando l'etere e il cielo ovunque allora le nuvole tornarono donde erano venute,

  30 	e allora i celesti ben deposero l'amṛta ottenendo completa e suprema gioia,
     	e l'uccisore di Bala assieme agli immortali diede al coronato Nara il deposito da custodire.


     
                              XVIII

   1 	il sūta disse:
     	questa è l'intera storia del frullamento dell'amṛta, 
     	dove sorgeva quello splendido cavallo di incomparabile valore,

   2 	e Kadrū avendolo visto, allora questo diceva a Vinatā:
     	“ di che colore è Uccaiḥśravas? dimmelo in fretta o bella.”

   3 	Vinatā disse:
     	“ bianco è questo re dei cavalli, tu che ne dici o splendida?
     	dimmi tu il suo colore e qui noi scommettiamo.”

   4 	Kadrū disse:
     	“ la coda nera io penso abbia quel cavallo o bel sorriso,
     	vieni scommetti con me il diventare schiava o splendida.”

   5 	il sūta disse:
     	così fatto questa scommessa, di cadere in schiavitù, la coppia 
     	tornava a casa dicendo: “domani vedremo.”

   6 	quindi Kadrū volendo impiegare i suoi mille figli,
     	ordinava loro: “ neri come inchiostro diventati in quella coda,

   7 	entrate del cavallo rapidi, che io non diventi schiava.”
     	ma loro non obbedirono all'ordine e lei maledisse i serpenti: 

   8 	“ il fuoco vi brucerà durante il sacrificio dei serpenti,
     	del ṛṣi regale Janamejaya, quel saggio discendente dei pāṇḍava.”

   9 	il Grande-avo da solo udiva quella maledizione,
     	crudelissima lanciata da Kudrū, come dal destino,

  10 	e assieme a tutte le schiere degli dèi quelle parole approvava,
     	scorgendo un eccesso di serpenti, desiderando il bene delle creature,

  11 	dotati della forza del veleno i malevoli sono fortissimi,
     	per la loro fiera velenosità, quindi per il bene delle creature,
     	concedeva al grand'anima Kāśyapa la conoscenza del controveleno.


     
                              XIX

   1 	il sūta disse:
     	quindi rischiarando la notte e sorgendo il sole,
     	Kadrū e Vinatā quelle due splendide o ricco in tapas,

   2 	impazienti e molto eccitate per la scommessa della schiavitù, allora
     	andavano a vedere da vicino il destriero Uccaiḥśravas,

   3 	e videro allora là l'oceano scrigno di acque,
     	pieno di pesci e balene e abbondante pure di coccodrilli,

   4 	e pieno di molte migliaia di esseri di varie forme,
     	sempre crudeli, e pieno di squali e tartarughe quell'invincibile,

   5 	pieno di tutte le gemme, e dimora di Varuṇa,
     	bella dimora dei nāga e padre supremo dei fiumi,

   6 	dimora del fuoco sotterraneo e rifugio degli asura, 
     	spaventevole per gli esseri, agitato scrigno dei liquidi,

   7 	bello e divino per gli immortali, supremo creatore dell'amṛta,
     	senza limiti, impensabile, portento di acqua santissima,

   8 	terribile per le fiere grida degli animali marini dall'orribile suono, 
     	pieno di profondi gorghi, spaventevole per tutti gli esseri,

   9 	cullato dalle maree, mosso dal vento e violentemente scosso,
     	quasi ovunque danzante per le agitate onde,

  10    per il crescere e il calare della luna, pericoloso con l'accrescere delle onde,
     	progenitore della conchiglia Pāñcajanya, supremo creatore di gemme,

  11 	per cercare la terra, dal beato Govinda dall'infinito splendore, 
     	in forma di cinghiale, fu intorbidito per l'agitazione delle acque,

  12 	dal brahmarṣi Atri fermo nel tapas per cento anni,
     	il suo fondo non fu trovato, eterno sottosuolo della terra,

  13 	giaciglio dell'adhyātman, di chi giace col loto nell'ombelico,
     	letto all'inizio dello yuga di Viṣṇu dall'infinito splendore,

  14 	sublime offerta di acque e burro ad Agni acceso in Vaḍavāmukha,
     	esteso pozzo senza fondo, senza limiti, signore dei fiumi,

  15 	da molti grandi fiumi a migliaia, come per emularsi,
     	raggiunto incessantemente, il grande oceano quelle due videro,

  16 	profondo, pieno di squali e coccodrilli, risuonante delle grida dei crudeli animali marini,
     	esteso come il cielo lo videro, profondo, largo infinito scrigno di acque,

  17 	così dunque pieno di pesci e coccodrilli, profondo, immenso come il cielo,
     	vedendolo illuminato dal fuoco sottomarino rapide si avvicinarono allora.


     
                              XX

   1 	il sūta disse:
     	Kadrū, superato l'oceano, assieme a Vinatā,
     	veloce andando in breve volava vicino al cavallo,

   2 	e vedendo molti peli neri intrecciati alla fine della coda,
     	Kadrū conduceva schiava la tristissima Vinatā,

   3 	quindi Vinatā sconfitta in questa scommessa,
     	piena di dolore, divenne soggetta alla schiavitù,

   4 	frattanto invero, Garuḍa giunto il momento,
     	senza la madre quello splendido, rotto l'uovo nasceva,

   5 	fulgido come un grande mucchio di fiamme, perfetto, fortemente spaventoso,
     	e velocemente cresciuto, l'alato gigantesco toccava il cielo,

   6 	quel corpo vedendo tutte le creature andarono dal fuoco luminoso,
     	e inchinatesi dicevano a lui seduto in mutevoli forme:

   7 	“ o Agni, non crescere tu, che non bruci qualcuno di noi,
     	diminuisci questo tuo grande perfetto mucchio di fiamme.”

   8 	Agni disse:
     	“ non è così come voi pensate o distruttori degli asura,
     	questo è il potente Garuḍa simile a me per il suo splendore.”

   9 	il sūta disse:
     	così apostrofati, andati da Garuḍa con dolci parole lo pregavano,
     	vicino a lui giungendo gli dèi con le schiere dei ṛṣi:

  10 	“ tu sei un glorioso ṛṣi, tu un dio signore degli uccelli,
     	tu il potente, il luminoso calore, tu la nostra suprema difesa,

  11 	tu il virtuoso forte e veloce, di impareggiabile bontà, perfetto, irresistibile,
     	il tuo tapas è risaputo, o celebrato, tutto quello passato e futuro,

  12 	tu il supremo, tu tutto il mobile e l'immobile, risplendi di raggi come il sole,
     	tu sprigionando in un istante la luce del sole, sei la fine di tutto il mutabile e immutabile,

  13 	come brucia il sole irato le creature così tu bruci o splendente come il fuoco,
     	terribile come il fuoco sorto per la distruzione, distruggendo compi la fine dello yuga,

  14 	in te noi cerchiamo rifugio, signore degli uccelli, fortissimo, lucente volatile,
     	avvicinando te l'uccello Garuḍa, il supremo benefattore, l'invincibile valoroso.”

  15 	così pregato l'uccello, dagli dèi e dalle schiere dei ṛṣi,
     	egli faceva rientrare allora la sua energia.


     
                              XXI

   1 	il sūta disse:
     	quindi quell'uccello, valorosissimo e fortissimo che vola dove vuole,
     	vicino alla madre veniva, sull'altra riva dell'oceano,

   2 	dove Vinatā, sconfitta in quella scommessa,
     	grandemente oppressa dal dolore era entrata in schiavitù.

   3 	un giorno a Vinatā che depressa stava vicino al figlio.
     	a tempo invitandola Kadrū diceva queste parole:

   4 	“ o cara, alla celeste e bellissima dimora dei nāga,
     	sulla deserta estremità del mare, là conducimi o Vinatā.”

   5 	quindi la madre di Suparṇa trasportava la madre dei serpenti,
     	e Garuḍa pure, per ordine della madre, trasportava i serpenti,

   6 	ma si avvicinava al sole volando il figlio di Vinatā,
     	e i serpenti colpiti dai raggi del sole divennero agitati,
     	i figli vedendo stare in quel modo, Kadrū allora pregava Śakra:

   7 	“omaggio a te o signore e dio degli dèi, omaggio a te uccisore di Bala,
     	omaggio sia a te uccisore di Namuci, o mille-occhi, o sposo di Śacī,

   8 	tu diventa un flusso d'acqua per i serpenti bruciati dal sole,
     	tu sei il nostro supremo difensore o migliore degli immortali,

   9 	tu sei capace di scaricare un po' di pioggia, o distruttore di città,
     	tu sei la nuvola, tu il vento, tu il fuoco che splende nel cielo,

  10 	tu che sei il dispensatore delle nuvole, sei chiamato anche l'uccisore,
     	tu sei la terribile, ineguagliabile saetta, tu la risuonante nube tonante,

  11 	tu sei il creatore dei mondi e l'invincibile distruttore,
     	tu la luce di tutti gli esseri, tu il sole ricco di splendore,

  12 	tu il grande portentoso essere, tu il re, tu il migliore dei celesti,
     	tu sei Viṣṇu, tu il mille-occhi, tu il dio, tu il supremo rifugio,

  13 	tu o divino, sei l'intera amṛta, tu il soma supremamente venerato,
     	tu l'ora e il giorno, tu l'infinitesimo tempo, e tu pure l'istante, 

  14 	tu la quindicina chiara e la scura, il kalā e il kāṣṭhā e il truṭi,
     	l'anno le stagioni, e i mesi, le notti e i giorni,

  15 	tu sei la suprema terra con monti e selve, e il cielo luminoso senza tenebre,
     	il grande mare col suo favoloso pesce, pieno d'onde, e di molti mostri, asilo dei pesci,

  16 	tu la grande gloria sempre venerata dagli uomini, e la mente gioiosa dai grandi ṛṣi,
     	pregato tu bevi il soma nel sacrificio, e le offerte e le oblazione fatte alla terra,

  17    dai brahmani sei venerato sempre per aver frutto, nei vedāṅga sei cantato come invitta schiera,
     	per tuo bene gli ottimi ri-nati sono dediti ai sacrifici, e studiano i vedāṅga e tutti i veda.”


     
                              XXII

   1 	il sūta disse:
     	così pregato allora da Kadrū il beato dai fulvi destrieri,
     	di dense e scure nuvole l'intero cielo riempiva,

   2 	e le nuvole scaricarono abbondanti acque, e i luminosi lampi,
     	grandemente quasi uno sull'altro sempre risuonavano in cielo,

   3 	quasi si addensava l'aria per quelle meravigliose piogge,
     	che scaricavano con grande frastuono continuamente abbondante acqua,

   4 	quasi danzante era l'aria scossa da numerore ondate 
     	e il cielo diveniva pieno di nuvole e tuoni,

   5 	grande gioia ebbero allora i nāga, mentre il Vāsava faceva piovere,
     	e anche la terra ovunque fu soddisfatta dalla pioggia.
     


                              XXIII

   1 	il sūta disse:
     	trasportati dall'uccello, essi giunsero rapidamente in quel luogo,
     	circondato dall'acqua del mare, risuonante di schiere di uccelli,

   2 	pieno di boschetti con vari fiori e frutti, 
     	e pieno di belle dimore e di laghetti di loti,

   3 	e adornato da stagni di chiare acque,
     	percorso da brezze pure, trasportanti divini profumi,

   4 	abbellito da alberi di sandalo che profumano l'aria,
     	e da piogge di fiori che piovono mosse dai venti,

   5 	che cadono sui nāga che là stanno con piogge di nettare dai fiori,
     	quel luogo puro, che rapisce la mente caro ai gandharva e alle apsaras,
     	risuonante di vari uccelli, bello, gioioso per i figli di Kadrū,

   6 	raggiunta quella foresta, i serpenti gioiosi passavano il tempo,
     	e dissero al valorosissimo uccello, al migliore dei volanti:

   7 	“ portaci in un'altra isola bellissima nel grande mare,
     	molti luoghi vedi volando o tu che l'aria percorri.”

   8 	l'uccello pensandoci, diceva allora alla madre Vinatā: 
     	“ che fare o madre? devo compiere quanto detto dai serpenti?”

   9 	Vinatā disse:
     	“ io sono divenuta schiava della mia vile sorella, o migliore degli uccelli, 
     	una falsa scommessa fu fatta e usata la frode dai serpenti.”

  10 	il sūta disse:
     	avendogli la madre raccontato questo fatto, il volatore
     	afflitto dal dolore le parole diceva ai serpenti:

  11 	“ cosa devo portare o trovare, o cosa devo fare nel mondo degli uomini
     	perchè voi la liberiate dalla schiavitù? il vero ditemi o serpenti.”

  12 	ciò udito, dissero i serpenti: “prendi con la forza l'amṛta!
     	allora lei sarà libera dalla schiavitù o volatore.”


     	
                              XXIV

   1 	il sūta disse:
     	così apostrofato dai serpenti Garuḍa, allora diceva alla madre:
     	“ io vado a rubare l'amṛta, e voglio trovare del cibo.”

   2 	Vinatā disse:
     	"nel solitario ventre dell'oceano vi è la sede suprema dei niṣāda,
     	dopo che ne hai mangiato molte migliaia, riporta l'amṛta,

   3 	non por mente in nessun modo di uccidere un brahmano,
     	inviolabile fra tutti gli esseri è il brahmano, simile al fuoco, 

   4 	quando è irato il savio diviene fuoco, sole, veleno, arma,
     	il brahmano ha la precedebza sugli esseri, egli è padre, guru, e la miglior casta.”

   5 	Garuḍa disse:
     	“ Come io posso riconoscere un brahmano, da quali chiari segni?
     	a me che te lo chiedo nel bisogno tu lo devi dire o madre.”

   6 	Vinatā disse:
     	“ quello che entrato nella tua gola, come un uncino,
     	la bruci come carbone ardente o figlio, questo sappi essere un toro dei brahmani.”

   7 	il sūta disse:
     	e gli diceva pure Vinatā per amore del figlio queste parole:
     	“ pur conoscendo il tuo ineguagliabile valore, sia aggiunto a parole di benedizione,

   8 	le tue ali protegga il vento e la luna la tua schiena o figlio mio,
     	il fuoco protegga la tua testa e lo splendente sole, te tutto intero,

   9 	io sempre o figlio, sono attenta alla tua prosperità e fortuna,
     	scegli la miglior via per ottenere il tuo scopo, o figlio mio.”

  10 	quindi obbedendo alle parole della madre aperte le ali, volava in cielo,
     	e si recava quel forte dai niṣāda, per consumarli, come il grande fato che compie la fine,

  11 	e raccolti insieme i niṣāda, allora alzando una grande polvere, saliva al cielo,
     	e nel ventre del mare le acque asciugando, e scuotendo le vicine montagne,

  12 	allora aperta una grande bocca, il re degli alati chiudendo la strada ai niṣāda,
     	i niṣāda veloci correvano dove era la bocca di quel divora-serpenti, 

  13 	e in quella bocca immessamente spalancata entrarono, come uccelli spaventati in cielo,
     	a migliaia spinti dalla polvere e dal vento, mentre gli alberi della selva ne erano scossi,

  14 	allora l'uccello, distruttore di nemici, quel fortissimo volatile, chiudeva la bocca, 
     	distruggendoli e divorando molti e vari pesci, l'affamato signore degli uccelli.



     
                              XXV

   1 	il sūta disse:
     	nella sua gola entrato un brahmano con la moglie,
     	e bruciando come tizzone ardente, a lui disse il volatile:

   2 	“ o migliore dei ri-nati esci presto dalla mia bocca aperta,
     	io non ucciderò un brahmano sia pur esso sempre intento nei peccati.”

   3 	a Garuḍa che così parlava il brahmano rispondeva:
     	“una niṣāda è mia moglie che lei esca con me.”

   4 	Garuḍa disse:
     	“ afferrata anche questa niṣāda esci tu
     	rapidamente, salvati non sei digeribile dalla mia bile.”

   5 	il sūta disse:
     	allora quel savio usciva con la sua niṣāda allora,
     	ed avendo magnificato Garuḍa se ne andava dove voleva,

   6 	essendo partito quel savio con la moglie, il re degli alati,
     	aperte le ali volava in cielo veloce come il pensiero,

   7 	e allora scorgeva il padre e richiesto al padre raccontava:
     	“ io mandato dai serpenti ho intenzione di rubare il soma, 
     	e per liberare la madre dalla schiavitù io ora lo prenderò,

   8 	dalla madre mi fu comandato di mangiare i niṣāda,
     	e avendone mangiati a migliaia io non sono ancora sazio,

   9 	perciò indicami o venerabile, altro cibo da mangiare,
     	che una volta mangiato io sia in grado di rapire l'amṛta o potente.”

  10 	Kaśyapa disse:
     	“ vi era un grande ṛṣi di nome Vibhāvasu, violentemente irritabile,
     	e suo fratello minore era un grande asceta di nome Supratīka,

  11 	questo grande muni non voleva tenere l'intera ricchezza assieme al fratello,
     	così Supratīka di separazione parlava sempre allora,

  12 	quindi a Supratīka disse il fratello Vibhāvasu:
     	'molti sempre per errore vogliono fare la separazione dei beni,
     	e quindi separati, reciprocamente confusi dalla ricchezza non si rispettano,

  13 	quindi divengono offuscati dall'avidità per aver separate le ricchezze,
     	e fatto questo, si separano da nemici, sembrando amici,

  14 	e fatto questo, altri cadono rotti nelle difficoltà
     	ineguagliabile la rovina di chi si separa, rapida sopraggiunge,

  15 	perciò i sapienti non approvano il dividere i beni,
     	da parte di quelli legati agli insegnamenti del maestro che si sospettano l'un l'altro,

  16 	poiché tu incapace di contenerti, vuoi separare i beni,
     	allora o Supratīka, diventerai un elefante.'

  17 	in tal modo maledetto, Supratīka diceva a Vibhāvasu:
     	'e anche tu diventerai una tartaruga marina.'

  18 	così reciprocamente maledetti Supratīka e Vibhāvasu,
     	divennero elefante e tartaruga, quei due sciocchi per amore di ricchezze,

  19 	a causa della colpa dell'ira, divennero due animali,
     	entrambi orgogliosi della loro forza e misura, odiandosi reciprocamente,

  20 	i due coi grandi corpi avuti per l'antica inimicizia, sono in questo lago,
     	uno dei due, il grande elefante, glorioso si avvicina,

  21 	al suono del suo barrito, e anche la tartaruga che vive nell'acqua,
     	alza il grande corpo interamente agitando il lago,

  22 	vedendolo, alzata la proboscide, l'elefante vola nell'acqua,
     	quel valente, coll'impeto delle zampe, dei denti e della proboscide,

  23 	quel lago agitato da molti pesci,
     	anche la tartaruga valente, avvicina in battaglia alzata la testa,

  24 	sei yojana è alto l'elefante e due volte tanto lungo,
     	e la tartaruga è alta tre yojana, e dieci yojana di diametro,

  25 	quei due presi dalla lotta desiderando entrambi la vittoria,
     	giungono velocemente a contatto volendo ciascuno la propria azione completare.”

  26 	il sūta disse:
     	quelle parole del padre udite, il terribilmente forte alato,
     	con un artiglio afferrava l'elefante e con l'altro la tartaruga,

  27 	saliva in alto nel cielo volando nell'aria,
     	egli raggiunto il tīrtha alamba, si avvicinava a degli alberi divini,

  28 	questi spaventati tremavano colpiti dal vento delle sue ali,
     	“non spezzarci!” così allora dicevano quei divini rami d'oro,

  29 	egli vedendoli scossi, e desiderando i frutti maturi,
     	ad altri, dai rami di incomparabile forma si avvicinava quell'uccello,

  30 	a grandi alberi splendenti aggettanti sul mare, 
     	con i rami gemmati di aurei e argentei frutti,

  31 	diceva allora al migliore degli uccelli, un albero rohiṇa,
     	vecchissimo, enorme, a lui che volava più veloce del pensiero: 

  32 	“sul mio grande ramo che è lungo sette yojana 
     	su questo ramo stando, tu mangia l'elefante e la tartaruga.”

  33 	allora col corpo grande come una montagna scuotento l'albero abitato da migliaia di uccelli,
     	quel migliore dei volatili, con violenza posandovisi lo copriva con le ali chiuse.


     	
                              XXVI

   1 	il sūta disse:
     	afferrato dalle zampe del possente Garuḍa,
     	quel ramo rapidamente si piegava e lui così piegato lo artigliava,

   2 	sorridendo esplorava con lo sguardo quel grande ramo piegato,
     	e là scorgeva appesi a testa in giù i vālakhilya, 

   3 	per timore di distruggerli volando il signore degli alati,
     	afferrava con il becco quel ramo in considerazione di essi,
     	e lentamente volava l'uccello scuotendo le montagne,

   4 	e così egli sorvolava molti luoghi assieme a tartaruga ed elefante,
     	e per pietà verso i vālakhilya, non trovava luogo di sosta,

   5 	egli raggiunto l'indistruttibile gandhamādana il migliore dei monti,
     	là vedeva il padre Kaśyapa immerso nel tapas,

   6 	e anche il padre vedeva lui dalla forma divina, che volava nell'aria,
     	pieno di splendore forza e valore, veloce come il vento o il pensiero,

   7 	simile al picco di un monte, alto come il bastone di Brahmā,
     	impensabile, inconoscibile, spaventevole per tutti gli esseri,

   8 	avendo forza e potere come lo stesso Agni in alto acceso,
     	inattaccabile, e invincibile da parte di dèi, dānava o rākṣasa,

   9 	che demolisce i picchi dei monti, e asciuga le acque dei fiumi,
     	terribile scuotitore dei mondi, simile a vedersi al Distruttore,

  10 	lui vedendo arrivare il venerabile Kaśyapa allora,
     	conoscendo la sua intenzione queste parole gli diceva:

  11 	“ figlio, non agire precipitosamente, non entrare ora in agitazione,
     	che non ti brucino i Vālakhilya irati, questi luminosi.”

  12 	e in favore del figlio Kaśyapa tranquillizzava i
     	Vālakhilya perfetti nel tapas, questo motivo adducendo:

  13 	“ la nascita di Garuḍa è per il bene delle creature o ricchi in tapas,
     	una grande impresa egli vuole fare, e voi dovete permetterglielo.”

  14 	così apostrofati dal venerabile, i muni insieme se ne andarono,
     	verso il santo monte himavat, quegli asceti lasciando il ramo,

  15 	allora partiti tutti loro, il figlio di Vinatā al padre 
     	Kaśyapa chiedeva con la bocca ancora piena del ramo,

  16 	“ o venerabile, dove devo lasciare io questo ramo d'albero?
     	indicami o venerabile, un luogo privo di brahmani.”

  17 	allora una montagna, priva di uomini, con valli coperte di neve,
     	inaccessibile da altri anche solo con la mente, a lui indicava Kaśyapa,

  18 	nel ventre della grande montagna entrato con la mente l'uccello,
     	velocemente vi volava sopra con il ramo, l'elefante e la tartaruga,

  19 	quel ramo neanche una lunga corda sottile fatta con cento pelli lo può circondare,
     	l'uccello volava con quel grande ramo d'albero che aveva afferrato,

  20 	e quindi procedento all'interno per centomila yojana,
     	non dopo troppo tempo Garuḍa, il migliore degli alati,

  21 	raggiunta in breve la montagna indicata dal padre,
     	là scaricava il grande ramo con grande rumore, quell'uccello,

  22 	e colpito dal vento delle sue ali, tremava quel re dei monti, 
     	e l'albero cadendo spargeva una pioggia di fiori,

  23 	e i picchi del monte ovunque si frantumavano,
     	e gemme varie e ori illuminavano il grande monte,

  24 	e pure molti alberi colpiti da quel ramo,
     	splendevano coi loro fiori dorati come nuvole pieni di lampi,

  25 	splendendi ancora d'oro, uniti ai minerali della montagna,
     	là splendevano gli alberi, colorati dai raggi del sole,

  26 	quindi fermatosi sulla cima di quel monte quel migliore dei volanti,
     	Garuḍa, divorava entrambi quei due, l'elefante e la tartaruga,

  27 	quindi dall'alta cima del monte volava via, veloce come il pensiero,
     	e allora paurosi portenti sorsero tra gli dèi,

  28 	la cara folgore di Indra lampeggiava tremando,
     	una meteora fiammeggiante coperta di fumo, si muoveva nel cielo,

  29 	e le armi dei vasu, dei rudra, degli āditya e di tutti
     	i sādhya, e dei marut, e di tutte le altre schiere degli dèi,
     	ciascuna di queste armi assaliva vicendevolmente le altre,

  30 	mai accaduto prima, neppure nel conflitto tra dèi e asura,
     	soffiavano i venti con uragani, meteore cadevano ovunque,

  31 	e pure il cielo senza nuvole emetteva dei tuoni,
     	e pure il dio degli dèi, pure lui versava sangue,

  32 	appassirono le ghirlande degli dèi, e andavano in rovina quelle splendide,
     	grandi portenti crudeli fecero piovere molto sangue,
     	e le polveri alzate imbrattarono le loro corone,

  33 	quindi preso da terrore assieme agli dèi, il Cento-riti,
     	vedendo quei terribili portenti, diceva a Bṛhaspati:

  34 	“ per quale motivo o beato, sono sorti questi grandi e crudeli portenti?
     	io non scorgo un nemico, che in battaglia ci possa attaccare.”

  35 	Bṛhaspati, disse:
     	“ per tuo errore o re degli dèi, o per tuo fallo o Cento-riti,
     	per il tapas dei Vālakhilya, è sorto un essere portentoso,

  36 	un uccello, figlio del muni Kaśyapa e di Vinatā, 
     	giunto per rubare il soma, quel forte che ha la forma che vuole,

  37 	è in grado quel migliore dei forti, volando in cielo di rubare il soma,
     	tutto io penso che costui possa compiere, anche l'impossibile.”

  38 	il sūta disse:
     	Śakra, udite queste parole, ordinava di proteggere l'amṛta,
     	“ un uccello di grande forza e valore tenta di rubare il soma,

  39 	questo io vi annuncio, affinchè egli non lo rubi con la forza,
     	Bṛhaspati mi ha detto che è ineguagliabile la sua forza.”

  40 	ciò udito i sapienti dèi, stupiti accingendosi all'impresa,
     	si schieravano intorno all'amṛta, e con la folgore Indra il Cento-riti,

  41 	indossando preziose armature quelle alte menti,
     	e vari gioielli d'oro e decorate gemme,

  42 	e varie armi dal terribile aspetto in gran numero,
     	armati di affilate e appuntite armi e alzandole a migliaia,

  43 	piene di fiammeggianti scintille fumanti, ovunque,
     	e dischi e mazze e tridenti e asce da guerra,

  44 	e lance varie, appuntite, e scimitarre splendenti,
     	e nel loro aspetto corporeo, prendendo mazze terribili a vedersi,

  45 	con quelle splendenti armi, decorate con divini ornamenti,
     	le schiere dei celesti splendenti, puri, si schierarono,

  46 	possenti di incomparabile valore, con menti salde, a proteggere l'amṛta erano
     	i celesti, un tempo vincitori degli asura, perfetti, luminosi, belli e fiammeggianti,

  47    così schierato dagli dèi il campo di battaglia, pieno di sbarre a centinaia di migliaia,
     	come un deserto in mezzo al cielo, brillava colpito dai raggi del sole.


     
                              XXVII

   1 	Śaunaka disse:
     	“quale errore commise il grande Indra, quale fu il fallo o figlio di un sūta?
     	in che modo Garuḍa sorse per il tapas dei Vālakhilya?

   2 	e perchè Kaśyapa, un brahmano ebbe per figlio il re degli uccelli?
     	e in che modo era inattaccabile e invulnerabile per tutti gli esseri?

   3 	e perchè quell'uccello, poteva volare dove voleva ed era valoroso a piacere?
     	questo io voglio sapere se si racconta nei purāṇa.”

   4 	il sūta disse:
     	è un argomento dei purāṇa quello che tu mi chiedi,
     	ascolta quanto io ti dico in breve o ri-nato,

   5 	mentre Kaśyapa signore delle creature, sacrificava per desiderio di figli,
     	aiuto gli diedero i ṛṣi, gli dèi e i gandharva,

   6 	allora Kaśyapa chiese a Śakra di accendere là un fuoco,
     	e anche ai muni Vālakhila, e alle altre schiere degli dèi,

   7 	Śakra però, un grande fuoco, grande come una montagna pari al suo valore,
     	innalzato portava, quasi senza fatica quel potente,

   8 	e lì vedeva dei piccoli ṛṣi, coi corpi alti un pollice,
     	che sulla via trasportavano un singolo stelo di erba palāśa,

   9 	coi loro corpi ridotti dal digiunare erano quei ricchi in tapas,
     	stremati, con poca forza erano caduti in un'orma di zoccolo piena d'acqua,

  10 	e pieno di orgoglio, ebbro del suo valore, il distruggi-città, tutti loro
     	disprezzando, li sorpassava rapidamente, ridendo di disprezzo,

  11 	questi allora presi dall'ira, violentemente furiosi diventati,
     	cominciarono una grande azione paurosa per Śakra,

  12 	quei grandi asceti, sacrificavano secondo le regole al fuoco che tutto possiede,
     	con mantra a voce alta quei brahmani, con quale risultato ascolta,

  13 	“ dotato di valore a piacere, di muoversi a piacere, portando paura al re degli dèi,
     	sorga un altro Indra di tutti gli dèi!” così quei fermi nei voti,

  14 	“ cento volte di Indra più forte e valoroso, veloce come il pensiero,
     	per il frutto del nostro tapas, terribile ora sorga.”

  15 	questo avendo saputo, fortemente preoccupato, il Cento-riti, re degli dèi,
     	cercava rifugio là da Kaśyapa dai saldissimi voti,

  16 	e Kaśyapa, signore delle creature, udito che ebbe il re degli dèi,
     	avvicinati i Vālakhilya, chiedeva loro di compiere un azione,

  17 	“così sia.” a lui risposero quei sempre sinceri,
     	a loro Kaśyapa, signore delle creature, diceva questo conciliante discorso:

  18 	 “costui per ordine di Brahmā fu fatto re del trimundio,
     	e pure voi, ricchi in tapas, vi dovete impegnare in favore di Indra,

  19 	voi non dovete o virtuosi rendere vano l'ordine di Brahmā, 
     	questa mia richiesta non è fatta per rendere false le vostre parole,

  20 	sia dunque questo re degli uccelli grandemente dotato di forza ed energia,
     	ma la pace sia fatta col re degli dèi che vi implora.”

  21 	così richiesti da Kaśyapa, i Vālakhilya ricchi in tapas,
     	inchinandosi risposero al signore delle creature, al migliore dei muni:

  22 	“ in favore di Indra sia dunque questa azione di tutti noi, o Prajāpati,
     	e sia intrapresa per la tua prole secondo il tuo desiderio,

  23 	e questa azione piena di frutti sia da te accolta,
     	e di quanto tu qui chiedi, il meglio otterrai.”

  24 	in quel tempo la divina e bella figlia di Dakṣa,
     	la nobildonna di nome Vinatā, desiderando figli quella splendida,

  25 	compiuto il tapas, la ferma nei voti, purificata dal bagno, pronta per il maschio,
     	si congiungeva al marito, e a lei diceva Kaśyapa:

  26 	“ questa azione avrà dunque frutto, secondo il tuo desiderio,
     	genererai due figli valorosi, signori del trimundio,

  27 	per il tapas dei Vālakhilya e per mio desiderio,
     	diverranno gloriosi, i tuoi due figli e venerati nel mondo.”

  28 	e ancora a lei diceva il figlio di Marīci:
     	“ preserva con cura questo grembo di grande fortuna,

  29 	uno diverrà il signore di tutti gli uccelli,
     	eroe onorato al mondo, che vola nell'aria dove gli aggrada.”

  30 	e quindi compiaciuto diceva al Cento-riti, Prajāpati,
     	 “ di te compagni e fratelli i due fratelli diverranno,

  31 	da questi due tu non avrai alcun danno o distruttore di città,
     	scaccia la preoccupazione, tu rimarrai sempre il re,

  32 	ma tu pure non insultare di nuovo gli esperti del brahman,
     	e non aver per orgoglio, ancora sprezzanti, avvelenate e irritate parole.”	

  33 	così apostrofato Indra andava senza esitazione in cielo,
     	e pure Vinatā ottenuto lo scopo, felice divenne allora,

  34 	e generava due figli, Aruṇa e Garuḍa allora,
     	dei due però Aruṇa mutilato fu il precursore del sole,

  35 	e Garuḍa fu consacrato come sovrano degli uccelli,
     	questa sua grandissima impresa ora ascolta o discendente di Bhṛgu.



     
                              XXVIII

   1 	il sūta disse:
     	in questa siffatta agitazione allora o migliore dei ri-nati,
     	l'alato re degli uccelli velocemente discendeva contro gli dèi, 

   2 	essi quel forte vedendo, ovunque s'agitavano, 
     	e l'un l'altro si sbattevano con tutte le armi,

   3 	là vi era incommensurabile anima, simile al fuoco per splendore,
     	Bhauvana, dall'immenso valore a protezione del soma,*

   4 	egli fu colpito dal re degli alati, con le ali, il becco e gli artigli,
     	e in un istante sorta una grande lotta, fu sconfitto in battaglia,

   5 	alzata una grandissima polvere con la forza delle ali, l'uccello
     	resi ciechi i mondi, con quella ricopriva gli dèi,

   6 	per quella densa polvere gli dèi entrarono in confusione,
     	e non lo vedevano oscurati dalla polvere i difensori dell'amṛta,

   7 	così Garuḍa confondeva la regione del terzo cielo,
     	e con gli artigli, il becco e le ali disperdeva gli dèi,

   8 	allora il dio dai mille occhi, rapido incitava Vāyu,
     	“disperdi questa pioggia di polvere, compi questa azione o vento.”

   9 	allora Vāyu il forte, rapidamnete soffiava via la polvere,
     	quindi tornata la luce, gli dèi attaccarono l'uccello,

  10 	forte gridava il potente uccello come un grande tuono,
     	spaventando tutti gli esseri, colpito dalle schiere divine,
     	saliva in volo il valorosissimo re degli uccelli, uccisore di nemici,

  11 	e lui volato in aria, stando supra gli dèi,
     	da tutti i celesti nelle loro armature era innondato con varie armi,

  12 	assieme ad Indra, con tridenti, con spiedi, lance, con mazze, 
     	e pure con dischi dai bordi taglienti, splendidi come il sole,

  13 	e da varie armi lanciate era colpito in ogni parte,
     	ma compiendo una tumultuosa lotta il re degli uccelli non tremava,

  14 	e quasi tuonando in cielo il figlio di Vinatā possente,
     	con le ali e col petto ovunque disperdeva i celesti,

  15 	dispersi allora gli dèi fuggivano colpiti da Garuḍa,
     	morsi dal becco e dagli artigli, perdevano molto sangue,

  16 	i sādhya ad est, coi gandharva, i vasu verso sud,
     	fuggivano assieme ai rudra, attaccati dal re degli uccelli,

  17 	verso ovest gli āditya. e gli aśvin verso nord,
     	e di momento in momento combattendo sperimentavano la sua grande potenza,

  18 	col valoroso Aśvakranda, e con Reṇuka combatteva l'uccello,
     	con Krathana, e col fortissimo Tapana, il volatile,

  19 	con Ulūka e Śvasana, e con Nimeṣa, l'uccello,
     	e con Praruja e con Praliha fece un combattimento,

  20 	tutti questi metteva in fuga con ali, becco e artigli il figlio di Vinatā,
     	fortissimo. come l'armato di tridente irato alla fine di uno yuga,

  21 	quei potentissimi, dal grande valore, da lui feriti in molte parti,
     	apparivano coperti di masse di sangue come da nuvole piovose,

  22 	quel migliore degli uccelli tutti questi vinti e superati,
     	avanzando verso l'amṛta, vide il fuoco in ogni parte 

  23 	circondarla, grandemente acceso, e con raggi tutto intorno,
     	come un sole bruciante e terribile, aumentato dal vento,

  24 	allora diventato novanta volte di novanta bocche, rapido il grand'anima Garuḍa,
     	un fiume bevendo con quelle bocche, rapido torna veloce,

  25 	il distruttore di nemici, il fuoco acceso spegneva, l'uccelo con quei fiumi d'acqua,
     	quindi riduceva minuscolo il suo corpo per penetrare nel fuoco ormai spento.


     	
                              XXIX

   1 	il sūta disse:
     	e divenuto d'oro puro, splendente come i raggi del sole,
     	con forza entrava l'uccello come un fiume nell'oceano,

   2 	egli vide vicino all'amṛta un disco affilato tutto intorno,
     	che incessantemente girava cogli affilati bordi d'acciaio,

   3 	lucente come i raggi del sole, terribile arma per tagliare i ladri del soma,
     	di pauroso aspetto, strumento possente costruito dagli dèi,

   4 	al di là di esso guardando, si muoveva in cerchio l'uccello
     	e volava tra i raggi riducendo le proprie membra in modo opportuno,

   5 	e proprio sotto il disco, uguali al fuoco per splendore,
     	due crudellissimi serpenti con occhi e bocche accese, e luminose lingue,

   6 	potentissimi, velenosi all'aspetto, sempre irati, rapidissimi,
     	egli vide messi a protezione dell'amṛta questi due grandi serpenti,

   7 	sempre insieme muovendosi i due e sempre con sguardi vigilanti,
     	e uno dei due anche chi guardava riduceva in cenere,

   8 	i loro occhi con la polvere il suparṇa rapido copriva,
     	e pure con invisibile apetto i due attaccava da ogni parte,

   9 	salito sul corpo dei due il volante figlio di Vinatā
     	rapidamente li tagliava a metà e si precipitava sul soma,

  10 	e sollevata l'amṛta il forte figlio di Vinatā allora
     	veloce volava via il valoroso scuotendo la macchina magica degli dèi,

  11 	e senza berla reggendo l'amṛta il valente uccello veloce 
     	partiva senza fatica l'uccello, nascondendo la luce del sole,

  12 	e allora nell'aria il figlio di Vinatā si incontrava con Viṣṇu,
     	e Nārāyaṇa soddisfatto di lui per quella ferma impresa,  

  13 	il dio imperituro disse all'uccello: “io ti concedo una grazia.”
     	 e il volatile, scelse: “ io voglio stare sopra di te.”

  14 	e poi ancora diceva a Nārāyaṇa queste parole:
     	“ sempre giovane, e immortale che io sia, pur non bevendo l'amṛta.”

  15 	e avuti i due doni allora Garuḍa diceva a Viṣṇu:
     	“ anche a te io concedo un dono, scegli pure tu o signore.”

  16 	Kṛṣṇa allora sceglieva quel fortissimo uccello come veicolo,
     	e  il Beato lo pose sul suo stendardo: “così starai sopra di me.”

  17 	ma seguendo l'uccello, Indra nel corpo, con la folgore lo colpiva, 
     	quel volatile nemico degli dèi che con la forza aveva rubato l'amṛta,

  18 	Garuḍa, il migliore dei volanti, diceva a Indra lamentandosi,
     	quasi ridendo con dolci parole pur colpito dalla folgore:

  19 	“rispetto avrò per l'osso del ṛṣi da cui è sorta la folgore,
     	e rispetto avrò della folgore e di te o Cento-riti,

  20 	solamente un penna ho perduto, che non avrà mai fine,
     	nessun altro danno io ebbi per il lancio della folgore.”

  21 	là tutti gli esseri stupiti gli dicevano allora
     	scorgendo la bellissima penna: 'che tu sia dunque il Suparṇa!'

  22 	 vedendo quel portento, pure il mille-occhi, il distruggi-fortezze:
     	“ questo uccello è un grande essere.” pensando, diceva:

  23 	“ io voglio conoscere la forza suprema che tu hai, 
     	e voglio avere con te infinita amicizia o migliore degli uccelli.”
     
                              XXX



   1 	Garuḍa disse:
     	“ sia dunque la mia amicizia con te, come desideri o distruttore di città,
     	la mia forza sappi però, grande e insuperabile,

   2 	anche se i virtuosi non approvano il desiderio di vantare la propria forza,
     	e neppure l'elogio delle proprie qualità o Cento-riti,

   3 	ma così diventati amici, e da te richiesto o amico, io ti dirò
     	non per dire senza motivo un autoelogio,

   4 	l'intera terra con monti e foreste, e coi suoi mari,
     	con una sola penna o Śakra, e con te sopra attaccato,

   5 	oppure tutti mondi insieme coi loro mobili e immobili,
     	io posso trasportare senza fatica, questa sappi è la mia grande forza.”

   6 	il sūta disse:
     	così apostrofato, il coronato, il migliore dei gloriosi, al valoroso le parole
     	diceva o Śaunaka, il re degli dèi, il potente benefattore di tutti gli esseri;

   7 	“ accetta ora dunque la mia eterna suprema amicizia,
     	nulla tu devi fare col soma, dunque il soma mi sia restituito,
     	quelli a cui fosse dato ci tormenterebbero.”

   8 	Garuḍa disse: 
     	“ per una certa ragione io ho preso il soma,
     	ma non darò il soma perchè sia preso da qualcuno,

   9 	dove quello metterò o mille-occhi, io in persona,
     	tu velocemente afferratolo portalo via o signore del trimundio.”

  10 	Śakra disse:
     	 “ soddisfatto io sono delle parole che tu qui hai detto o nato dall'uovo,
     	il dono che tu vuoi da me prendi o migliore degli alati.”

  11 	il sūta disse:
     	così apostrofato gli rispondeva egli, ricordando i figli di Kadrū,
     	e avendo ricordato pure la frode fatta alla madre per ridurla in schiavitù:

  12 	“ io pur capace di ogni cosa, farò quanto mi hai offerto,
     	che i serpenti dalla grande forza, o Śakra, diventino il mio cibo.”

  13 	“così sia!” avendo detto, a lui assentiva allora il distruttore dei dānava:
     	“ io prenderò il soma da te deposto.” avendogli detto,

  14 	allora il Suparṇa rapido andava vicino alla madre,
     	e quindi diceva a tutti i serpenti, supremamente lieto:

  15 	“ questa amṛta per voi portata io poserò sull'erba kuśa,
     	voi fatto i lavacri, coi riti benedetti, allora potrete prenderla o serpenti,

  16 	e libera da schiavitù sia da oggi in poi la madre mia,
     	quanto voi mi avevate detto io ho portato a termine.”

  17 	allora i serpenti avendo risposto: “così dunque sia!” si recarono al bagno,
     	Śakra però presa l'amṛta, di nuovo tornava in cielo,

  18 	quindi tornati a quel luogo i serpenti in cerca del soma,
     	pieni di gioia, lavati, fatte le preghiere e compiuti i riti, 

  19 	i serpenti seppero che era stato portata via, e che era stato fatto un incantamento,
     	essi leccarono le erbe che stavano nel luogo del soma,

  20 	e per quell'azione, le lingue dei serpenti divennero biforcute,
     	e quelle erbe, per il contatto dell'amṛta, divennero purificate,

  21 	quindi il Suparṇa pieno di suprema gioia, recatosi con la madre nella foresta,
     	divorando i serpenti, molto venerato dagli uccelli, eterna gloria portava a Vinatā. 

  22 	l'uomo che ascolti questa storia sempre, o reciti in assemblea di genti con i ri-nati in testa,
     	senza dubbio egli felice raggiunge il cielo, per la gloria del re degli uccelli grand'anima.


     
                              XXXI

   1 	Śaunaka disse:	
     	“della maledizione dei serpenti da parte della madre e da parte del figlio
     	di Vinatā tu hai raccontato la ragione, o figlio di sūta,

   2 	e i doni che il marito conferiva a Kadrū e a Vinatā,
     	e i nomi tu hai detto dei due uccelli figli di Vinatā,

   3 	ma i nomi dei serpenti non li hai detti o figlio di sūta,
     	noi desideriamo udire questi nomi anche sommariamente.”

   4 	il sūta disse:
     	svariati sono i nomi dei serpenti o ricco in tapas,
     	non li dirò di tutti, ascolali succintamente,

   5 	Śeṣa è il primo nato, e dopo lui Vāsuki,
     	Airāvata e Takṣaka, Karkoṭa e Dhanaṃjaya,

   6 	Kāliya, e Maṇināga, e pure il nāga Āpūraṇa,
     	inoltre il nāga Piñjaraka, e Elāpatra, e Vāmana,

   7 	i due nāga Nīla e Ānīla, e Kalmāṣa e Śabala,
     	e Āryaka, e Ādika, e il nāga Śalapotaka,

   8 	Sumanomukha, Dadhimukha, e Vimalapinṇḍaka,
     	Āpta, e Koṭanaka, Śaṅkha, e Vālaśikha,

   9 	Niṣṭhyūnaka, Hemaguha, Nahuṣa, Piṅgala,
     	Bāhyakarṇa, Hastipada, e Mudgarapiṇḍaka,

  10 	e anche Kambala e Aśvatara, e anche il nāga Kāliyaka,
     	e i due nāga Vṛtta e Saṃvartaka, e due chiamati Padma,

  11 	e il nāga Śaṅkhanaka e quindi poi Spaṇḍaka,
     	e Kṣemaka, grande nāga, e il nāga Piṇḍāraka,

  12 	Karavīra, Puṣpadaṃṣṭra, Elaka, Bilvapāṇḍuka,
     	Mūṣakāda, Śaṅkhaśiras, Pūrṇadaṃṣṭra, Haridraka,

  13 	Aparājita, e Jyotika, e il serpente Śrīvaha,
     	Kauravya, e Dhṛtarāṣṭra, Puṣkara e Śalyaka,

  14 	e Virajas, Subāhu, e Śālipiṇḍa il valoroso,
     	Hastibhadra, Piṭharaka, Mukhara, Koṇavāsana,

  15 	Kuñjara, e Kurara, e il nāga Prabhākara,
     	Kumuda, Kumudākṣa, e Tittiri, e Halika,
     	e i due Karkara e Akarkara, e Kuṇḍodara, e Mahodara,

  16 	questi sono i principali nāga ricordati o migliore dei ri-nati,
     	per moltitudine dei nomi altri non sono ricordati,

  17 	e quale di questi sia la prole e la linea della discendenza,
     	pensandola incalcolabile non te la dirò o migliore dei ri-nati,

  18 	molti migliaia di milioni sono i serpenti,
     	e non sono in grado di enumerare i serpenti o ricco in tapas.


     
                              XXXII

   1 	Śaunaka disse:
     	“i serpenti, nati dunque possenti e inattaccabili,
     	avendo saputo della maledizione, che fecero poi?”

   2 	il sūta disse:
     	di questi il venerabile Śeṣa, glorioso, lasciata Kadrū,
     	s'impegnava in un grande tapas, nutrendosi d'aria quel fermo nei voti,

   3 	sul monte gandhamādana, raggiunta la sorgente Badarī, quell'asceta,
     	e a gokarṇa e nella selva puṣkara e quindi sulle pendici dell'himavat,

   4 	e in ciascuno dei santi tīrtha e santuari,
     	in luoghi solitari abitando, sempre controllato e coi sensi vinti,

   5 	mentre praticava quel terribile tapas, lo vide il Grande-avo, 
     	con carni pelle e tendini rinsecchiti, con i capelli intrecciati, quel potente,

   6 	e il Grande-avo diceva a quel sinceramente fermo nell'ascesi:
     	" Quanto tu fai o Śeṣa, fallo per il bene delle creature,

   7 	tu con questo feroce tapas, addolori le creature o senza macchia,
     	dimmi qual'è il desiderio, che da lungo sta nel tuo cuore."

   8 	Śeṣa disse:
     	" tutti i miei fratelli uterini sono degli sciocchi,
     	con loro io non posso vivere, questo ti sia chiaro o signore,

   9 	si indignano sempre vicendevolmente da nemici,
     	allora io mi impegnai nel tapas, per non più vederli.

  10 	sempre mal sopportano essi Vinatā e suo figlio,
     	e il figlio di Vinatā è un altro nostro fratello, o Grande-Avo,

  11 	e loro lo odiano grandemente, e lui è pure di grandissima forza,
     	per il dono conferito dal padre Kaśyapa, grand'anima,

  12 	io dunque immerso nel tapas mi libererò di questo corpo,
     	in modo che passato nell'aldilà più io non abbia comunanza con loro."

  13 	Brahmā disse:
     	" conosco o Śeṣa la condotta di tutti i tuoi fratelli,
     	e anche la grande paura dei tuoi fratelli, per l'offesa alla madre, 

  14 	un tempo qui fu fatta una promessa o serpente,
     	tu non devi dolerti per tutti i tuoi fratelli,

  15 	scegli da me o Śeṣa, la grazia che più desideri,
     	e io ora ti concederò quel dono, grande amore io ho per te,

  16 	per fortuna il tuo pensiero è fermo nel dharma o migliore dei serpenti,
     	perciò ancora di più il tuo pensiero sia saldo nel dharma."

  17 	Śeṣa disse:
     	" questa è la grazia che oggi io desidero o Grande-Avo,
     	il mio pensiero si rallegri sempre nel dharma, nella pace e nel tapas, o Signore."

  18 	Brahmā disse:
     	" compiaciuto io sono di te o Śeṣa per il tuo autocontrollo e calma interiore,
     	le tue parole dunque, per mio ordine si compiano per il bene delle creature,

  19 	questa terra piena di monti e foreste, coi suoi mari e i suoi abbondanti minerali,
     	che è mobile tu rettamente afferrandola resta a tenerla ferma."

  20 	Śeṣa disse:
     	" come tu dici, o dio benefico, signore delle creature, della terra, degli esseri, dell'universo,
     	così io manterrò la terra ferma, mettila sulla mia testa o Prajāpati."

  21 	Brahmā disse:
     	" dunque la terra prendi o migliore dei serpenti, da sé essa un posto ti darà,
     	tu reggendo questo peso, un grandissimo piacere farai a me o Śeṣa."

  22 	il sūta disse:
     	di sì dicendo, ed entrato in quel vano, il potente primogenito dei serpenti, fermo in cielo,
     	sostiene sulla testa la terra, coi suoi mari, circondandola da ogni parte.

  23 	Brahmā  disse:
     	" tu sei Śeṣa il migliore dei nāga, il dio Dharma, che da solo reggi la terra,
     	l'infinito serpente che tutta la avvolgi, per me sei come l'uccisore di Bala."

  24 	il sūta disse:
     	sotto la terra risiede il nāga Ananta, potentissimo,
     	reggendo la terra da solo, per ordine di Brahmā quel potente,

  25 	e il beato, il supremo degli immortali, il Suparṇa come assistente, 
     	il figlio di Vinatā ad Ananta concedeva allora il Grande Avo.


     
                              XXXIII

   1 	il sūta disse:
     	dalla madre in persona udita quella maledizione, il migliore dei serpenti,
     	Vāsuki, pensava allora a come quella maledizione non s'avverasse,

   2 	quindi, egli si consultava assieme a tutti i fratelli,
     	che a cominciare da Airāvata erano seguaci del dharma.

   3 	Vāsuki disse:
     	" la maledizione come è sorta voi lo sapete o immacolati,
     	noi ci dobbiamo sforzare consultandoci, a sciogliere questa maledizione,

   4 	per tutte le maledizioni, è noto il modo di opporsi,
     	ma di una maledizione di tale misura non si conosce liberazione o serpenti,

   5 	legate al vero, all'inneluttabile, all'indistruttibile
     	sono le maledizioni, così io ho udito, e un tremito mi nasce nel cuore,

   6 	certamente la nostra intera distruzione è stata pronunciata,
     	e l'eterno dio non ha impedito che lei ci maledisse,

   7 	perciò consultiamoci qui, su come la salvezza dei serpenti
     	tutti noi si possa fare, non sprechiamo il nostro tempo,

   8 	ma consultiamoci, troviamo un modo di salvarci,
     	come un tempo gli dèi cercarono il perduto Agni nascosto in un buco,

   9 	affinchè non avvenga, oppure abortisca, il sacrificio 
     	di Janamejaya per la distruzione dei serpenti."

  10 	il sūta disse:
     	di sì, avendo detto, tutti i figli di Kadrū convenuti,
     	fecero l'accordo di trar consiglio con la massima intelligenza,

  11 	alcuni nāga dissero: " trasformati in ottimi brahmani,
     	chiediamo come bhikṣa a Janamejaya che il sacrificio non avvenga."

  12 	altri nāga dissero: " là travestiti da paṇḍita,
     	tutti noi diventeremo suoi stimati ministri,

  13 	egli in tutte le azioni da compiere ci chiederà il nostro consiglio,
     	e là dichiareremo l'opinione che il sacrificio non si faccia,

  14 	il re, quel migliore dei saggi, sapendoci molto stimati,
     	ci chiederà riguardo al sacrificio, e che non si faccia noi diremo,

  15 	mostrando molte terribili pecche sia qui che nell'aldilà,
     	e con altri motivi e ragioni, affinchè egli non compia il sacrificio,

  16 	oppure il prete sacrificante che sarà a capo di quel sacrificio,
     	l'esperto dei sacrifici dei serpenti intento a compiere il volere del re,

  17 	costui raggiunto da un serpente velenoso sia ucciso,
     	e morto il prete sacrificante, il rito non si compirà,

  18 	e anche altri esperti del sacrificio dei serpenti che di quello diventino celebranti,
     	anche tutti questi mordiamo, e così la cosa sarà compiuta."

  19 	altri serpenti ancora, anime pie, consigliarono:
     	" questa di voi è un'idiozia, l'uccidere i brahmani è cosa infausta,

  20 	il giusto e supremo rimedio nelle sventure è radicato nel dharma dei buoni,
     	i seguaci dell'adharma certamente l'intero universo distruggono."

  21 	altri nāga però dissero: " il fuoco, che tutto possiede, una volta acceso,
     	con delle piogge estingueremo, trasformati in nuvole lampeggianti,

  22 	o altri serpenti di notte, avvicinatesi agli strumenti del sacrificio,
     	rapidi li rubino a quelli disattenti, e così ne verrà impedimento al rito,

  23 	oppure in quel sacrificio i serpenti a centinaia e a migliaia
     	mordino tutta la gente,  e così la paura ne sorgerà,

  24 	oppure i serpenti, il cibo preparato contaminino
     	con le proprie feci ed urina, rovinando ogni vivanda."

  25 	altri però dicevano: " diventiamo là i suoi celebranti,
     	e bloccheremo il sacrificio dicendo di darci l'onorario;
     	e divenuto in nostro potere faremo ciò che vogliamo."

  26 	ma altri dicevano: " mentre il sovrano sta giocando nell'acqua,
     	afferratolo, facciamolo prigioniero, così il rito non avverrà."

  27 	e altri nāga di virtuosa condotta dicevano: 
     	" velocemente afferratolo mordiamolo, così la cosa sarà conclusa,
     	e sarà tagliata la radice di ogni male, con la morte di costui." 

  28 	questa era l'opinione finale condivisa da tutti:
     	" oppure come tu credi o re, questo rapidamente sia stabilito."

  29 	così avendo parlato guardarono a Vāsuki, signore dei serpenti,
     	e Vāsuki avendoci però pensato diceva ai serpenti:

  30 	" io non penso che si debba compiere questo vostro finale consiglio, o serpenti,
     	so che questa mia opinione non piace a tutti i serpenti,

  31 	ma cosa dunque si deve fare che per voi sia soddisfacente?
     	da questo io sono violentemente tormentato, da me dipendono colpe e virtù."	


     
                              XXXIV

   1 	il sūta disse:
     	udite dunque le parole di tutti, di vario genere,
     	e udito pure il discorso di Vāsuki, Elāpatra questo disse: 

   2 	"non accadrà che non avvenga quel sacrificio, un re di tal fatta,
     	Janamejaya rampollo dei pāṇḍava, non sarà fermato per paura di noi,

   3 	l'uomo che quaggiù è mosso dal destino, o re,
     	quel destino compirà, non vi è qui altra possibilità,

   4 	e allora il destino che ci fa paura o migliori dei serpenti,
     	questo stesso destino accettiamo qui, ascoltate le mie parole,

   5 	io, quando la maledizione fu lanciata, udii allora queste parole degli dèi,
     	mentre per la paura ero salito in grembo alla madre o migliori dei serpenti,

   6 	'è crudele, è crudele. ' gli dèi dissero o signore, per i migliori dei serpenti,
     	e recatisi dal Grande-Avo, pieni di dolore o potentissimo,

   7 	gli dèi dissero:
     	' quale madre ottenutili può così maledire i figli o Grande-Avo,
     	se non Kadrū, dal fiero aspetto, o dio degli dèi, davanti a te?

   8 	e tu le sue parole hai approvato o Grande-Avo,
     	questo vogliamo sapere, la ragione per cui non le hai proibite.'

   9 	Brahmā disse:
     	' molti serpenti sono crudeli, di terribile valore, e velenosissimi,
     	io per il bene delle creature non ho proibito ciò allora,

  10 	quelli che sono crudeli, malvagi e pieni di veleno,
     	questi saranno distrutti, ma non quelli che agiscono nel dharma,

  11 	per questo motivo, saranno liberati dalla grande paura questi
     	serpenti, ascoltate in qual tempo avverrà,

  12 	in una famiglia di asceti nascerà un saggio e grande ṛṣi,
     	Jaratkāru chiamato, splendido e dai sensi domati,

  13 	figlio di questo Jaratkāru, nascerà un grande asceta,
     	Āstīka di nome ed egli allora fermerà quel sacrificio,
     	e là saranno liberati i serpenti che sono adepti del dharma.'

  14 	gli dèi dissero:
     	' questo grande muni o dio, Jaratkāru dal grande tapas, 
     	da quale femmina, il glorioso genererà il figlio grand'anima?'

  15 	Brahmā disse: 
     	'da una fanciulla del suo stesso nome quel migliore dei ri-nati,
     	quel potente o dèi, la prole potente genererà.' "

  16 	Elāpatra disse:
     	" gli dèi allora dissero al Grande-Avo: 'così dunque sia',
     	e questo avendo detto, se ne andarono gli dèi e il divino Grande-Avo,

  17 	io stesso ora o Vāsuki scorgo la tua sorella,
     	chiamata Jaratkāru, lei dunque offri a lui, mentre è

  18 	in cerca di bhikṣa, come offerta ascetica, per calmare la paura dei serpenti,
     	tu dalla a quel ṛṣi dai fermi voti, questa è la liberazione che ho udito."


     
                              XXXV

   1 	il sūta disse:
     	udite le parole di Elāpatra i nāga, o migliore dei ri-nati,
     	tutti con mente gioiosa: "bravo! bravo!" lo veneravano,

   2 	da allora in poi Vāsuki custodiva quella fanciulla,
     	la sorella Jaratkāru, e una suprema gioia ne ebbe,

   3 	allora come era passato non molto tempo,
     	tutti gli dèi e gli asura frullarono la dimora di Varuṇa,

   4 	e là Vāsuki, il migliore dei forti, divenne la corda,
     	e compiuta quell'impresa, si avvicinarono al Grande Avo,

   5 	gli dèi, assieme a Vāsuki, e dissero all'Antenato: 
     	“ O beato, questo Vāsuki colpito dalla maledizione ne è violentemente tormentato,

   6 	questa spina nel suo cuore tu sei in grado di estirpare,
     	dalla madre questa maledizione nata per colpire i figli, o dio,

   7 	fu scagliata, e il re dei nāga sempre fu gentile con noi,
     	sii grazioso o signore degli dèi, calma la febbre nel suo cuore."

   8 	Brahmā disse:
     	" con la mente o immortali, io ho garantito quel discorso,
     	che il nāga Elāpatra ha un tempo pronunciato,

   9 	quel consiglio dunque faccia il re dei nāga giunto il momento,
     	i malvagi andranno distrutti, non però quelli che agiscono nel dharma,

  10 	sorto dunque il brahmano Jaratkāru intento in un aspro tapas,
     	questa sua sorella a tempo debito sia offerta a Jaratkāru,

  11 	le parole che sono state pronunciate dal serpente Elāpatra,
     	sono stabilite per i serpenti, o dèi, così e non altrimenti."

  12 	il sūta disse:
     	il re dei nāga avendo udite le parole dei Grande-Avo,
     	ordinava a tutti i serpenti di star sempre vicino a Jaratkāru,

  13 	" quando Jaratkāru, quel potente volesse prendere moglie, 
     	allora rapidamente, mi sia riferito, questo sarà la nostra fortuna."



     
                              XXXVI

   1 	Śaunaka disse:
     	" Jaratkāru che tu così hai menzionato o figlio di sūta,
     	io vorrei sentir parlare di questo ṛṣi grand'anima,

   2 	per quale ragione col nome di Jaratkāru fu conosciuto al mondo?
     	tu mi devi dire in verità l'etimologia di Jaratkāru."

   3 	il sūta disse:
     	'jara' dicono essere il decadimento, e asprezza è il significato di 'kāru'
     	il suo corpo era aspro e quel saggio a poco a poco,

   4 	lo ridusse con un fiero tapas, da lì fu così chiamato,
     	e pure così fu Jaratkāru o brahmano, anche la sorella di Vāsuki.

   5 	così apostrofato Śaunaka, anima pia rideva allora,
     	e inchiatosi a Ugraśravas diceva: "è appropriato."

   6 	il sūta disse:
     	per molto tempo quel muni dai ferrei voti,
     	intento nel tapas, quel saggio non desiderava una moglie,

   7 	casto tratteneva il suo seme, intento nel tapas, e compiva i suoi studi, senza paura né fatica,
     	percorreva tutta la terra il grand'anima, e mai desiderava una moglie neanche col pensiero,

   8 	quindi giunto un certo qual tempo,
     	il re, continuatore dei kaurava, chiamato Parikṣit,

   9 	ottimo arciere sulla terra come il grandi-braccia Pāṇḍu,
     	divenne amante della caccia come l'antico antenato,

  10 	colpendo gazzelle, cinghiali, iene e bufali,
     	e altri vari animali selvatici, percorreva le foreste quel principe,

  11 	un giorno egli colpita una preda con una freccia appuntita,
     	arco in mano si poneva all'inseguimento nella grande foresta,

  12 	come il beato Rudra in cielo, dopo che colpì la gazzella sacrificale,
     	la inseguiva dunque arco in mano e la cercava qua e là,

  13 	ma colpita da lui ancora viva quella preda andava per la foresta,
     	un presagio era per il sua prossima salita al cielo,
     	quella gazzella che colpita dal re Parikṣit non era morta,

  14 	e trascinato distante da quella preda, il sovrano,
     	stanco, assetato, nella foresta avvicinava un muni,

  15 	che era seduto in un pascolo di vacche e il superfluo che usciva dalle bocche 
     	dei vitelli beveva, quella schiuma attaccata alle labbra di loro che bevevano,

  16 	con vehemenza avvicinatosi il re a quel fermo nei voti,
     	chiedeva al muni alzando l'arco, oppresso dalla sete:

  17 	" salute o brahmano, io sono il re Parikṣit figlio di Abhimanyu,
     	una preda da me colpita è sparita, l'hai forse vista tu?"

  18 	il muni a lui nulla rispondeva intento nel voto del silenzio,
     	allora il re irato, gettava sulle sue spalle una serpe morta,

  19 	alzandola con l'estremità dell'arco, e lo guardava,
     	ma nessuna cosa egli disse, né buona né cattiva,

  20 	il re abbandonando l'ira, inquieto in meditazione lui,
     	vedendo, tornava in città, e il ṛṣi rimaneva seduto così,

  21 	lui aveva un figlio giovane, di fiera energia, e dal grande tapas,
     	Śṛṅgin di nome, molto irascibile, difficile da calmare, e fermo nei voti,

  22 	egli, il supremo dio Īśāna che è intento nel bene di tutti gli esseri,
     	Brahmā venerava di tempo in tempo, controllando sé stesso,
     	egli col permesso di Brahmā a casa stava tornando,

  23 	e da un amico per gioco, là solo per ridere fu apostrofato
     	quell'irritabile figlio di un ṛṣi avvelenato grandemente dall'ira,
     	da Kṛśa, figlio di un ṛṣi, per celia o migliore dei ri-nati:

  24 	" il padre di te che sei un potente asceta,
     	porta sulla schiena un cadavere, non essere orgoglioso o Śṛṅgin,

  25 	non pronunciar parola, quando parlano dei figli di ṛṣi, 
     	come noi, perfetti asceti, sapienti del brahman,

  26 	da dove viene il tuo orgoglio d'uomo? da dove parole di tal fatta
     	nate solo dall'arroganza, quando tu vedrai tuo padre portare un cadavere?"


     
                              XXXVII

   1 	il sūta disse:
     	così apostrofato l'energico Śr̥ṅgin soverchiato dall'ira,
     	udendo che il maestro portava un corpo morto, nella mente si doleva,

   2 	e guardando Kṛśa, usando parole amichevoli
     	chiedeva: " com'è che egli oggi porta un corpo morto?"

   3 	Kṛśa disse:
     	" il re Parikṣit intento a praticare la caccia o caro,
     	oggi ha appeso sulle spalle di tuo padre un serpente morto."

   4 	Śr̥ṅgin disse:
     	" cosa fece di male mio padre a quel malvagio re?
     	dimmelo Kṛśa, in verità, stai attento alla forza del mio tapas."

   5 	Kṛśa disse:
     	" il re Parikṣit figlio di Abhimanyu, intento nella caccia,
     	rincorreva da solo una preda colpita da una piumata freccia,

   6 	il re non scorgendo la gazzella e vagando nella grande foresta,
     	vedendo tuo padre, lo interrogava senza che lui parlasse,

   7 	ma se ne stava fermo come un tronco, il re allora afflitto da fame e sete,
     	ripetutamente chiedeva a tuo padre della gazzella sparita,

   8 	ma egli intento nel voto del silenzio, a lui non rispondeva,
     	e il re con l'estremità dell'arco gettava una serpe morta sulle sue spalle,

   9 	o Śṛṅgin, tuo padre allora rimaneva seduto fermo nel suo voto,
     	e pure il re tornava alla sua città che prende il nome dagli elefanti."

  10 	il sūta disse:
     	udito ciò, il figlio del ṛṣi, irrigidendosi fermo come il cielo,
     	cogli occhi rossi di rabbia, quasi ardendo per la furia,

  11 	preso dall'ira, malediva allora quel re,
     	spruzzandosi d'acqua, quel potente soverchiato dalla forza dell'ira.

  12 	Śṛṅgin disse:
     	"colui che sulle spalle del mio vecchio padre, così fermo nell'ascesi,
     	un serpente morto ha gettato, quel colpevole re,

  13 	quel malvagio, dal ferocissimo Takṣaka, il migliore dei serpenti,
     	velenosissimo, e potentissimo, spinto dalla forza delle mie parole,

  14 	da qui a sette giorni sarà condotto alla dimora di Yama,
     	quello spregiatore di brahmani, vergogna dei kuru."

  15 	il sūta disse:
     	così avendo maledetto il re l'irato Śṛṅgin, si recava dal padre,
     	che era ancora seduto in quel pascolo, portando la serpe morta,

  16 	Śṛṅgin vedendo il padre che aveva sulle spalle,
     	la serpe morta, di nuovo preso dall'ira,

  17 	per il dolore si riempiva di lacrime, e questo diceva al padre:
     	" informato di questa offesa fatta a te da quel malvagio

  18 	re Parikṣit, per l'ira io ho maledetto quel sovrano,
     	meritevole è quella vergogna della razza dei kuru, di questa maledizione,

  19 	in sette giorni quel malvagio da Takṣaka, il migliore dei serpenti,
     	sarà mandato alla terribilissima dimora del figlio del sole."

  20 	il padre allora o brahmano, diceva a lui che ancora era pieno di rabbia:
     	"non mi hai fatto un piacere o figlio, questo non è il dharma degli asceti,

  21 	noi abbiamo residenza nel regno di questo sovrano,
     	e protetti noi siamo rettamente da lui, io non approvo il male fatto a lui,

  22 	in ogni circostanza il comportamento del re verso di noi, sempre
     	si deve perdonare o figlio, il dharma distrutto distrugge certamente,

  23 	se il re non ci proteggesse, un supremo danno noi ne avremmo,
     	non potremmo praticare il dharma come vogliamo o figlio, 

  24 	noi protetti o caro, dai re secondo le sacre scritture,
     	pratichiamo il più grande dharma, la loro ricompensa deve essere nel dharma,

  25 	Parikṣit in particolare, come i suoi antenati,
     	ci protegge, come i re devono proteggere le creature,

  26 	lui qui oggi, oppresso dalla sete e dalla stanchezza,
     	ignorando il mio voto senza dubbio, questo ha fatto,

  27 	perciò questo da te per fanciullezza, precipitosamente fu mal fatto,
     	non merita il sovrano o figlio la nostra maledizione."


     
                              XXXVIII

   1 	  Śṛṅgin disse:
     	" se questo fu precipitoso o padre, se questo fu malfatto,
     	o bene o male che sia per te, le parole da me pronunciate non siano vane,

   2 	in nessun'altro modo ciò sarà, o padre, questo io ti dico,
     	io non parlo mai invano neppure nelle piccolezze, come dunque nel maledire?"

   3 	Śamīka disse:
     	"conosco o figlio, la tua fiera potenza, e la sincerità delle tue parole,
     	mai vanamente tu prima hai parlato o erroneamente,

   4 	ma dal padre il figlio sempre è allevato e consigliato,
     	in modo che sia pieno di qualità, e ottenga un grande splendore,

   5 	fin dalla fanciullezza tu hai praticato il tapas, o splendido,
     	e l'ira delle grandi e potenti anime, grandemente cresce,

   6 	io scorgo cosa ti debbo dire o migliore dei sostenitori del dharma,
     	vedendo che tu sei mio figlio, e la tua giovinezza e impetuosità,

   7 	trovata la calma, raccogliendo cibo selvatico,
     	vivi abbandonando l'ira, così non violerai il dharma,

   8 	l'ira ruba il dharma accumulato con dolore agli asceti,
     	e la via dei privi del dharma, non è desiderabile,

   9 	la pace di coloro che si sforzano con pazienza, conduce alla perfezione,
     	di chi ha pazienza è questo mondo e di chi ha pazienza pure è l'altro

  10 	perciò agisci sempre coi sensi domati, praticando la pazienza,
     	con la pazienza otterrai i mondi più vicini a Brahmā,

  11 	io sempre sono immerso nella pace, quanto sono capace di fare ora,
     	questo dunque io farò ora o figlio, avvertirò il sovrano:

  12 	'da mio figlio colla mente ancora informe, per fanciullaggine sei stato maledetto, 
     	questa mia offesa sia da te guardata senza ira.' "

  13 	il sūta disse:
     	così spedito un discepolo, quel fermo nei voti, informava
     	il sovrano Parikṣit, quel grande asceta preso da compassione,

  14 	avendo comandato di salutarlo ed esporgli la materia,
     	ad un discepolo di nome Gauramukha, devoto e di buon carattere,

  15 	egli raggiunto velocemente il sovrano continuatore dei kuru,
     	entrava nel palazzo del re, riconosciuto prima dalle guardie alle porte,

  16 	e onorato dal sovrano, il brahmano Gauramukha allora,
     	riposatosi, raccontava al re tutto intero
     	il discorso di Śamīka terribile come era stato detto, alla presenza dei ministri:

  17 	" un ṛṣi di nome Śamīka, o re dei re, vive nel tuo regno,
     	dal grande tapas, suprema anima pia, controllato e nella pace interiore,

  18 	da te o tigre fra gli uomini, un serpente privo di vita, sulle sue spalle
     	fu gettato con l'estremità dell'arco o migliore dei bhārata,
     	egli ha perdonato questo tuo atto, ma suo figlio non lo tollerava,

  19 	e da lui o re dei re, all'insaputa del padre sei stato maledetto,
     	e Takṣaka in capo a sette notti sarà la tua morte:

  20 	'prepara dunque una protezione' così ripetutamente mi disse:
     	' nessun'altra cosa sono in grado di fare.'

  21 	egli non è in grado di calmare il figlio sopraffatto dall'ira,
     	quindi io fui da lui mandato o re, per il tuo bene."

  22 	udite queste terribili parole, il re rampollo dei kuru,
     	si doleva il re, grandemente afflitto per aver fatto quel male,

  23 	avendo udito che quel supremo muni era impegnato nel voto del silenzio,
     	di nuovo era allora il re sopraffatto dalla sofferenza,

  24 	riconosciuta la natura compassionevole di Śamīka,
     	ancora di più si doleva per la colpa commessa verso il muni,

  25 	e non tanto era affranto il re, saputo delle propria morte,
     	quanto si doleva, quasi fosse un'immortale, dell'azione compiuta,

  26 	quindi a lui il re allora rimandava Gauramukha
     	nuovamente: " che il venerabile perdoni, questo da parte mia."

  27 	e appena partito Gauramukha, il re allora,
     	con la mente agitata, si consigliava coi suoi ministri, 

  28 	e presa una decisione coi suoi ministri, esperto nell'arte del consiglio,
     	un padiglione faceva costruire ben protetto, su una colonna,

  29 	e a protezione poneva là, medici e medicamenti,
     	e ovunque vi faceva risiedere brahmani dagli efficaci mantra,

  30 	e lì stando, compiva tutte le incombenze del re,
     	assieme ai ministri, quel sapiente del dharma, protetto da ogni parte,

  31 	e giunto quel settimo giorno o migliore dei ri-nati,
     	il sapiente Kāśyapa stava raggiungendo il re per curarlo,

  32 	lui aveva udito che in quel giorno, quell'ottimo sovrano,
     	sarebbe stato mandato alla dimora di Yama da Takṣaka, il migliore dei serpenti,

  33 	" quando sarà stato morso dal re dei serpenti, io lo guarirò
     	e così io là mi guadagnerò ricchezza e dharma." così egli pensava,

  34 	Takṣaka il re dei nāga però, scorgeva Kāśyapa mentre sulla via, 
     	procedeva con quel solo pensiero in mente, e trasformatosi in un ri-nato,

  35 	il re dei serpenti diceva a Kāśyapa, toro fra i muni:
     	"dove vai signore, così di fretta? e cosa hai intenzione di fare?"

  36 	Kāśyapa disse:
     	"il re Parikṣit nato dalla razza dei kuru, distruttore di nemici,
     	oggi sarà arso dal potere di Takṣaka il migliore dei serpenti,

  37 	lui morso dal re dei serpenti, che è potente al pari del fuoco stesso,
     	quel re dall'incomparabile potere, continuatore della razza dei pāṇḍava,
     	io vado rapido o signore, in questo giorno a guarire."

  38 	Takṣaka disse:
     	"io sono Takṣaka o brahmano, che morderà quel sovrano,
     	tu non sei in grado di guarire il mio morso."

  39 	Kāśyapa disse:
     	"io o nāga, quel sovrano da te morso 
     	guarirò, questa è il mio pensiero, suffragato dalla forza del sapere."


     
                              XXXIX

   1 	Takṣaka disse:
     	" se tu sei in grado di risanare qualcosa che io ho morso,
     	allora fai rivivere o Kāśyapa quest'albero da me morso,

   2 	mostra e usa la forza dei mantra che possiedi,
     	quest'albero nyagrodha io morderò, guarda o migliore dei ri-nati."

   3 	Kāśyapa disse:
     	" mordi pure o re dei nāga, l'albero che tu vuoi,
     	e io o serpente, quello che tu hai morso farò rivivere."

   4 	il sūta disse:
     	così invitato da Kāśyapa grand'anima, il re dei nāga,
     	avvicinatosi mordeva l'albero di nyagrodha, quel migliore dei serpenti,

   5 	e l'albero da lui morso, in quello stesso istante, o glorioso,
     	rapidamente penetrato dal veleno, interamente bruciava,

   6 	e avendo bruciato quell'albero, il nāga di nuovo diceva a Kāśyapa:
     	" mettiti d'impegno o migliore dei ri-nati, fai rivivere l'albero."

   7 	allora di quell'albero ridotto in cenere dal potere del re dei serpenti,
     	raccogliendo tutta la cenere, Kāśyapa pronunciava queste parole:

   8 	" guarda o re dei serpenti la forza del mio sapere, su questo albero,
     	io lo farò rivivere, davanti a te o serpente."

   9 	quindi quel venerabile sapiente, Kāśyapa, il migliore dei ri-nati,
     	quel mucchio di cenere con il suo sapere, faceva rivivere nell'albero,

  10 	egli d'apprima fece un germoglio dotato di due foglie,
     	e quindi di nuovo un albero coi suoi rami e foglie,

  11 	avendo visto quell'albero fatto rivivere da Kāśyapa grand'anima,
     	Takṣaka diceva al brahmano: " questo è un grande portento da parte tua,

  12 	o Indra dei savi, che tu annienti il veleno mio o di un mio simile,
     	qual'è la ricchezza che tu qui desideri ottenere o ricco in tapas?

  13 	il frutto che tu desideri avere da questo ottimo sovrano,
     	io interamente ti darò, anche se fosse difficile da ottenersi,

  14 	colpito dalla maledizione del savio, essendo alla fine della vita il re,
     	il compimento del tuo scopo potrebbe essere in dubbio o savio,

  15 	quindi, la tua splendente fama riconosciuta nei tre mondi,
     	come un sole senza raggi potrebbe andare perduta."

  16 	Kāśyapa disse:
     	" per guadagnar ricchezza io qui venni, dammela tu o serpente,
     	e allora io me ne tornerò a casa, o migliore degli uraga."

  17 	Takṣaka disse:
     	" quanta ricchezza tu cerchi da questo re, altrettanta e di più, 
     	io ora di darò, torna indietro o migliore dei ri-nati."

  18 	il sūta disse:
     	udite le parole di Takṣaka, Kāśyapa il migliore dei ri-nati,
     	meditava quel potentissimo saggio su quel re,

  19 	e il potente conosciuta con divina conoscenza che il re allora, 
     	era alla fine della vita, Kāśyapa si allontava dal discendente dei pāṇḍava,
     	quell'ottimo muni ottenuto da Takṣaka il guadagno desiderato;

  20 	partito dunque Kāśyapa grand'anima, secondo l'accordo,
     	si recava veloce Takṣaka alla città che ha nome dagli elefanti,

  21 	quindi andando Takṣaka veniva a sapere, che il sovrano del mondo,
     	era con cura protetto da salvitici mantra e da antidoti,

  22 	egli allora pensava: " con la magìa questo principe,
     	io devo ingannare, quale potrebbe essere il mezzo?

  23 	allora comandava ai serpenti sotto l'aspetto di asceti,
     	di portare frutti, foglie ed acqua alla casa del re, il nāga Takṣaka.

  24 	Takṣaka disse:
     	" recatevi voi deliberatamente a condurre un affare dal re,
     	facendo dunque accettare al sovrano il dono di frutti, foglie e acqua."

  25 	il sūta disse:
     	i serpenti fecerò così come comandato da Takṣaka,
     	e portarono al re erbe, acqua e frutti,

  26 	e il potente re dei re, tutto quello ricevette,
     	e compiuto da essi quanto dovevano fare, egli disse loro: "andate pure."

  27 	e partiti tutti questi nāga sotto le spoglie di asceti,
     	ai ministri e agli amici diceva allora il sovrano:

  28 	" mangiate dunque signori interamente questi dolci frutti,
     	portati dagli asceti, assieme a me."

  29 	quindi il re assieme ai ministri voleva mangiare i frutti,
     	ma là nel frutto che il re aveva afferrato, vi era un piccolo verme,
     	minuscolo, cogli occhi neri e rosso di colore, o Śaunaka,

  30 	il migliore dei re afferratolo diceva allora ai ministri:
     	"al tramonto è arrivato il sole, ora non ho più paura del veleno,

  31 	vere diventino le parole del muni, questo verme mi morda,
     	e divenuto Takṣaka di nome, allora sia catturato."

  32 	i ministri spinti dal fato abbedivano alle sue parole,
     	e così avendo parlato il re dei re, postolo sul suo collo,
     	quel verme derideva, perduto il senno rapidamente, quasi desiderando la morte,

  33 	e mentre ancora rideva fu avvinto dal serpente Takṣaka,
     	uscito da quel frutto, secondo quanto era stato annunciato al re.


     
                              XL

   1 	il sūta disse:
     	lui vedendo avvinto da quel serpente, i ministri allora,
     	pallidi in viso, tutti gridarono, violentemente addolorati,

   2 	e udendo quel loro stesso grido, i ministri fuggirono,
     	e videro quel portentoso nāga salire in aria

   3 	come facendo una scriminatura nel cielo del colore del loto,
     	violentemente, vedevano pieni di sofferenza Takṣaka il migliore dei serpenti,

   4 	quindi quella casa coperta di fiamme scaturite dal veleno del serpente, essi
     	per la paura lasciando, correvano in altro luogo, ed essa cadeva come colpita dal fulmine,

   5 	allora ucciso il re dal potere di Takṣaka, approntate tutte le cerimonie funebri,
     	e purificatosi il brahmano purohita e i ministri di quel sovrano,

   6 	fecero re il giovane suo figlio, e riunitesi tutte le genti che abitavano la città,
     	dichiararono re quel distruttore di nemici, il principe dei kuru Janamejaya;

   7 	fin da fanciullo di nobile mente era l'eccellente sovrano, e assieme ai ministri allora,
     	governava il regno, quel toro dei kuru, primogenito, come il suo valoroso antenato,

   8 	allora i ministri del re, vedendo quel sovrano tormentatore di nemici,
     	recatisi da Suvarṇavarman re dei kāśi, in matrimonio chiesero la figlia Vapuṣṭamā,

   9 	e il re concedeva Vapuṣṭamā al principe dei kuru vedendolo nel dharma,
     	e pure lui ella ottenuta grande gioia ne ebbe, e non pose mente a nessun'altra donna,

  10 	e quel valoroso, con mente lieta trascorreva il tempo in selve piene di frutti e di laghi,
     	e così passava il tempo quel migliore dei re, come un tempo Purūravas ottenuta Urvaśī,

  11 	e anche Vapuṣṭamā, ottenuto un eccellente marito di bell'aspetto, sovrano in terra,
     	la bella realmente era felice, abitando il gineceo in lieti momenti.


     
                              XLI

   1 	il sūta disse:
     	in quel tempo però, il grande asceta Jaratkāru,
     	quel muni, percorreva l'intera terra dormendo dove capitava,

   2 	praticando quello splendido, una devozione difficile per le anime incompiute,
     	facendo abluzioni nei santi tīrtha, egli viveva,

   3 	nutrendosi d'aria, digiunando, languiva giorno per giorno il muni,
     	egli vide gli avi in una grotta appesi a faccia in giù,

   4 	e l'unico stelo rimasto del ciuffo d'erbe a cui erano appesi,
     	quel filo veniva lentamente rosicchiato da un topo che abitava la grotta,

   5 	digiuni, magri, tristi, afflitti erano in quella grotta, desiderosi di aiuto, 
     	egli avvicinati quei miseri, egli stesso misero d'aspetto, diceva loro:

   6 	" chi siete voi, così appesi, attaccati ad un ciuffo d'erba,
     	esile, con le radici divorate da un topo che abita quel buco?

   7 	e di quel ciuffo d'erba una sola radice è rimasta pure
     	e questa pure il topo rosicchia lentamente con gli aguzzi denti,

   8 	e in breve taglierà anche quel sottile filo rimasto,
     	e quindi fra non molto cadrete a testa in giù in questo buco,

   9 	e un dolore mi sorge a vedervi a testa in giù,
     	quale cosa utile per voi che siete caduti in questa dolorosa sventura io posso fare?

  10 	con la quarta parte del mio tapas, o anche con la terza
     	o addirittura con metà io posso salvarvi da questa sventura, ditemi svelti,

  11 	o anche usando l'intero mio tapas salvatevi
     	da ciò tutti voi, e così sia accontentato il vostro desiderio."

  12 	gli avi dissero:
     	" grandemente intento nella castità sei tu che qui ci vuoi liberare,
     	ma nemmeno il migliore dei savi col suo tapas ci può salvare da ciò,

  13 	per cui caro non offrirci il frutto del tuo tapas o migliore dei parlanti,
     	per la fine della nostra discendenza noi cadiamo nell'impuro inferno,

  14 	di noi qui appesi o caro, tu non sembri aver conoscenza,
     	e noi non sappiamo come tu sei conosciuto al mondo,

  15 	tu sei un eminente uomo che noi miseri e addolorati,
     	commiseri, per compassione avvicinandoci, ascolta chi noi siamo o ri-nato,

  16 	noi siamo i ṛṣi di nome yāyāvara, dai fermi voti,
     	dal santo mondo qui caduti per mancanza di discendenza o illustre,

  17 	esaurito il nostro santo tapas, per noi non vi è una corda,
     	ma vi è un solo filo ora, e pure questo non è così sicuro,

  18 	un solo povero parente di noi sfortunati vi è nella nostra famiglia,
     	Jaratkāru di nome, seguace dei veda e dei vedāṅga,
     	spirito controllato, grand'anima, ferreo nei voti, dal grandissimo tapas,

  19 	costui per desiderio di ascesi ci arreca dolore,
     	lui non ha moglie, né figlio né alcun altro parente,

  20 	perciò non siamo appesi nel buco privi di sensi e di protezione,
     	a lui dovresti dire di averci visti bisognosi di protezione,

  21 	'i tuoi avi sono appesi miseri a testa in giù in un buco,
     	o virtuoso prendi moglie, e genera prole o potente,
     	unico discendente della nostra famiglia tu sei rimasto o ricco in tapas.'

  22 	tu ci vedi o brahmano che siamo attaccati ad un ciuffo d'erba,
     	questo è il filo della nostra famiglia, il nostro discendente,

  23 	e le radici che tu vedi qui di quest'erba o brahmano,
     	queste sono la nostra discendenza tra poco divorate,

  24 	e la radice che tu vedi qui o brahmano mangiata per metà
     	da cui tutti noi pendiamo, questa è il solo tapas rimasto,

  25 	il topo che tu vedi o brahmano è il tempo inesorabile,
     	che lentamente indebolendolo, esaurisce quello sciocco devoto al tapas,
     	che è Jaratkāru, confuso dal suo tapas, sciocco e senza testa,

  26 	questo suo tapas non ci salverà o virtuoso,
     	tagliate queste radici, consumate dal tempo, noi privi di sensi 
     	vedrai caduti all'inferno, come fossimo malfattori,

  27 	e una volta caduti qui assieme ai più antichi antenati,
     	consumato dal tempo anche lui qui verrà all'inferno,

  28 	il tapas, o il sacrificio o quant'altro sia un grande purificatore,
     	tutto questo non è pari alla discendenza o caro, questa è l'opinione dei buoni, 

  29 	se tu o caro vedrai ancora l'asceta Jaratkāru,
     	quanto hai visto qui, racconta a lui interamente,

  30 	in modo che prenda moglie egli, e generi dei figli,
     	cosicchè o brahmano con le tue parole egli sia la nostra salvezza."


     
                              XLII

   1 	il sūta disse:
     	udito ciò, Jaratkāru, preso da dolore e sofferenza,
     	diceva ai suoi avi, con voce rotta dalle lacrime per il dolore:

   2 	"io sono Jaratkāru, il colpevole figlio di lor signori,
     	infliggetemi un punizione, a me che sono una mala anima incompiuta."

   3 	gli avi dissero:
     	" o figlio fortuna vuole che tu, per caso hai raggiunto questo luogo,
     	per quale motivo o brahmano tu non hai ancora preso moglie?"

   4 	Jaratkāru disse:
     	" io o antenati, sempre in cuore ho avuto lo scopo
     	di mantenere il mio corpo in castità, e di mantenerlo in futuro,

   5 	ma così avendovi visti, appesi come uccelli,
     	io ho mutato opinione riguardo alla castità, o antenati,

   6 	io esaudirò il desiderio che a voi è caro, io qui non scorgo dubbi,
     	se un giorno io otterrò una fanciulla che il mio stesso nome 

   7 	abbia, e che mi sia data spontaneamente come una bhikṣa,
     	io la accetterò, se io non debba mantenerla,

   8 	così io compirò le nozze, se la ottengo in questo modo,
     	ma altrimenti non lo farò, questa è la verità o antenati."

   9 	il sūta disse:
     	così quel muni avendo parlato agli avi, vagava per la terra,
     	ma non trovava moglie, e anziano egli era o Śaunaka, 

  10 	per quanto ottenendo l'indifferenza per il mondo, spinto dagli avi,
     	raggiunta allora una foresta forte si lamentava molto addolorato:

  11 	" tutti gli esseri che sono qui, mobili e immobili,
     	e quelli che sono invisibili, ascoltino le mie parole,

  12 	mentre sono impegnato in aspro tapas, gli avi mi incitano:
     	' sposati!' pieni di dolore, per fare loro un favore,

  13 	per sposarmi io percorro l'intera terra cercando una fanciulla,
     	povero io sono, e pieno di dolore e comandato dagli avi,

  14 	se vi è qualche figlia qui degli esseri a cui io mi rivolgo,
     	costoro concedano questa fanciulla, a me che ho percorso ogni luogo,

  15 	una fanciulla col mio stesso nome, e che mi sia data per bhikṣa, 
     	e che io non debba mantenere, questa fanciulla mi sia offerta."

  16 	quindi i serpenti che erano nelle vicinanze di Jaratkāru,
     	questo discorso raccogliendo, lo rivelavano a Vāsuki,

  17 	il re dei nāga, questo udito da loro, la fanciulla tutta adornata,
     	presa, il serpente andava nella foresta alla sua presenza,

  18 	e là la fanciulla come bhikṣa concedeva a quel grand'anima,
     	il re dei nāga Vāsuki o brahmano, ma lui non l'accettava,

  19 	non pensandola col suo stesso nome, e non essendo chiaro il mantenimento,
     	e intento alla sua mokṣa, e dubbioso ancora sul matrimonio, 

  20 	allora il nome chiese della fanciulla o discendente di Bhṛgu,
     	e a Vāsuki diceva: " io non la manterrò."


     
                              XLIII

   1 	il sūta disse:
     	Vāsuki allora diceva queste parole al ṛṣi Jaratkāru:
     	" il tuo stesso nome ha questa fanciulla, mia sorella dedita al tapas,

   2 	io manterrò tua moglie, accettala o migliore dei ri-nati,
     	e la proteggerò con tutte le mie forze, o ricco in tapas."

   3 	promesso che fu dal nāga: " io manterrò la sorella."
     	Jaratkāru allora, si recava alla residenza del serpente,

   4 	là il migliore dei sapienti dei mantra, dai grandi voti, dall'ampio tapas,
     	quell'anima pia, accettava la mano della fanciulla avendo compiuto tutti i riti,

   5 	allora nella bellissima e famosa residenza del re dei serpenti,
     	si recava, avendo preso moglie, applaudito dai grandi ṛṣi,

   6 	là approntato era il talamo coperto da preziosi tappeti,
     	e là assieme alla moglie Jaratkāru risiedeva,

   7 	là dunque il virtuoso un accordo faceva con la moglie:
     	" mai tu devi fare o dire qualcosa che mi spiaccia,

   8 	io lascerei te e l'abitazione, se tu compissi in casa, qualcosa di spiacevole,
     	tieni in mente queste parole, da me pronunciate."

   9 	allora la sorella del re dei nāga supremamente agitata,
     	e piena di apprensione, a lui diceva: "così sia."

  10 	e quindi ella si avvicinava all'irritabile marito
     	com mezzi inusuali, quella splendida desiderosa di piacergli,

  11 	giunto dunque un giorno il suo estro, la sorella di Vāsuki, purificatasi
     	si univa secondo le regole al marito grande muni,

  12 	e là da lei nasceva un bimbo simile al fuoco,
     	dedito ad un grande tapas, splendido come Agni vaiśvānara,
     	ed egli cresceva come la luna nella quindicina chiara,

  13 	quindi dopo qualche giorno, il grande asceta Jaratkāru,
     	posta la testa sul di lei grembo, stanco si addormentava,

  14 	ed essendo il brahmano addormentato, il sole si apprestava a tramontare,
     	essendo la fine del giorno o brahmano, pensava tra sé allora la
     	saggia sorella di Vāsuki, temendo che il dharma fosse violato:

  15 	" che cosa sarà meglio fare, svegliare il marito o non svegliarlo?
     	irascibile è quell'anima pia, come posso fare per non offenderlo?

  16 	o l'irritazione di quel giusto, o ancora la violazione del dharma?
     	certo la violazione del dharma è più importante così io penso,

  17 	se lo sveglierò egli sicuramente si arrabbierà,
     	ma una violazione del dharma sarebbe certo per lui trascurare il tramonto."

  18 	così decidendo nella mente la serpentessa Jaratkāru,
     	a quel ṛṣi addormetato, dall'acceso tapas, simile al fuoco, 
     	diceva con gentili parole, dolcemente parlando:

  19 	" svegliati o illustre, il sole si avvicina la tramonto,
     	apprestati al saṃdhyā o venerabile, toccando l'acqua o fermo nei voti,

  20 	fai scaturire ora il sacro fuoco bello e terribile,
     	è giunto il tempo del saṃdhyā qui nella terra occidentale o potente."

  21 	così apostrofato il venerabile Jaratkāru, grande asceta,
     	la moglie respingendo, alzandosi, queste parole a lei diceva:

  22 	" un'offesa è questa che tu mi hai fatto o serpentessa,
     	accanto a te più non vivrò, e me ne andrò donde sono venuto,

  23 	non è in potere del sole o belle-coscie, mentre io dormo,
     	di tramontare secondo il suo solito, così io credo in cuore,

  24 	nessuno vorrebbe vivere con chi lo offende,
     	come dunque lo può uno come me che pratica il dharma?"

  25 	così dal marito apostrofata Jaratkāru, tremando in cuore, 
     	diceva la sorella di Vāsuki, la nella sua dimora:

  26 	" non certo per offenderti io ti ho svegliato,
     	io ho agito perchè tu non violassi i sacri doveri."

  27 	disse allora così apostrofato, alla moglie Jaratkāru il grande asceta, 
     	quel ṛṣi soverchiato dall'ira, che ormai voleva lasciare la serpentessa:

  28 	" non saranno dette vane le mie parole, io partirò o serpentessa,
     	un reciproco accordo un tempo io feci con te,

  29 	felicemente io qui sono vissuto o cara, tu dirai a tuo fratello o splendida,
     	quando io sarò partito o timida: ' il venerabile se ne andato.'
     	e tu pure per la mia partenza non ti devi addolorare."

  30 	così apostrofata, lei dalle membra perfette, diceva al marito
     	Jaratkāru, con la mente piena di dolore lei, Jaratkāru,

  31 	con voce rotta dalle lacrime, asciugandosi il viso,
     	a mani giunte lei, dalle belle-natiche, cogl'occhi pieni di lacrime,
     	prendendo coraggio la bella-di-coscie, che tremava in cuore:

  32 	" non mi devi abbandonare senza colpa, o sapiente del dharma, 
     	tu che sei fermo nel dharma, io sempre fui ferma nel dharma dedita a farti piacere, 

  33 	per il matrimonio è la ragione che tu fosti con me, o migliore dei ri-nati,
     	che dirà Vāsuki a me misera, che più questo non ho?

  34 	i miei parenti furono maledetti dalla madre o virtuoso,
     	un figlio da te io desidero, e ancora non si vede,

  35 	benefica per i miei parenti sarebbe che io ottenessi un figlio da te,
     	non sia vana o ri-nato questa mia unione con te,

  36 	desiderando il bene dei miei parenti o venerabile io ti imploro,
     	vedendo che un figlio non ancora appare nel mio grembo o virtuoso,
     	perchè mi abbandoni senza colpa, tu che sei un grand'anima, e vuoi partire?"

  37 	così apostrofato il muni, diceva alla moglie:
     	" se una cosa detta ha realizzato Jaratkāru, ricco in tapas,

  38 	questo è tuo figlio, o bellissima, sarà splendido come Agni vaiśvānara."
     	quel ṛṣi, dall'anima supremamente pia, adepto dei veda e dei vedāṅga,

  39 	il pio Jaratkāru, quel grande ṛṣi così avendo parlato,
     	di nuovo partiva deciso a praticare un terribile tapas.	


     
                              XLIV

   1 	il sūta disse:
     	Jaratkāru, la partenza del marito annunciava
     	al fratello, rapidamente corsa da lui, secondo verità o ricco in tapas,

   2 	allora quel sovrano dei serpenti, udito di quel grande male,
     	diceva all'afflitta sorella, lui stesso tristissimo:

   3 	" tu sai o bella, quale fu il motivo e il compito del matrimonio,
     	che tu avessi un figlio per la salvezza dei serpenti,

   4 	quel valoroso, ci libererà dal sacrificio dei serpenti,
     	così un tempo il Grande-avo assieme ai celesti mi disse;

   5 	dunque vi è nel tuo grembo un figlio da parte di quell'eccellente muni?
     	non voglio che sia senza frutto il matrimonio di quel saggio,

   6 	non è corretto che io ti chieda di esaudire un tale desiderio,
     	ma per la grande importanza del compito io ti ho incitato,

   7 	conoscendo l'irascibilità di tuo marito che ha un grandissimo tapas,
     	io non lo rincorrerò, che lui mi potrebbe maledire,

   8 	dimmi o bella, tutto quanto ha fatto tuo marito,
     	questa tremenda spina che mi trafigge il cuore o bella toglimi."

   9 	Jaratkāru, allora così apostrofata queste parole rispondeva
     	consolando il preoccupato Vāsuki, quel migliore dei serpenti: 

  10 	" da me richiesto riguardo alla progenie, il grande asceta grand'anima:
     	'lui c'è.' disse guardando il mio ventre, e poi partiva,

  11 	anche nelle piccole cose io da lui non ricordo che mai qualcosa di non vero,
     	abbia prima detto o re, o allora per il futuro lui disse:

  12 	' non dolerti tu hai compiuto quanto dovevi fare o serpentessa,
     	nascerà da te un figlio splendido come il fuoco e il sole.'

  13 	così avendo parlatomi o fratello, mio marito è partito per la foresta,
     	perciò allontana il supremo dolore che tu hai fisso nel cuore."

  14 	ciò udito Vāsuki, il re dei nāga supremamente lieto:
     	"così sia." dicendo quelle parole della sorella accoglieva,

  15 	e con doni per consolarla e con appropriata venerazione,
     	la sorella uterina onorava il migliore dei serpenti,

  16 	quindi cresceva in grembo il bimbo splendido, luminoso come il sole,
     	come la luna o migliore dei ri-nati, durante la fase crescente,

  17 	e a tempo debito, o brahmano, la sorella del serpente partoriva
     	un bambino simile ai bimbi divini, da liberar dal timore padre e madre,

  18 	egli quindi cresceva là nella dimora del re dei nāga,
     	e i veda studiava e i vedaṅga dal bhṛguide figlio di Cyavana,

  19 	osservante dei voti, il fanciullo era dotato di intelligenza e del guṇa sattva,
     	e di nome egli in tutti i mondi fu chiamato Āstīka,

  20 	dal momento che il padre dicendo "c'è." (asti) il figlio in grembo, partiva
     	per la foresta, perciò Āstīka fu chiamato di nome,

  21 	il fanciullo là stando, mostrava di aver grande intelligenza,
     	nella casa del re dei serpenti, con ogni sforso era allevato,

  22 	come fosse il beato signore degli dèi, dal tridente che oro dona,
     	mentre cresceva rendeva felici tutti i serpenti.


     
                              XLV

   1 	Śaunaka disse:
     	" quello che chiese allora il re Janamejaya ai suoi ministri
     	riguardo alla morte del padre, questo dimmi in dettaglio."

   2 	il sūta disse:
     	ascolta o brahmano, come, richiesti dal sovrano i ministri allora
     	tutti raccontarono della morte di Parikṣit.

   3 	Janamejaya disse:
     	" voi  conoscete in quali ciscostanze il padre mio 
     	era, quando nella morte incorse allora il glorioso,

   4 	avendo udito dalla vostra testimonianza l'intera vicenda di mio padre,
     	seguirò la via della virtù, e giammai il contrario."

   5 	il sūta disse:
     	i ministri allora richiesti dal grand'anima, dissero queste parole
     	a Janamejaya, quei saggi esperti in tutti i dharma:

   6 	" un grand'anima, pio protettore delle creature tuo padre
     	era, quale fu la condotta del grand'anima ascolta, 

   7 	fermo nel proprio dharma egli proteggeva i quattro varṇa,
     	con giustizia quel re sapiente del dharma, come Dharma incarnato,

   8 	proteggeva la dea terra, il glorioso con impareggiabile coraggio,
     	nemici lui non aveva, né egli alcuno odiava,
     	uguale verso tutti gli esseri, era come Prajāpati,

   9 	brahmani, kṣatriya, vaiśya e śūdra, nel proprio agire
     	intenti, erano soddisfatti o re, e da quel re ben guardati,

  10 	egli sostentava le vedove, i miseri, i poveri e gli infermi,
     	facile a vedersi per tutti i viventi era come la luna in alto,

  11 	con la sua gente ricca e soddisfatta, era prospero e di fermo coraggio,
     	il sovrano, e discepolo di Kṛpa figlio di Śaradvat, nell'arte dell'arco,

  12 	e caro al Govinda era il padre tuo o Janamejaya,
     	e caro era a tutto il mondo quel glorioso,

  13 	dopo che furono morti i kuru; nacque dal grembo di Uttarā
     	perciò Parikṣit fu chiamato quel forte, nato dal figlio di Subhadrā,

  14 	abile nel governo del dharma e dell'artha, e dotato di tutte le qualità, il re
     	domati i sensi, era padrone di sé, istruito, e rispettoso dei vecchi,

  15 	sapiente delle sei passioni, intelligente, esperto della migliore giusta condotta,
     	tuo padre fino ai sessant'anni ha protetto le sue genti,
     	quindi trovò la sua fine colpito dal serpente,

  16 	allora tu o migliore degli uomini, secondo il dharma sei subentrato,
     	in questo regno appartenuto ai kuru da migliaia di anni,
     	e pur giovane, per nascita sei il protettore di tutti gli esseri."

  17 	Janamejaya disse:
     	" mai in questa famiglia è nato un re che non fosse intento al bene delle genti,
     	specialmente guardando all'agire degli antenati, seguaci della buona condotta,

  18 	in che modo trovò tale morte il padre mio?
     	questo ditemi rettamente, io voglio udire la verità."

  19 	il sūta disse:
     	così invitati dal re, i ministri tutti al sovrano
     	dissero quanto era accaduto, felici di fare un piacere al re:

  20 	" sempre intento alla caccia era o re, il padre tuo,
     	come Pāṇḍu l'illustre, il migliore degli arcieri in battaglia,
     	a noi lasciando interamente tutti gli affari reali,

  21 	un giorno egli vagando per la selva colpiva una preda con una freccia,
     	e avendola colpita inseguiva, rapido l'animale nella folta selva,

  22 	a piedi, con la spada allacciata, e portando una faretra,
     	ma non la trovava il padre tuo, che era nascosta nel folto la gazzella,

  23 	appesantito dalla stanchezza, anziano di sessant'anni, 
     	affamato, nella grande foresta vicino vedeva un muni,

  24 	il re dei re interrogava il muni, che era intento nel voto del silenzio,
     	ma nulla quel muni rispondeva pur essendone richiesto,

  25 	allora il re stanco e affamato davanti a quel muni fermo, 
     	tranquillo nel voto del silenzio, subitaneamente cadde in preda all'ira,

  26 	il re non riusciva a svegliare quel muni nel voto del silenzio,  
     	e tuo padre sopraffato dall'ira lo offendeva,

  27 	e sollevata da terra una serpe morta coll'estremità dell'arco, 
     	la metteva sulle spalle di quell'anima perfetta o migliore dei bhārata,

  28 	e né allora quel saggio disse nulla sia di male che di bene,
     	ma rimase fermo senza ira portando il serpente sulla spalla."


     
                              XLVI

   1 	i ministri dissero:
     	" quindi il re, o re dei re, il serpente sulle spalle di quel
     	muni lasciando, stanco per la fame raggiungeva la sua città,

   2 	il figlio di quel ṛṣi era nato da una vacca quel glorioso, 
     	Śṛṅgin di nome era quello splendido, violento e passionale,

   3 	quel muni avendo avvicinato un brahmano, e avendolo onorato.
     	e avuto l'ordine di andare Śṛṅgin allora gli obbediva,
     	e dalla bocca di un amico l'offesa a suo padre da parte di tuo padre,

   4 	avendo tuo padre attaccato un serpente morto o Janamejaya,
     	a lui che innocuo lo portava sulla schiena o tigre fra i kuru,

   5 	immerso in grande ascesi, o sovrano, quel migliore dei muni,
     	che vinti i sensi, il virtuoso, stava fermo in quella straordinaria azione,

   6 	quell'anima splendente, intento con tutte le membra nel suo tapas,
     	in bella condotta e discorsi, risoluto, e libero da brame,

   7 	nobile, privo di rancore, anziano e fermo nel voto del silenzio,
     	rifugio di tutti gli esseri, da tuo padre fu offeso,

   8 	e pieno di furia, udito che ebbe di tuo padre, lo malediva,
     	il figlio del ṛṣi, potente, e pur giovane eccellente tra i valorosi,

   9 	egli rapido sprussatasi dell'acqua per l'ira diceva
     	rivolto a tuo padre, quasi bruciando di energia: 

  10 	'colui che una serpe morta ha gettato sul mio innocente guru,
     	sarà ucciso dal potere del crudele nāga Takṣaka,
     	in sette giorni da ora quel malvagio, guarda la forza del mio tapas.'

  11 	così avendo parlato partiva allora verso dove si trovava il padre,
     	e veduto il padre, gli faceva sapere della maledizione,

  12 	e pure quella tigre fra i muni, un messaggio mandava al padre tuo:
     	'maledetto fosti da mio figlio, tienti pronto o sovrano,
     	Takṣaka ti ucciderà col suo veleno o grande re.'

  13 	udite queste crudeli parole, tuo padre o Janamejaya, 
     	si preparava a difendersi dal grande serpente Takṣaka,

  14 	quindi sopraggiunto quel settimo giorno,
     	il brahmarṣi Kāśyapa voleva venire dal re,

  15 	ma il re dei nāga Takṣaka scorgeva allora Kāśyapa, 
     	e diceva a Kāśyapa il re dei serpenti velocemente avvicinandosi:
     	'dove vai così di fretta? e cosa intendi fare?'

  16 	Kāśyapa disse:
     	'là dove sta il re, il primo dei kuru di nome Parikṣit, o ri-nato.
     	egli là sarà bruciato dal serpente Takṣaka,

  17 	io dunque proprio ora, vado rapidamente a compierne la guarigione.
     	da me raggiunto quel serpente non lo vincerà.'

  18 	Takṣaka disse:
     	'per quele motivo tu vuoi farlo rivivere dopo che io l'ho morso?
     	dimmi cosa desideri che io ti dia ora perchè tu te ne torni a casa.'"

  19 	i ministri dissero:
     	" da lui gli fu detto: 'per aver ricchezze io là sto andando.'
     	e a quel grand'anima diceva allora onorandolo con dolci parole:

  20 	'quanta ricchezza tu cerchi dal re, altrettanta e di più
     	accettane da me, e dunque torna indietro o senza macchia.'

  21 	Kāśyapa il migliore dei bipedi, così apostrofato dal nāga,
     	ottenuta da Takṣaka la ricchezza voluta, tornava indietro, 

  22 	e partito quel savio, travestito Takṣaka avvicinatosi
     	al sovrano, al virtuoso padre tuo o migliore dei monarchi, 

  23 	lo bruciava col fuoco del suo veleno mentre si proteggeva sotto il suo tetto,
     	quindi tu o tigre fra gli uomini fosti consacrato al trono,

  24 	questo è quanto abbiamo visto e udito o migliore dei sovrani
     	e interamente ti abbiamo narrato la crudele vicenda,

  25 	e udito che hai o migliore dei re, del trapasso del sovrano,
     	e del ṛṣi Uttaṅka disponi tu quanto debba seguire."

  26 	Janamejaya disse:
     	" questo io voglio sapere, in quella solitaria foresta
     	quale fu il colloquio tra il re dei serpenti e Kāśyapa

  27 	e da chi fu visto o udito e giunto a vostra conoscenza,
     	e udito ciò io mi disporrò all'idea di far morire quel serpente."

  28 	i ministri dissero:
     	"ascolta o re, in che modo e da chi a noi fu un giorno raccontato,
     	il colloquio sulla via tra il brahmano e il re dei serpenti, 

  29 	su quell'albero vi era un uomo intento a far legna o principe,
     	tagliando prima i rami secchi era salito sull'albero,
     	senza che di lui là arrampicato se ne accorgessero il serpente e il ri-nato,

  30 	e pure lui con quell'albero fu ridotto in cenere allora,
     	e per il potere del ri-nato o re dei re, egli tornò in vita assieme all'albero,

  31 	e da costui, tornato in città, noi fummo informati,
     	di tutto quanto accadde tra Takṣaka e il ri-nato.

  32 	a te o re noi abbiamo raccontato. come accadde e come fu udito,
     	e avendolo udito o re tigre tra i sovrani disponi come credi."

  33 	il sūta disse:
     	udite le parole dei ministri, il re Janamejaya,
     	si tormentava pieno di dolore, si sfregava le mani,

  34 	forte sospirando a lungo e molte volte, con i suoi occhi di loto,
     	lacrime piangeva il sovrano, da quegl'occhi allora continuamente,
     	e diceva quel protettore della terra, oppresso dal dolore e dalla sofferenza:

  35 	" udite che ho, le vostre parole sulla dipartita di mio padre,
     	sentite ora la decisione che io ho preso,

  36 	io penso che immediatamente a quel malvagio Takṣaka
     	si debba restituire il colpo con cui mio padre fu colpito,

  37 	compiuta la maledizione del ṛṣi Śṛṅgin e bruciato il sovrano,
     	se quel malo se ne fosse andato, il padre mio ancora vivrebbe,

  38 	cosa sarebbe cambiato per lui se il principe fosse sopravissuto,
     	per ordine di Kāśyapa e con il ben agire dei ministri?

  39 	egli per follia faceva tornare indietro Kāśyapa, quel migliore dei ri-nati,
     	soppraggiunto per desiderio di far rivivere il re,

  40 	una grande trasgressione fu questa del malvagio Takṣaka,
     	che diede delle ricchezze al ri-nato, perchè il sovrano non vivesse,

  41 	compiendo dunque il desiderio di Uttaṅka, e un grande piacere a me stesso,
     	e a tutti voi, io mi appresterò a vedicare il padre."




                              XLVII

   1 	il sūta disse:
     	così avendo parlato quel glorioso, applaudito dai ministri,
     	faceva la promessa del sacrificio dei serpenti, il principe,
     	o brahmano, il re figlio di Parikṣit, quella tigre fra gli uomini,

   2 	e chiamato il purohita, il sacrificante, quel protettore della terra,
     	diceva in chiari ordini, queste parole per compiere il suo intento:

   3 	" Takṣaka quel malvagio che uccise mio padre,
     	io vorrei ripagare di quanto ha fatto, ditemi voi dunque

   4 	quale azione voi conoscete, con la quale il serpente,
     	Takṣaka io nel fuoco acceso possa avere assieme ai suoi simili,

   5 	come allora mio padre da lui fu bruciato nel fuoco del suo veleno,
     	così ora io voglio bruciare quel malvagio serpente."

   6 	i sacerdoti dissero:
     	" vi è o re, un grande rito adatto al tuo scopo, stabilito dagli dèi,
     	il sacrificio dei serpenti è chiamato così nei purāṇa o sovrano,

   7 	tu sei il sacrificante di questo rito e nessun altro o sovrano di uomini,
     	così dicono le antiche storie, questo per noi è quel rito."

   8 	il sūta disse:
     	così apostrofato quel re e ṛṣi, pensava al serpente Takṣaka,
     	entrato nella bocca del fuoco divora-offerte, o virtuoso,

   9 	quindi quel re dai giusti consigli, diceva a quei brahmani:
     	" io celebrerò questo sacrificio, siano per me preparate le cose necessarie."

  10 	allora i sacerdoti, per suo ordine o migliore dei ri-nati,
     	fecero misurare il luogo da usare per il sacrificio,
     	secondo le regole, quei sapienti, tutti dotati di supremo intelletto,

  11 	e dotata la cerimonia di abbondanti mezzi e di schiere di brahmani,
     	e ben fornito dai sacerdoti di grande e ricca abbondanza di grano,

  12 	e fabbricata secondo le regole la desiderata piattaforma rituale,
     	il re fecero allora purificare per il sacrificio dei serpenti,

  13 	e prima che là avvenisse il rito dei serpenti venne
     	alla luce allora un grande motivo di impedimento al sacrificio,

  14 	mentre veniva costruita la piattaforma rituale, delle parole diceva
     	l'artefice pieno di senno, sapiente nell'arte del costruire,

  15 	così parlò allora quell'artefice versato nei sūtra, e nei purāna:
     	" la misurazione essendo stata fatta in questo luogo e momento,
     	questo rito non sarà completato a causa di un brahmano."

  16 	questo avendo udito il re, prima di essere consacrato diceva
     	al custode: " che nessuno che non sia conosciuto qui entri."

  17 	quindi iniziava a compiersi il rito dei serpenti secondo le regole,
     	e i celebranti entrarono in azione ciascuno secondo il proprio compito,

  18 	cogli abiti neri, gli occhi arrossati dal fumo,
     	sacrificavano con mantra nell'acceso fuoco che-tutto-possiede,

  19 	e tremavano le menti di tutti gli uraga,
     	mentre sacrificavano tutti i serpenti alla bocca del fuoco,

  20 	allora i serpenti si precipitavan nel fuoco acceso, veicolo dell'offerta,
     	serpeggiando per la pena, e chiamandosi l'un l'altro,

  21 	e altri entravano tremando, e sibilando, 
     	di coda e di testa precipitavano violentemente nel variegato fuoco, 

  22 	bianchi e neri e blu, anziani e pure giovani,
     	urlando terribili grida cadevano nel luminoso fuoco acceso,

  23 	così a centinaia di migliaia, a milioni a decine di milioni,
     	i serpenti loro malgrado, furono distrutti o migliore dei ri-nati,

  24 	alcuni grandi come topi, altri come proboscidi di elefanti,
     	e come elefanti furiosi, giganteschi e fortissimi,

  25 	e molti grandi e piccoli e di vari colori erano pieni di veleno,
     	e terribili simili a sbarre di ferro, maligni, e fortissimi,
     	quegli uraga si preciparono nel fuoco, spinti dalla punizione della madre.



     
                              XLVIII

   1 	Śaunaka disse:
     	" in quel sacrificio dei serpenti del saggio discendente dei pāṇḍava, del re
     	Janamejaya, chi erano quei supremi ṛṣi che lo celebravano?

   2 	e chi erano i partecipanti a quel crudelissimo sacrificio dei serpenti,
     	che ispira pietà per il grande terrore di quei serpenti?

   3 	per esteso o caro, mi devi raccontare, tutta questa
     	conoscenza che tu hai hai appreso o figlio di sūta." 

   4 	il sūta disse:
     	dunque io ti elencherò i nomi di quei saggi,
     	che furono i celebranti, e i partecipanti al rito del sovrano,

   5 	l'hotṛ era là dunque il brahmano Caṇḍabhārgava,
     	nato nella discendenza di Cyavana, noto come il migliore dei sapienti dei veda,

   6 	l'udgātṛ era l'anziano brahmano, il saggio e nobile Jaimini, discendente di Kutsa,
     	il brahman era Śārṅgarava, e l'adhvaryu Bodhapiṅgala,

   7 	e partecipante era Vyāsa accompagnato da figli e discepoli,
     	Uddālaka, Śamaṭhaka, e Śvetaketu e Pañcama,

   8 	Asita Devala, Nārada e Parvata,
     	Ātreya, Kuṇḍajaṭhara, e il brahmano Kuṭighaṭa,

   9 	Vātsya, e l'anziano Śrutaśravas sempre intento agli studi e al tapas,
     	Kahoḍa, e Devaśarmas, Maudgalya, Śamasaubhara,

  10 	questi e molti altri brahmani dai fermi voti,
     	erano presenti là nel sacrificio del figlio di Parikṣit,

  11 	mentre allora i sacerdoti celebravano nel grande rito dei serpenti,
     	i serpenti si gettavano orrendi, spaventevoli per i viventi,

  12 	e fiumi di grasso liquefatto che usciva dai serpenti scorrevano,
     	e si spandeva un tumultuoso odore dai corpi incessantemente bruciati,

  13 	e di quei nāga obbligati a cadere dal cielo,
     	e incessantemente cotti dal fuoco, si udiva il rumore,

  14 	Takṣaka però, il re dei nāga, al palazzo del Distruggi-fortezze
     	recatosi, avendo udito che il re Janamejaya si era consacrato,

  15 	allora tutto come accaduto raccontava quel migliore dei serpenti,
     	e impaurito cercava rifugio, per il male fatto, dal Distruggi-città,

  16 	e a lui diceva allora Indra, benevolemente: " per te qui o Takṣaka, 
     	non vi è alcun pericolo da quel sacrificio dei serpenti,

  17 	a me questo ha assicurato un tempo per la tua salvezza,
     	perciò non vi è pericolo per te, allontana dalla cuore l'angoscia."

  18 	allora da lui rassicurato il grande serpente,
     	risiedeva là nella dimora di Śakra felice e contento,

  19 	continuamente cadendo nel fuoco i nāga molto addolorato
     	Vāsuki, si doleva per il poco seguito rimastogli, 

  20 	e una tremenda disperazione colpiva Vāsuki il signore dei serpenti,
     	egli allora col cuore e la mente in tumulto diceva alla sorella:

  21 	" bruciano le mie membra o bella, e nulla appare all'orizzonte,
     	io mi dibatto nell'angoscia e si agita la mia mente,

  22 	la mia vista viene meno, e mi si spezza il cuore,
     	cadrò io oggi mio malgado, in quel luminoso fuoco acceso,

  23 	il sacrificio del figlio di Parikṣit si sta compiendo per la nostra distruzione,
     	e pure per me è chiaro che dovrò andare alla dimora degli antenati,

  24 	ormai è giunto il momento che tu compia per me lo scopo, o sorella,
     	per cui un tempo fosti data a Jaratkāru, salva dunque noi tuoi parenti,

  25 	Āstīka o migliore delle serpi, quel sacrificio che si sta compiendo,
     	dovra interrompere, come un tempo mi disse il Grande-avo in persona,

  26 	a quel figlio parla o figlia mia, a quel tuo fanciullo pari ad un anziano,
     	per sapienza dei veda, per la mia salvezza e per quella dei miei sudditi."



     
                              XLIX

   1 	il sūta disse:
     	allora la serpentessa Jaratkāru, chiamato il proprio figlio,
     	per ordine di Vāsuki, il re dei nāga questo disse:

   2 	" io o figlio, fui data da mio fratello a tuo padre per uno scopo,
     	ora il tempo è giunto, questo porta a compimento nel giusto modo."

   3 	Āstīka disse:
     	" per quale scopo tu o madre, fosti data dallo zio a mio padre?
     	rivelalo a me in verità, e saputolo io così agirò."

   4 	il sūta disse:
     	allora a lui diceva lei per il bene dei parenti,
     	la sorella del re dei nāga Jaratkāru senza agitazione:

   5 	" si sa che Kadrū è la madre di tutti i serpenti,
     	lei presa dall'ira li malediva ascolta il che modo:

   6 	' poiché non volete truccare il re dei cavalli Ucchaiḥśravas per me,
     	nella scommessa che io fatto con Vinatā per divenir schiava, o figli,

   7 	voi nel sacrificio di Janamejaya sarete bruciati dal fuoco, amico del vento,
     	e là ridotti nei cinque elementi andrete al mondo dei morti.'

   8 	e il Grande-avo del mondo in persona alla maledizione di lei:
     	'così sia!' diceva e approvava le sue parole.

   9 	Vāsuki però, udite allora le parole del Grande-avo,
     	nel frullamento dell'amṛta essendo andato in aiuto agli dèi,

  10 	e avendo avuto successo gli dèi e tutti ottenendo l'incomparabile amr̥ta,
     	posto davanti mio fratello si sono recati da Prajāpati,

  11 	e tutti gli dèi si propiziavano il Grande-avo,
     	assieme al re Vāsuki: 'che la maledizione non si effettui.'

  12 	e Vāsuki il re dei nāga addolorato per i parenti:
     	'che la meledizione della madre o beato non si realizzi.'

  13 	Brahmā disse:
     	' Jaratkāru otterrà in moglie Jaratkāru,
     	e il brahmano nato là, libererà i serpenti dalla maledizione.' "

  14 	Jaratkāru disse:
     	" udite queste parole, Vāsuki il signore dei serpenti,
     	me diede o simile ad un immortale, a tuo padre grand'anima,
     	e dopo un po' di tempo tu nascevi da me,

  15 	il tempo ora è giunto che tu debba salvarci dal pericolo,
     	e tu devi salvare da questo fuoco anche mio fratello,

  16 	che non sia invano ciò che abbiamo fatto, che io al saggio
     	tuo padre, sia stata data per liberarci dal pericolo; o tu pensi altrimenti?"

  17 	il sūta disse:
     	così apostrofato, Āstīka di sì avendo detto alla madre, allora
     	diceva a Vāsuki oppresso dal dolore, quasi facendolo rivivere:

  18 	" io ti libererò o Vāsuki o migliore dei serpenti,
     	da questa maledizione, o nobilissimo, ti dico la verità,

  19 	stai tranquillo o nāga, per te non vi è pericolo,
     	io mi impegnerò o eccellente, perchè il meglio avvenga,
     	mai, neppure in piccolezze io dissi una parola non vera come dunque nelle altre?

  20 	raggiunto quel grande sovrano, il consacrato Janamejaya,
     	con appropriate parole io soddisferò oggi o zio,
     	in modo che il sacrificio del sovrano si arresterà o virtuoso,

  21 	tutto questo o re dei nāga ritieni possibile per me o grande saggio,
     	tu non devi aver mai dubbi in mente per me."

  22 	Vāsuki disse:
     	" O Āstīka, io tremo, il mio cuore va in pezzi,
     	e non trovo orientamento, oppresso dal bastone di Brahmā."

  23 	Āstīka disse:
     	" non devi dolerti in alcun modo o migliore dei serpenti,
     	la paura che tu hai del fuoco acceso io dissolverò,

  24 	questa punizione di Brahmā pari al fuoco finale,
     	io dissiperò, non aver qui alcuna paura."

  25 	il sūta disse:
     	allora rimossa la terribile angoscia dal cuore di Vāsuki, 
     	postosi sulle sue gambe partiva con grande fretta,

  26 	verso quel sacrificio di Janamejaya dotato di ogni cosa,
     	Āstīka, il migliore dei rinati, per la salvezza dei serpenti,

  27 	là giunto Āstīka vedeva quel supremo luogo sacrificale,
     	circondato da molti spettatori, illuminati dal sole e da quel fuoco,

  28 	là entrando quel grande brahmano, fu fermato dai custodi della porta,
     	e quel migliore dei rinati allora pregava per potere accedere al sacrificio.


     
                              L


   1 	Āstīka disse:
     	“come il sacrificio di Soma, e quello di Varuṇa, come fu il sacrificio di Prajāpati a prayāga,
       	tale è il tuo sacrificio o primo fra i bhārata, o figlio di Parikṣit, fortuna a noi che ti siamo cari,

   2 	cento sono detti i sacrifici di Śakra, ma questo è superiore a quei cento,
        tale è il tuo sacrificio o primo fra i bhārata, o figlio di Parikṣit, fortuna a noi che ti siamo cari,

   3 	come il sacrificio di Yama, e quello di Harimedhas, e il sacrificio del re Rantideva,
        tale è il tuo sacrificio o primo fra i bhārata, o figlio di Parikṣit, fortuna a noi che ti siamo cari,

   4 	come il sacrificio di Gaya, e del re Śaśabindu, e anche il sacrificio del re Vaiśravaṇa,
        tale è il tuo sacrificio o primo fra i bhārata, o figlio di Parikṣit, fortuna a noi che ti siamo cari,

   5 	come fu il sacrificio di Nṛga e di Ajamīḍha, come il sacrificio del re figlio di Daśaratha,
        tale è il tuo sacrificio o primo fra i bhārata, o figlio di Parikṣit, fortuna a noi che ti siamo cari,

   6    in cielo noi sappiamo il sacrificio del figlio divino, del re Yudhiṣṭhira, discendente di Ajamīḍha.
        tale è il tuo sacrificio o primo fra i bhārata, o figlio di Parikṣit, fortuna a noi che ti siamo cari,

   7 	come il sacrificio di Kṛṣṇa il figlio di Satyavatī, che lui in persona celebrava,
        tale è il tuo sacrificio o primo fra i bhārata, o figlio di Parikṣit, fortuna a noi che ti siamo cari,

   8 	quelli che siedono splendidi come sole e fuoco, come fossero al rito dell'uccisore di Vṛtra,
     	nulla in loro si trova da conoscere, o da dare o da distruggere in loro,

   9 	un celebrante simile al dvaipāyana non v'è nei mondi, io sono certo,
     	i suoi discepoli la terra percorrono esperti celebranti in tutti i loro riti,

  10 	il fuoco variegato scrigno di luce, grand'anima dal seme d'oro, l'onnivoro dalla nera traccia,
     	acceso colle fiamme verso destra, il dio che divora l'offerta brama il tuo burro,

  11 	quaggiù nel mondo dei vivi non si trova un altro pari al sovrano protettore dei viventi,
     	dalla tua fermezza io sempre fui deliziato, tu sei il re il dharmarāja o Yama stesso,

  12 	come Śakra in persona, folgore in pugno, sei il protettore di questo mondo e dei viventi,
     	io penso che come te o Indra degli uomini, non vi sia al mondo altro sacrificatore,

  13 	pari sei a Khaṭvāṅga a Nābhāga a Dilīpa, splendido come Yayāti e Māndhātṛ,
     	luminoso come la luce del sole, tu splendi fermo nei voti come Bhīṣma,

  14 	per modestia e intelligenza tu sei pari a Vālmīki, e a Vasiṣṭha per controllo e passione, 
     	la tua sovranità e pari a quella di Indra, io penso, e come in Nārāyaṇa splende la tua luce,

  15 	come Yama per sapienza e fermezza nel dharma, come Kṛṣṇa sei dotato di ogni qualità,
     	e come sei dimora di ricchezze e fortuna così tu sei al presente scrigno di riti,

  16 	pari a Dambhodbhava sei per forza, e come Rāma per sapienza dei śastra e delle armi,
     	per potenza sei pari ad Aurva e Trita, e terribile a vedersi come Bhagīratha."

  17 	il sūta disse:
     	così tutti avendo elogiato, ingraziandosi il re, i partecipanti i sacerdoti e il fuoco, 
     	di tutti questi vedendo le intenzioni proclamava allora il re Janamejaya:


     
                              LI

   1 	Janamejaya disse:
     	“ questo giovane, parla come un anziano, io credo che non sia un giovane ma un anziano,
     	io voglio concedergli una grazia, o savi acconsentite tutti insieme a ciò.”

   2 	gli astanti dissero:
     	“il giovane è un savio che merita onore dai re, che sia ignorante o rettamente sapiente,
     	egli merita da te ogni desiderio, non appena a noi sia giunto rapido Takṣaka.”

   3 	il sūta disse:
     	stabilito dunque di concedergli un desiderio il re diceva al ri-nato: “scegli una grazia”.
     	l'hotṛ diceva non troppo contento: “in questa cerimonia Takṣaka non ancora è giunto.”

   4 	Janamejaya disse:
     	“ affinchè la mia azione si compia, e affinchè a noi giunga velocemente Takṣaka,
     	voi tutti adoperatevi, con tutto il vostro potere, egli è il mio supremo nemico.”

   5 	i sacerdoti dissero:
     	“come ci dicono le scritture e come ci mostra il fuoco,
     	Takṣaka terrorizzato si trova nella dimora di Indra.”

   6 	il sūta disse:
     	come prima aveva saputo, l'esperto nei puraṇa l'artefice Lohitākṣa grand'anima,
     	ora richesto diceva al re:” così è o dio fra gli uomini come dicono i brahmani,

   7 	riferendomi ai puraṇa, io ti dico o re che a lui Indra ha garantito una grazia:
     	'risiedi tu sicuro nella mia dimora, il fuoco non ti brucerà.' ”

   8 	ciò udito, il re consacrato, addolorato sedeva, incitanto l'hotṛ all'azione,
     	e l'hotṛ impegnandosi sacrificava con dei mantra, e allora Indra stesso giungeva,

   9 	sul suo carro volante, quel potentissimo, celebrato da tutti gli dèi,
     	e seguito da nubi tonanti, dai vidyādhara, e dalle schiere delle apsaras,

  10 	e nascosto nella sua veste il nāga pieno di paura, non vi trovava sicurezza,
     	allora il re, irato volendo la fine di Takṣaka, ai sapienti del dharma le parole ancora diceva: 

  11 	“o savi, se quel nāga Takṣaka è nel luogo di Indra,
     	precipitatelo nel fuoco assieme ad Indra.”

  12 	i celebranti dissero:
     	“Takṣaka giunge veloce in tuo potere o sovrano,
     	si ode il grande urlo di terrore che lui grida impaurito,

  13 	dunque cadrà il nāga abbandonato dal tonante, col corpo uncinato e trascinato dai mantra,
     	agitandosi nell'aria, perduti i sensi, precipita, acuti sibili emettendo il re dei serpenti,

  14 	si compie ora questa tua cerimonia rettamente o potente,
     	a questo eccellente ri-nato puoi concedere il tuo dono.”

  15 	Janamejaya disse:
     	“o eccellente dall'aspetto di un giovane, io ti concedo una grazia come da accordo,
     	scegli dunque quanto tu più desideri in cuore, io te lo concederò pur se cosa impropria.”

  16 	il sūta disse:
     	mentre Takṣaka il re dei nāga stava cadendo nel fuoco, che tutto possiede,
     	ormai a questo vicino così parlava allora Āstīka: 

  17 	“se tu mi concedi una grazia, io scelgo o Janamejaya,
     	che questo tuo rito sia interrotto, in modo che non cadano più qui gli uraga.”

  18 	così allora apostrofato il re figlio di Parikṣit o brahmano,
     	in cuore dispiaciuto queste parole diceva ad Āstīka:

  19 	“ oro, argento e vacche, e quale altro dono tu credi o potente,
     	io ti darò, o savio, non interrompere il mio rito.”

  20 	Āstīka disse:
     	“oro, argento e vacche io non voglio da te o re,
     	questa tua cerimonia si interrompa, per la fortuna della famiglia di nostra madre.”

  21 	il sūta disse:
     	allora così apostrofato da Āstīka il re figlio di Parikṣit,
     	ripetutamente questo diceva ad Āstīka, al migliore dei parlanti:

  22 	“un'altra grazia scegli, che tu sia benedetto, o migliore dei ri-nati.”
     	ma egli non sceglieva un altra grazia o discendente di Bhṛgu,

  23 	allora tutti sapienti dei veda, che là erano presenti, al
     	re insieme dicevano: “sia data la grazia al brahmano.”


     
                              LII

   1 	Śaunaka disse:
     	“dei serpenti che sono cadudi nel fuoco sacro del sacrificio dei serpenti,
     	di questi io vorrei conoscere i nomi o figlio di sūta.”

   2 	il sūta disse:
     	sono molte migliaia, milioni e decine di milioni,
     	per la moltitudine non sono in grado di nominarli o sapiente dei veda,

   3 	ma come li ho uditi ascolta da me i nomi dei serpenti,
     	principali che sono riferiti esser stati offeri al fuoco, che tutto possiede,

   4 	ascolta dunque così sommariamente dei parenti di Vāsuki,
     	blu di colore, o bianchi, crudeli, giganteschi pieni di veleno,

   5 	Koṭika, Mānasa, Pūrṇa, Saha, Paila, Halīsaka,
     	Picchila, Koṇapa, Cakra, Koṇavega, Prakālana,

   6 	Hiraṇyavāha, Śaraṇa, Kakṣaka, Kāladantaka,
     	questi sono i figli di Vāsuki entrati nel fuoco, che trasposta l'offerta,

   7 	ore ti dirò dei nati nella famiglia di Takṣaka, ascoltami,
     	Pucchaṇḍaka, Maṇḍalaka, Piṇḍabhettṛ, Rabheṇaka,

   8 	Ucchikha, Surasa, Draṅga, Balaheḍa, Virohaṇa,
     	Śilīśalakara, Mūka, Sukumāra, Pravepana,

   9 	Mudgara, e Śaśaroman, Sumanas, Vegavāhana,
     	questi sono i nāga figli di Takṣaka entrati nel fuoco che trasporta l'offerta,

  10 	Pārāvata, Pāriyātra, Pāṇḍara, Hariṇa, Kr̥śa,
     	Vihaṁga, Śarabha, Moda, Pramoda, Saṁhatāṅgada,

  11 	questi della famiglia di Airāvata sono entrati nel fuoco che trasporta l'offerta
     	da me ascolta ora o migliore dei ri-nati, i nāga nati nella famiglia di Kauravya,

  12 	Aiṇḍila, Kuṇḍala, Muṇḍa, Veṇiskandha, Kumāraka,
     	Bāhuka, e Śr̥ṅgavega, Dhūrtakaḥ Pāta e Pātara.

  13 	ascolta ora esattamente i nāga nati nella famiglia di Dhṛtarāṣṭra,
     	velenosi e rapidi come il vento, che io ti elencherò o brahmano,

  14 	Śaṅkukarṇa, Piṅgalaka, Kuṭhāra, Mukhamecaka,
     	Oūrṇāṅgada, Pūrṇamukha, Prahasa, Śakuni, Hari,

  15 	Āmāhaṭha, Komaṭhaka, Śvasana, Mānava, Vaṭa,
     	Bhairava, Muṇḍavedāṅga, Piśaṅga, e Udrapāraga,

  16 	Ṛṣabha, vegavat, Nāma, Piṇḍāraka e Mahāhanu,
     	Raktāṅga, Sarvasāraṅga, Samr̥ddha, Pāṭa e Rākṣasa,

  17 	Varāhaka, Vāraṇaka, Sumitra, Citravedika,
     	Parāśara, Taruṇaka, Maṇiskandha, e Āruṇi,

  18 	questo o brahmano, sono i nāga di grande fama da me menzionati,
     	in modo sommario però, per la grande moltitudine non tutti sono ricordati,

  19 	di costoro i figli e i nipoti e tutti i discendenti,
     	che sono antrati nel fuoco acceso, non è possibile elencare,

  20 	quelli con sette teste, due teste, e altri a cinque teste, 
     	velenosi come il fuoco finale, crudeli, sacrificati a centinaia di migliaia,

  21 	giganteschi, dal grande valore, alti come i picchi dei monti,
     	estesi uno yojana in larghezza, e lunghi due yojana,

  22 	di aspetto mutevole in grado di muoversi a piacere, velenosi come fuochi accesi,
     	furono bruciati là nel grande sacrificio, colpiti dal bastone di Brahmā.



                              LIII

   1 	il sūta disse:
     	questa grande meravigliosa cosa e altro abbiamo udito di Āstīka,
     	mentre il re figlio di Parikṣit, gli concedeva la sua grazia,

   2 	dalla protezione di Indra uscito il nāga stava fermo nell'aria,
     	allora il re Janamejaya divenne perso nei suoi pensieri,

   3 	avendo offerto in abbondanza rettamete al fuoco acceso,
     	ma l'impaurito Takṣaka non precipitava nel fuoco.

   4 	Śaunaka disse:
     	“perchè o sauti, quella quantità di mantra di quei saggi brahmani,
     	non aveva l'effetto allora che Takṣaka non cadesse nel fuoco?”

   5 	il sūta disse:
     	a quel grande serpente che incosciente cadeva dalle mani di Indra,
     	Āstīka gridava queste tre parole: “fermati! fermati! dunque.”

   6 	e si fermava egli nell'aria, col cuore agitato,
     	come cosa che sta tra la terra e la volta celeste,

   7 	allora il re grandemente incitato dagli astanti queste parole diceva:
     	“come egli vuole così sia il desiderio di Āstīka,

   8 	sia compiuta questa azione, i serpenti siano salvi,
     	sia accontentato Āstīka, e rese vere le parole dell'artefice.”

   9 	allora grida di evviva nate dalla gioia sorgevano,
     	per la grazia concessa ad Āstīka, e cessava quindi

  10 	quel sacrificio del discendente dei pāṇḍava, del re figlio di Parikṣit,
     	e contento divenne il re, il bhārata Janamejaya,

  11 	e ai celebranti e ai partecipanti, che là erano riuniti,
     	a costoro, egli donava ricchezze a centinaia e a migliaia,

  12 	e il signore, pure all'artefice, al costruttore Lohitākṣa, 
     	dal quale fin dalla misurazione, gli era stata annunciata le fine del sacrificio,

  13 	a causa di un brahmano, a costui egli diede molta ricchezza,
     	quindi compiute le abluzioni e azioni prescritte,

  14 	Āstīka, con grandi onori, fu rimandato a casa
     	dal re con mente lieta, quel sapiente per il bene compiuto,

  15 	e mentre egli si preparava a partire queste parole gli disse il re:
     	“ tu sarai un partecipante al mio grande sacrificio dell'aśvamedha.”

  16 	di sì avendo risposto, Āstīka partiva pieno di gioia,
     	compiuto il proprio dovere e avendo soddisfatto l'incomparabile principe,

  17 	egli contentissimo si recava dalla madre e dallo zio,
     	e raggiuntili, abbracciandoli quanto era accaduto riferiva,

  18 	ciò udito, felici si riunirono i serpenti che là erano, liberi dal pericolo,
     	e contenti essi erano di Āstīka, e a lui dissero:”scegli la grazia che vuoi.”

  19 	e ripetutamente essi dicevano a lui: “ quanto a te piaccia noi oggi faremo o sapiente,
     	felici noi siamo, di esser stati tutti liberati, quanto tu vuoi noi ora faremo o figliolo.”

  20 	Āstīka disse:
     	“ di sera o di mattina, i brahmani e pure gli altri uomini, con anima e aspetto tranquillo,
     	che questa mia storia piena di dharma racconteranno, per loro, mai da voi vi sia pericolo.”

  21 	il sūta disse:
     	e da loro tranquilli, fu risposto al nipote: “ si avveri il tuo desiderio, così agiremo.” 
     	tutti loro contenti felici di esaudire il suo desiderio, devoti al nipote.

  22 	“ nato da Jaratkāru, nel ventre di Jaratkāru, il potente
     	Āstīka, che mantiene le promesse, mi protegga dal morso dei serpenti.”

  23 	e anche chi questo verso, efficace mantra contro i serpenti velenosi, ricordi,
     	di giorno oppure di notte, non avrà mai pericolo dai serpenti.

  24 	il sūta disse:
     	il grande brahmano liberati i serpenti dal sacrificio dei serpenti,
     	quell'anima pia a tempo debito giunse alla morte avendo avuti figli e nipoti,

  25 	così io ti ho raccontato rettamente la storia di Āstīka,
     	avendo conosciuto la quale mai si avrà pericolo dai serpenti,

  26 	ora hai udita la pia storia di Āstīka, che accresce la virtù,
     	dal principio, il bel agire del saggio Āstīka o savio.

  27 	Śaunaka disse:
     	“ della grande origine della discendenza di Bhṛgu tu a me hai raccontato,
     	e dell'intera storia o caro sūta, io sono molto contento,

  28 	io ti chiederò ancora o rampollo di sūta, rettamente
     	raccontami di nuovo la storia che ha composto Vyāsa, 

  29 	in questo supremamente difficile sacrificio dei serpenti di quei grandi-anime,
     	negli intervalli fatti secondo le regole dagli astanti o grande sūta,

  30 	le storie varie che ci furono in quei frangenti, secondo verità
     	noi vogliamo udire da te, o sūta, mentre ce le racconti.”

  31 	il sūta disse:
     	negli intervalli i ri-nati raccontarono delle storie inerenti ai veda,
     	Vyāsa però, raccontò sempre la grande storia dei bhārata.

  32 	Śaunaka disse:
     	“la storia del mahābhārata che gloria portò ai pāṇḍava,
     	richiesto da Janamejaya, Kṛṣṇa il dvaipāyana allora

  33 	faceva rettamente ascoltare durante gli intervalli,
     	io rettamente voglio udire questa santa storia,

  34 	scaturita dall'oceanica mente del grande ṛṣi dalle sante imprese,
     	raccontala o migliore dei virtuosi, io non sono ancora soddisfatto o figlio di sūta.”

  35 	il sūta disse:
     	allora io ti racconterò dal principio, la grande suprema storia,
     	chiamata mahābhārata da Kṛṣṇa il dvaipāyana, 

  36	questa gradisci o grande saggio, da me raccontata o ri-nato,
	    felice io sono di raccontarla, e per me essa comincia da qui.