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63. Bhagavadgītāparvan

( Il libro della Bhagavadgītā. VI, 14-40)

                              XIV


   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	allora lasciata la battaglia, il saggio Saṃjaya figlio di Gavalgaṇa, 
     	che ogni cosa vede coi suoi occhi, sapiente del passato presente e futuro,

   2 	avvicinatosi addolorato al pensieroso Dhṛtarāṣṭra, rapidamente 
     	gli raccontava che Bhīṣma il migliore dei bhārata era stato ucciso:

   3 	“ io sono Saṃjaya o grande re, mi inchino a te o toro dei bhārata,
     	Bhīṣma il figlio di Śaṃtanu, il patriarca dei bhārata è stato ucciso,

   4 	eccellenza di ogni guerriero, delizia di tutti gli arcieri,
     	il patriarca dei kuru, giace ora su un letto di frecce,

   5 	lui nel cui valore rifugiandosi, tuo figlio fece quella partita,
     	Bhīṣma giace sul campo o re, ucciso da Śikhaṇḍin,

   6 	il grande guerriero che tutti i principi riuniti in battaglia,
     	sconfisse da solo sul carro nella città dei kāśi,

   7 	lui che nato dai vasu, combattendo in duello con Rāma il figlio di Jamadagni,
     	da quel figlio di Jamadagni non fu ucciso, oggi è stato ucciso da Śikhaṇḍin,

   8 	pari al grande Indra per valore, e in fermezza come l'himavat,
     	come l'oceano per profondità, per pazienza pari alla terra,

   9 	l'invincibile che ha frecce per denti, l'arco per bocca, e la spada per lingua,
     	il leone degli uomini, tuo padre oggi è stato abbattuto dal principe pāñcāla,

  10 	il grande esercito dei pāṇḍava, vedendolo schierato in battaglia,
     	tremava preso dal panico, come un branco di vacche che vedono un leone,

  11 	difendendo il tuo esercito per dieci giorni, quel distruttore di armate,
     	sorgeva come il sole nascente, compiendo imprese impossibili,

  12 	lui che imperturbabile come Śakra, versando piogge di frecce a migliaia,
     	uccideva in battaglia, miriadi di guerrieri per dieci giorni,

  13 	giace a terra, tonando come un albero abbattuto dal vento,
     	per tuo malo consiglio o re, pur non meritandolo o bhārata.”
     


                              XV


   1 	Dhṛtarāṣṭra disse:
     	“ come fu ucciso da Śikhaṇḍin Bhīṣma, toro dei kuru?
     	come è caduto dal carro il padre mio, pari al Vāsava?

   2 	come erano i miei figli privati di Bhīṣma o Saṃjaya,
     	privati di quel forte simile a un dio, che ha praticato la castità in favore del padre?

   3 	essendo ucciso questo nobile grande arciere potentissimo,
     	grande sul carro, tigre fra gli uomini, quale animo vi era allora?

   4 	un grande dolore mi soverchia poiché mi dici che fu ucciso,
     	il toro dei kuru, l'eroe senza tremori, toro fra gli uomini,

   5 	quanti lo seguirono nella morte? e quanti erano davanti a lui?
     	quanti al suo fianco? quanti si arresero? quanti fuggirono o Saṃjaya?

   6 	quali guerrieri coprivano le spalle di quella tigre sul carro,
     	dell'incrollabile toro degli kṣatriya, bastante per un'armata di carri?

   7 	quell'uccisore di nemici che disperde gli eserciti nemici, come il sole le tenebre,
     	ai nemici produceva il terrore, simile come è al sole dai mille-raggi,
     	egli per ordine dei kaurava faceva imprese impossibili in battaglia,

   8 	in che modo i pāṇḍava lo hanno circondato quel divora-eserciti,
     	quell'abile che è invincibile mentre ti attacca da vicino?
     	in che modo hanno circondato in battaglia il figlio di Śaṃtanu?

   9 	lui che massacra gli eserciti, lui il rapido, dalle frecce per denti,
     	e dall'arco per bocca, il terribile dalla spada per lingua, l'inaffrontabile

  10 	lui il modesto, l'invincibile che sorpassa le altre tigri fra gli uomini,
     	come il kuntīde ha abbattuto quell'invitto in battaglia?

  11 	lui dal terribile arco e terribili frecce, che agisce su un carro supremo,
     	che raccoglie le teste dei nemici con affilate frecce,

  12 	lui che visto schierato sul campo dal grande esercito dei pāṇḍava,
     	inaffrontabile come il fuoco finale, sempre lo faceva fremere,

  13 	quell'uccisore di armate guidando il mio esercito per dieci giorni,
     	sorgeva come il sole, compiendo imprese impossibili,

  14 	egli che, come Śakra, versando un'incessante pioggia fatta di frecce,
     	ha ucciso in battaglia miriadi di combattenti per dieci giorni,

  15 	egli giace sul terreno tuonando come un albero abbattuto dal vento,
     	per mio malo consiglio quel bhārata, pur non meritandolo,

  16 	come vedendo il figlio di Śaṃtanu, l'armata dei pāṇḍava
     	ha potuto abbattere là Bhīsma dal terribile ardore?

  17 	come i figli di Pāṇḍu si sono scontrati con Bhīṣma?
     	e come Bhīṣma non li vinceva essendo vivo Droṇa o Saṃjaya?

  18 	essendogli al fianco sia Kṛpa che il figlio di Bharadvāja,
     	come Bhīṣma il migliore dei combattenti, ha potuto trovare la morte?

  19 	come lui supremo sul carro, dal principe pāñcāla Śikhaṇḍin
     	fu abbattuto in battaglia? Bhīsma irresistibile persino per gli dei?

  20 	lui che competeva in battaglia sempre col fortissimo figlio di Jamadagni,
     	e pari a Śakra per valore, non fu vinto dal figlio di Jamadagni,

  21 	di Bhīṣma ucciso in battaglia, di quel fortissimo grande sul carro,
     	raccontami o Saṃjaya, dell'eroe da cui più non abbiamo rifugio,

  22 	quali, dei miei grandi arcieri non hanno abbandonato quell'incrollabile o Saṃjaya?
     	quali dei valorosi comandati da Duryodhana lo circondavano?

  23 	quando tutti i pāṇdava con Śikhaṇḍin in testa assalirono Bhīṣma,
     	qualcuno dei kuru non avrà abbandonato spaventato l'incrollabile o Saṃjaya?

  24 	il lampo e il tuono della corda dell'arco, le grandi variegate frecce,
     	il grande frastuono tonante dell'arco, come di grande nuvola in alto,

  25 	quando ricopriva di frecce i kuntīdi coi pāñcāla e gli sṛñjaya,
     	distruggendo i carri nemici, quell'eroe come l'armato della folgore i dānava,

  26 	il terribile oceano inattraversabile delle sue armi, con le frecce per squali,
     	l'arco come onde, esso è inesauribile, senza isole e senza navi, in battaglia,
     	con mazza e spada come mostri marini, agitato dalle schiere di cavalli ed elefanti, 

  27 	lui che le moltitudini di cavalli, elefanti, fanti e carri rapidamente,
     	sommergeva in battaglia quell'uccisore di eroi nemici,

  28 	quel tormenta-nemici, che con la sua energia e furia, bruciava,
     	come il tempo finale quel'oceano, quali valorosi lo circondavano?

  29 	Bhīṣma, uccisore di nemici, quando compiva in battaglia le sue imprese o Saṃjaya,
     	per il bene di Duryodhana, quali uomini erano allora davanti a lui?

  30 	quali proteggevano la ruota destra di Bhīṣma dall'infinito splendore?
     	e quali altri valorosi dai fermi voti da dietro trattenevano i nemici?

  31 	quali agivano davanti a lui proteggendo Bhīṣma da vicino?
     	e quali eroi proteggevano la ruota sinistra di quel valoroso combattente?

  32 	e quali agendo sulla sua ruota sinistra colpivano gli sṛñjaya o Saṃjaya?
     	e quali proteggevano quell'invincibile capo delle schiere tra gli eserciti?

  33 	e quali agivano a lui vicino mentre era in cattive acque?
     	e quali in associazione con lui controbattevano gli eroi nemici o Saṃjaya?

  34 	come, protetto egli da quei valorosi, e loro protetti da lui,
     	gli eserciti di quegli irresistibili non vinsero rapidamente sul campo?

  35 	lui che era come il signore di tutti i mondi, il supremo dio Prajāpati,
     	come i pāṇḍava furono in grado di abbatterlo o Saṃjaya?

  36 	essendo l'isola in cui si rifugiano i kuru combattendo i nemici,
     	tu mi dici o Saṃjaya che Bhīṣma tigre fra gli uomini è sprofondato?

  37 	lui nel cui valore si rianimava quel mio figlio di grande forza,
     	e non valutava molto i pāṇḍava, come fu ucciso dai nemici?

  38 	lui che fiero in battaglia, un tempo come alleato dagli dèi e da Indra
     	fu desiderato mentre combattevano i dānava, è il padre mio dai grandi voti,

  39 	che quando nacque quel grande eroe, benefattore del mondo, Śaṃtanu
     	sofferenza, dolore ed aflizione abbandonava alla vista del figlio,

  40 	lui saggezza, e rifugio sicuro, lui puro e compiaciuto del dharma,
     	lui vero sapiente dei veda e dei vedāṅga, come puoi dirmi che fu ucciso?

  41 	udendo che lui dotato della disciplina di ogni arma, controllato, calmo,
     	intelligente, che il figlio di Śaṃtanu è morto credo che il resto dell'armata è morto,

  42 	l'adharma è diventato più forte del dharma, io penso,
     	laddove uccidendo l'anziano guru, i pāṇḍava vogliono il regno,

  43 	un tempo Rāma, figlio di Jamadagni, insuperabile esperto di ogni arma,
     	sceso in campo in favore di Ambā, fu sconfitto in duello da Bhīṣma,

  44 	tu mi dici che quel primo di tutti gli arcieri, pari ad Indra per imprese,
     	Bhīṣma è stato ucciso, quale dolore può esser per me più grande?

  45 	spesso giurati kṣatriya furono da lui sconfitti in battaglia,
     	e pure Rāma figlio di Jamadagni lo fu da quell'uccisore di eroi nemici,

  46 	forse che di questo grande eroe bhṛguide invincibile in battaglia
     	e degli altri fortissimi eroi è migliore Śikhaṇḍin il figlio di Drupada?

  47 	che in battaglia uccise quell'esperto guerriero, abile in ogni arma,
     	sapiente di supreme armi, l'eroe toro dei bhārata?

  48 	quali valorosi attaccarono quell'uccisore di nemici, scontrandosi col nemico?
     	raccontami come fu il combattimento di Bhīṣma coi pāṇḍava,

  49 	come una fanciulla senza protettore è l'esercito di mio figlio o Saṃjaya,
     	come una mandria di vacche dispersa senza mandriano è il mio esercito,

  50 	eliminato lui che in battaglia è superiore a tutto il mondo
     	per valentìa, come era il vostro animo allora?

  51 	e sopravvive ora qualche valentìa tra i nostri o Saṃjaya,
     	dopo che fu ucciso il grande eroe, il padre virtuoso al mondo,

  52 	come una nave affondata in acque profonde, in vista della riva,
     	io penso che i miei figli soffrano per il violento dolore della morte di Bhīṣma,

  53 	il mio cuore deve essere duro come pietra,
     	se udendo che Bhīṣma tigre fra gli uomini è morto, non va in pezzi,

  54 	essendo quel toro dei bhārata inaffrontabile, lui in cui,
     	sono incommensurabili, prudenza, buona guida e armi, come, fu ucciso in battaglia?

  55 	non per le armi, né per il valore, nè per il tapas nè la saggezza,
     	non con la fermezza né coi doni qualcuno si può liberare dalla morte,

  56 	la morte dunque ha grande potere, imperscrutabile a tutto il mondo,
     	quando tu mi dici che Bhīṣma il figlio di Śaṃtanu è stato ucciso o Saṃjaya,

  57 	soverchiato dalla sofferenza per il figlio, mentre meditavo quel grande dolore,
     	io speravo allora nella protezione di Bhīṣma rampollo di Śaṃtanu,

  58 	quando Duryodhana vide il figlio di Śaṃtanu caduto a terra,
     	come un sole o Saṃjaya, che fece allora?

  59 	io pensando colla ragione, non scorgo sopravissuti tra i principi,
     	al combattimento, né tra i nostri né tra i loro,

  60 	terribile è il dharma kṣatriya, come è stabilito dai ṛṣi,
     	laddove i pāṇḍava vogliono il regno dopo aver ucciso il figlio di Śaṃtanu,

  61 	oppure noi vogliamo il regno avendo fatto uccidere il patriarca,
     	i pṛthādi sono saldi nel dharma kṣatriya, e anche i miei figli non hanno peccato,

  62 	questo deve compiere il nobile anche nelle sfortunate difficoltà,
     	il supremo coraggio assieme alla potenza in lui è radicato,

  63 	lui invincibile e modesto, lui distruttore di eserciti,
     	come, i figli di Pāṇḍu abbatterono o caro, il figlio di Śaṃtanu?

  64 	come erano schierati gli eserciti? come combattevano quelle grandi anime?
     	o come fu ucciso dai nemici Bhīṣma il padre mio o Saṃjaya? 

  65 	Duryodhana e Karṇa e pure Śakuni il figlio di Subala,
     	e il falso Duḥśāsana, che dissero dopo che fu ucciso Bhīṣma?

  66 	quando la sala da gioco fu piena dei corpi di uomini cavalli ed elefanti,
     	colle frecce, lance, mazze spade e asce come dadi, terrificante,

  67 	quei folli giocatori entrando in quella sala dura da affrontare in battaglia,
     	in quella terribile partita per la vita, chi furono i tori tra gli uomini che giocarono?

  68 	quali vinsero? e quali furono sconfitti là, perdendo la posta, 
     	e chi altri furono abbattuti con Bhīṣma figlio di Śaṃtanu? raccontamelo o Saṃjaya,

  69 	io non trovo pace quaggiù avendo saputo che Devavrata è morto
     	in battaglia, il padre dalle terribili imprese, il dolore mi assale,

  70 	un grande afflizione mi è cresciuta nel cuore, a causa dei figli,
     	e tu come versando burro nel fuoco la alimenti o Saṃjaya,

  71 	lui che portando un grande peso, tutto il mondo celebrava,
     	vedendo Bhīṣma abbattuto, io credo che i miei figli ne siano afflitti,

  72 	io verrò a sapere certamente di tutti i dolori fatti per Duryodhana,
     	dunque, dimmi tutto quanto è accaduto là o Saṃjaya,

  73 	in quello scontro dei signori della terra, quanto è nato dalla stupidità
     	di quello sciocco, dall'imprudenza, dall'imperizia, raccontami o Saṃjaya,

  74 	e pure quanto fu compiuto là da Bhīṣma, sul campo inseguendo la vittoria,
     	di luminoso da quell'esperto d'armi, raccontami interamente,

  75 	e come sorse il combattimento tra gli eserciti dei pāṇḍava e dei kuru,
     	e con quale proseguo, e in quale tempo. e come fu ciò.”
     


                              XVI


   1 	Saṃjaya disse:
     	“ questa questione ti compete o grande re, come tu meriti,
     	ma non devi dare questa colpa a Duryodhana,

   2 	l'uomo che ha ottenuto un male dal suo cattivo agire,
     	di questo suo peccato non deve un altro imputare,

   3 	o grande re, chi tra gli uomini agisce interamente nel male,
     	è nemico dell'intero mondo praticando azioni biasimevoli,

   4 	l'offesa fatta da quei disonesti ai pāṇḍava sotto i tuoi occhi,
     	fu risaputa dai loro amici, e pure la lunga attesa paziente nella foresta,

   5 	e dei cavalli, degli elefanti e dei guerrieri di infinito splendore,
     	la testimonianza, come da me fu vista, e vista in forza dello yoga,

   6 	ascolta o protettore della terra, e non por mente al dolore,
     	destinato era questo da tempo, e così è inevitabile o sovrano di uomini,

   7 	inchinandomi al padre tuo, al saggio figlio di Parāśara,
     	per grazia del quale mi fu data una suprema e divina conoscenza,

   8 	e una vista aldilà dei sensi, e un udito da grande distanza o re,
     	e la conoscenza dell'altrui pensiero, del passato e del futuro,

   9 	e la conoscenza delle divergenze e delle conseguenze, e di viaggiare nel cielo,
     	libero dalle armi tra i combattimenti, per grazia data da quel grand'anima,

  10 	ascolta dunque in dettaglio come era questa straordinaria e varia,
     	grande battaglia dei bhārata, da far rizzare i capelli,

  11 	quando gli eserciti erano schierati secondo le disposizioni,
     	Duryodhana o grande re, così parlava a Duḥśāsana:

  12 	' Duḥśāsana, che i carri velocemente si schierino a protezione di Bhīṣma,
     	e tu rapidamente spingi dietro tutte le armate,

  13 	è accaduto per me quello a cui ho pensato per molti anni,
     	lo scontro tra gli eserciti dei pāṇḍava e dei kuru,

  14 	non è eccessiva cosa io credo proteggere Bhīṣma in battaglia,
     	lui ben protetto può uccidere i pṛthādi e i somaka cogli sṛñjaya,

  15 	quell'anima perfetta mi disse che non avrebbe ucciso Śikhaṇḍin,
     	egli ha saputo che prima era una donna, perciò lo risparmierà in battaglia,

  16 	quindi Bhīṣma deve essere specialmente protetto, questa è la mia opinione, 
     	e tutti i miei si schierino impegnati nell'uccidere Śikhaṇḍin,

  17 	quindi da est da ovest dal sud e dal nord, tutti
     	gli esperti d'armi devono proteggere il patriarca,

  18 	se non protetto anche quel fortissino leone può essere ucciso dal nemico,
     	come il leone da uno sciacallo, che non sia ucciso da Śikhaṇḍin,

  19 	Yudhāmanyu alla sua ruota sinistra e Uttamaujas alla destra,
     	questi due sono i protettori di Phalguna e Phalguna di Śikhaṇḍin,

  20 	egli è protetto dal pṛthāde e trascurato da Bhīṣma,
     	agisci dunque o Duḥśāsana affinché non uccida il figlio di Gaṅgā.'

  21 	quindi trascorsa la notte, un grande frastuono sorgeva,
     	delle grida dei sovrani della terra: 'aggioga! aggioga!'

  22 	coi suoni delle conchiglie e dei tamburi, e le grida leonine o bhārata,
     	coi nitriti dei veloci cavalli, e col rotolio dei carri, 

  23 	e coi barriti degli elefanti e le urla feroci dei soldati, 
     	coi suoni delle grida di battaglia e gli applausi ovunque vi era un tumulto,

  24 	si alzava al sorgere del sole o grande re, tutto l'intera armata,
     	pronta e grandissima, degli eserciti dei kuru e dei pāṇḍava,
     	quello dei tuoi figli o re dei re, e quello dei pāṇḍava,

  25 	là elefanti e carri intarsiati d'oro fino,
     	e splendenti, apparivano simili a nuvole illuminate dai lampi,

  26 	si vedevano eserciti di carri, come variopinte città,
     	e là supremamente splendeva il padre tuo, simile a luna piena,

  27 	con archi, con lance, spade, mazze, asce e giavellotti,
     	e con armi splendenti i soldati erano schierati nei rispettivi eserciti, 

  28 	elefanti, carri, fanti e cavalli o signore di popoli,
     	si stendevano come reti a centinaia e a migliaia,

  29 	le bandiere di molti aspetti, apparivano alte sui pennoni. 
     	sia dei nostri che quelle dei nemici erano splendenti a migliaia,

  30 	dorate, con parti di varie gemme, splendevano come fuochi,
     	e piene di luce, splendevano a migliaia gli stendardi dei re,

  31 	bellissime come le insegne del grande Indra nelle residenze di Indra
     	verso queste guardavano quegli eroi con le armature bramosi di lotta,

  32 	e con le armi alzate, le mani protette, con le faretre pronte,
     	con occhi di tori, quei sovrani di uomini, erano alla testa degli eserciti,

  33 	Śakuni, il figlio di Subala, Śalya, e il re dei sindhu Jayadratha,
     	Vinda e Anuvinda i due āvanti, e il kāmboja Sudakṣiṇa,

  34 	e il kāliṅga Śrutāyudha, e il principe Jayatsena,
     	e l'esperto Bṛhadbala e il sātvata Kṛtavarman,

  35 	queste dieci tigri fra gli uomini, guerrieri con le braccia d'acciaio,
     	sacrificatori con grandi dakṣiṇa, erano a capo degli akṣauhiṇī

  36 	questi e molti altri erano gli alleati di Duryodhana,
     	re, e figli di re, di saggia condotta e di grande forza,

  37 	con le corazze si mostravano schierati nei propri ranghi,
     	tutti con le pelli di antilope, con le insegne, inghirlandati di muñja,

  38 	risoluti in favore di Duryodhana e bramosi dei mondi di Brahmā,
     	equipaggiati erano schierati insieme le dieci armate,

  39 	l'undicesima grande armata dei kaurava coi figli di Dhṛtarāṣṭra,
     	dove il figlio di Śaṃtanu era il comandante, stava davanti a tutte le schiere,  

  40 	col bianco elmo, coi bianchi cavalli e con la bianca corazza, io vidi
     	quell'incrollabile Bhīṣma o grande re, simile alla luna stessa,

  41 	i kuru e i pāṇḍava videro allora, come il sole circondato da bianche nuvole,
     	Bhīṣma col lo stendardo dalla palma d'oro, saldo sul carro d'argento,

  42 	e tremarono i pāṇḍava vedendo Bhīṣma alla testa dell'armata, 
     	e pure gli sṛñjaya grandi arcieri, con Dhṛṣṭadyumna in testa,

  43 	e come le vili bestie vedendo un grande leone a bocca spalancata,
     	tremano di paura, così per un momento tutti loro a cominciare da Dhṛṣṭadyumna,

  44 	sono undici le tue gloriose armate o bhārata,
     	e sette quelle dei pāṇḍava protette da grandi uomini,

  45 	e come due oceani apparivano giunti alla fine dello yuga
     	agitati da mostri marini furiosi, e pieni di grandi squali,

  46 	mai prima non vedemmo o prima abbiamo udito di un tale
     	assembramento di eserciti riuniti pari a questo.”
     


                              XVII


   1 	Saṃjaya disse:
     	“come aveva detto il venerabile Vyāsa Kṛṣṇa il dvaipāyana,
     	insieme riuniti tutti i signori della terra sono convenuti,

   2 	la luna entrava nella costellazione maghā in quel giorno 
     	e sette grandi pianeti risplendenti, si incontrarono quel giorno,

   3 	e il sole come diviso in due, al suo sorgere appariva,
     	e ancora il sole saliva al cielo con creste fiammeggianti,

   4 	e gridavano sciacalli e corvi in quella regione infiammata,
     	per desiderio dei corpi e di poter divorarne carni e sangue,

   5 	giorno per giorno l'anziano patriarca dei kuru e dei pṛthādi
     	e il figlio di Bharadvāja appena alzati dai loro letti,

   6 	'la vittoria sia dei figli di Pāṇḍu!' così dicevano quei due uccisori di nemici,
     	e poi combattevano per te come da accordo fatto,

   7 	Devavrata, il padre tuo, di ogni sottigliezza del dharma sapiente,
     	riunendo tutti questi signori della terra diceva queste parole:

   8 	'questa per voi kṣatriya è la grande porta spalancata del paradiso,
     	andate dunque per essa agli stessi mondi di Śakra e di Brahmā,

   9 	dagli antichi per primi fu percorso questo eterno sentiero,
     	e voi onorate voi stessi con animo fermo in combattimento,

  10 	Nābhāga, Yayāti, e Māndhātṛ, e il sovrano Nahuṣa,
     	perfetti hanno ottenuto il supremo stato con imprese simili, 

  11 	non è nel dharma kṣatriya la morte per malattia nella propria casa,
     	quando ottiene la morte in battaglia, questo è il suo dharma eterno.'

  12 	così apostrofati quei sovrani della terra da Bhīṣma o toro dei bhārata,
     	mossero i nostri eserciti decorati dai supremi carri,

  13 	ma Karṇa figlio del sole, coi suoi parenti e ministri,
     	a causa di Bhīṣma ha deposto le armi in battaglia o toro dei bhārata,

  14 	e ritiratosi Karṇa, i tuoi figli e i re dalla tua parte,
     	si misero in marcia riempiendo ogni luogo con ruggiti leonini,

  15 	con bianchi parasoli, stendarci e bandiere, elefanti e destrieri,
     	e coi carri e i fanti quelle armate splendevano,

  16 	dal suono di tamburi e tamburelli, e dal frastuono dei timpani,
     	e dal rumore delle ruote dei carri, la terra divenne riempita,

  17 	con bracciali e braccialetti d'oro e cogli arci i grandi guerrieri sui carri,
     	apparivano brillanti simili a mobili montagne, 

  18 	con lo stendardo dalla grande palma e dalle cinque stelle, Bhīsma
     	comandante supremo dell'armata appariva simile ad un limpido sole,

  19 	e i re, che sono i tuoi grandi arcieri o toro dei bhārata,
     	procedevano nella stessa direzione del figlio di Śaṃtanu o re,

  20 	Govāsana il  śaibya unito a tutti quei re,
     	procedeva su un grande elefante, adatto ad un re, ornato di bandiere,
     	e simile a loto, schierato davanti a tutte le armate,

  21 	Aśvatthaman procedeva saldo col pavese dalla coda di leone,
     	Śrutāyu, e Citrasena, Purumitra e Viviṃśati,

  22 	Śalya e Bhūriśravas, e Vikarṇa grande sul carro,
     	questi sette grandi arcieri, posto avanti il figlio di Droṇa,
     	coi loro carri dai bei colori, erano l'avanguardia di Bhīṣma,

  23 	e le loro bandiere di grande dimensione che adornavano i supremi carri,
     	splendenti apparivano fatte di oro della jāmbūnadī,

  24 	l'insegna con una vedi fatta d'oro fino, adornata da un vaso,
     	e con un arco era quella del grande maestro Droṇa,

  25 	l'insegna di Duryodhana che guida molte centinaia di migliaia di armate
     	ha su di essa un elefante fatto di perle,

  26 	Paurava, e il re Kāliṅga e il kāmboja Sudakṣiṇa,
     	e Kṣemadhanvan, e Sumitra erano schierati tra i principali carri,

  27 	col suo preziosissimo carro, e con un toro per insegna,
     	quasi per spaccare il fronte dell'esercito procedeva il sovrano dei magadha,

  28 	e protetto dal signore di aṅga e da Kṛpa grand'anima,
     	e simile a mucchi di nuvole autunnali era il suo esercito di orientali,

  29 	davanti allo schieramente stando il glorioso con cinghiale
     	sullo stendardo d'argento splendeva Jayadratha,

  30 	centomila carri lui aveva ai suoi comandi,
     	e ottomila  elefanti e sei miriadi di cavalieri,

  31 	e comandata dal signore dei sindhu, o re, la sua grande armata
     	imbandierata splendeva infinita di carri elefanti e cavalli,

  32 	con sessantamila carri, e una miriade di elefanti,
     	il signore di tutti i kaliṅga procedeva assieme a Ketumat,

  33 	i suoi grandi elefanti apparivano simili a montagne, 
     	adornati da insegne lance faretre e da altri strumenti,

  34 	il signore dei Kaliṅga con un albero per insegna splendeva,
     	col suo bianco parasole, il collare d'oro, e il flabello di pelo di yak,

  35 	e anche Ketumat, su un elefante con un variegato supremo uncino,
     	era  schierato in battaglia o re, splendente sole tra le nuvole,

  36 	e acceso di splendore schierato su un supremo elefante,
     	il re Bhagadatta, procedeva come fosse l'armato della folgore,

  37 	e sulla schiena di elefanti, i due che erano uguali a Bhagadatta,
     	Vinda e Anuvinda procedevano seguendo Ketumat,

  38 	e schierato l'esercito dei carri con gli elefanti per corpo e i migliori per testa,	
     	e i cavalli per ali, terribile stendendosi si muoveva in tutte le direzioni,

  39 	da Droṇa ordinato o re, e dal re figlio di Śaṃtanu,
     	e dal figlio del maestro e da Bāhlīka e da Kṛpa.”
     


                              XVIII


   1 	Saṃjaya disse:
     	“ quindi per qualche tempo un frastuono tumultuoso da far tremare i cuori,
     	si udiva o grande re, provenire dai combattenti che marciavano avanti,

   2 	dal suono di conchiglie e tamburi, dai barriti degli elefanti,
     	e dal frastuono dei carri, tremava quasi la terra,

   3 	e per i nitriti dei cavalli, e per le urla dei soldati,
     	in un momento cielo e aria furono riempiti di quel frastuono,

   4 	le armate dei tuoi figli e dei pāṇḍava o invincibile,
     	si facevano tremare vicendevolmente sul campo di battaglia,

   5 	là elefanti, e carri incrostatti di oro della jāmbūnadī,
     	splendenti apparivano come nuvole lampeggianti,

   6 	le bandiere di molti tipi dei tuoi o sovrano di uomini,
     	sventolanti com le parti d'oro, splendevano come fuochi accesi,

   7 	e sembravano sia le nostre che le nemiche
     	come gli stendardi del grande Indra sui suoi seggi,

   8 	gli eroi con le corazze d'oro, dello stesso splendore del sole acceso,
     	così armati apparivano come luminose stelle,

   9 	con le varie armi alzate, le mani protette, con le loro insegne,
     	gli occhi di toro, quei grandi arcieri, erano alla testa del'armata,

  10 	a protezione dietro a Bhīṣma erano i tuoi figli o signore di uomini,
     	Duḥśāsana, Durviṣaha, Durmukha, e Duḥsaha,

  11 	Viviṃśati, Citrasena, e Vikarṇa, grande sul carro,
     	Satyavrata, Purumitra, Jaya, Bhūriśravas, Śala,

  12 	e ventimila carri li seguivano 
     	gli abhīṣāha, i śurasena, i śibi, e i vasāti,

  13 	i śālva, e i matsya, gli ambaṣṭha, i trigarta, e i kekaya,
     	i sauvīra, i kitava, e i mālava orientali, occidentali e settentrionali,

  14 	tutti questi dodici popoli, guerrieri pronti alla morte,
     	con un grande schieramento di carri, proteggevano il patriarca,

  15 	un'armata di diecimila esperti elefanti, 
     	colla quale era il sovrano dei magadha, seguiva la schiera dei carri,

  16 	le guardie alle ruote dei carri, e quelle alla zampe degli elefanti,
     	erano sei miriadi di centinaia in mezzo all'aesercito,

  17 	e i fanti davanti procedevano con arco scudo e spada in mano,
     	molte centinaia di migliaia erano i soldati con scimitarre e lance,

  18 	gli undici akṣauhiṇī di tuo figlio o bhārata,
     	sembravano o grande re, come la Gaṅgā affiancata alla Yamunā.”
     	


                              XIX


   1 	Dhṛtarāṣṭra disse:
     	“quando Yudhiṣṭhira ha visto gli undici akṣauhiṇī schierati, 
     	come ha contrapposto la sua minore armata il pāṇḍava?

   2 	lui che conosce lo schieramento degli uomini di dèi, di gandharva e degli asura,
     	come quel pāṇḍava figlio di Kuntī si schierava contro Bhīṣma?”

   3 	Saṃjaya disse:
     	“ il pāṇḍava, veduti gli eserciti del figlio di Dhṛtarāṣṭra schierati,
     	si rivolgeva quell'anima giusta, il dharmarāja al conquista ricchezze:

   4 	'secondo i consigli del grande ṛṣi Bṛhaspati, i soldati sappiano o caro,
     	che il piccolo deve combattere unito, mentre il grande si estende a piacere,

   5 	sia fatta a cuneo l'armata dei pochi contro i molti,
     	il nostro esercito più piccolo può essere superato dai nemici,

   6 	quindi conoscendo queste parole del grande ṛsi, fai lo schieramento o pāṇḍava.'
     	ciò udendo dal dharmarāja, Phalguna rispondeva:

   7 	'io li schiererò o re, in un modo supremamente invincibile,
     	inamovibile chiamato col nome di vajra, stabilito dall'armato di folgore, 

   8 	colui che come un vento furioso, in battaglia è invincibile per i nemici,
     	Bhīma, il migliore dei combattenti, combatterà davanti a noi,

   9 	uccidendo le avanguardie delle armate nemiche, quel migliore degli uomini,
     	alla nostra testa per primo combatterà, lui che è esperto dei mezzi del combattere,

  10 	tutti quei principi, a cominciare da Duryodhana vedendolo,
     	fuggirano tremanti, come vili bestie davanti al leone,

  11 	tutti noi ci rifugeremo sicuri, in quel muro
     	che è Bhīma, il migliore dei combattenti, simile all'immortale armato di folgore,

  12 	non vi è uomo al mondo che possa resistere a guardare ventre-di-lupo
     	infuriato, quel toro fra gli uomini dalle terribilissime imprese,

  13 	Bhīmasena imbracciando la sua mazza dura come la diamantina folgore,
     	agendo con grandissima violenza può disseccare pure l'oceano,

  14 	i kekaya, e Dhṛṣṭaketu, e il valoroso Cekitāna,
     	tutti gli alleati staranno vicino da spettatori o signore di uomini.'

  15 	così parlò Bībhatsu, e i figli di Dhṛtarāṣṭra,
     	mentre il pṛthāde così parlava, onoravano o buon signore,
     	tutte le armate con parole augurali sul campo di battaglia,

  16 	così avendo parlato il grandi-braccia, il conquista-ricchezze così agiva,
     	e a schierare rapidamente le armate, procedeva allora Phalguna,

  17 	e il grande esercito dei pāṇḍava vedendo avanzare i kuru,
     	sembrava muoversi calmo come la Gaṅgā in piena, 

  18 	Bhīmasena alla loro testa, e Dhṛṣṭadyumna nipote di Pṛṣata,
     	e Nakula e Sahadeva, e Dhṛṣṭaketu il valoroso,

  19 	e unendosi dietro quindi pure il re circondato da un akṣauhiṇī,
     	coi fratelli e coi figli proteggeva la retroguardia,

  20 	a guardia delle ruote di Bhīma erano i due figli di Mādrī dal grande splendore,
     	e gli abili figli di Draupadi con quello di Subhadrā, a protezione del retro,

  21 	il principe pāñcāla Dhṛṣṭadyumna grande sul carro, era il loro comandante,
     	assieme ai principali carri dei prabhadraka, formidabili guerrieri,

  22 	e quindi dietro, Śikhaṇḍin protetto da Arjuna,
     	procedeva deciso a uccidere Bhīṣma o toro dei bhārata,

  23 	e a guardia delle spalle di Arjuna vi era pure Yuyudhāna grande sul carro,
     	e a guardia delle ruote i due pāñcāla Yudhāmanyu, e Uttamaujas,

  24 	ma il re, il figlio di Kuntī Yudhiṣṭhira, era in mezzo all'armata,
     	con grandi elefanti furiosi che avanzavano come montagne,

  25 	e il re dei pāñcāla Yajñasena, di grande intelletto,
     	seguiva da dietro Virāṭa, in favore dei pāṇḍava quel grande coraggioso,

  26 	questi, simili a sole e luna, adornati supremamente d'oro,
     	avevano sui loro carri o re, grandi bandiere con varie insegne dipinte,

  27 	e schierandosi dietro il grande guerriero Dhṛṣṭadyumna,
     	coi fratelli e i figli, proteggeva Yudhiṣṭhira,

  28 	sui carri dei tuoi nemici vi erano vari pavesi,
     	superati dalla bandiera di Arjuna su cui troneggiava la grande scimmia,

  29 	i fanti venivano avanti con in pugno spade, lance e giavellotti, 
     	molte centinaia di migliaia erano a protezione di Bhīmasena,

  30 	e diecimila elefanti, col liquor che usciva dalle tempie,
     	potenti, con armature fatte d'oro, splendevano come montagne,

  31 	e simili a nuvole piovose colando il liquor della furia, e profumati di loto,
     	seguivano il re da dietro, come mobili montagne,

  32 	Bhīmasena brandendo la terribile mazza, simile a barra di ferro,
     	spingeva via il grande esercito, quell'invincibile dal grande intelletto,

  33 	lui difficile a scorgersi come il sole rovente, inghirlandato di raggi,
     	nessuno dei soldati riusciva a scorgerlo sul campo di battaglia,

  34 	lo schieramento di nome 'folgore' duro da rompere, rivolto in ogni direzione,
     	che ha gli archi come segno di lampi, è protetto dall'armato del gāṇḍīva,

  35 	i pāṇḍava si schieravano contro il tuo esercito, questo avendo disposto,
     	che è invincibile nel mondo degli uomini, ed era protetto dai pāṇḍava,

  36 	mentre erano schierati di fronte gli eserciti, verso il sorgere del sole,
     	sorgeva un vento misto a pioggia, senza nuvole ma accompagnato da lampi,

  37 	e nocive ventate soffiavano aspre, rotolando i ciottoli in basso,
     	e saliva in alto la polvere, e le tenebre nascondevano il mondo,

  38 	cadeva una grande meteora verso est o toro dei bhārata,
     	colpendo il sorgente sole, si distruggeva con grande frastuono,

  39 	quindi mentre si muovevano gli eserciti, o toro dei bhārata,
     	privo di luce si alzava il sole, e rumorosa si scuoteva la terra,
     	e si rompeva con frastuono o migliore dei bhārata,

  40 	e molti uragani o re, sorgevano in tutti i luoghi,
     	e sorgeva una densa polvere, che non si vedeva più nulla,

  41 	essendo le bandiere violentemente agitate dal vento,
     	e col suono delle reti di campanelle, e delle ghirlande d'oro,

  42 	di quei grandi stendardi splendidi come soli,
     	tutto quel tintinnio era come si sente nelle foreste di palme,

  43 	così i pāṇḍava, tigri fra gli uomini, gioiendo per la lotta,
     	erano schierati contro l'esercito di tuo figlio,

  44 	e si seccava il midollo dei soldati o toro fra gli uomini,
     	vedendo davanti a loro Bhīmasena, schierato mazza in pugno.”
     


                              XX


   1 	Dhṛtarāṣṭra disse:
     	“ al sorgere del sole o Saṃjaya, quali per primi, erano felici di combattere 
     	allora i miei, in battaglia guidati da Bhīṣma o i pāṇḍava guidati da Bhīma?

   2 	a quali erano dietro il sole e la luna, e quei venti? a quale degli eserciti gridavano le belve?
     	e a quali di quei giovani era una aspetto grazioso? tutto questo dimmi come era.” 

   3 	Saṃjaya disse:
     	“ i due eserciti arrivarono insieme, entrambi schierati, e di aspetto gioioso o re di uomini,
     	entrambi simili a fitte foreste, ed entrambi pieni di elefanti carri e cavalli,

   4 	entrambi gli eserciti forti e di terribile aspetto, ed entrambi irresistibili o bhārata,
     	ed entrambi felici sulla via del paradiso, ed entrambi guidati da nobili e virtuosi uomini,

   5 	rivolti ad occidente i kaurava di Dhṛtarāṣṭra schierati, e ad est i pāṇḍava combattevano,
     	l'armata dei kaurava era come quella del re dei daitya, e i pāṇḍava simili a quella di Indra,

   6 	puro era il vento dietro i pāṇḍava, e le belve urlavano ai figli di Dhṛtarāṣṭra,
     	gli elefanti di tuo figlio non sopportavano il forte odore della furia di quei re degli elefanti,

   7 	Duryodhana su un elefante color di loto, con busto d'oro, furioso e di forte razza,
     	era schierato in messo ai kuru, inneggiato dai parenti e dai māgadha,

   8 	il suo parasole bianco era simile a luna, e una corona d'oro brillava sualla sua testa,
     	intorno a lui era Śakuni, signore e re di gāndhāra, coi montanari gāndhāra, 

   9    l'anziano Bhīṣma era davanti all'intero esercito, con parasole e arco bianchi e con la conchiglia,
     	con bianco elmo e pavese, con bianchi cavalli simili a bianche rocce,

  10 	nel suo esercito vi erano tutti i figli di Dhṛtarāṣṭra, Śala e una parte dei bāhlīka,
     	e gli kṣatriya degli amaṣṭha, e quelli del sindhu, e i sauvīra, e i guerrieri pañcanada,

  11 	con rossi cavalli, su lucido carro, il grand'anima, il grandi-braccia, Droṇa di suprema bontà,
     	il celebre guru stava dietro l'esercito di tutti quei re, proteggendolo come fa Indra,

  12 	il figlio di Vṛddhakṣatra, era in mezzo all'armata e Bhūriśravas, Purumitra, e Jaya
     	e i śālva, i matsya e i kekaya e tutti i fratelli combattevano tra le schiere degli elefanti,

  13 	gautama il figlio di Śaradvat, grand'anima dal grande giogo, grande arciere con varie armi,
     	coi śaka, i kirāta, gli yavana, e i pahlava era a capo all'esercito del nord,

  14 	coi grandi guerrieri andhaka, vṛṣṇi e bhoja, coi saurata, coi nairr̥ta, armi in pugno
     	Bṛhadbala, protetto da Kṛtavarman, comandava le tue forze del sud,

  15 	una miriade di carri che ha giurato fermamente morte o vittoria su Arjuna,
     	per cui procedevano vicino ad Arjuna, erano gli esperti guerrieri trigarta, 

  16 	più di centomila elefanti sono fra i tuoi o bhārata,
     	e per ogni elefante cento carri, e cento cavalli per ogni carro

  17 	per ogni cavallo dieci arcieri, e per un arciere dieci con lo scudo,
     	così erano schierati i tuoi eserciti da Bhīṣma o bhārata,

  18 	disponendoli in un ordine umano, divino, o da gandharva o da asura, 
     	ogni giorno che giungeva, il comandante Bhīṣma, figlio di Śaṃtanu,

  19 	come l'oceano con l'alta marea, era quella grande fiumana di grandi guerrieri 
     	dei figli di Dhṛtarāṣṭra, schierata da Bhīṣma sul campo rivolta ad occidente,

  20 	di moltissime forme è il tuo esrcito, e terribile ma non per i pāṇḍava,
     	io ritengo grandissimo e inviolabile, quello guidato da Arjuna e dal lunghi-capelli.”
     


                              XXI


   1 	Saṃjaya disse:
     	“ vedendo schierato l'enorme esercito dei figli di Dhṛtarāṣṭra,
     	il figlio di Kuntī, il re Yudhiṣṭhira, cadeva nello stupore,

   2 	il pāṇḍava scorgendo lo schieramento imprendibile composto da Bhīṣma,
     	e vedendolo insuperabile, abbattuto diceva ad Arjuna:

   3 	'o conquista-ricchezze, come possiamo combattere sul campo,
     	contro i figli di Dhṛtarāṣṭra per i quali combatte il patriarca, o grandi-braccia?

   4 	imperturbabile e insuperabile dal tormenta-nemici che è Bhīṣma, 
     	è disposto, secondo gli śāstra, e la giusta regola da lui che ha grande splendore,

   5 	per noi coi nostri eserciti improbabile è il successo o tormenta-nemici,
     	quale mezzo noi potremo avere contro questo grande schieramento?'

   6 	allora Arjuna, uccisore di nemici, disse al pṛthāde Yudhiṣṭhira:
     	' vedendoti abbattuto e anche il tuo esercito o re,

   7 	con la saggezza, guerrieri superiori per numero e anche per qualità,
     	i minori possono vincerli, ascolta in che modo o signore di popoli,

   8 	o re che non hai invidie io ti dirò questo mezzo o re,
     	il ṛṣi Nārada lo conosce e pure Bhīsma e Droṇa o pāṇḍava,

   9 	usando questo mezzo nella guerra tra dèi e asura, il Grande-avo stesso
     	diceva in quel tempo ai celesti con grande Indra in testa:

  10 	'chi desidera vincere non vince attraverso la forza e il valore,
     	come può attraverso sincerità e mitezza, ed esercitando il dharma,

  11 	abbandonando l'adharma, l'avidità, e l'errore, e saldi nell'impegno,
     	combattete senza egoismi, dov'è il dharma là è la vittoria.'

  12 	così o re, sappi, certamente la vittoria in battaglia è nostra,
     	come mi disse Nārada, dov'è Kṛṣṇa là c'è la vittoria,

  13 	la vittoria dipende da Kṛṣṇa, essa segue da presso il mādhava,
     	da una parte egli possiede la vittoria e dall'altra il dono dell'umiltà,

  14 	infinito splendore ha Govinda, calmo tra le truppe nemiche
     	è sempre quest'uomo, dov'è Kṛṣṇa là c'è la vittoria,

  15 	un tempo egli diventato Hari Vaikuṇṭha, dall'indistruttibile dardo,
     	a dèi e asura diceva con voce tonante: 'chi di voi vincerà?'

  16 	'dietro Kṛṣṇa noi vinceremo.' così da quelli fu detto e vinto,
     	per sua grazia il trimundio fu ottenuto dai celesti con Śakra in testa,

  17 	io qui non vedo nessuna preoccupazione per te o bhārata,
     	tu possiedi la vittoria, lo vuole il signore supremo dei trenta dèi.' “
     


                              XXII


   1 	Saṃjaya disse:
     	“ allora il re Yudhiṣṭhira incitava il suo esercito,
     	schierandolo contro le armate di Bhīṣma o toro dei bhārata,

   2 	e come avevano stabilito i pāṇḍava schieravano le truppe,
     	il supremo paradiso bramando con bella guerra quei continuatori dei kuru,

   3 	in mezzo vi era l'esercito di Śikhaṇḍin protetto dall'ambidestro,
     	e quello di Dhṛṣṭadyumna in persona, protetto da Bhīma,

   4 	le truppe a sud o re, erano protette da Yuyudhāna,
     	il glorioso principe dei sātvata, arciere pari a Śakra,

   5 	su un carro simile a quello del grande Indra, variegato d'oro e di gemme, e ben fornito,
     	con redini e corde d'oro, stava Yudhiṣṭhira in mezzo a molti elefanti,

   6 	aperto su di lui il suo bianchissimo parasole dal manico d'avorio, splendeva forte,
     	e i grandi ṛṣi praticavano a lui la pradakṣiṇa, con inni per quel sovrano di uomini,

   7 	i purohita parlando della distruzione dei nemici, e gli anziani e dotti grandi ṛṣi, 
     	con preghiere e mantra e con erbe, tutt'intorno compivano cerimonie augurali, 

   8 	quindi vesti e vacche, e frutti e fiori assieme a monete d'oro,
     	quel grand'anima, il migliore dei kuru, dando ai brahmani, procedeva come Śakra tra gli dei,

   9 	con mille soli, con centinaia di campanelli, incrostato del migliore oro della jāmbūnadī,
     	il carro di Arjuna raggiante come un fuoco, splendeva coi bianchi cavalli e le belle ruote,

  10 	schierato su questo, dalla scimmia sul pavese, guidato dal lunghi-capelli, gāṇḍīva e frecce in mano,
     	mai vi fu sulla terra un arciere pari a lui, né mai vi sarà,

  11 	distruggendo l'armata di tuo figlio, chi assume un aspetto superferoce,
        il forte-braccio che disarmato con le braccia può incenerire uomini cavalli ed elefanti sul campo,

  12 	Bhīmasena unito ai gemelli, ventre-di-lupo, è il protettore del carro dell'eroe,
     	vedendo lui come un toro scatenato dalle movenze leonine, al mondo simile ad Indra,

  13 	scorgendolo alla testa dell'armata, invincibile, tremavano come cammelli nel fango,
     	i tuoi guerrieri col valore rotto dalla paura, vedendo ventre-di-lupo come un re degli elefanti,

  14 	Janārdana, al folti-capelli al migliore dei bhārata,
     	a quel principe inaffrontabile schierato in mezzo all'esercito diceva:

  15 	Vāsudeva diceva:
     	' il potente che di salda forza è la loro guida, che come un leone scruta il nostro esercito,
     	Bhīṣma è il duce della stirpe dei kuru, che ha celebrato trenta aśvamedha,

  16 	queste truppe coprono quel grande potente, come le nuvole fanno col sole radiante,
     	queste truppe uccidendo o eroe tra gli uomini, cerca lo scontro con quel toro dei bhārata.”

  17 	Dhṛtarāṣṭra disse:
     	“di chi sono le truppe che gioiose combattono là in testa o Saṃjaya?
     	e quali con animo fiero? e quali abbattuti e confusi?

  18 	e quali per primi attaccarono là in quella battaglia da far tremare i cuori?
     	i miei o i pāṇḍava? questo raccontami o Saṃjaya,

  19 	nello scontro dei due eserciti le ghirlande di chi, emettevano profumo?
     	e parole auspicabili urlarono quei combattenti?”

  20 	Saṃjaya disse:
     	“ di entrambe le armate i guerierri si rallegravano gioiosi,
     	in entrambi sorgeva l'odore dei liquori e il profumo delle ghirlande,

  21 	quando si scontrarono gli eserciti ordinati o toro fra i bhārata,
     	attaccandosi orgogliosi, una grandissima battaglia sorse, 

  22 	tumultuoso era il suono degli strumenti unito a tamburi e conchiglie, 
     	e ai barriti degli elefanti, di quelli eserciti eccitati.”
     


                    ( Inizio della Bhagavadgītā)

                              XXIII


   1 	Dhṛtarāṣṭra disse:			 
     	“sulla piana del dharma, a kurukṣetra riuniti, ardenti di guerra, 
     	i miei e i pāṇḍava dunque, che fecero o Saṃjaya? “ 

   2 	Saṃjaya disse: 
     	“ avendo pur visto dei pāṇḍava la schiera ordinata, Duryodhana allora, 
     	al maestro accostandosi il re, il discorso diceva: 

   3 	'guarda dei figli di Pāṇḍu, o maestro, il grandioso esercito 
     	schierato dal figlio di Drupada tuo allievo d'ingegno. 	 

   4 	quivi guerrieri, arcieri supremi, a Bhīma e ad Arjuna pari in battaglia, 
     	Yuyudhāna e Virāṭa e Drupada grande sul carro. 

   5 	Dhṛṣṭaketu, Cekitāna e il re dei Kāśi possente 
     	Purujit, Kuntibhoja e il re degli śibi, toro fra gli uomini. 

   6 	e Yudhāmanyu valoroso, e Uttamaujas possente, 
     	il figlio di Subhadra e i figli di Draupadī, tutti invero grandi sul carro. 		 

   7 	e i miei invece i preminenti che sono, questi sappi, o migliore dei nati due volte, 
     	i condottieri del mio esercito, a tuo beneficio li dirò: 

   8 	tu Signore, e Bhīṣma e Karṇa e Kṛpa vincitore in battaglia 
     	Aśvatthāman e Vikarṇa e il figlio di Somadatta pure. 

   9 	e altri molti guerrieri per me, a lasciar la vita pronti, 
     	di varie lame ed armi dotati, tutti esperti di guerra. 

  10 	sconfinata la nostra Forza da Bhīṣma protetta, 
     	limitata invece, la loro Forza da Bhīma protetta. 

  11 	e nei ranghi tutti assegnati, saldi restando, 
     	Bhīṣma proteggano lorsignori tutti davvero!' 

  12 	di lui scatenando la gioia, l'anziano dei Kuru, l'avo, 
     	di leone ruggito ruggendo forte, la conchiglia soffiò potente. 

  13 	allora conchiglie e timpani, tamburi, tamburini e corni 
     	tutt'insieme risuonavano, il rumore tumulto divenne. 

  14 	Allora a bianchi cavalli aggiogato nel grande carro stando, 
     	il Mādhava e il pāṇḍava le divine conchiglie suonarono: 

  15 	Pāñcajanya, il Signore dei sensi, Devadatta, il conquista-ricchezze. 
     	Pauṇḍra soffiò grande conchiglia, il Terribili-gesta Ventre-di-lupo 

  16 	Anantavijaya il re, il figlio di Kuntī Yudhiṣṭhira, 
     	Nakula e Sahadeva sughoṣa e maṇipuṣpaka. 

  17 	e il re dei Kāśi arciere supremo, e Śikhaṇḍin  grande sul carro, 
     	Dhṛṣṭadyumna e Virāṭa e Sātyaki l'invitto, 

  18 	Drupada e i figli di Draupadī tutti, o Signore della terra, 
     	e il figlio di Subhadra dalle grandi braccia, le conchiglie soffiarono ad uno ad uno. 

  19 	il frastuono, i cuori feriva dei figli di Dhṛtarāṣṭra, 
     	il cielo e la terra in tumulto rieccheggiando. 

  20 	allora schierati vedendo i figli di Dhṛtarāṣṭra, Colui dalla scimmia nel pavese, 
     	iniziato già delle armi il volo, l'arco in alto alzando il pāṇḍava, 

  21 	al Signore dei sensi, allora questo discorso disse, o grande signore, 
     	'degli eserciti entrambi nel mezzo il mio carro conduci, o Incrollabile, 

  22 	che quelli veda da me, di guerra bramosi schierati, 
     	con i quali io debba combattere in quest'inizio di battaglia. 

  23 	quelli che combatteranno scorga da me, i quali qui son convenuti, 
     	in guerra per compiacere il malvagio figlio di Dhṛtarāṣṭra. ' 

  24 	così apostrofato il Signore dei sensi dal Folti-capelli, o bhārata, 
     	degli eserciti entrambi nel mezzo conducendo il carro supremo, 

  25 	a Bhīṣma e a Droṇa di fronte, e a tutti i principi della terra, 
     	Disse:' O figlio di Pṛthā guarda i convenuti Kuru.'

  26 	lì, vedeva schierati il pṛthāde, padri e anche nonni, 
     	maestri, zii materni, fratelli, figli, nipoti, e compagni pure, 

  27 	suoceri, e amici, negli eserciti entrambi seppure. 
     	quelli, vedendo il kuntīde, tutti i parenti schierati, 

  28 	dall'angoscia penetrato, abbattuto, questo pronunciò: 
     	'vedendo le mie genti o Kṛṣṇa, pronti alla guerra insieme schierati, 

  29 	cedono le mie braccia, e la bocca si secca, 
     	e un tremore nel corpo, e un rizzar di peli mi nasce 

  30 	il Gāṇḍīva l'arco sfugge di mano e la pelle s'infiamma, 
     	né sono in grado di reggermi in piedi, e si sperde la mia mente. 

  31 	e presagi scorgo contrari, o Lunghi-capelli, 
     	né un bene mi sembra, uccidere la propria gente in battaglia. 

  32 	non bramo la vittoria o Kṛṣṇa, non il regno e i piaceri. 
     	cosa a noi del regno o Govinda? cosa dei beni o della vittoria? 

  33 	in virtù di chi si desidera da noi il regno, i beni e i piaceri, 
     	proprio questi son schierati in battaglia, le vite trascurando e le ricchezze: 

  34 	maestri, padri, figli, come pure nonni, 
     	zii materni, suoceri, nipoti, cognati e consanguinei pure. 

  35 	questi  uccidere non voglio, ucciso seppur, o Distruttore di Madhu. 
     	anche del regno dei tre mondi in cambio, che dunque solo pe'l premio della terra? 

  36 	uccidendo i figli di Dhṛtarāṣṭra per noi quale gioia sarebbe o Janārdana? 
     	il male s'attaccherebbe a noi uccidendo questi assalitori. 

  37 	percio non è degno di noi uccidere i figli di Dhṛtarāṣṭra, consanguinei. 
     	la nostra gente dunque ammazzando quale felicità avremo o Mādhava? 

  38 	se anche essi non vedono, il cuor dalla cupidigia rapito, 
     	il compiere la distruzione della famiglia un male, e il tradimento dell’amico un peccato, 

  39 	come non sapremo noi, dal male astenerci, 
     	che il far la distruzione della famiglia una colpa scorgiamo o Janārdana? 

  40 	distrutta la famiglia, cadono della famiglia le leggi eterne; 
     	cadute le leggi, sulla famiglia intera l'adharma domina dunque; 

  41 	dominando l'adharma, o Kṛṣṇa, si corrompono le donne della famiglia; 
     	corrotte le donne, o vṛṣṇi, nasce la confusione dei varṇa; 

  42 	la confusione [porta] all'inferno dei distruttori delle famiglie, e della famiglia; 
     	cadono i padri dunque di quelli, privi delle offerte di acqua e di piṇḍa. 

  43 	per questi peccati dei distruttori della famiglia, e per chi compie la confusione dei varṇa 
     	svaniscono le regole di casta, e della famiglia le leggi eterne. 

  44 	di chi son svanite le leggi di famiglia, di [questi] uomini, o Janārdana, 
     	nell'inferno certamente la dimora si trova, abbiamo udito. 

  45 	ahime! un grande male a compiere risoluti siamo, 
     	che per cupidigia dei piaceri del regno di ammazzar la nostra gente siam pronti. 

  46 	se me indifeso, disarmato, armi in pugno 
     	i figli di Dhṛtarāṣṭra, in battaglia uccidessero, questo per me il meglio sarebbe!'

  47 	così avendo parlato Arjuna sul campo di battaglia, in mezzo al carro sedeva 
     	gettato avendo freccia ed arco, dal dolore sconvolta la mente. 


                              XXIV


   1 	Saṃjaya disse: 
     	" a lui allora dall'angoscia preso, pieni di lacrime e turbati gli occhi, 
     	abbattuto, questo discorso disse il Madhusūdana: 

   2 	Il Signore Beato disse: 
     	'donde a te questa debolezza nella difficoltà è sopraggiunta, 
     	di un nobile indegna, che dal paradiso allontana, disonore portando, o Arjuna? 

   3 	alla debolezza non indulgere, o pṛthāde non questa a te si addice. 
     	la vile del-cor-mancanza abbandonando, alzati o distruttore dei nemici!' 

   4 	Arjuna disse: 
     	' come Bhīṣma, io in battaglia, e Droṇa, o Madhusūdana 
     	con le frecce combatterò questi venerabili, o uccisore di nemici? 

   5 	i guru avendo ucciso inver magnanimi, meglio goder d'elemosina qui in questo mondo! 
     	uccidendo, pur desiderosi di vittoria i guru, qui godremmo di beni macchiati di sangue. 

   6 	né ciò vediamo, quale dei due per noi migliore, se noi vinciamo o se ci vincano. 
     	chi inver uccidendo, non più viver vorremmo, questi sono schierati di fronte: i figli di Dhṛtarāṣṭra! 

   7 	con la mia natura oppressa dal peso dell'angoscia, chiedo a te, la mente confusa sul dharma, 
     	cosa meglio sia, con certezza rivelamelo! allievo tuo sono, istruisci me ai tuoi piedi prostrato! 

   8 	non invero vedo da me s'allontani il dolore che rinsecchisce i sensi, 
     	ottenuto abbia in terra, senza nemici un prospero regno, e degli dèi pure la reggenza.' 

   9 	Saṃjaya disse: 
     	così parlando al Signore dei sensi, il Folti-capelli, o distruttore di nemici, 
     	"non combatterò!" a Govinda dicendo, silente divenne allora. 

  10 	a lui disse il Signore dei sensi, ridendo quasi, o bhārata, 
     	degli eserciti entrambi nel mezzo, all'abbattuto, questo discorso: 

  11 	Il Signore Beato disse: 
     	' compiangendo chi non è da compiangere, tu sagge parole anche pronunci, 
     	chi va e chi viene, non compiangono i sapienti. 

  12 	non invero io prima non fui, non tu, non questi principi, 
     	né invero non saremo tutti noi da qui in avanti. 

  13 	per l'abitante il corpo, come in questo corpo  v'è infanzia, giovinezza, vecchiaia, 
     	così [per esso] di un altro corpo l'acquisto. il saggio qui non si confonde. 

  14 	i contatti colla materia invero, o kuntīde, freddo, caldo, piacere e dolore producendo, 
     	vengono e vanno perennemente, questi volentieri sopporta o bhārata! 

  15 	l'uomo che non turbano essi, o Toro fra gli uomini, 
     	l'uguale nel dolore e nel piacere, il saggio, questi dell'immortalità è degno. 

  16 	non il non-essere si sa esistere, né non esistere si sa l'essere. 
     	di entrambi invece son visti i confini di questi due, da chi la verità scorge. 

  17 	indistruttibile però quello, sappi, da cui tutto ciò è scaturito 
     	la distruzione di questo inalterabile, nessuno di compiere è in grado. 

  18 	aver fine questi corpi son detti, dell'eterno che è nel corpo, 
     	indistruttibile, inconoscibile, perciò combatti o bhārata! 

  19 	chi esso crede uccida e chi esso pensa ucciso, 
     	entrambi questi non sanno; non esso uccide, né è ucciso. 

  20 	non è nato o morto mai; non esso è stato o non sarà di nuovo, 
     	non-nato, perenne, eterno, esso l'antico, non s'uccide uccidendo il corpo. 

  21 	chi sa indistruttibile, perenne esso, non-nato, inalterabile, 
     	come quest'uomo o figlio di Pṛthā, qualcuno fa morire? uccide qualcuno? 

  22 	come i vestiti vecchi abbandonando, di nuovi ne prende l'uomo ulteriori, 
     	così i corpi abbandonando vecchi, altri ne assume di nuovi, l'abitante del corpo. 

  23 	non lo feriscono le armi, non lo brucia il fuoco, 
     	né esso bagnano le acque, non lo asciuga il vento. 

  24 	non-feribile esso, imbruciabile esso, imbagnabile e inasciugabile, 
     	perenne, omnipervadende, stabile, immobile, esso è eterno. 

  25 	non-manifesto esso, non-pensabile esso, immutabile esso, si dice, 
     	perciò così conoscendo, di compiangerlo non hai ragione. 

  26 	e se esso perennemente nato o perennemente ritieni morto, 
     	allora pure, tu o grandi-braccia, di piangerlo non hai motivo. 

  27 	di chi è nato invero, certa la morte, e certa la nascita di chi è morto. 
     	perciò essendo inevitabile la cosa, tu di dolerti non hai ragione. 

  28 	immanifesti al principio gli esseri, manifesti nel mezzo, o bhārata, 
     	immanifesti alla fine di nuovo, allora che vale lamentarsi? 

  29 	un prodigio lo vede qualcuno, e il prodigio racconta invero anche un altro, 
     	e il prodigio un altro lo ascolta e ascoltandolo pure, non lo conosce nessuno. 

  30 	l'abitante del corpo perennemente immortale, esso è nel corpo di ognuno, o bhārata. 
     	perciò tutti gli esseri tu di piangere non hai motivo. 

  31 	al proprio dovere anche guardando, non di tentennare hai ragione: 
     	di una giusta guerra meglio, altro per uno kṣatriya non si trova. 

  32 	e spontaneamente sopraggiunta, le porte del paradiso spalancante, 
     	felici gli kṣatriya, o figlio di Pṛthā, afferrano una guerra simile! 

  33 	e se tu questo giusto combattimento non farai 
     	allora il tuo dovere e la gloria abbandonando il male otterrai. 

  34 	e infamia anche, i viventi racconteranno di te incancellabile, 
     	e per l'onorato il disonore, alla morte è superiore. 

  35 	per paura, dalla battaglia fuggito ti penseranno i grandi sui carri. 
     	e da chi tu, stimato sei stato, otterrai il disprezzo. 

  36 	e indicibili parole molte, diranno i tuoi nemici, 
     	deridendo il tuo valore, allora di più doloroso dunque cosa c'è? 

  37 	o ucciso otterrai il cielo, o vincendo godrai la terra. 
     	perciò alzati o kuntīde la guerra risoluto a compiere! 

  38 	nel piacere e dolore uguale restando, nel guadagno e perdita, nella vittoria e nella sconfitta, 
     	allora alla guerra unisciti, non in questo modo il male otterrai. 

  39 	questa concezione ti è stata rivelata secondo il sāṃkhya, secondo lo yoga tu questa ascolta, 
     	alla concezione aderendo, con cui, o figlio di Pṛthā, il legame dell'azione infrangerai. 

  40 	non qui perdita di sforzo c'è, impedimento non si trova; 
     	una piccola parte pure di questa regola, difende dalla grande paura. 

  41 	la in-sé risoluta intelligenza, una sola in questo mondo è o Kurundana! 
     	dai molti rami invece e infinite, le intelligenze degli irresoluti. 

  42 	quello che è un fiorito discorso prununciano gl'ingnoranti, 
     	della parola dei veda innamorati, o figlio di Pṛthā, 'null'altro c'è' dicendo, 

  43 	di desiderio piene le menti, al cielo rivolti, di chi la rinascita ottiene come frutto dell'agire, 
     	di chi pratica svariati e molteplici riti ai beni e al potere rivolti, 

  44 	di chi si attacca ai beni e al potere, di chi da ciò ha il pensiero rapito, 
     	la [pur] risoluta per natura intelligenza, alla contemplazione non è adatta. 

  45 	i tre guṇa per oggetto hanno i veda, lontano dai tre guṇa resta, o Arjuna! 
     	lontano dagli opposti, sempre nell'equilibrio fermo, lontano dal possesso, padrone di te! 

  46 	quanto grande l’utilità in uno stagno, mentre ovunque scorrono le acque, 
     	tanto, in tutti i veda per un brahmano sapiente! 

  47 	l'azione solo sia norma per te, non i frutti giammai! 
     	non dell'agire il frutto per scopo avere! non in te attaccamento sia pel non-agire! 

  48 	saldo nello yoga, compi le azioni, l'attaccamento tralasciando, o conquista-ricchezze, 
     	nel successo e insuccesso uguale restando: equanimità lo yoga è detto! 

  49 	di gran lunga invero, inferiore l'agire al ‘buddhiyoga’, o conquista-ricchezze, 
     	nell'intelligenza rifugio cerca; miseri i rivolti ai frutti! 

  50 	all'intelligenza unito abbandona qui entrambi: il ben'agire ed il mal'agire! 
     	perciò allo yoga unisciti! lo yoga nelle azioni è la perizia! 

  51 	all'intelligenza uniti, dall'agire nato, il frutto tralasciando, i saggi, 
     	liberati dal vincolo della rinascita, la dimora raggiungono di mali priva. 

  52 	quando la tua intelligenza, il folto dell'offuscamento attraverserà, 
     	allora otterrai il disgusto per ciò che dev'esser rivelato e per il già rivelato. 

  53 	quando dalla rivelazione disorientata, si raffermerà senza moto, 
     	nella contemplazione immobile, la tua intelligenza, allora lo yoga otterrai. " 

  54 	Arjuna disse: 
     	'di chi ha salda saggezza quali sono le parole? di chi è fermo nella contemplazione, o Lunghi-capelli? 
     	chi ha stabile pensiero, come parlerà? come siederà? camminerà come?' 

  55 	Il Signore Beato disse: 
     	'quando abbandoni i desideri tutti, o figlio di Pṛthā, nella mente nati, 
     	in sé, solo per sé soddisfatto, uno di stabile saggezza allora è detto. 

  56 	nei dolori chi non ha mente turbata, nei piaceri chi desiderio ha cessato, 
     	chi è libero da passione, paura ed ira, di stabile pensiero savio è detto. 

  57 	chi per ogni dove distaccato, qualsiasi cosa ottenendo di bene o di male, 
     	non desidera, non detesta, di costui la saggezza è salda. 

  58 	e quando ritiri egli, come la tartaruga gli arti da ogni direzione, 
     	i sensi dagli oggetti dei sensi, di costui la saggezza è salda. 

  59 	gli oggetti svaniscono per l'abitante del corpo che non se ne nutre, 
     	il gusto eccettuato, il gusto pure di esso, il supremo veduto avendo, svanisce. 

  60 	di chi si sforza pure, o kuntīde, dell'uomo che discerne, 
     	i sensi turbolenti trascinano con violenza la mente. 

  61 	questi tutti trattenendo, concentrato sieda a me rivolto! 
     	di chi in dominio sono i sensi, di costui la saggezza è salda. 

  62 	contemplando gli oggetti dei sensi, l'uomo attaccamento per essi si crea. 
     	dall'attaccamento nasce il desiderio, dal desiderio l'ira scaturisce. 

  63 	dall'ira viene l'offuscamento, dall'offuscamento la confusione della memoria, 
     	dalla memoria confusa la distruzione dell'intelligenza, con l'intelligenza distrutta, perisce. 

  64 	con i sensi distaccati da passione e odio però, sugli oggetti dei sensi agendo, 
     	sotto il dominio di sé, disciplinato sé stesso, la tranquillità raggiunge. 

  65 	nella tranquillità, di ogni dolore la fine per lui si crea. 
     	di chi ha tranquillo pensiero, allora in breve l'intelligenza si rinsalda. 

  66 	non c'è intelligenza per chi non si sforza, né per chi non si sforza c'è concentrazione, 
     	né per chi non si concentra, pace, per chi non ha pace, donde la felicità? 

  67 	dai sensi inver agitati, quanto la mente è trascinata,  
     	tanto di costui è portata via la saggezza come il vento la nave sull'acqua. 

  68 	perciò di chi, o grandi-braccia, trattenuti completamente 
     	sono i sensi dagli oggetti dei sensi, di costui la saggezza è salda. 

  69 	in quella che è notte per tutte le creature, veglia il controllato, 
     	quella in cui vegliano le creature, è notte per il veggente asceta. 

  70 	al modo in cui, non riempibile, immobile restando, l'oceano dalle acque è penetrato, 
     	a quel modo chi dai desideri è penetrato tutti, costui la pace ottiene, non chi i desideri brama. 

  71 	tralasciando i desideri tutti, l'uomo che agisce privo di aspettativa, 
     	lontano dal possesso, privo del senso dell'io, costui la pace raggiunge. 

  72 	questo di brahman lo stato, o pṛthāde! non, ciò ottenuto avendo, si confonde 
     	chi è saldo in esso; al momento della fine se pur, il nirvana nel brahman raggiunge. '


                              XXV


   1 	Arjuna disse: 
     	'superiore se all'azione, tu pensi l'intelligenza, o Janārdana, 
     	dunque perchè in un'azione terribile mi spingi, o Lunghi-capelli? 

   2 	con ambigua parola l'intelletto mi confondi. 
     	dunque una sola cosa pronuncia con certezza, per la quale il meglio io ottenga!' 

   3 	Il Signore Beato disse: 
     	'nel mondo presente, di due tipi le certezze prima rivelate da me, o Senza-macchia: 
     	dello yoga della conoscenza per i seguaci del sāṃkhya, dello yoga dell'azione per gli yogin. 

   4 	non dalle azioni astenendosi, il distacco dall'agire l'uomo ottiene, 
     	né con la rinuncia solamente la perfezione raggiunge. 

   5 	nessuno, per un istante neppur mai rimane senza agire. 
     	è compiuta invero, suo malgrado ogni azione, dai naturali guṇa. 

   6 	chi gli organi dell'agire trattenendo, siede con la mente evocando 
     	gli oggetti dei sensi, di confuso spirito, ipocrita egli è detto. 

   7 	chi invece, i sensi con la mente raffrenando, intraprende o Arjuna, 
     	con gli organi dell'agire, lo yoga dell'azione, distaccato, questi è superiore. 

   8 	perennemente compi l'azione tu! l'agire è migliore invero del non-agire! 
     	e il sostentamento del corpo persino, di te non si compirebbe non agendo. 

   9 	a scopo di sacrificio l'azione, eccettuata, il mondo presente all'agire è vincolato; 
     	a questo fine l'azione, o kuntīde, libero da attaccamento compi! 

  10 	con il sacrificio le creature creando anticamente, disse Prajāpati: 
     	'attraverso questo moltiplicatevi, esso per voi sia la vacca dei desideri bramati! 

  11 	gli dèi sostenete con esso! gli dèi sostengano voi! 
     	vicendevolmente sostenendovi, il bene supremo otterrete. 

  12 	i desiderati beni invero, a voi gli dèi daranno, dal sacrificio sostenuti. 
     	di loro i doni, senza restituir loro, chi consuma, un ladro solo costui!' 

  13 	dei resti del sacrificio nutrendosi, i buoni si liberano da ogni colpa 
     	godono invece, del peccato quei malvagi che cuociono per sé stessi. 

  14 	con il cibo crescono gli esseri, dalla pioggia il cibo è scaturito, 
     	dal sacrificio avviene la pioggia; il sacrificio dall'azione è creato. 

  15 	l'azione dal brahman creata sappila! dall'indistruttibile brahman creata! 
     	perciò l'onnipervadente brahman perennemente nel sacrificio è fondato. 

  16 	chi il così girante ciclo non alimenta in questo mondo, 
     	una mala vita conducendo nel piacere dei sensi, invano, o figlio di Pṛthā, egli vive. 

  17 	chi invece nel goder di sé solo sia, e di sé contento l'uomo, 
     	e in sé solo soddisfatto, per costui azione da compiere non si trova. 

  18 	non invero per lui nell'agire vi è scopo, né nel non agire qui alcuno. 
     	né per lui in tutti i viventi qualcuno per i suoi scopi è necessario. 

  19 	perciò distaccato, sempre la dovuta azione compi! 
     	distaccato compiendo l'azione, il supremo ottiene l'uomo. 

  20 	nell'agir appunto invero, il perfezionamento intrapresero Janaka e gli altri. 
     	al bene del mondo, solo anche guardando, d'agire ti compete. 

  21 	qualsiasi cosa compia il migliore, quella appunto le altri genti!  
     	costui, quale esempio faccia, il mondo questo segue. 

  22 	non da me o pṛthāde, v'è cosa da compiere, nei tre mondi alcuna. 
     	non cosa inottenuta da ottenere, e impegnato pur sono nell'azione. 

  23 	se pur io non m'impegnassi sempre nell'azione, instancabile, 
     	la mia strada seguirebbero gli uomini, o pṛthāde, tutti. 

  24 	decadrebbero questi mondi se non compissi l'azione io, 
     	e del caos l'autore sarei, distruggerei queste creature. 

  25 	al modo in cui attaccati all'azione, gl'ignoranti agiscono o bhārata, 
     	agisca il sapiente in tal modo, distaccato, con desiderio di fare il bene del mondo. 

  26 	non dell'intelletto la rovina, faccia nascere agli sciocchi attaccati all'azione, 
     	si compiaccia, tutte le azioni il sapiente, concentrato, compiendo! 

  27 	dai guṇa della natura sono compiute le azioni tutte. 
     	chi ha lo spirito confuso dal senso dell'io: "l'autore son'io" pensa. 

  28 	chi in verità conosce invece, o grandi-braccia, dei guṇa e dell'azione la differenza: 
     	"i guṇa sui guṇa agiscono"  pensando non è attaccato. 

  29 	i confusi dai guṇa della natura si attaccano alle azioni dei guṇa. 
     	questi di scarsa sapienza, i pigri, il saggio non turbi! 

  30 	in me tutte le azioni abbandonate avendo, col pensiero sul supremo sé, 
     	privo di speranza, lontano dal possesso restando, combatti, la pena cessando! 

  31 	gli uomini che il mio pensiero presente, perennemente seguono, 
     	pieni di fede, senza dispiacersi, sono liberi essi, anche dalle azioni. 

  32 	chi invece, codesto dispiacendo, non seguono il mio pensiero, 
     	in ogni conoscenza confusi costoro sappili perduti, insensati. 

  33 	conforme agisce, alla propria natura, il sapiente pure. 
     	la natura seguono gli esseri, l'opporsi che porterà? 

  34 	negli oggetti di ciascun senso passione ed avversione sono distribuiti. 
     	di questi due, non in dominio venga! questi due i suoi nemici! 

  35 	meglio il proprio dharma imperfetto, che l'altrui dharma ben seguito. 
     	nel proprio dharma il morire, la miglior cosa! l'altrui dharma, fonte di paura!' 

  36 	Arjuna disse: 
     	'ora, da quale cosa spinto, il male compie l'uomo, 
     	senza voler neppur, o vṛṣṇi, da una forza come condotto?'

  37 	il Signore Beato disse: 
     	' il desiderio è codesto! l'ira è codesto dal guṇa rajas scaturito! 
     	voracissimo, malvagissimo, sappilo qui come il nemico! 

  38 	come dal fumo è avvolto il fuoco, e lo specchio dalla polvere, 
     	come dalla placenta è coperto il feto, così da codesto questo è avvolto. 

  39 	del sapiente avvolto è il sapere da codesto, dall'eterno nemico 
     	che ha l'aspetto che vuole, o kuntīde, ed è insazziabile fuoco. 

  40 	i sensi, la mente, l'intelligenza la sua sede son detti, 
     	con essi confonde codesto, il sapere coprendo, l'abitante del corpo. 

  41 	perciò tu i sensi per primo domando, o Toro tra i bhārata, 
     	questo peccato colpisci, di saggezza e conoscenza rovina. 

  42 	i sensi superiori [ai lor oggetti] dicono, dei sensi superiore la mente, 
     	della mente però superiore l'intelligenza, ma esso è ciò che all'intelligenza è superiore. 

  43 	così dell'intelligenza superiore sapendolo, controllato avendo il sé con il sé, 
     	colpisci il nemico, o grandi-braccia, che ha la forma del desiderio, arduo da sconfiggere! '


                              XXVI


   1 	Il Signore Beato disse: 
     	'a Vivasvat questo yoga insegnai io, inalterabile, 
     	Vivasvat a Manu parlò, Manu a Ikṣvaku lo rivelò. 

   2 	così da uno all'altro tramandato, questo i re-veggenti conobbero. 
     	per il tempo quaggiù grande, questo yoga è perduto, o Distruttore di nemici. 

   3 	questo stesso antico yoga, io a te oggi rivelai, 
     	perchè mio devoto sei ed amico, questo invero è il segreto supremo.' 

   4 	Arjuna disse: 
     	'posteriore fu la tua nascita, precedente la nascita di Vivasvat
     	come questo posso interpretare che tu in principio lo rivelasti? '

   5 	Il Signore Beato disse: 
     	' molte  le mie trascorse nascite, e le tue o Arjuna, 
     	queste io conosco tutte, e tu non le conosci o Distruttore di nemici, 

   6 	non-nato sebbene sia, inalterabile spirito, degli esseri signore seppur sia, 
     	nella natura mia propria restando, rinasco attraverso il mio potere. 

   7 	ogni qualvolta invero del dharma il declino nasce o bhārata, 
     	al sorgere dell'adharma, allora me stesso creo io. 

   8 	per la protezione dei buoni, e per la distruzione dei malfattori 
     	allo scopo di consolidare il dharma, rinasco di era in era. 

   9 	la nascita e l'azione mia divina, in tal modo chi conosce in verità, 
     	abbandonando il corpo, la rinascita non raggiunge, me raggiunge egli, o Arjuna. 

  10 	liberi da passione, paura ed ira, di me pieni, in me rifugiati, 
     	molti dall'ascesi della conoscenza purificati, la mia natura han raggiunto. 

  11 	quali, in qual modo a me si prostrino, a questi, in quel modo stesso, concedo io. 
     	la mia strada seguono gli uomini, o pṛthāde, tutti. 

  12 	quanti desiderano delle azioni il successo, sacrificano quaggiù agli dèi. 
     	velocemente invero nell'umano mondo, il successo sorge, dall'azione nato. 

  13 	i quattro varṇa da me furon creati, accordando guṇa ed azioni, 
     	di ciò l'autore sebbene, me sappi come non-agente immutabile. 

  14 	le azioni non mi contaminano, non in me, del frutto dell'azione v'è brama. 
     	chi in tal modo mi conosce, non costui è vincolato. 

  15 	così conoscendo, compiuto fu l'agire dagli antichi anche, la liberazione desideranti. 
     	compi l'azione invero, perciò tu, dagli antichi anticamente compiuta! 

  16 	"quale l'agire? quale il non agire?" i saggi pure, qui son confusi. 
     	codesto agire a te rivelerò, il quale conoscendo ti libererai dal male, 

  17 	e dell'agire anche ciò che si deve conoscere, e che è da conoscer dell'agir malamente, 
     	e del non-agire ciò ch'è da sapere, difficile dell'azione la via! 

  18 	nell'azione il non-agire chi vede, e nel non-agire, l'azione chi, 
     	costui è intelligente tra gli uomini! costui è il concentrato autore dell'azione perfetta! 

  19 	di chi, tutte le cose intraprese, di desiderio e aspettative son prive, 
     	chi ha bruciato l'agire nel fuoco del sapere, costui chiamano sapiente gli intelligenti. 

  20 	abbandonato l'attaccamento al frutto dell'agire, sempre soddisfatto, privo di aiuto, 
     	nell'azione impegnato sebbene, non invero qualcosa compie costui. 

  21 	chi privo di speranza, domato il pensiero e il sé, abbandonando ogni possesso, 
     	il corpo solamente l'agire compiendo, non commette peccato. 

  22 	di ciò che spontaneamente ottiene contento, aldilà degli opposti, privo di invidia, 
     	uguale nel successo e nell'insuccesso, pur agendo non è legato. 

  23 	di chi è via dall'attaccamento, del liberato, di chi ha il pensiero radicato nella conoscenza, 
     	di chi diligente nel sacrificio è impegnato, l'agire interamente svanisce. 

  24 	brahman è l'offerta, brahman l'oblazione, nel fuoco che è brahman dal brahman versata, 
     	il brahman invero, da quello è raggiunto, il quale contempla del brahman l'azione. 

  25 	al sacrificio divino solamente, alcuni yogin partecipano, 
     	nel fuoco del brahman, altri, il sacrificio col sacrificio stesso sacrificano. 

  26 	l'udito e gli altri sensi, altri, nel fuoco della rinuncia sacrificano, 
     	Il suono e gli altri oggetti dei sensi, altri, nel fuoco dei sensi offrono. 

  27 	tutte le azioni dei sensi e le azioni del respiro vitale, altri, 
     	nel fuoco dello yoga dell'autocontrollo sacrificano, dal sapere illuminati. 

  28 	ricchezza sacrificano, l'ascesi sacrificano, lo yoga sacrificano anche altri, 
     	e lo studio e dottrina sacrificano, asceti dai ferrei voti. 

  29 	nell'espirare offrono l'inspirare, nell'inspirare l'espirare, pure altri
     	dell'inspirare ed espirare i flussi arrestando, dediti al controllo del respiro. 

  30 	altri misurati nel mangiare, i flussi vitali nei flussi vitali sacrificano, 
     	tutti pure questi, del sacrificio sapienti, col sacrificio le colpe dissolvono. 

  31 	consumando gl'immortali resti del sacrificio, raggiungono il brahman eterno. 
     	non questo mondo è per chi non sacrifica. in che modo l'altro? o migliore dei Kuru! 

  32 	così di molti tipi i sacrifici dispiegati sono del brahman nel volto! 
     	dall'azione nati sappili tutti, in tal modo conoscendo, ti libererai. 

  33 	meglio del sacrificio delle ricchezze, il sacrificio della conoscenza, o Distruttore di nemici! 
     	ogni azione interamente, o figlio di Pṛthā, nella conoscenza si completa. 

  34 	questo imparalo con l'affidamento [al guru], con le domande, col servizio devoto, 
     	insegneranno a te il sapere, i sapienti che il vero scorgono. 

  35 	il quale conosciuto, non nuovamente nell'offuscamento così andrai o pāṇḍava, 
     	attraverso il quale, gli esseri senza eccezione vedrai nel sé, cioè in me. 

  36 	anche se sei dei malvagi tutti il più malvagio, 
     	ogni fonte di peccato con la nave del sapere attraverserai. 

  37 	come i combustibili il fiammeggiante fuoco in cenere riduce, o Arjuna, 
     	il fuoco del sapere, tutte le azioni in cenere riduce così! 

  38 	non invero, al sapere pari, un mezzo di purificazione quaggiù si trova, 
     	questo spontaneamente, il perfezionato nello yoga, col tempo, in sé trova. 

  39 	chi ha fede ottiene il sapere, a ciò intento essendo, i sensi domando; 
     	il sapere ottenuto, la suprema pace velocemente raggiunge. 

  40 	e l'ignorante e il privo di fede, lo spirito dubbioso perisce. 
     	non questo mondo non l'altro, non la felicità  è per lo spirito dubbioso. 

  41 	chi ha abbandonato nello yoga l'agire, chi ha tagliato il dubbio col sapere, 
     	chi è padrone di sé, non le azioni vincolano, o conquista-ricchezze! 

  42 	perciò dall'ignoranza nato, radicato nel cuore, con la spada del sapere, di te 
     	tagliato avendo quel dubbio, nello yoga saldo, alzati o bhārata!' 


                              XXVII


   1 	Arjuna disse: 
     	'la rinuncia delle azioni, o Kṛṣṇa, e anche lo yoga lodi, 
     	quale il migliore, dei due il solo, questo a me rivela con la massima certezza.' 

   2 	Il Signore Beato disse: 
     	'la rinuncia, e lo yoga dell'agire la suprema felicità, compiono entrambi. 
     	dei due però, alla rinuncia delle azioni, lo yoga dell'agire è superiore. 

   3 	dev'esser ritenuto perenne rinunciante, chi non odia, non desidera. 
     	chi è lontano dai due invero, o grandi-braccia, facilmente dal vincolo si libera. 

   4 	il sāṃkhya e lo yoga separati gli sciocchi dicono, non i sapienti, 
     	uno solo anche chi intraprende, insieme di entrambi trova il frutto. 

   5 	lo stato che dai seguaci dello sāṃkhya si ottiene, questo dagli yogin pure è raggiunto. 
     	una sola cosa, sia il sāṃkhya sia lo yoga chi vede, costui vede. 

   6 	la rinuncia però, o grandi-braccia, è difficile ad ottenersi senza lo yoga. 
     	nello yoga concentrato l'asceta, il brahman, ben presto raggiunge. 

   7 	chi nello yoga concentrato, puro lo spirito, vinto sé stesso, sconfitti i sensi, 
     	chi ha il proprio spirito come lo spirito di ogni essere, pur agendo, non si contamina. 

   8 	"nulla invero faccio!" il concentrato penserà, la verità conoscendo. 
     	vedendo, udendo, toccando, odorando, mangiando, andando, dormendo, respirando, 

   9 	parlando, evacuando, afferrando, chiudendo e aprendo gli occhi anche: 
     	"i sensi sugli oggetti dei sensi agiscono." così ritenendo. 

  10 	nel brahman avendo posto le azioni, l'attaccamento abbandonando, chi agisce, 
     	contaminato non è egli dal male, come una foglia di loto dall'acqua. 

  11 	con il corpo, con la mente, con l'intelligenza, con i meri sensi pure, 
     	gli yogin l'azione compiono, l'attaccamento abbandonando nella purificazione di sé. 

  12 	il concentrato, il frutto dell'agire tralasciando, la pace ottiene perfetta. 
     	chi non si concentra, per il legame dei desideri, al frutto attaccandosi, è vincolato. 

  13 	a tutte le azioni con la mente rinunciando, siede felicemente signore 
     	nella città dalle nove porte; l'abitante del corpo non invero agisce, non fa agire. 

  14 	non la spinta all'agire, non le azioni, del mondo produce il signore, 
     	non l'attaccamento al frutto dell'agire. la propria natura, invece agisce. 

  15 	non accoglie di alcuno il male, né invero il ben agire, il signore. 
     	dall'ignoranza è coperto il sapere, da questa si confondono le genti. 

  16 	dalla conoscenza del sé invece, l'ignoranza di quanti viene distrutta, 
     	di costoro, come sole, il sapere illumina la suprema realtà. 

  17 	la mente piena di ciò, con lo spirito in ciò, a ciò aderendo, a ciò mirando, 
     	raggiungono il non-ritorno, quanti col sapere frantumato hanno le colpe. 

  18 	in un dotto brahmano di modestia dotato, in una mucca, in un elefante, 
     	e in un cane persino, e in un senza casta, i sapienti lo stesso scorgono. 

  19 	quaggiù proprio, da quelli è vinto il mondo, i quali nell'uguaglianza han salda la mente. 
     	senza macchia invero, eguale è il brahman, perciò nel brahman essi sono radicati! 

  20 	non gioisca il bene ottenendo, non si strugga ottenendo il male, 
     	chi ha ferma intelligenza, l'inoffuscato, il conoscitore del brahman, nel brahman è radicato. 

  21 	nei contatti esterni chi ha spirito distaccato, trova nel sé ciò che è la felicità. 
     	quello che ha lo spirito unito allo yoga del brahman, facilmente l'imperituro ottiene. 

  22 	quali invero, dagli oggetti i nati piaceri, di dolore fonti davvero, questi 
     	principio e fine hanno, o kuntīde, non in essi ha piacere chi ragiona. 

  23 	chi è in grado, quaggiù invero, di sopportare, prima della liberazione dal corpo, 
     	dal desiderio e dall'ira il nato impeto, costui è il concentrato, costui un felice uomo! 

  24 	chi ha interiore felicità, interiore letizia, pure interiore luce invero chi, 
     	questo yogin il nirvaṇa nel brahman, dal brahman sorto, raggiunge. 

  25 	ottengono il nirvaṇa nel brahman i veggenti, distrutte le colpe, 
     	recisa la dualità avendo, domando sé stessi, del bene di ogni essere lieti. 

  26 	a chi è disgiunto da desiderio e ira, all'asceta dal domato pensiero, 
     	tutt'intorno il brahmanirvāṇa s'avvolge a chi conosce il sé. 

  27 	i contatti esteriori tenendo fuori, e lo sguardo invero dentro le sopracciglia, 
     	l'inspirare e l'espirare uguali facendo, che nelle narici si muovono, 

  28 	domati sensi, mente e intelligenza, l'asceta alla liberazione rivolto, 
     	che ha fugato desiderio, paura, ed ira, per sempre libero invero è egli! 

  29 	come fruitore del sacrificio e dell'ascesi, e come d'ogni mondo lo è il Signore, 
     	come amico di tutti gli esseri conosciuto avendomi, la pace ottiene. '


                              XXVIII


   1 	Il Signore Beato disse: 
     	chi senza attaccamento al frutto del'agire, la dovuta azione compie, 
     	costui è sia un rinunciante sia uno yogin, non è un senza-fuoco, né un privo di riti. 

   2 	quale la rinuncia dicono così è lo yoga, questo sappi o pāṇdava. 
     	non invero, senza rinunciare alle aspettative, qualcuno diventa uno yogin, 

   3 	per l'asceta che desidera ottenere lo yoga, l’agire, il mezzo è detto. 
     	per chi lo yoga ha ottenuto, per quello invero, la tranquillità, il mezzo è detto. 

   4 	quando invero, non agli oggetti dei sensi, non alle azioni si attacchi, 
     	chi ad ogni aspettativa ha rinunciato, perfezionato nello yoga allora è detto. 

   5 	elevi sé stesso da sé, non sé stesso degradi. 
     	il sé solo invero di sé è l'amico! il sé solo il nemico di sé! 

   6 	l’amico è il sé di sé, di quello per cui il sé solo dal sé è vinto. 
     	del povero di spirito invece, nell’imicizia si volge il sé proprio come un nemico. 

   7 	del vincitore di sé, di chi ha la tranquillità, il supremo sé è concentrato 
     	nel freddo, nel caldo, nel piacere, nel dolore, persino nell’onore e disonore. 

   8 	lo spirito sazio di sapienza e conoscenza, l’incrollabile vincitore dei sensi, 
     	“il concentrato” è detto, lo yogin per cui è uguale una zolla, una pietra e l’oro. 

   9 	verso i compagni, gli amici, i nemici, i neutrali, gli imparziali, 
     	verso i buoni anche, e i malvagi, chi ha uguale considerazione, è superiore. 

  10 	lo yogin concentri sempre sé stesso, in un luogo appartato restando, 
     	solitario, il sé domando e il pensiero, senza sperare, privo di possesso. 

  11 	in un puro luogo avendo posto, uno stabile seggio per sé, 
     	non troppo alto, non troppo basso, con un panno una pelle e dell’erba ‘kuśa’ sopra, 

  12 	là, in un solo punto la mente tenendo, domando l’attività dei sensi e del pensiero, 
     	sedendo nel seggio, pratichi lo yoga nella purificazione di sé. 

  13 	ugualmente il corpo, la testa e il collo tenendo immobile, saldo 
     	fissando lo sguardo sulla punta del naso suo, e intorno non guardando, 

  14 	con animo tranquillo, libero dalla paura, nel voto di castità fermo, 
     	la mente domata, in me il pensiero, concentrato, sieda a me rivolto. 

  15 	esercitando così sempre sé stesso, lo yogin trattenuta la mente, 
     	la pace, il nirvaṇa supremo in me situato, raggiunge. 

  16 	non è per chi troppo mangia però lo yoga, né in assoluto per chi non mangia, 
     	né per chi troppo dorme per abitudine, né resta sveglio invero, o Arjuna. 

  17 	per il misurato nel cibo e nel divertire, per chi con misura è impegnato nelle azioni, 
     	per chi con misura dorme e resta sveglio, lo yoga diviene la fine del dolore. 

  18 	quando controllato il pensiero, in sé solo resti stabile, 
     	privo di brama per tutti i desideri, “il concentrato” è detto allora. 

  19 	come una lampada al riparo dal vento non s’agita, l’immagine è tramandata 
     	per lo yogin dal domato pensiero, praticante lo yoga del sé. 

  20 	quando si raffermi il pensiero trattenuto dalla pratica dello yoga, 
     	e quando solo col sé il sé guardando, nel sé sia soddisfatto, 

  21 	la felicità superiore ch’è quella dall’intelletto afferrabile, al di là dei sensi, 
     	conosce, e quando invero in questa saldo non si muovi dalla verità, 

  22 	e la quale ottenuta, un altro ottenimento pensa non superiore, o carissimo, 
     	nella quale saldo, non dal dolore, grande seppure, è smosso. 

  23 	questo sappia: la separazione dall’unione al dolore lo yoga è chiamato. 
     	questo yoga, con determinazione dev’esser praticato da chi ha imperturbato pensiero. 

  24 	dalle aspettative i sorti desideri abbandonando tutti senza eccezione, 
     	con la mente solo la schiera dei sensi frenando interamente, 

  25 	a grado a grado si raffermi con l’intelligenza che la saldezza ha ottenuto, 
     	in sé stabile la mente avendo fatta, a nessuna cosa neppur pensi. 

  26 	ogni qualvolta s’agiti la mente mobile, instabile, 
     	proprio allora frenando questa, del sé solo in dominio conduca. 

  27 	chi ha mente tranquilla invero quello yogin, dalla felicità suprema 
     	è penetrato, pacificando la passione, chi il brahman è divenuto immacolato. 

  28 	esercitando così sempre sé stesso, lo yogin mondato dalle colpe, 
     	facilmente il contatto col brahman, l’infinita felicità, ottiene. 

  29 	in tutti gli esseri stare il sé, e tutti gli esseri nel sé 
     	vede, chi ha spirito concentrato nello yoga, ovunque lo stesso scorgendo. 

  30 	chi me vede ovunque e tutto in me vede, 
     	per costui io non sono perduto, ed egli per me non è perduto. 

  31 	come in tutti gli esseri presente, chi mi venera, a [questa] unità  aderendo, 
     	ovunque s’impegni seppur, questo yogin in me agisce. 

  32 	chi, come a sé simile, ovunque lo stesso vede, o Arjuna, 
     	sia piacere o se sia dolore, costui uno yogin supremo è ritenuto. ' 

  33 	Arjuna disse: 
     	'qual è questo yoga da te detto come equanimità o Madhusūdana, 
     	del quale io non vedo a causa della mobilità, una permanenza stabile. 

  34 	mobile, invero la mente, o Kṛṣṇa, agitata, piena di forza, ostinata! 
     	di essa io, il trattenere penso, come del vento difficile a farsi.' 

  35 	Il Signore Beato disse: 
     	“senza dubbio, o grandi-braccia, la mobile mente è difficile da afferrare, 
     	con l’assiduità però, o kuntīde, e coll’abbandono spirituale dal mondo si afferra. 

  36 	non domando sé stesso, lo yoga è difficile ad ottenersi; così il mio pensiero. 
     	domato sé stesso invece, sforzandosi può ottener[lo], con i debiti mezzi.'

  37 	Arjuna disse 
     	'il non controllato  possessore di fede, dallo yoga lontana la mente, 
     	non ottenendo il perfezionamento dello yoga, quale meta, o Kṛṣṇa, raggiunge? 

  38 	forse che, da entrambe le cose separato  come una nuvola squarciata, non  perisce 
     	il non stabile, o grandi-braccia, confuso sul sentiero del brahman? 

  39 	questo mio dubbio, o Kṛṣṇa, di recidere sei in grado senz’altro. 
     	di te un altro, il dubbio presente a tagliare non è invero adatto.'

  40 	Il Signore Beato disse: 
     	'o pṛthāde, non invero quaggiù, non nell’altro mondo, la distruzione di costui si trova. 
     	non invero, traendo buona condotta qualcuno una cattiva meta, o caro, raggiunge. 

  41 	avendo ottenuto dei bene-operanti i mondi, risiedendo moltissimi anni, 
     	di uomini puri e benestanti nella casa, chi ha trascurato lo yoga rinasce. 

  42 	oppure di yogin istruiti proprio, nella famiglia nasce, 
     	questo invero e difficile da ottenersi nel mondo: una nascita che sia tale. 

  43 	quivi la congiunzione all’intelligenza ottiene del precedente corpo, 
     	e si esercita allora di nuovo nel perfezionamento, o rampollo dei kuru. 

  44 	da quella stessa precedente pratica, è trascinato invero, suo malgrado pure, egli. 
     	lo yoga chi desidera conoscere, pure il brahman fatto parola trascende. 

  45 	con  costante pratica esercitandosi, però lo yogin, purificato dalle colpe, 
     	in molte nascite perfezionato, allora raggiunge la suprema meta. 

  46 	degli asceti è superiore lo yogin, dei sapienti pure è ritenuto superiore,
     	e dei celebranti i riti superiore è lo yogin, perciò  uno yogin diventa, o Arjuna, 

  47 	degli yogin pure tutti, chi è pieno di me dentro di sé, 
     	chi pieno di fede venera me, costui, io lo yogin migliore ritengo.' 


                              XXIX


   1 	Il Signore Beato disse: 
     	'in me la mente fissando, o pṛthāde, lo yoga praticando, in me rifugiato, 
     	come, senza dubbio, interamente me conoscerai, ciò ascolta! 

   2 	la sapienza a te io, la conoscenza presente, rivelerò completamente, 
     	la quale conosciuta, non quaggiù, di nuovo altro da dover conoscere rimane. 

   3 	degli uomini fra migliaia, qualcuno si impegna nella perfezione, 
     	degli impegnati anche, dei perfezionati qualcuno mi conosce veramente. 

   4 	'terra, acque, fuoco, vento, etere, mente, e intelligenza invero, 
     	e senso dell’Io.', questa la mia spartita natura in otto parti. 

   5 	l’inferiore è quivi, ma un’altra natura sappi di me la superiore, 
     	dagli esseri viventi costituita, o grandi-braccia, da cui questo universo è sostenuto. 

   6 	da questa nati sono gli esseri tutti, così considera. 
     	io dell’intero universo sono origine, e anche distruzione, 

   7 	di me superiore non vi è altra cosa, o conquista-ricchezze, 
     	in me tutto questo è infilato, come in un filo un gruppo di perle. 

   8 	il sapore sono io delle acque, o kuntīde, la luce sono nella luna e nel sole, 
     	la sacra sillaba in tutti i veda, il suono nell’etere, la virilità negli uomini, 

   9 	e la pura fragranza nel suolo, e lo splendore nel fuoco, 
     	la vita in tutti gli esseri, e l’ascesi sono, negli asceti, 

  10 	il seme di tutti gli esseri sappimi, o pṛthāde, eterno. 
     	l’intelligenza degli intelligenti sono, lo splendore degli splendidi io! 

  11 	e la forza dei forti io, liberata dai desideri e dalla passione. 
     	al dharma conforme, negli esseri il desiderio sono, o toro dei bhārata,  

  12 	e quali invero siano le ‘sattviche’ nature, le ‘rajasiche’, e quali le ‘tamasiche’,  
     	da me solo provengono, ciò sappi, non però io sono in esse, ma loro in me, 

  13 	a causa dei tre stati naturali composti dai guṇa, da questi, tutto questo universo 
     	offuscato, non riconosce me, di essi il supremo inalterabile. 

  14 	questa divina invero, dai guṇa costituita, mia potenza di illusione è diificile da superare, 
     	quali a me solo si prostrano, la potenza d’illusione, quella attraversano essi. 

  15 	non a me i malfattori, gli offuscati si prostrano, né gli uomini infimi, 
     	dall’illusione rapito avendo il sapere, ad una demoniaca natura unendosi. 

  16 	di quattro tipi mi venerano le genti di buona condotta, o Arjuna: 
     	l’afflitto, chi desidera sapere, chi ha uno scopo e il saggio, o toro dei bhārata,  

  17 	di questi il saggio perennemente concentrato, all’uno devoto, è superiore. 
     	caro invero, al saggio soprammodo io sono, ed egli a me è caro, 

  18 	nobili tutti invero sono questi, il saggio però, come me stesso io ritengo, 
     	saldo restando egli invero, con spirito concentrato, in me solo superiore meta. 

  19 	di molte nascite alla fine, il sapiente me onora: 
     	“Vāsudeva è tutto!” codesta grande anima e difficile ad ottenersi. 

  20 	per desideri vari, coloro cui il sapere è rapito, si prostrano ad altri dèi, 
     	a varie osservanze aderendo, dalla propria natura condotti, 

  21 	chi qualsiasi divinità, devoto, con fede venerare voglia, 
     	di questa una ferma fede, quella proprio concedo io. 

  22 	egli a questa fede unito, di quella il favore cerca, 
     	e ottiene allora le cose desiderate, da me solo concesse, invero quelle. 

  23 	ha fine, però il frutto di queste, che è per chi ha scarsa intelligenza, 
     	gli dèi raggiungono quanti sacrificano agli dèi, i miei devoti vengono a me però. 

  24 	me l’immanifesto, come nel manifesto decaduto pensano gli sciocchi, 
     	la superiore natura non conoscendo di me, inalterabile, suprema. 

  25 	non io visibile sono a tutti, dal potere del mio yoga nascosto, 
     	offuscato, questo mondo non conosce me non-nato, inalterabile. 

  26 	conosco io i passati, e i presenti, o Arjuna, 
     	ed i futuri esseri, me invece non conosce nessuno. 

  27 	per l’offuscamento della dualità, sorto dal desiderio e dall’avversione, o bhārata, 
     	tutti gli esseri l’illusione, nel mondo trovano, o distruttore di nemici, 

  28 	di quanti però, ha fine il peccato, degli uomini dalle pure azioni, 
     	questi liberi dall’offuscamento della dualità, venerano me con saldi voti, 

  29 	quali per liberarsi da vecchiaia e morte, in me rifugiati si sforzano 
     	essi, il brahman conoscono interamente, ‘l’adhyātman’, e l’azione completamente, 

  30 	coloro i quali ‘l’adhibhūta’, ‘l’adhidaiva’, e quelli che ‘l’adhiyajña’ me sanno, 
     	alla fine della vita seppure, me essi conoscono, avendo concentrato pensiero. ' 


                              XXX


   1 	Arjuna disse: 
     	'cos’è questo brahman? cosa ‘l’adhyātman’? cosa l’azione, o supremo puruṣa? 
     	e ‘l’adhibhūta’ cosa è chiamato? ‘ l’adhidaiva’cosa è detto? 

   2 	‘l’adhiyajña’, come e cosa è qui nel corpo presente, o  uccisore di Madhu? 
     	e al tempo della fine, come devi essere conosciuto da quelli che han sé domato?' 

   3 	il Signore Beato disse: 
     	'l’indistruttibile è il brahman, il supremo; la propria natura ‘l’adhyātman’ è detto. 
     	la forza creativa che fa le creature sorgere ed essere, l’azione e definita. 

   4 	‘l’adhibhūta’ è la caduca natura; il puruṣa è ‘l’adhidaiva’ 
     	‘l’adhiyajña’ io sono qui nel corpo, o di chi ha corpo il superiore; 

   5 	e al tempo della fine, a me solo pensando, liberatosi del corpo, 
     	chi si diparte, costui la mia natura raggiunge, non v’è qui dubbio,

   6 	o a qualsiasi altra natura pensando, abbandoni alla fine il corpo 
     	questa proprio raggiunge, o kuntīde, sempre in questa natura essendo stato. 

   7 	perciò in tutti i momenti me ricorda e combatti! 
     	in me avendo posto mente e intelligenza me solo raggiungerai senza dubbio, 

   8 	dalla pratica costante dello yoga, con concentrato pensiero che non ad altro si muova, 
     	meditando, il supremo spirito divino raggiunge, o pṛthāde. 

   9 	chi al saggio antico, al governatore, più piccolo del piccolo pensi, 
     	al reggitore di tutto, dall’impensabile forma, dal colore del sole, che è aldilà della tenebra,

  10 	al tempo della morte, con mente ferma, alla devozione unito, e con la forza dello yoga 
     	in mezzo alle sopracciglia il soffio mettendo rettamente, egli il supremo puruṣa raggiunge divino,  

  11 	questo, l’indistruttibile i sapienti nei veda dicono, entrano in questo gli asceti, i liberi da colpe, 
     	questo volendo, la castità praticano, a te questo luogo in sintesi rivelerò. 

  12 	tutte le porte chiudendo, e la mente nel cuore trattenendo, 
     	nel capo avendo posto il proprio soffio vitale, saldo nella concentrazione yogica, 

  13 	“om” la sillaba unica che è brahman, pronunciando, a me pensando, 
     	chi si diparte, abbandonando il corpo, costui raggiunge la suprema meta. 

  14 	a null’altro pensando continuamente, chi a me pone mente perpetuamente, 
     	per costui io son facile da ottenere, o pṛthāde, per il sempre concentrato yogin, 

  15 	me ottenuto avendo, una nuova nascita di dolore dimora, impermanente, 
     	non ottengono le grandi anime, la perfezione suprema hanno raggiunto, 

  16 	a partire dalla sede di Brahmā i mondi di nuovo tornano, o Arjuna, 
     	me avendo ottenuto invece, o kuntīde, una nuova nascita non v’è, 

  17 	di mille ere composto il giorno che è di Brahmā sanno, 
     	la notte da mille ere limitata, quelle persone che il giorno e la notte conoscono, 

  18 	dall’immanifesto, manifesti tutti scaturiscono all’inizio del giorno, 
     	al sorger della notte, svaniscono allora proprio nel cosiddetto immanifesto, 

  19 	questa moltitudine di esseri proprio, quella sorta e risorta, svanisce 
     	al sorger della notte, e suo malgrado, o pṛthāde, scaturisce all’inizio del giorno,

  20 	superiore a questo immanifesto però, c'è un’altra natura immanifesta, eterna, 
     	la quale essa, quando tutti gli esseri sono distrutti, non perisce, 

  21 	l’immanifesto,” l’indistruttibile” così è detto, tale dicono la suprema meta, 
     	la quale ottenuta non ritornano: questa è la mia dimora suprema, 

  22 	questo spirito supremo, o pṛthāde, con devozione esclusiva è ottenibile, 
     	all’interno del quale stanno gli esseri, dal quale tutto questo è dispiegato, 

  23 	in quale tempo però, il non-ritorno e il ritorno invero, gli yogin 
     	dipartendosi raggiungono, questo tempo dirò, o toro dei bhārata. 

  24 	il fuoco, la luce, il giorno, la quindicina chiara, i sei  mesi dall’ascendente corso, 
     	allora dipartendosi, vanno al Brahman, del brahman sapienti le genti, 

  25 	il fumo, la notte anche, la quindicina scura, i sei mesi dal corso discendente, 
     	allora la lunare luce lo yogin ottenendo, ritorna, 

  26 	della quidicina chiara e scura le due vie invero son queste, del mondo le eterne credute,
     	attraverso una raggiunge il non-ritorno, con l’altra il ritorno nuovamente, 

  27 	questi due sentieri, o pṛthāde, conoscendo, nessun yogin si confonde, 
     	perciò in tutti i frangenti nello yoga concentrato rimani o Arjuna,

  28 	nei veda, nei sacrifici, e nelle ascesi invero, nelle elemosine, quale meritorio frutto è indicato, 
     	tutto questo supera, tutto ciò sapendo lo yogin, e il supremo stato raggiunge primordiale.' 


                              XXXI


   1 	Il Signore Beato disse: 
     	'questo però, a te, massimo segreto rivelerò, o privo di malignità, 
     	la sapienza alla conoscenza unita, la quale conosciuta, ti libererai dal male. 

   2 	il sovrano sapere, il sovrano segreto, mezzo di purificazione è questo supremo, 
     	dall’esperienza conoscibile, al dharma conforme, facilissimo a farsi, inalterabile. 

   3 	di fede privi essendo gli uomini verso la regola presente, o distruttore di nemici, 
     	non avendo raggiunto me, ritornano lungo le vie della rinascita e della morte. 

   4 	da me è dispiegato questo intero universo, dall’immanifesta [mia] forma. 
     	in me stanno tutti gli esseri, e non in essi io sono,  

   5 	né in me stanno gli esseri, guarda il mio yoga potente: 
     	gli esseri sostiene, e non negli esseri sta, il mio spirito, degli esseri creatore. 

   6 	come nello spazio atmosferico perennemente il vento ovunque va grande, 
     	così, tutti gli esseri in me risiedenti considera. 

   7 	tutti gli esseri, o kuntīde, la natura raggiungono che è mia, 
     	al dissolversi di un kalpa, di nuovo essi, all’inizio del kalpa ricreo io. 

   8 	alla natura mia propria ricorrendo, creo continuamente di nuovo 
     	la moltitudine degli esseri quella intera, suo malgrado, per il dominio della natura. 

   9 	e non me queste azioni si legano, o conquista-ricchezze, 
     	indifferente sedendo con distacco in queste azioni. 

  10 	con la mia supervisione la natura produce il mobile e l’immobile, 
     	per la ragione presente, o kuntīde, l’universo ciclicamente si volge. 

  11 	disprezzano me, gli offuscati, nell’umano corpo unito, 
     	la superiore natura ignorando di me, signore degli esseri. 

  12 	di vane speranze, di vane azioni, di vano sapere gli ignoranti 
     	dei rākṣasa e degli asura proprio, alla natura offuscante sono attaccati. 

  13 	le grandi anime invece, me, o pṛthāde, alla divina natura uniti, 
     	venerano, con la mente a null’altro, sapendomi l’essere supremo, inalterabile. 

  14 	sempre celebrando me e sforzandosi con fermi voti, 
     	e onorandomi, me con fede perennemente concentrati venerano. 

  15 	e con il sacrificio del sapere anche altri sacrificando, me venerano 
     	come unità, come molteplicità in molti modi, me che ovunque son rivolto. 

  16 	io il rito, io il sacrificio, la libagione io, io l’erba medicinale, 
     	la formula sacra io, io proprio il burro sacrificale, io il fuoco, io l’oblazione. 

  17 	il padre io di questo mondo, la madre, il creatore, l’avo, 
     	quanto si deve conoscere, il purificatore, la sillaba oṃ, ṛc, sāman  e yajus invero. 

  18 	meta, sostenitore, signore, testimone, dimora, rifugio, amico, 
     	creazione, dissoluzione, fondamento, scrigno, seme inalterabile. 

  19 	riscaldo io, io la pioggia trattengo e spargo, 
     	e l’immortalità e la morte, l’essere e il non essere io, o Arjuna. 

  20 	dei tre veda i sapienti, i bevitori di soma, dal male puri, con sacrifici, il cielo volendo, me onorano, 
     	questi, nel puro risiedendo mondo del re degli dèi, si nutrono in cielo dei divini beni degli dèi. 

  21 	costoro goduto questo mondo celeste ampiamente, finito il merito, nel mondo  mortale entrano, 
     	così i tre veda seguendo, l’andare e il venire, i piaceri desiderando, ottengono. 

  22 	a null’altro pensando, a me quali genti si prostrano, 
     	a questi perennemente diligenti la prosperità porto io. 

  23 	quali anche ad altri dèi devoti, sacrificano di fede dotati, 
     	costoro anche, a me solo, o kuntīde, sacrificano con non appropriato agire. 

  24 	io invero, di ogni sacrificio e il fruitore e il solo signore, 
     	non però mi riconoscono, dalla verità perciò si allontanano essi. 

  25 	raggiungono, agli dèi votando, gli dèi, ai padri vanno, votando ai padri, 
     	agli spiriti vanno, agli spiriti sacrificando, a me vanno a me sacrificando però, 

  26 	una foglia, un fiore, un frutto, dell’acqua quale a me con devozione porge, 
     	questa, io, devota offerta gusto, del puro di spirito. 

  27 	ciò che fai, ciò che mangi, ciò che sacrifichi, ciò che dai in elemosina 
     	ciò che pratichi in ascesi, o kuntīde, questo compi come offerta a me, 

  28 	dai frutti del bene e del male così ti libererai, dai legami dell’agire, 
     	con lo spirito concentrato nello yoga della rinuncia, liberato, me otterrai. 

  29 	uguale io verso tutti gli esseri, nessuno per me odioso v’è, o non caro, 
     	quali venerano però me con devozione, in me sono costoro e in essi anche io, 

  30 	anche se uno con pessima condotta, venera me a null’altro devoto, 
     	buono invero, egli deve essere ritenuto, propriamente agendo invero egli. 

  31 	presto diviene di retto spirito, l'eterna pace raggiunge, 
     	o kuntīde, sappi invero che il mio devoto non perisce. 

  32 	in me invero, o pṛthāde, rifugiandosi, quali anche siano di cattiva nascita, 
     	donne, vaiśya anche śūdra, questi pure raggiungono la suprema meta. 

  33 	cosa allora dei brahmani puri, devoti o dei re veggenti pure? 
     	l'impermanente, infelice mondo presente avendo ottenuto, venera me! 

  34 	in me la mente tieni, a me devoto, a me sacrificando, me onora, 
     	a me solo verrai, unito così te stesso a me, supremo scopo.' 


                              XXXII


   1 	Il Signore Beato disse: 
     	'di nuovo dunque, o grandi-braccia, ascolta il mio supremo discorso, 
     	che a te, dalla mente pura, io dirò, per desiderio di favorirti. 

   2 	non mi conoscono le schiere degli dèi come creatore, non i grandi veggenti, 
     	io l’origine invero degli dèi e dei grandi veggenti universalmente! 

   3 	chi me come non-nato e senza inizio conosce, come signore del mondo, 
     	non-confuso è egli tra i mortali, e da tutti i mali si libera. 

   4 	intelligenza, sapere, non-offuscamento, pazienza, sincerità, autocontrollo, tranquillità, 
     	piacere, dolore, nascita, morte, e paura e non-paura invero, 

   5 	non-violenza, equanimità, appagamento, ascesi, dono, fama, infamia, 
     	sono condizioni degli esseri da me solo, separatamente distribuite. 

   6 	i sette grandi veggenti antichi, i quattro Manu pure 
     	della mia natura sono, dalla mia mente sono nati dalla quale il mondo presente è scaturito. 

   7 	questa manifestazione e yoga di me, chi conosce in verità, 
     	costui all’incrollabile yoga si unisce, non qui v’è dubbio. 

   8 	io di tutto sono l’origine, da me ogni cosa si muove, 
     	così pensando venerano me i savi alla realtà uniti. 

   9 	in me avendo il pensiero, la vita in me posta, insegnandosi l’un l’altro, 
     	e conversando di me sempre e si soddisfano e s’allietano. 

  10 	a questi sempre concentrati, che venerano, con amore attendendo, 
     	concedo dell’intelligenza lo yoga, quello attraverso cui mi raggiungono essi. 

  11 	verso questi proprio, per compassione io, dall’ignoranza la nata tenebra 
     	distruggo, nella mia natura restando, con la lampada del sapere luminosa.' 

  12 	Arjuna disse: 
     	'il supremo brahman, la suprema dimora, il purificatore supremo Tu o Signore, 
     	lo spirito eterno, divino , il primo dio, il non-nato, l’onnipervadente 

  13 	chiamano te i veggenti tutti, il divino ṛṣi Nārada pure, 
     	Asita, Devala, Vyāsa, e tu stesso lo dici a me. 

  14 	tutto questo come verità ritengo, il quale mi dici, o Lunghi-capelli, 
     	non invero la tua, o Beato, manifestazione conoscono gli dèi, non i demoni. 

  15 	tu  solo, da te stesso, te stesso conosci tu, o supremo puruṣa, 
     	degli esseri origine, degli esseri signore, dio degli dèi, dell’universo signore. 

  16 	di parlare sei in grado interamente delle divine invero, tue manifestazioni. 
     	per le quali manifestazioni, i mondi presenti tu pervadendo, abiti. 

  17 	come posso conoscere io, o yogin te, sempre meditando? 
     	e in quali delle varie forme, pensabile sei, o Beato, da me? 

  18 	ampiamente, di te lo yoga è la manifestazione, o Tormentatore degli umani, 
     	di nuovo racconta, sazietà invero, non vi è in me, udendo l’immortale parola.' 

  19 	Il Signore Beato disse: 
     	'ordunque ti racconterò le divine invero mie manifestazioni, 
     	quelle principali, o migliore dei kuru. non vi è fine all’estensione mia. 

  20 	io sono l'anima o folti-capelli, che di tutti gli esseri all’interno sta. 
     	io e l’inizio e il centro e degli esseri e la fine sono invero. 

  21 	degli āditya io Viṣṇu, dei luminosi il sole raggiante, 
     	Marīci dei Marut sono, degli astri io la luna. 

  22 	dei veda il sāmaveda sono, degli dèi sono il re Indra, 
     	e degli organi dei sensi la mente sono, degli esseri sono la coscienza. 

  23 	e dei rudra Śaṃkara sono, il signore delle ricchezze degli yaksa e dei raksasa, 
     	e dei Vasu il luminoso Agni sono, Meru dei puntuti monti io, 

  24 	e dei sacerdoti il principale me sappi, o pṛthāde: Bṛhaspati. 
     	dei condottieri io Skanda, degli invasi d’acqua sono l’oceano. 

  25 	dei grandi veggenti, Bhṛgu io, delle parole la singola sillaba. 
     	dei sacrifici il sacrificio della preghiera ripetuta sono, degli amovibili l'himalaya. 

  26 	l'aśvattha di tutti gli alberi, e dei celesti veggenti Nārada. 
     	dei Gandharva Citraratha, dei perfetti Kapila il saggio. 

  27 	Uccaiḥśravas dei cavalli sappimi, dall’amṛita sorto, 
     	Airāvata dei grandi elefanti, e degli uomini il re degli uomini. 

  28 	delle armi io la folgore, delle vacche sono Kāmadhuk, 
     	e come generatore sono Kandarpa, dei serpenti sono Vāsuki. 

  29 	e Ananta sono dei Nāga, Varuṇa delle creature marine io, 
     	e dei padri Aryaman sono, Yama degli ordinatori io. 

  30 	e Prahlāda sono dei daitya, il tempo di quelli che computano io. 
     	e degli animali selvatici il re degli animali io, e il figlio di Vinatā degli uccelli. 

  31 	il vento dei purificatori sono, Rāma degli armati io, 
     	e dei pesci l’alligatore sono, delle correnti la Jāhnavī. 

  32 	dei mondi creati il principio e la fine e il centro proprio io, o Arjuna, 
     	la scienza del supremo sé, delle scienze, l’argomentazione dei dialoghi io. 

  33 	delle lettere la lettera 'a' sono, e il dvaṃdva dei composti, 
     	io solo l’indistruttibile tempo, il creatore io, ogni dove rivolto. 

  34 	e la morte che tutto distrugge io, e la creazione di quelli che esisteranno. 
     	e fama, fortuna, parola delle qualità femminili, memoria, intelligenza, costanza, pazienza. 

  35 	il vasto canto pure dei canti, il gāyatrī dei metri io. 
     	dei mesi il mārgaśīrṣa io, delle stagioni quella che porta i fiori. 

  36 	il gioco degli ingannatori sono, lo splendore degli splendidi io. 
     	la vittoria sono, la decisione sono, la bontà dei buoni io. 

  37 	dei Vṛṣṇi Vāsudeva sono, dei pāṇḍava il conquista-ricchezze. 
     	dei silenziosi asceti però io Vyāsa, dei saggi Uśana il saggio. 

  38 	il bastone di comando dei conquistatori sono, la condotta politica sono di chi vuole vincere. 
     	e il silenzio invero sono dei segreti, il sapere dei sapienti io. 

  39 	e quale pure di tutti gli esseri è il seme, questo io sono o Arjuna. 
     	non qualcosa c’è senza che sia da me esistente: mobile e immobile. 

  40 	non fine c’è alle mie divine manifestazioni, o distruttore di nemici. 
     	questo però, brevemente, del potere dispiegarsi, fu  da me esposto, 

  41 	tutto quanto di potente è esistente, di bello o forte invero, 
     	tutto questo proprio, sappi tu, da un mio frammento di splendore sorto. 

  42 	eppure di tutto questo sapere che cosa a te? o Arjuna? 
     	sostenendo io questo intero universo con una sola parte intento.' 


                              XXXIII


   1 	Arjuna disse: 
     	'per il favore verso di me, il supremo segreto adhyātman chiamato, 
     	che da te mi fu rivelato, per questo l’offuscamento presente è dissolto di me. 

   2 	il sorgere e lo svanire invero degli esseri fu udito dettagliatamete da me 
     	da parte tua, o Occhi-di-loto, e la tua grandezza pure imperitura. 

   3 	così ciò, come hai detto tu di te stesso, o supremo-signore, 
     	di vedere bramo la tua forma possente, o supremo puruṣa, 

   4 	se pensi questo possa da me esser visto così, o Signore. 
     	o signore dello yoga, allora a me tu mostra il tuo sé inalterabile.' 

   5 	Il Signore Beato disse: 
     	'guarda le mie, o pṛthāde, forme a centinaia, anzi a migliaia, 
     	di svariati modi, divine, di vari colori e tipi. 

   6 	guarda gli āditya, i Vasu, i Rudra, i due Asvin, i Marut pure, 
     	i molti portenti, mai visti prima, guarda, o bhārata,

   7 	qui nell’unità l’universo intero, guarda oggi, il mobile e l’immobile, 
     	nel mio corpo, o Folti-capelli, e ciò che altro di vedere desideri. 

   8 	non però, me sei in grado di vedere con questo solo tuo sguardo, 
     	un occhio divino darò a te, guarda il mio yoga possente.'" 

   9 	Saṃjaya disse: 
     	"così avendo parlato allora, o re, il Signore dello yoga Hari, 
     	mostrò al figlio di Pṛthā la suprema forma possente: 

  10 	con molte bocche e occhi, con molte meravigliose visioni, 
     	con molti divini ornamenti, con divine svariate brandite armi, 

  11 	con divine ghirlande e con abiti vestita, con divini unguenti profumata, 
     	di ogni portento fatta, divina, infinita ad ogni dove rivolta. 

  12 	nel cielo di mille soli sorgesse insieme in alto, 
     	seppur una luce tale, questa sarebbe lo splendore di quel grande spirito. 

  13 	là in una sola cosa, l’universo intero distribuito in molte parti 
     	vide, del ‘dio degli dèi’ nel corpo, il pāṇḍava allora. 

  14 	allora egli pieno di meraviglia, con i peli ritti, il conquista-ricchezze 
     	prostrandosi con capo al dio, a mani giunte parlò: 

  15 	Arjuna disse: 
     	'vedo gli dèi di te, o dio, nel corpo, tutte anche degli esseri le distinte schiere, 
     	Brahmā signore che sta sul seggio di loto, e i veggenti tutti, e i nāga divini. 

  16 	con molte braccia, ventri, bocche e occhi, vedo te ovunque con infinita forma. 
     	non fine, non centro, né pure in te inizio vedo, o Signore di tutto, che di tutto hai forma 

  17 	coronato, di mazza armato e del disco, uno splendore ovunque luminoso 
     	vedo te, difficile a scorgersi interamente, luminoso fuoco e sole splendente senza limiti. 

  18 	te, l’indistruttibile supremo che deve esser conosciuto; te, di quel tutto supremo rifugio; 
     	te, l’imperituro eterno custode del dharma; l'eterno spirito te io penso, 

  19 	senza inizio, centro e fine, con infinita forza, dalle infinite braccia, luna sole come occhi avente, 
     	vedo te con la luce del fuoco in bocca, col tuo splendore il tutto presente riscaldando, 

  20 	tra cielo e terra, questo luogo interno dunque, è riempito da te, e da questo i luoghi tutti. 
     	vedendo la meravigliosa forma questa di te intera, il trimondo trema, o Grand'anima! 

  21 	invero schiere di dèi in te entrano, alcuni tremanti a mani giunte ti venerano, 
     	“evviva” dicendo, le schiere dei grandi veggenti e dei perfetti celebrano te con lodi abbondanti. 

  22 	i Rudra, gli āditya, i Vasu e quali sono i Sādhya, i Viśvedeva, i due Aśvin, e i Marut, e gli ūṣmapa 
     	le schiere dei Gandharva, degli Yakṣa, degli Asura e dei perfetti vedono te e attoniti invero son tutti. 

  23 	la tua forma grande dai molti visi e occhi, o grandi-braccia, e molte braccia, cosce e piedi, 
     	dai molti ventri, dai molti grandi terribili denti vedendo, i mondi tremano, e pur’io. 

  24 	tu che il cielo tocchi splendente, con molti colori, la bocca spalancata, luminosi gli ampi occhi, 
     	vedendo dunque te, tremo nel il mio animo, saldezza non trovo o pace, o Viṣṇu. 

  25 	e di grandi terribili denti le tue bocche vedendo invero al fuoco del tempo simili, 
     	direzione non conosco, non trovo rifugio, sii benevolo o Signore degli dèi, rifugio dell’universo! 

  26 	e in te sono di Dhṛtarāṣṭra quei figli tutti, insieme con le schiere dei principi della terra, 
     	Bhiṣma, Droṇa, il figlio dell’auriga pure quello, assieme ai nostri anche principali guerrieri, 

  27 	nelle bocche tue frettolosi entrano nei grandi terribili denti spaventosi, 
     	alcuni attaccati all’interno dei denti si vedono maciullate le parti superiori. 

  28 	come dei fiumi le molte acque correnti, all’oceano proprio incontro scorrono, 
     	così di te quegli eroi del mondo umano entrano le bocche, s’abbruciano contro. 

  29 	al modo in cui nello splendente fuoco le falene entrano, distruggendosi molto rapide,
     	così invero distruggendosi entrano le genti, pure nelle tue bocche, molto rapidi.

  30 	sorbisci divorando in ogni parte le genti intere con le bocche fiammeggianti. 
     	con gli splendori riempiendo l’universo intero i raggi tuoi terribili bruciano, o Viṣṇu. 

  31 	rivelami chi sei, o Signore dalla terribile forma? onore sia a te, o migliore degli dèi, sii benevolo! 
     	di conoscere bramo te, essere primevo, non infatti conosco il tuo agire.' 

  32 	Il Signore Beato disse: 
     	'il tempo sono che i mondi distrugge carico d’anni, i mondi a distruggere qui intento, 
     	senz’anche te, non sopravviveranno tutti questi che schierati in opposte schiere son combattenti. 

  33 	perciò tu alzati! la gloria ottieni! vincendo i nemici godi di un regno prospero! 
     	da me solo questi sono uccisi, precedentemente invero, strumento solo sii o Savyasācin 

  34 	e Droṇa e Bhiṣma e Jayadratha, Karṇa pure, gli altri anche eroi guerrieri 
     	da me uccisi tu colpisci! non tremare, combatti! vincerai in battaglia i nemici!'"

  35 	Saṃjaya disse: 
     	"Questo avendo udito discorso del Lunghi-capelli, a mani giunte, tremante il Coronato, 
     	Onorando di nuovo, cosi parlò a Kṛṣṇa, con voce tremante, pieno di paura, prostrandosi:

  36 	Arjuna disse: 
     	'propriamente, O Signore dei sensi, te lodando l’universo gioisce e s’allegra, 
     	i rakṣāsa impauriti in ogni direzione corrono, e tutte s’inchinano le schiere dei perfetti. 

  37 	e perchè a te non s’inchinerebbero? migliore sei di Brahmā anche, o Primo-creatore, 
     	infinito Signore degli dèi, del creato-dimora! tu indistruttibile, essere, non-essere, ciò ch’è aldilà. 

  38 	tu il primo dio, lo spirito antico, tu di questo tutto, il supremo scrigno! 
     	e conosci il conoscibile, e la suprema dimora sei, da te dispiegato il tutto, o Dalle-infinite-forme! 

  39 	Vāyu sei, Yama, Agni, Varuṇa, Śaśāṅka, Prajāpati tu e il grande antenato! 
     	omaggio e omaggio a te sia mille volte fatto! e di nuovo di più pure omaggio e omaggio a te! 

  40 	omaggio dal principio come alla fine a te! omaggio sia a te sempre invero, o Tutto! 
     	di infinita forza di smisurato valore tu! tutto conquisti, perciò sei tutto! 

  41 	‘o amico’ così pensando, inopportuno quanto fu detto:’ o Kṛṣṇa, o yādava, o amico’ 
     	ignorando la grandezza di te presente, da me per errore o per affetto anche. 

  42 	e quanto per scherzo offeso fosti passegiando, dormendo, sedendo, mangiando, 
     	da solo, oppure anche, o Saldissimo, pubblicamente, di questo chiedo perdono a te, io, o Immenso. 

  43 	il padre sei del mondo mobile e immobile tu, e di questo il venerabile maestro più grande, 
     	non a te uguale v’è, superiore in che modo un’altro, nei tre mondi seppure? o Fortissimo! 

  44 	perciò inchinandomi, prostrando il corpo, chiedo benevolenza a te io, o Signore degno di lode, 
     	come un padre il figlio, un amico l’amico, l’amante l’amata, sei in grado o Dio di tollerare. 

  45 	il mai visto prima, stupito sono di aver visto, e dalla paura trema la mente mia, 
     	perciò invero a me mostra l’aspetto, sii benevolo o Signore degli dèi, rifugio del mondo, 

  46 	coronato con mazza e disco armato, desidero te vedere io anche. 
     	quella invero forma dalle quattro braccia, o Dalle-mille-braccia, assumi, O forma-universale!'

  47 	Il Signore Beato disse: 
     	'da me con favore verso te o Arjuna, questa forma suprema mostrata fu per il mio potere, 
     	splendente, universale infinita primeva, che di me da altri che te non fu prima vista. 

  48 	non dai veda, dai sacrifici, dagli studi, dai doni, né da buone azioni, non da ascesi tremende, 
     	in tale aspetto posso io nell’umano mondo, essere visto da altri che te, o Eroe dei Kuru! 

  49 	non a te tremore, e non offuscamento sia, avendo visto la forma terribile tale di me presente. 
     	svanita la paura, gioiosa la mente, di nuovo tu proprio la mia forma, questa guarda!” 

  50 	Saṃjaya disse: 
     	"così ad Arjuna Vāsudeva allora parlando, il proprio aspetto mostrò ancora, 
     	e rincuorò spaventato lui, assumendo di nuovo la propizia bella forma il Grand'anima." 

  51 	Arjuna disse: 
     	“avendo visto questa umana forma tua propizia, o Janārdana, 
     	ora sono tornato alla ragione, la [mia] natura ho raggiunto.” 

  52 	Il Signore Beato disse: 
     	" molto difficicile a vedersi, questa mia forma che hai visto, 
     	gli dèi persino questa forma sempre di vedere han desiderio. 

  53 	non io coi veda, non con l’ascesi, non col donare, né col sacrificio 
     	posso a questo modo esser visto come tu hai visto me. 

  54 	con la devozione però a null’altro rivolta, posso io in questo modo, o Arjuna, 
     	esser conosciuto e visto secondo verità, ed esser raggiunto o Distruttore di nemici. 

  55 	in me agendo, me come scopo avendo, di me devoto, da attaccamento libero, 
     	privo di inimicizia verso tutti gli esseri chi è, costui a me viene o pāṇḍava.' 


                              XXXIV


   1 	Arjuna disse: 
     	'così sempre concentrati, quanti devoti ti onorano, 
     	e quanti anche come ‘l’Indistruttibile Immanifesto’, di questi quali sono i migliori yogin?' 

   2 	Il Signore Beato disse: 
     	'in me riposta la mente, quali me, sempre concentrati, onorano, 
     	pieni di fede, questi supremi adepti, costoro i migliori yogin io credo. 

   3 	quali però l’indistruttibile, l’incomparabile non-manifesto onorano, 
     	l’omnipervadente e impensabile, il supremo, l’immobile eterno, 

   4 	trattenendo la schiera dei sensi, in ogni circostanza con uguale concezione, 
     	costoro ottengono me in vero, del benessere di ogni essere felici. 

   5 	difficoltà più grande v’è per quelli che all’immanifesto hanno il pensiero unito, 
     	l’immanifesta meta infatti difficilmente dai possessori di corpo si ottiene. 

   6 	quali però, a tutte le azioni in me rinunciando, a me rivolti, 
     	con esclusivo invero yoga, me meditando venerano, 

   7 	di questi io la liberazione dall’oceano della morte e della rinascita 
     	sono velocemente, o pṛthāde, in me avendo posto il loro pensiero. 

   8 	in me solo la mente poni, in me la consapevolezza fissando, 
     	entrerai in me solamente, da ora in avanti, non v’è dubbio! 

   9 	quando il pensiero, di mantenere non sei in grado, in me fermo, 
     	con la pratica dello yoga allora me cerca di ottenere o conquista-ricchezze 

  10 	con l’assiduità pure non in grado fossi, in me con l’agire intento sii, 
     	a mio beneficio anche le azioni compiendo la perfezione otterrai. 

  11 	quando questo pure incapace fossi di compiere, al mio yoga unito, 
     	del frutto di ogni azione l’abbandono allora compi, autocontenendoti. 

  12 	meglio infatti il 'sapere' della pratica assidua, del sapere la meditazione è superiore, 
     	della meditazione l’abbandono del frutto dell’agire, dall’abbandono la pace subito dopo. 

  13 	chi non è nemico di tutti gli esseri, l’amichevole e compassionevole invero, 
     	lontano dal possesso, lontano dal senso dell’io, l’uguale nel dolore e nel piacere, il paziente, 

  14 	il soddisfatto sempre, lo yogin dall’animo domato, dalla ferma risoluzione, 
     	chi in me ha fissata la mente e la consapevolezza, di me devoto, costui a me è caro. 

  15 	da chi non è turbato il mondo, e chi dal mondo non è turbato, 
     	chi da brama, ira, paura e odio è libero, costui pure, a me è caro. 

  16 	l’imparziale, il puro, il capace, l’indifferente, il privo di turbamento, 
     	chi ad ogni impresa ha rinunciato, a me devoto, costui a me è caro. 

  17 	chi non si rallegra, non odia, non s’addolora, non brama, 
     	al bene e al male rinunciando, pieno di devozione chi è, costui a me è caro. 

  18 	l’uguale e nel nemico e nell’amico, come pure nell’onore e nel disonore, 
     	nel freddo, nel caldo, nel piacere, nel dolore l’uguale, il libero da attaccamento, 

  19 	l’indifferente a biasimo e lode, il silenzioso soddisfatto di qualsiasi cosa 
     	il senza casa dal fermo pensiero, pieno di devozione, a me è un caro uomo. 

  20 	quali però, l’mmortale dottrina, questa come è rivelata seguono, 
     	pieni di fede, a me rivolti, questi devoti, sommamente a me son cari. ' 


                              XXXV


   1 	Il Signore Beato disse: 
     	'questo corpo, o kuntīde, ‘il campo’ così è detto. 
     	perciò chi conosce questo, dicono sia:’ il conoscitore del campo.’ i sapienti della verità. 

   2 	e conoscitore del campo anche, me sappi, in tutti i campi, o bhārata, 
     	del campo e del conoscitore del campo la conoscenza qual’è, questa è la conoscenza, è opinione mia, 

   3 	e il campo cos’è, e com’è, e quali i mutamenti e da dove, quale 
     	esso è pure, e quale il suo potere, questo in breve ascolta: 

   4 	dai veggenti in molti modi è cantato in versi in vari tipi distinti, 
     	e nei metri del Brahmasūtra, su ragioni logiche fondati. 

   5 	gli elementi materiali, il senso dell’io, l’intelligenza, e l’immanifesto pure, 
     	e i dieci organi dei sensi, e i cinque oggetti dei sensi, 

   6 	il desiderio, l’avversione, il piacere, il dolore, l’aggregato corporale, la mente, la fermezza, 
     	questo, il corpo, brevemente nel suo sviluppo è detto. 

   7 	la modestia, la sincerità, la non-violenza, la pace, la rettitudine, 
     	il servizio al maestro, la purezza, la fermezza, il dominio di sé. 

   8 	negli oggetti dei sensi, il distacco ascetico, e l’assenza di senso dell’io invero, 
     	la percezione del male e del dolore, nella nascita, nella morte, nella vecchiaia e nella malattia, 

   9 	il distacco, l’assenza di attaccamento ai figli, moglie, casa eccetera, 
     	e la perpetua eguaglianza di pensiero all’occorrenza del desiderabile e dell’indesiderabile, 

  10 	e verso me, con esclusiva disciplina, la devozione stabile, 
     	l’abitare luoghi solitari, il disgusto nell’affollamento degli uomini, 

  11 	la perenne conoscenza dell’adhyātman, la visione che ha per scopo la vera conoscenza, 
     	questa è ‘conoscenza’, così è detta, la non-conoscenza è quanto perciò, è diverso. 

  12 	quanto dev’esser conosciuto, questo rivelerò, il quale conosciuto, l’immortalità s’ottiene. 
     	il senza fine supremo brahman, non esistente è esso, e non inesistente è detto, 

  13 	ovunque ha mani e piedi esso, ovunque occhi, teste e bocche, 
     	ovunque orecchi, nel mondo tutto avvolgendo dimora, 

  14 	ha l’apparenza delle qualità di tutti i sensi, di ogni senso è privo, 
     	e distaccato tutto regge invero, esente dai guṇa, e dei guṇa fruitore, 

  15 	esterno e interno agli esseri, immobile e mobile pure, 
     	per la sottigliezza esso non si conosce, sia lontano, e sia vicino esso. 

  16 	e indiviso, negli esseri come diviso pure è situato, 
     	e degli esseri come il sostenitore esso dev’esser conosciuto, il divoratore e il creatore. 

  17 	delle luci pure esso è la luce, l'aldilà dell’oscurità è detto, 
     	la conoscenza è, ciò che si deve conoscere, ciò che si può conoscere, nel cuore di ognuno è situato. 

  18 	così il campo, e anche il sapere e ciò che si deve sapere è stato detto succintamente. 
     	il mio devoto, questo conoscendo, alla mia natura s’unisce. 

  19 	la ‘prakṛti’ e il ‘puruṣa’ invero sappi senza principio entrambi pure, 
     	e i mutamenti e i guṇa, invero sappi dalla natura sorgenti. 

  20 	dell’attività di causa ed effetto la ragion d’esser la ‘prakṛti’ è detta, 
     	il ‘puruṣa’ i piaceri e i dolori dell’atto di godere, la ragion d’essere è detto. 

  21 	il ‘puruṣa’ nella ‘prakṛti’ stando dunque, fruisce dei guṇa dalla ‘prakṛti’ nati, 
     	causa è l’attaccamento ai guṇa di lui, di buone e cattive uterine nascite. 

  22 	è il testimone consenziente, il sostenitore, il fruitore, il grande signore, 
     	e il supremo sé così pure è detto nel corpo presente il ‘puruṣa’ supremo, 

  23 	chi così conosce il ‘puruṣa’ e la ‘prakṛti’ ai guṇa insieme, 
     	in qualsiasi modo impegnato pure, non egli più è vincolato, 

  24 	attraverso la meditazione in sé vedono alcuni il sé con il sé, 
     	altri col sāṃkhya-yoga, e col karmayoga altri, 

  25 	altri però così non-conoscendo, avendo udito da altri, danno devozione, 
     	e questi pure sfuggono invero la morte, a ciò che hanno udito dediti 

  26 	ogni qualvolta nasca qualcosa di vivente e inanimato, 
     	dall’unione del campo con conoscitore del campo esso è; questo sappi o toro dei bhārata,

  27 	ugualmente in tutti gli esseri dimorando il supremo signore, 
     	perendo essi, imperituro chi lo vede, costui vede, 

  28 	ugualmente vedendo, dunque, ovunque uguale dimorante il signore, 
     	non ferisce da sé il sé, quindi raggiunge la suprema meta, 

  29 	e dalla natura le azioni compiute interamente, 
     	chi vede, allo stesso modo il sé non-agente, costui vede, 

  30 	quando l’individualità degli esseri in una sola cosa scorge, 
     	e di qui dunque moltiplicata, il brahman ottiene allora, 

  31 	per non aver inizio, per l’assenza dei guṇa, il supremo sé presente, imperibile, 
     	nel corpo dimorando pure o kuntīde, non agisce, non si contamina, 

  32 	come l’omnipervapervadente etere per la sottigliezza non è contaminato, 
     	sempre dimorando nel corpo, così il sé non è contaminato, 

  33 	come fa vedere, da solo, l’intero mondo presente, il sole, 
     	il padrone del campo così l’intero campo fa vedere, o bhārata, 

  34 	del campo e del conoscitore del campo la differenza, con l’occhio della conoscenza, 
     	e la liberazione dalla natura degli esseri, quelli che conoscono, raggiungono il supremo.' 


                              XXXVI


   1 	Il Signore Beato disse: 
     	'la suprema, di nuovo rivelerò delle conoscenze la conoscenza maggiore, 
     	la quale conosciuta, gli asceti tutti, la suprema perfezione da qui hanno raggiunto,

   2 	in questa conoscenza rifugiati, la mia medesima natura hanno ottenuto 
     	all’atto della creazione pure non rinascono, e alla dissoluzione non tremano, 

   3 	il mio grembo è il grande brahman, in questo l’embrione pongo io, 
     	il sorgere di tutti gli esseri allora avviene o bhārata, 

   4 	quali in tutti i grembi, o kuntīde, i mortali nascono, 
     	di essi il brahman grande è il grembo, io, chi dà il seme, il padre, 

   5 	‘sattva, rajas, tamas’ così i guṇa dalla natura prodotti, 
     	vincolano, o Grande-braccio, nel corpo l’abitante del corpo inalterabile, 

   6 	quindi ‘il sattva’, immacolato, luminoso, salubre, 
     	all'unione colla felicità vincola, e all’unione col sapere, o senza-macchia, 

   7 	‘‘il rajas’’, dalla passione composto sappi, sorta dall’attaccamento al desiderio, 
     	esso vincola, o kuntīde all’unione coll’azione, l’abitante del corpo, 

   8 	‘il tamas’ invece, dall’ignoranza nato sappi, all’offuscamento di ogni abitante del corpo, 
     	per l’incuria, la pigrizia e la sonnolenza, esso vincola, o bhārata, 

   9 	‘il sattva’ alla felicità lega, ‘il rajas’ all’azione, o bhārata, 
     	la conoscenza avvolgendo, invece ‘il tamas’ all’incuria lega dunque, 

  10 	‘il rajas’ e ‘il tamas’ avendo superato, ‘il sattva’ vige o bhārata, 
     	‘il rajas’, ‘il sattva’ e  invero ‘il tamas’, ‘il tamas’, ‘il sattva’ e ‘il rajas’ inoltre, 

  11 	in tutte le porte in questo corpo, la luce nasca, 
     	quando è conoscenza, allora si sappia il pieno sviluppo del ‘sattva’ così v’è dunque, 

  12 	cupidigia, attività, intraprendenza, delle azioni ansia, brama, 
     	nel crescere del ‘rajas’, queste cose sorgono, o toro tra i bhārata, 

  13 	oscurità e inattività, incuria e offuscamento invero, 
     	nel crescere del ‘tamas’ queste cose sorgono o figlio dei kuru,  

  14 	quando, il ‘sattva’ prevalendo però, alla morte giunga un corpo vivente, 
     	allora dei conoscitori del supremo, i mondi puri ottiene, 

  15 	nel ‘rajas’, alla fine giungendo, tra attaccati all’agire rinasce, 
     	infine morto nel tamas, nel grembo di offuscati nasce, 

  16 	dell’azione nel bene compiuta, dicono il ‘sattvico’ puro frutto, 
     	del ‘rajas’ invece i frutto è il dolore, l’ignoranza del ‘tamas’ è il frutto, 

  17 	dal ‘sattva’ sorge il sapere, e dal ‘rajas’ la cupidigia solo, 
     	l’incuria e l’offuscamento dal ‘tamas’ viene, e l’ignoranza invero, 

  18 	la superiore regione raggiungono i dimoranti nel ‘sattva’, nel mezzo stanno quelli del ‘rajas’, 
     	del minimo dei guṇa involti stando, il basso raggiungono quelli del ‘tamas’, 

  19 	null’altro che i guṇa agenti, quando chi vede, bene egli vede, 
     	e dei guṇa ciò ch’è superiore conosce, la mia natura costui raggiunge, 

  20 	questi tre guṇa superando l’abitante del corpo, sorti dal corpo, 
     	dai dolori della nascita e della morte liberato, l’immortalità ottiene.' 

  21 	Arjuna disse: 
     	'quali le caratteristiche, di chi ha superato i tre guṇa presenti, sono o Signore? 
     	quale il comportamento, e come questi tre guṇa trascende?' 

  22 	Il Signor Beato disse: 
     	'sia la luminosità, sia l’attività sia l’offuscamento o pāṇḍava, 
     	chi non avversa quando sono vigenti, né non-vigenti desidera, 

  23 	con indifferenza sedendo dai guṇa chi non è turbato, 
     	“i guṇa sono gli agenti!” così invero chi è saldo non si smuove, 

  24 	chi uguale nel dolore e nel piacere in sé contento, per il quale uguale una zolla, una pietra, l’oro, 
     	chi è simile nel piacevole e nello sgradito, il saggio eguale nel rimprovero e nell’elogio di sé, 

  25 	chi nell’onore nel disonore è lo stesso, l’uguale dal lato dell’amico e del nemico, 
     	ogni impresa tralasciando, superatore dei guṇa costui è detto, 

  26 	e me chi con assoluta, devota unione venera, 
     	costui questi guṇa avendo superato, dell’unione col brahman è degno, 

  27 	invero il fondamento io sono del brahman immortale e imperituro, 
     	e dell’eterno dharma, e della felicità assoluta.'         


                              XXXVII


   1 	Il Signore Beato disse: 
     	“con in alto le radici, in basso i rami, l'aśvattha dicono imperituro, 
     	i sacri versi sono le sue foglie, chi ciò conosce, costui è un conoscitore dei veda, 

   2 	in basso e in alto, estesi i suoi rami dai guṇa accresciuti, gli oggetti dei sensi i germogli sono. 
     	e in basso le radici sono estese, alle azioni legate nel mondo degli uomini, 

   3 	non la forma sua qui perciò si percepisce, non la fine, né l’inizio, né la permanenza 
     	questo ‘aśvattha’ dai rami ben sviluppati, colla lama del distacco, salda, è da tagliare, 

   4 	allora, quel luogo si deve ricercare il quale raggiungendo, non ritornano di nuovo, 
     	e in lui solo, il primigenio spirito mi rifugio, da cui il sorgere s’è sviluppato antico, 

   5 	le non offuscate menti, i liberi dalla colpa di attaccamento, sempre nell’adhyātman, lasciati i desideri, 
     	liberati dalle opposte percezioni di piacere e dolore, vanno non-confusi a quel luogo inalterabile, 

   6 	non esso illumina il sole, non la luna, non il fuoco, 
     	il quale raggiunto, non  ritornano, questa è la mia dimora suprema, 

   7 	un mio solo frammento, nel mondo dei viventi, vivo divenuto, eterno, 
     	aggiungendo la mente, i sei sensi nella natura radicati padroneggia, 

   8 	il corpo quando ottiene, e quando anche lo abbandona il signore, 
     	afferrati questi, porta con sé, come il vento i profumi da un luogo,

   9 	l’udito, la vista e il tatto, il gusto e l'odorato pure, 
     	usando, e la mente, esso degli oggetti dei sensi fa uso, 

  10 	mentre lo abbandona o anche vi dimora, o ne fruisce i guṇa seguendo, 
     	gli offuscati non lo scorgono, lo vedono quanti hanno del sapere l’occhio, 

  11 	sforzandosi anche gli yogin lo vedono in sé dimorante, 
     	sforzandosi neppure, gli spiriti immaturi non lo vedono, insensati, 

  12 	qual'è dal sole lo spendore prodotto il mondo illumina intero
     	qual’è nella luna e quale nel fuoco, tale è lo splendore, sappi, di me, 

  13 	e nella terra penetrato, gli esseri sostengo col vigore, 
     	e nutro le erbe tutte, la luna diventando, di nettare fatta, 

  14 	io il fuoco gastrico diventato, dei viventi nel corpo residente, 
     	al prāna e all’apāna unito, digerisco il cibo nelle quattro varietà, 

  15 	e di ognuno io nel cuore riesiedo, da me la memoria, il sapere e il ragionare, 
     	e nei veda tutti, io solo sono ciò che si studia, l'autore del vedānta, e il conoscitore dei veda io sono, 

  16 	due son questi  ‘puruṣa’ nel mondo, il distruttibile e l’indistruttibile dunque, 
     	il distruttibile è di tutti gli esseri, l’eccelso indistruttibile è detto, 

  17 	il superiore spirito però, è un’altro, supremo spirito chiamato, 
     	il quale il trimondo penetrandolo, sostiene, da imperituro signore, 

  18 	poichè il distruttibile ho superato io, e dell’indistruttibile pure sono superiore,
     	allora, sono, nel mondo e nei veda, celebrato come il supremo puruṣa, 

  19 	quale me così, privo di offuscamento, conosca come il supremo puruṣa, 
     	tutto questo sapendo, onora me, con l’intera natura, o bhārata, 

  20 	così l’arcanissimo insegnamento, è questo rivelato da me, o senza-macchia, 
     	questo conoscendo uno, il sapiente sarebbe che ogni cosa ha ottenuto, o bhārata.' 


                              XXXVIII


   1 	Il Signore Beato disse: 
     	'assenza di paura, naturale purezza, saldezza nello yoga della conoscenza, 
     	generosità e autocontrollo e il sacrificare, preghiera, ascesi, rettitudine, 

   2 	non-violenza, sincerità, assenza d’ira, abbandono, pace, non-calunniare, 
     	compassione verso le creature, assenza di desideri, dolcezza, pudore, fermezza, 

   3 	vigore, pazienza, costanza, purezza, non-malizia, non mirare ad onori, 
     	queste cose sono per chi è nato per un destino divino o bhārata,

   4 	ipocrisia, arroganza e orgoglio, iracondia e asprezza invero, 
     	e ignoranza, per chi è nato, o pṛthāde, per un destino demoniaco, 

   5 	il divino destino porta alla liberazione, alla schiavitù quello demoniaco, così si considera,  
     	non affliggerti, per un fato divino nato sei, o pāṇḍava! 

   6 	due le creazione degli esseri nel mondo presente, la divina e la demoniaca invero, 
     	la divina diffusamente fu detta, la demoniaca, o pṛthāde, da me ascolta: 

   7 	sia l’agire che il non-agire le demoniache genti non conoscono,  
     	purezza neppure, né ben agire, né sincerità, in essi si trova, 

   8 	non-reale, privo di supporto, essi il mondo dicono, senza un signore, 
     	da una cosa all’altra riproducendosi, nient’altro che dal desiderio causato, 

   9 	in questa visione restando, con spirito distrutto, con scarsa intelligenza 
     	nascono, con cattive azioni, per la distruzione del mondo come nemici, 

  10 	al desiderio attaccati, difficile a compiersi, pieni d’ipocrisia, orgoglio e lussuria, 
     	dall’offuscamento presi, in vane cose agiscono, con impuri scopi, 

  11 	e ad ansia sconfinata colla morte solo terminata, uniti, 
     	alla soddisfazione dei desideri rivolti, in tal genere di cose convinti, 

  12 	dai centinaia lacci della speranza legati, al desiderio e all’ira dediti 
     	cercano il mezzo di soddisfare il desiderio, illecitamente ricchezza accumulando, 

  13 	“questo oggi da me fu ottenuto, questo desiderio soddisferò, 
     	questo è mio, questo altro bene pure lo sarà, 

  14 	questo nemico da me fu ucciso, e ucciderò gli altri pure, 
     	un signore io sono, io uno che gode, un realizzato io, un forte, un felice, 

  15 	ricco, di nobile origine sono; chi altri v’è simile a me? 
     	farò sacrifici, donerò, mi rallegrerò.” così gli ignoranti offuscati, 

  16 	da molti pensieri confusi, avvolti nella rete dell’offuscamento, 
     	occupati nel godimento dei desideri, precipitano nell’inferno impuro, 

  17 	di sé gonfi, superbi, pieni d’orgoglio per la ricchezza, 
     	sacrificano con nominali sacrifici costoro, con ipocrisia, fuori da ogni regola, 

  18 	al senso dell’io, alla forza, all’arroganza, al desiderio e all’ira indulgendo, 
     	me, in lor stessi e negli altri, disprezzano, sdegnati, 

  19 	costoro, io come un nemico, empi, nelle rinascite disgraziati, 
     	precipito continuamente malvagi in demoniaci invero grembi, 

  20 	un demoniaco grembo ottenuto, offuscati di nascita in nascita, 
     	me non ottenendo invero, o kuntīde, allora raggiungono la peggiore meta, 

  21 	di tre tipi, dell’inferno questa porta di distruzione di sé: 
     	la brama, l’ira e pure l’avidità, perciò questa triade si abbandoni, 

  22 	da queste liberato, o kuntīde, tre porte della tenebra, l’uomo 
     	agisce al proprio meglio, perciò raggiunge la suprema meta, 

  23 	chi dei sacri testi la norma rigettando, agisce secondo le proprie brame, 
     	non costui la perfezione ottiene, non la felicità, non la suprema meta, 

  24 	perciò, delle scritture l’autorità, per te sia la determinazione di ciò che si deve o non si deve fare, 
     	avendo conosciuto la norma rivelata dei testi sacri, l’azione di compiere in questo mondo ti compete.' 


                              XXXIX


   1 	Arjuna disse: 
     	'quali, delle scritture i precetti rigettando, sacrificano di fede pieni, 
     	di costoro la condizione qual’è, o Kṛṣṇa? il ‘sattva’ forse, ‘il rajas’, il tamas?' 

   2 	Il Signore Beato disse: 
     	'di tre tipi è la fede degli incarnati, questa è conforme alla propria natura: 
     	del ‘sattva’ e del ‘rajas’ invero, e del ‘tamas’, così queste ascolta: 

   3 	in accordo alla propria natura di ciascuno, la fede è, o bhārata, 
     	di fede fatto è l’uomo, quale pieno di fede è egli, così egli proprio è, 

   4 	sacrificano i ‘sattvici’ agli dèi, agli  yaksa e rakṣāsa i ‘rajasici’, 
     	agli spettri insepolti, e alle schiere degli spiriti sacrificano gli altri, le ‘tamasiche’ genti, 

   5 	quante, non prescritta dai sacri testi, una terribile ascesi praticano le persone, 
     	all’ipocrisia, e al senso dell’io attaccate, di desideri piene, di passione e violenza, 

   6 	affamando l’insieme degli elementi che stanno nel corpo, da insensati, 
     	e me pure che sto all’interno del corpo, queste sappile di natura demoniaca, 

   7 	il cibo però anche, caro ad ognuno, di tre tipi è, 
     	il sacrificio, l’ascesi come pure l’elemosina, di questi la distinzione, questo ascolta: 

   8 	quelli che  aumentano la vita, la fermezza, la forza,la salute, il piacere, la gioia, 
     	quelli gustosi, conditi, nutrienti, gradevoli cibi, ai ‘sattvici’ cari sono, 

   9 	quelli amari, acidi, salati, piccanti, pungenti, aspri, brucianti, 
     	i cibi, dal ‘rajasico’ sono desiderati, dolori sofferenze e malattia portando, 

  10 	quello vecchio, che ha perso sapore, putrido e stantio, il quale 
     	avanzato è pure, e impuro cibo, al ‘tamasico’ è caro. 

  11 	da quanti disinteressati, il sacrificio prescritto dalle regole,  così è compiuto, 
     	“si deve sacrificare invero !” così la mente avendo concentrata, questo è ‘sattvico’, 

  12 	mirando invece al frutto, e per simulazione pure solo, quale 
     	è compiuto, o migliore dei bhārata, questo sacrificio sappilo ‘rajasico’, 

  13 	quello irregolare, senza distribuizione, con formule inesatte, sbagliato, 
     	privo di fede, sacrificio ‘tamasico’ e chiamato. 

  14 	degli dèi, dei nati due volte, dei maestri, e dei saggi la venerazione, la purezza, la rettitudine, 
     	La castità e la non-violenza, del corpo ascesi è detto ciò, 

  15 	senza che dia apprensione il discorso, sincero, e piacevole e salutare, e quale 
     	è la pratica della preghiera ripetuta invero, del suono ascesi è detto ciò,  

  16 	la tranquillità della mente, la dolcezza, il silenzio, la padronanza di sé, 
     	interiore purezza, così ascesi della mente è detto ciò,  

  17 	con fede suprema, l’ascesi questa triplice, praticata da uomini 
     	disinteressati, concentrati, ‘sattvica’ è denominata. 

  18 	per aver rispetto, onore e venerazione, l’ascesi e fatta con ipocrisia invero quale 
     	si compie, questa qui è detta ‘rajasica’, mobile, impermanente, 

  19 	con confusa nozione di sé, quale ascesi con dolore è praticata,
     	o allo scopo di nuocere ad altri, questa ‘tamasica’ è detta, 

  20 	“si deve donare!” così quale dono è dato senza nulla in cambio, 
     	in luogo e tempo proprio, e a degna persona, questo dono ‘sattvico’ è ricordato, 

  21 	quale invece, allo scopo di contraccambio, o in grazia di un frutto anche 
     	è dato, e con dolore, questo dono, ‘rajasico’ è ricordato, 

  22 	in improprio luogo e tempo, quale dono pure a indegne persone è dato, 
     	senza rispetto, con disprezzo, questo ‘tamasico’ è chiamato, 

  23 	‘Oṃ Tat Sat’, così la designazione del brahman di tre tipi è ricordata, 
     	i brahmani da ciò sono, e i veda, e i sacrifici distribuiti anticamente, 

  24 	perciò: ‘Oṃ’ così pronunciando, sacrificio, elemosina e ascesi compiendo, 
     	seguono le regole stabilite sempre, dagli esperti del brahman, 

  25 	‘Tat’ così pronunciando trascurando il frutto, gli atti del sacrificio e dell’ascesi, 
     	e gli atti dell’elemosina, di vari tipi si compiono da quanti desiderano la liberazione, 

  26 	per l’esistente, e per ciò che esiste di buono:‘Sat’, così questo è usato, 
     	nel migliore agire inoltre, il suono ‘Sat’, o pṛthāde, si usa, 

  27 	nel sacrificio, nell’ascesi e nell’elemosina la saldezza, ‘Sat’ anche si dice, 
     	e l’azione proprio a questo scopo, ‘Sat’ pure è considerata, 

  28 	quanto senza fede è offerto in sacrificio, donato, nell’ascesi praticato, e compiuto, 
     	‘Non-Sat’, così è detto, o pṛthāde, e questo non ha merito dopo la morte, né quaggiù.' 


                              XL


   1 	Arjuna disse: 
     	“ della rinuncia, o grandi-braccia, la verità desidero conoscere, 
     	e ‘dell’abbandono’, o Signore dei sensi, nei particolari o Distruttore di Keśin.' 

   2 	Il Signore Beato disse: 
     	'dei desideri, delle azioni il rinunciare, ‘la rinuncia’ i saggi considerano, 
     	il trascurare il frutto di ogni azione, dicono ‘l’abbandono’ i sapienti, 

   3 	“abbandonar si deve, fonte di peccato!” così alcuni, l’azione affermano, dei saggi, 
     	“l’agire nel sacrificio, nell’elemosina, nell’ascesi non si trascuri!” così altri, 

   4 	la certezza ascolta da me qui, riguardo ‘all’abbandono’, o migliore dei bhārata, 
     	l’abbandono invero, o tigre fra gli uomini, di tre tipi è considerato: 

   5 	l’agire nel sacrificio, nell’elemosina, nell’ascesi non si trascuri! si deve compiere invero ciò! 
     	il sacrificio, l’elemosina e l’ascesi invero sono i purificatori dei saggi, 

   6 	ma queste azioni, anche l’attaccamento abbandonando e i frutti, 
     	si devono compiere, così è la mia, o pṛthāde, certa opinione suprema, 

   7 	all’azione prescritta il rinunciare non è conforme alle regole, 
     	per offuscamento ciò trascurare, ‘tamasico’ è affermato, 

   8 	quale azione così invero dolorosa, per paura del dolore fisico abbandoni, 
     	costui compiendo un ‘rajasico’ abbandono, non invero il frutto di esso ottiene, 

   9 	quale azione dovuta e così dunque prescritta compia, o Arjuna, 
     	l’attaccamento tralasciando e il frutto, questo ‘abbandono’ ‘sattvico’ io penso, 

  10 	non odia la sgradevole azione, alla gradevole non si attacca 
     	l’abbandonante, il pervaso di ‘satttva’, il sapiente che il dubbio ha reciso, 

  11 	non invero, agli incarnati è possibile abbandonare le azioni interamente, 
     	chi però il frutto dell’agire abbandoni, “costui un abbandonante!” così è ritenuto, 

  12 	indesiderabile, desiderabile e misto, di tre tipi dell’azione è il frutto 
     	per i non rinuncianti, dopo la morte, non però per i rinuncianti in nessun tempo, 

  13 	i cinque, o grandi-braccia, elementi ascolta da me, 
     	del sāṃkhya nella dottrina discussi, per il successo di ogni azione: 

  14 	la sede, inoltre l’agente, e lo strumento di vario tipo, 
     	e di vari tipi le distinte attività, e il fato invero qui per quinto, 

  15 	nel corpo essendo, con la mente quale azione intraprenda l’uomo, 
     	o giusta o sbagliata, cinque sono gli scopi di questa, 

  16 	allora così essendo, chi agire sé stesso solamente, invece 
     	vede, a causa della mente non formata, non costui vede, da ignorante, 

  17 	per chi non ha egoistica natura, per chi l’intelligenza non è contaminata, 
     	uccidendo pure egli le genti, non uccide, non è vincolato, 

  18 	conoscenza, conoscibile, conoscitore sono la triplice spinta all’agire, 
     	strumento, azione, agente, ecco la triplice schiera dell’agire, 

  19 	conoscenza e azione, e agente, il triplice aspetto invero, in accordo con i guṇa, 
     	è descritto nella dottrina dei guṇa, rettamente ascolta questi pure, 

  20 	attraverso quella per cui in tutti gli esseri questa natura imperibile vede 
     	indivisa nei molteplici esseri, questa conoscenza sappi ‘ sattvica’, 

  21 	separatamente invece, quale conoscenza le varie nature di separato genere, 
     	conosce in tutti gli esseri, questa conoscenza sappi ‘rajasica’ 

  22 	quale invece, come un tutto alla singola azione aderisce, senza causa, 
     	priva della natura di verità, e limitata, questa ‘tamasica’ è chiamata. 

  23 	l’azione disciplinata, priva di attaccamento, compiuta senza odio e repulsione 
     	da chi non brama il frutto, questa azione ‘sattvica’ è detta, 

  24 	quale azione invece, da chi sensualità brami, o da chi è egocentrico solo, 
     	è compiuta con molto sforzo, questa ‘rajasica’ è chiamata, 

  25 	senza riguardo per la conseguenza, per la perdita, il danno, e l’umana forza, 
     	a causa dell’offuscamento è intrapresa, l’azione quale è questa, ‘tamasica’ è detta, 

  26 	chi, alla liberazione rivolto, privo di egoismo, pieno di fermezza e forza, 
     	nel successo e nell’insuccesso uguale, agisce, ‘sattvico’ è detto, 

  27 	chi, pieno di passione, desiderando il frutto dell’agire, avido, intento al male, inpuro, 
     	di gioia e dolore pieno agisce, ‘rajasico’ è definito, 

  28 	chi, disattento, senz’arte, arrogante, falso, disonesto, pigro, 
     	debole e lento, agisce, ‘tamasico’ è detto, 

  29 	dell’intelligenza la triplice differenza, e della fermezza pure, in accordo coi guṇa, ascolta, 
     	sarà esposta interamente, nei particolari, o conquista-ricchezze, 

  30 	sia l’agire sia il non agire, le cose da fare e da non fare, le paure e le non-paure 
     	il vincolo e la liberazione, quale essa conosce, intelligenza è questa, o pṛthāde, ‘sattvica’, 

  31 	con la quale, il dharma e l’adharma, e ciò che si deve fare, e non fare invero, 
     	incorrettamente conosce, l’intelligenza è questa, o pṛthāde, ‘rajasica’, 

  32 	“l’adharma è il dharma!”, così quale ritiene, essendo avvolta nelle tenebre, 
     	e ogni cosa al contrario, l’intelligenza è questa, o pṛthāde, ‘tamasica’, 

  33 	la fermezza con la quale è retto l’agire della mente, del respiro, e dei sensi, 
     	con una disciplina continua, fermezza è questa, o figlio di Pṛthà, ‘sattvica’. 

  34 	invece la fermezza con la quale il dharma, il kāma e l’artha è perseguito, o Arjuna, 
     	con attaccamento, i frutti desiderando, fermezza è questa, o pṛthāde, ‘rajasica’, 

  35 	la fermezza con la quale, dal sonno, dalla paura, dal dolore, dall’accidia, dalla lussuria 
     	non si libera, per ignoranza, fermezza è questa, o figlio di Pṛthā, ‘tamasica’, 

  36 	la felicità invece ora, triplice, ascolta da me, o toro tra i bhārata: 
     	quando con la disciplina gioisce, e la fine del dolore raggiunge; 

  37 	qual’è questa all’inizio al veleno simile, e nello sviluppo all’ambrosia pari, 
     	questa felicità ‘sattvica’ è nominata, dalla tranquillità della propria intelligenza nata, 

  38 	con l’unione agli oggetti dei sensi, quale è questa all’inizio all’ambrosia pari, 
     	nello sviluppo al veleno simile, questa felicità ‘rajasica’ è ricordata, 

  39 	quale felicità, e all’inizio e in seguito, sia l’offuscamento di sé, 
     	il sonno, la pigrizia, la negligenza, questa, ‘tamasica’ è chiamata, 

  40 	non questo c’è o in terra o in cielo tra gli dèi neppure, 
     	un essere il quale, sia libero da questi tre guṇa dalla natura sorti,  

  41 	dei brahmani, degli kṣatriya, dei vaiśya e degli śūdra, o distruttore dei nemici, 
     	le azioni, variamente distribuite sono dai guṇa sorti dalla propria natura, 

  42 	calma, autocontrollo, ascesi, purezza, pazienza, e rettitudine invero, 
     	sapienza, conoscenza, religiosa credenza, è del brahmano l’agire, dalla sua natura nato, 

  43 	valore, splendore, fermezza, capacità, e in battaglia anche il non fuggire, 
     	il donare, e il regnare, dello kṣatriya è l’agire, dalla sua natura nato, 

  44 	l’agricoltura, l’allevamento, il commercio, del vaiśya è l’agire dalla sua natura nato, 
     	la caratteristica del servire è l’agire dello śūdra pure, dalla sua natura nato, 

  45 	ciascun uomo nella propria azione soddisfatto, la perfezione ottiene, 
     	del proprio agire contento la perfezione come consegua, questo ascolta: 

  46 	l'essere da chi v’è l’origine degli esseri, per il quale tutto ciò è dispiegato, 
     	con la propria azione quegli onorando, la perfezione consegue l’uomo, 

  47 	meglio il proprio dharma imperfetto, dell’altrui dharma ben eseguito, 
     	l'azione conforme alla propria natura compiendo, non compie peccato, 

  48 	la peculiare azione, o kuntīde, difettosa pure, non si può trascurare, 
     	ogni cosa intrapresa invero, dal peccato, come dal fumo il fuoco, è avvolta, 

  49 	con intelligenza distaccata, sempre sé stesso vinto, fugata la brama, 
     	del distacco dall’agire la perfezione suprema, con la rinuncia raggiunge, 

  50 	quando la perfezione ottenga, il brahman allora ottiene, ascolta da me 
     	brevemente dunque, o kuntīde, il culmine della conoscenza che è supremo, 

  51 	all’intelligenza, alla purezza unito, e fermamente sé stesso frenato, 
     	il suono gli altri oggetti dei sensi tracurando, e passione e odio rigettando, 

  52 	solitario dimorando, nel cibo moderato, frenata la parola, il corpo e la mente, 
     	allo yoga della meditazione intento perennemente, il distacco dal mondo praticando, 

  53 	il senso dell’io, la forza, l’orgoglio, il desiderio, l’ira, e il possesso 
     	abbandonando, disinteressato, in pace, al divenire brahman è adatto,

  54 	divenuto brahman, pacificato il sé, non si duole, non gioisce, 
     	uguale verso tutti gli esseri, la devozione per me ottiene suprema, 

  55 	attraverso la la devozione, me conosce, quanto e quale grande sono veramente, 
     	allora in me, in verità conosciuto, entra poi immediatamente, 

  56 	tutte le azioni pure sempre compiendo, in me rifugiato, 
     	per il mio favore, raggiunge l’eterno luogo imperituro. 

  57 	col cuore ad ogni azione in me rinunciando, a me rivolto, 
     	nello yoga dell’intelligenza rifugio prendendo, in me col pensiero sempre resta, 

  58 	col pensiero in me, tutte le difficoltà, per mia grazia, attraverserai, 
     	ma se tu da egoista non ascolterai, perirai, 

  59 	se al senso dell’io attaccato: “non combatterò!”, così penserai, 
     	sbagliata è questa tua decisione, la natura ti costringerà, 

  60 	o kuntīde, legato al tuo proprio agire, dalla tua stessa natura nato, 
     	quanto fare non vuoi per offuscamento, farai tuo malgrado proprio questo, 

  61 	il signore di tutti gli esseri, nella regione del cuore, o Arjuna, risiede, 
     	facendo muovere tutti gli esseri, legati al motore del’universo, col suo ‘potere’, 

  62 	in egli solo rifugio cerca, con tutta la tua anima, o bhārata, 
     	per sua grazia, la suprema pace, la condizione, otterrai, eterna, 

  63 	così a te la conoscenza è rivelata, dei segreti la più segreta, da parte mia, 
     	meditando su essa completamente, come desideri allora agisci, 

  64 	di tutti il più segreto, di nuovo ascolta il mio supremo discorso, 
     	amato sei da me fermamente, così allora parlerò a te come ad un amico: 

  65 	in me la mente tieni, a me devoto, a me sacrificando, a me rendi onore, 
     	me dunque raggiungerai, in verità te lo prometto, caro sei a me, 

  66 	ogni norma di condotta rigettando, in me solo rifugio prendi, 
     	io te da ogni male libererò, non affliggerti, 

  67 	questo da te, non a qualcuno non-asceta, non al non-devoto, 
     	né a chi non desidera ascoltare, si riveli, né a chi per me mostra indignazione, 

  68 	chi questo supremo segreto tra i miei devoti, rivelerà, 
     	devozione a me suprema avendo fatto, me dunque raggiungerà, senza dubbio, 

  69 	e perciò tra gli uomini nessuno c’è che a me più piacere produca, 
     	né vi sarà a me perciò, altri più caro sulla terra, 

  70 	e quale studierà questa giusta conversazione tra noi due, 
     	da questo sacrificio di conoscenza, io onorato sarei, così è mia opinione, 

  71 	quale uomo, pieno di fede, e privo d’invidia, ascolti pure, 
     	questi sarà anche liberato, e i luminosi mondi otterrà di chi santamente agisce, 

  72 	dunque questo fu ascoltato, o pṛthāde, da te con attento pensiero? 
     	dunque l’ignorante offuscamento è svanito a te, o conquista-ricchezze?' 

  73 	Arjuna disse: 
     	'distrutto è lo smarrimento, la rivelazione ottenuta per tua grazia, da me, o Incrollabile, 
     	saldo sono, fugati i dubbi, compirò il consiglio tuo.' ” 

  74 	Saṃjaya disse: 
     	"così io, di Vāsudeva e del pṛthāde grand'anima, 
     	la conversazione presente udii, meravigliosa da rizzar i capelli, 

  75 	per grazia di Vyāsa ho ascoltato questo segreto io, supremo, 
     	il suo yoga proprio dal signore dello yoga Kṛṣṇa in persona rivelato, 

  76 	o Re, ogni volta  ricordando la conversazione presente meravigliosa, 
     	santa, del Lunghi-capelli, e di Arjuna gioisco di nuovo e di nuovo, 

  77 	e quella forma ogni volta ricordando, veramente meravigliosa di Hari, 
     	stupore vi è a me grande o re, e gioisco di nuovo e di nuovo, 

  78 	dov’è il signore dello yoga Kṛṣṇa, dov’è il pṛthāde arciere, 
     	là, certa è fortuna, vittoria, prosperità, buona condotta, questa è la mia opinione."