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7. Sambhavaparvan

(Il libro delle nascite I, 62-123)



                              LXII



   1 	Janamejaya disse:
     	“ in verità ho udito o brahmano, questa parziale discesa
     	di dèi, dānava e rākṣasa, e rettamente di gandharva e apsaras,

   2 	ma ancora io voglio udire dall'inizio della discendenza dei kuru,
     	raccontala dunque o savio, di fronte a questo congresso di savi ṛṣi.”

   3 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	il progenitore dei paurava fu il valoroso di nome Duḥṣanta
     	protettore dei quattro confini della terra o toro dei bhārata,

   4 	le intere quattro parti della terra possedeva quel signore di uomini,
     	e quel vittorioso in battaglia anche le regioni circondate dal mare,  

   5 	e pure tutti i forestieri, inclusi i barbari di altre lingue,
     	le regioni comprese dal mare, scrigno di gemme, erano piene di genti dei quattro varṇa,

   6 	non vi era confusione dei varṇa, e le genti non trascuravano di arare,
     	nessuno era malvagio, quando questo re governava,

   7 	una giusta contentezza coltivando, il fine del dharma perseguivano
     	gli uomini allora, o tigre fra gli umani, mentre lui era il sovrano delle genti,

   8 	non vi era paura dei ladri o caro, né paura ancor lieve, della fame,
     	non vi era timore di malattie, mentre lui era sovrano delle genti,

   9 	nei propri dharma si rallegravano i varṇa senza desiderare imprese divine,
     	ed erano dunque sicuri essendosi rifugiati nel signore della terra,

  10 	il dio della pioggia facendo piovere a tempo debito, il grano fruttificava,
     	e piena di tutti i doni era allora la terra e ricca,

  11 	e da giovane quel meraviglioso eroe forte come la folgore,
     	sollevato il monte mandara coi suoi boschi e bochetti, lo portava sulle braccia,

  12 	e nell'arco e nel duello di mazze, e negli attacchi all'arma bianca,
     	in groppa all'elefante o al cavallo era egli il miglior esperto,

  13 	per forza pari a Viṣṇu era, per splendore simile al sole,
     	per fermezza pari all'oceano, e per pazienza simile alla terra,

  14 	onorato era quel signore della terra che aveva città e regni pacificati,
     	e con ministri intenti al dharma governava un saggio popolo.


     
                              LXIII

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	un giorno quel grandi-braccia, dotato di staordinaria forza,
     	si recava nella profonda foresta, accompagnato da centinaia di cavalli ed elefanti,

   2 	e circondato da valorosi armati di lance e spade, e di mazze e clave,
     	e con  guerrieri armati di lance e frecce a centinaia, egli viaggiava,

   3 	con leonine grida di guerra e con suoni di tamburi e conchiglie,
     	e col frastuono dei carri, e coi barriti dei grandi elefanti,

   4 	e col suono dei molti nitriti, e con le urla e gli strepiti delle armi,
     	le grida di guerra accompagnavano quel principe,

   5 	e stando sulle alte tearrazze dei palazzi, per il supremo splendore del sovrano,
     	le donne lo vedevano là come un leone pervaso dalla propria luce,

   6 	simile a Śakra, quell'uccisore di nemici, invincibile da ogni avversario,
     	e le schiere delle donne vedendolo là armi in pugno, pensavano:

   7 	“ quella tigre fra gli uomini è straordinariamante valoroso in battaglia,
     	la forza del suo braccio incontrando, nessun nemico sopravvive.”

   8 	così queste parole dicendo le donne con amore al sovrano 
     	inneggiavano, e piogge di fiori gettavano sulle sue spalle,

   9 	e ovunque elogiato tutt'intorno dai migliori savi,
     	partiva con grande piacere verso la foresta per praticare la caccia,

  10 	a lungo lo seguirono cittadini e abitanti allora,
     	e quindi tornarono indietro per ordine del re in persona,

  11 	quindi col frastuono del suo carro simile a quello di Suparṇa, il signore della terra,
     	la terra riempiva di quel rumore e i tre cieli,

  12 	quel saggio procedendo vide una selva simile al giardino degli dèi,
     	piena di alberi bilva, arka, e khadira, frammisti a kapittha e dhava,

  13 	densa e ricoperta da massi caduti dai monti,
     	priva d'acque, e di uomini, estesa per molti yojana,
     	piena di branchi di gazzelle, e di molti altri crudeli abitanti della foresta,

  14 	quella tigre fra gli uomini coi servi quella foresta il possente,
     	Duḥṣanta, faceva tremare uccidendo varie prede,

  15 	e là colpite a portata di frecce, molte furono le schiere di tigri,
     	che Duḥṣanta abbatteva e trafiggeva coi dardi,

  16 	e quel toro fra gli uomini alcune ne colpiva da lontano colle frecce,
     	e altre venutegli vicine le trafiggeva con la spada,

  17 	e alcune di quelle le uccideva con la forza quel migliore dei possenti,
     	quel vero esperto del rotear la mazza, la muoveva con infinito valore,

  18 	e con lance, e spada, e pure con la mazza, clave e spiedi,
     	egli si muoveva uccidendo animali selvatici, gazzelle e uccelli,

  19 	e dal re di straordinario valore, e dagli armati amici convenuti,
     	quella grande foresta era agitata, e i grandi animali fuggivano via,

  20 	là si disperdevano i branchi dei grandi elefanti colpiti,
     	e i branchi di antilopi per l'agitazione facevano continui rumori, 

  21 	e raggiunto il fiume in secca, smagriti per la carenza d'acqua,
     	coi cuori affaticati dagli sforzi si abbattevano prive di sensi,

  22 	e piene di sete e affamate, e stanche cadute a terra,
     	alcune erano mangiate da quelle tigri fra gli uomini affamati,

  23 	e alcuni abitanti della selva acceso il fuoco con la legna,
     	ne mangiavano le carni tagliate secondo le regole,

  24 	e là alcuni forti elefanti resi folli dalle ferite delle armi, 
     	contraendo le proboscidi spaventati, correvano impetuosi,

  25 	e scaricando feci e urina e molti perdendo pure sangue,
     	quei grandi elefanti selvaggi, uccisero molti uomini,

  26 	e quella foresta coperta da una moltidudine di soldati armati di frecce,
     	appariva piena di grandi mucchi di animali uccisi.

	
     
                              LXIV

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	quindi uccisi migliaia di animali quel re dal grande carro,
     	per desiderio di altre prede, entrava in un'altra foresta,	

   2 	da solo, quel fortissimo, e preso da fame e da sete,
     	raggiunto il limitare della selva, un grande deserto incontrava,

   3 	e passato anche questo, il sovrano, una selva piena di ottimi āśrama,
     	bella a vedersi da far nascere grande gioia nel cuore,
     	raggiungeva ed entrava in quella grande foresta allietata da fresche brezze,

   4 	piena di fiori, e alberi, e verdeggiante di salubri erbe,
     	estesa, e risuonante dei dolci canti degli uccelli,

   5 	coperta di alberi dai rami frondosi, dalle piacevoli ombre,
     	con le api svolazzanti sui rampicanti e dotata di suprema bellezza,

   6 	con alberi fioriti e pieni di frutti, e privi di spine,
     	né troppa abbondanza di insetti vi era in questa foresta,

   7 	e adornata grandemente di fiori e risuonante di uccelli,
     	verdeggiante di erbe, e con alberi fioriti in ogni stagione,
     	in quella stupenda foresta che allietava il cuore, quel grande arciere entrava,

   8 	là gli alberi carichi di fiori mossi dai venti,
     	fanno cadere continuamente una variegata pioggia di fiori,

   9 	e risuonano i piacevoli cinguettii degli uccelli toccando il cielo,
     	e gli alberi là mutano d'aspetto adornati da variegati fiori,

  10 	e nei loro rami piegati dal peso dei fiori, 
     	lanciano dolci grida gli uccelli assieme agli insetti,

  11 	e là, molti luoghi adornati di miriadi di fiori,
     	e antri sommersi dai rampicanti che davano gioia al cuore,
     	quel potente scorgeva, e ne divenne allora lieto,

  12 	e gli alberi pieni di fiori coi rami interacciati l'un l'altro,
     	abbellivano quella foresta, simili agli stendardi del grande Indra,

  13 	un vento di dolce brezza, profumato, trasportava il polline dei fiori,
     	e camminando nella selva quasi con piacere si avvicinava agli alberi.

  14 	il sovrano vedeva quella foresta di tali qualità adornata,
     	nata da un piacevole fiume sulle sue rive come una bandiera,

  15 	e osservando quella selva supremamente allietata dagli uccelli,
     	vide che era piacevole alla mente e allietata da bellissimi āśrama,

  16 	e piena di vari alberi, e di fuochi accesi,
     	e piena di asceti e vālakhilya e abitata da schiere di muni,

  17 	e con molti fuochi sacri e coperta da tappeti di fiori,
     	e resa oltremodo splendida dalle ampie e grandi rive su entrambe le sponde

  18 	del santo e piacevole fiume mālinī o re,
     	pieno di molti stormi di uccelli che deliziavano quel bosco di asceti,
     	là scorgendovi placidi animali da preda, egli divenne lieto,

  19 	ed entrava quel grande guerriero pure in un bellissimo āśrama,
     	simile al mondo divino, e ovunque bellissimo,

  20 	egli scorgeva vicino all'āśrama il fiume dalle pure acque,
     	che ogni vivente sostentava come una madre,

  21 	trasportando schiume e fiori coi cakravāka sulle rive,
     	residenza di schiere di kiṃnara, e frequentato da scimmie e orsi,

  22 	e risuonante di sacre preghiere, adornato di isolotti,
     	frequentato da elefanti furiosi, da tigri e serpenti,

  23 	e vedendo quel fiume adorno di āśrama, e uno in particolare,
     	pose mente ad entrarvi quel sovrano allora,

  24 	quell'āśrama ornato e inghirlandato dalle belle rive del fiume,
     	abbellito come dalla Gaṅgā è la sede di Nara e di Nārāyaṇa,
     	penetrava la grande foresta risuonante dei pavoni in amore,

  25 	e quel signore di uomini raggiunta questa foresta simile a quella di Citraratha,
     	e dotata di tutte le qualità, e imcomparabile per splendore,
     	per visitare il grande ṛṣi Kāśyapa e anche Kaṇva,

  26 	facendo fermare alle porte della selva l'esercito,
     	pieno di carri aggiogati ai cavalli, e di ampie schiere di fanti, questo diceva:

  27 	“io andrò a visitare quel muni santo, ricco in tapas,
     	portate rispetto a Kāśyapa fino al mio ritorno.”

  28 	quel signore di uomini raggiunta la foresta simile al paradiso,
     	il re liberatosi di fame e sete ne ebbe grande gioia, 

  29 	e spogliatosi delle insegne regali assieme ai ministri, 
     	e assieme al purohita, entrava in quel supremo āśrama,
     	e là visitavano i due il ṛṣi, pieno di tapas indistruttibile,

  30 	e scorgendo quell'āśrama simile al mondo di Brahmā,
     	risuonante dei canti di insetti e pieno di stormi di vari uccelli,

  31 	moltissime preghiere, e inni che uscivano da tutte le bocche
     	udiva quella tigre fra gli uomini, qui nelle cerimonie approntate,

  32 	di quei sapienti dei riti e dei vedāṅga le cerimonie pure,
     	quell'āśrama illuminava con quelle grandi anime ben disciplinate,

  33 	i sapienti dell'atharvaveda, addetti ai riti collettivi,
     	la saṃhitā cantavano, secondo la giusta successione,

  34 	assieme al suono delle cerimonie sacre di altri ri-nati recitanti,
     	e l'āśrama risuonava bellissimo come il mondo di Brahmā,

  35 	e dei sapienti dei riti e dei sacrifici, e degli esperti delle regole sacre,
     	e dei perfetti e veri sapienti delle regole, seguaci dei veda,

  36 	e degli esperti delle combinazioni e unioni delle varie epsressioni,
     	e degli esperti delle differenze dei riti, e dei seguaci del dharma e della mokṣa,

  37 	e dei giunti alla conoscenza delle affermazioni, opposizioni, e giuste dimostrazioni,
     	e dei maestri del mondo ovunque risuonava, 

  38 	qua e là vedeva grandi savi, controllati, fermi nei voti,
     	supremi oranti, perfetti, quell'uccisore di nemici,

  39 	il sovrano vari seggi ornati di fiori,
     	usati nell'ascesi avendo visto ne rimaneva stupito,

  40 	e osservando la venerazione compiuta nei templi degli dèi dai ri-nati,
     	quel migliore dei sovrani pensava di stare nel mondo di Brahmā, 

  41 	egli il bellissimo supremo āśrama rifugio dell'ascesi di Kāśyapa,
     	osservando pieno di schiere di ricchi in tapas, non ne era mai sazio,

  42 	egli in quel rifugio di Kāśyapa pieno ovunque di ṛṣi dai grandi volti, ricchi in tapas,
     	in quel propizio rifugio così attraente, entrava coi ministri e il purohita, l'uccisore di nemici.


     
                              LXV

   1 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	quindi il grandi-braccia lasciati i ministri, da solo andando,
     	non scorgeva nell'āśrama il ṛṣi dai fermi voti,

   2 	egli non scorgendo il ṛṣi e vedendo l'āśrama vuoto,
     	diceva forte quasi facendo risuonare la foresta:”chi c'è qui?”

   3 	e udito quel suo grido, un fanciulla bella come Śrī,
     	usciva dall'āśrama indossando abiti ascetici,

   4 	lei dagli occhi neri, vedendo il re Duḥṣanta,
     	“benvenuto a te.” rapida diceva, porgendogli onore,

   5 	e servitolo di un seggio e dell'acqua ospitale per i piedi,
     	chiedeva al sovrano o re, se stava in buona salute,

   6 	e avendolo servito secondo le regole, da lui essendole chiesto della sua salute,
     	diceva come sorridendo:” che posso fare per te?”

   7 	allora a quella fanciulla dal dolce eloquio, diceva il re
     	onorato secondo le regole, vedendola perfetta in tutte le membra: 

   8 	“io sono giunto per vedere il glorioso ṛṣi Kaṇva,
     	dove è andato il venerabile o cara? questo dimmi o bellissima.”

   9 	Śakuntalā disse:
     	“il padre mio venerabile, è uscito dall'āśrama a raccogliere frutti,
     	attendi qui un po' di tempo e lo vedrai tornare.”

  10 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	non scorgendo il ṛṣi e da lei così apostrofato il sovrano,
     	vedendola di bei fianchi, stupenda e dal dolce sorriso,

  11 	splendida per figura, ascetica e controllata,
     	dotata di bellezza e gioventù così le diceva quel principe della terra:

  12 	“ chi sei, e a chi appartieni o belle-natiche? e perchè sei giunta nella foresta?
     	donde viene che tu sia cosi bella e piena di qualità o splendida?

  13 	vedendoti o bella, il mio cuore è rapito da te,
     	io voglio conoscerti, questo dimmi o splendida.”

  14 	così apostrofata dal re la fanciulla, in quell'āśrama,
     	ridendo diceva queste parole con dolcissima voce:

  15 	“io, o Duḥṣanta, sono ritenuta la figlia del venerabile Kaṇva,
     	di quel risoluto asceta, sapiente del dharma e glorioso.”

  16 	Duḥṣanta disse:
     	“il glorioso venerabile, venerato nel mondo pratica la castità,
     	e se pur Dharma può deviare dal giusto, certo non vi devia quel fermo nei voti,

  17 	in che modo dunque tu sei nata sua figlia così bella?
     	questo mio grande dubbio tu qui devi chiarire.”

  18 	Śakuntalā disse:
     	“come fu la mia venuta come a quel tempo avvenne,
     	ascolta o re secondo verità, come io divenni la figlia del muni,

  19 	un giorno un ṛṣi qui giunto chiese della mia nascita,
     	e a lui rispondeva il venerabile, ascolta come o principe,

  20 	un tempo Viśvāmitra praticando un grande tapas,
     	supremamente presoccupava Śakra, signore delle schiere celesti:

  21 	'col suo tapas, quel grande valoroso potrebbe scalzarmi dal trono.'
     	allarmato dunque il distruggi-città, questo diceva a Menakā:

  22 	' tu per divine bellezze, o Menakā superi tutte le apsaras,
     	compi per me questo bene, o nobildonna, che ti dirò, ascoltami,

  23 	quel grande asceta di Viśvāmitra, è pari in splendore all'āditya,
     	e praticando egli un terribile tapas, mi fa tremare il cuore, 

  24 	o Menakā, prenditi carico o bel-vitino, che questo Viśvāmitra
     	dalla ferma anima, duro da vincere, si allontani dal tapas,

  25 	che egli non mi scalzi dal trono, avvicinandolo con seduzione,
     	ferma il suo tapas, fammi questo favore supremo,

  26 	e dolci parole e atti, con sorrisi, con la tua bellezza e giovinezza,
     	seducendolo, o belle-natiche, allontanalo dal tapas.'

  27 	Menakā disse:
     	' quel venerabile dal grande splendore è sempre intento in grande ascesi,
     	ed inoltre è facile all'ira, pure tu lo sai o beato signore,

  28 	dalla forza del tapas di quel grand'anima facile all'ira,
     	tu pure sei spaventato, come posso non esserlo io?

  29 	lui che separava il glorioso Vasiṣṭha dai suoi figli,
     	e che nato prima kṣatriya, divenne di forza brahmano,

  30 	che per purificarsi creò un fiume difficile da attraversare per le molti acque,
     	il quale fiume, il Kauśikī, le genti conoscono come il più puro al mondo,

  31 	fiume dove un tempo in momenti difficili per quel grand'anima
     	il ṛṣi regale Mataṅga, anima pia, manteneva la moglie diventando cacciatore,

  32 	e finiti i tempi della fame tornato di nuovo al suo āśrama,
     	quel muni allora potente ribattezzave quel fiume Pārā,

  33 	e là dove per Mataṅga compiva da sé, con mente gioiosa il sacrificio,
     	tu per paura di lui, sei andato a bere il soma o signore degli dèi,

  34 	ed egli irato una nuova serie di stelle e di nakṣatra,
     	oltre ai precedenti nakṣatra con le stelle śravaṇa, creava,

  35 	e di queste sue imprese io sono fortemente spaventata,
     	lui irato mi potrebbe bruciare, sappi questo di me o potente,

  36 	col suo splendore può bruciare i mondi, e far tremare la terra col suo piede,
     	e potrebbe afferrare il grande Meru e rivoltarlo facilamente,

  37 	è fornito di un tale tapas, che è come un fuoco acceso,
     	come una fanciulla come me puo toccare quel vincitore dei sensi?

  38 	la sua bocca è fuoco acceso, i suoi occhi come sole e luna,
     	come morte la sua lingua, come una come me può toccarlo?

  39 	Yama, Soma, e i grandi ṛṣi, i sādhya, i viśve, e tutti i vālakhilya
     	pure loro, sono spaventati dalla sua potenza, come può una come me non spaventarsi?

  40 	ma da te richiesta come posso io non avvicinare il ṛṣi o re dei celesti?
     	però pensa alla mia sicurezza o re degli dèi, come per tuo conto io possa agire sicura,

  41 	per tuo desiderio il vento come per gioco porti via la mia veste, o dio,
     	e il dio dell'amore divenga là mio assistente, per tuo comando,

  42 	e dalla selva Vāyu soffi i profumi, a quel momento per eccitare il ṛṣi.'
     	così avendo parlato e stabilito l'accordo, allora ella si recana all'āśrama del figlio di Kuśika.”


     
                              LXVI

   1 	Śakuntalā disse:
     	“così richiesto da lei Śakra, questo ordinava al vento che è sempre in moto,
     	dunque a quel tempo Menakā partiva assieme a Vāyu,

   2 	allora Menakā dal superbo culetto, scorgeva Viśvamitra
     	purificato di ogni colpa attraverso il tapas, in ascesi nell'āśrama, quella bella,

   3 	e lei avendo salutato allora ella giocava vicino a lui,
     	e il vento strappava via il vestito di quella splendida come la luna,

   4 	correva ella rapida inseguendo la veste a terra, e
     	il malizioso vento quasi ridendo quella bellissima,

   5 	e quel migliore dei muni vide Menakā agitata che inseguiva la veste,
     	la vide nuda, soffusa di incredibile bellezza e giovinezza,

   6 	e vedendo le qualità del suo aspetto, quel toro fra i savi, allora
     	divenne bramoso di unirsi a lei caduto preda dell'amore,

   7 	e lui la invitava, e anche quella irreprensibile voleva lui,
     	i due dunque un lungo tempo spesero nella selva insieme,
     	rallegrandosi secondo il desiderio, a lungo come fosse un solo giorno,

   8 	e il muni generava nel grembo di Menakā Śakuntalā,
     	sullo splendido altopiano dell'himavat, vicino alla fiumana Mālinī,

   9 	e Menakā abbandonava la figlia nata, lungo la Mālinī,
     	e compiuto il suo compito, rapidamente tornava alla dimora di Śakra,

  10 	e in quella selva deserta di umani, abitata da leoni e tigri, quella creatura
     	vedendo addormentata, da ogni luogo degli avvoltoi la circondarono, 

  11 	e le fiere non uccisero quella bambina, per desiderio di carne,
     	gli avvoltoi là, proteggevano quella figlia di Menakā,

  12 	' giunto per i miei lavacri, io la vidi addormentata,
     	là nella folta e deserta foresta, circondata dagli avvoltoi,
     	e dopo averla raccolta la condussi con me come figlia,

  13 	chi genera il corpo, chi lo salva, o colui da cui si riceve nutrimento,
     	questi tre nell'ordine sono detti padri secondo la dottrina del dharma,

  14 	e poiché nella deserta selva era protetta dagli avvoltoi,
     	allora io diedi a lei il nome di Śakuntalā,

  15 	in questo modo dunque o saggio sappi che Śakuntalā è mia figlia,
     	e l'rreprensibile Śakuntalā mi ritiene suo padre.'

  16 	questo diceva essendone richiesto della mia nascita il grande ṛṣi,
     	quindi sappimi figlia di Kaṇva tu o signore di uomini,

  17 	e io pensavo lui come mio padre non conoscendo il vero,
     	così io ti ho raccontato o re esattamente come l'ho udito.”


     
                              LXVII

   1 	Duḥṣanta disse:
     	“ è chiaro che tu sei figlia di re come tu stessa hai detto o damigella,
     	diventa mia moglie o belle-natiche, che posso fare per te?

   2 	collane variopinte, vestiti, orecchini d'oro,
     	di vari luoghi di provenienza, splendenti di gemme o bellissima,

   3 	io a te ora offro cominciando da collane e pellicce,
     	l'intero mio regno sia oggi tuo, diventa mia moglie o bellissima,

   4 	sposami o timida, con nozze gandharva, o splendida,
     	quello gandharva dei matrimoni si dice il migliore o tonde-coscie.”

   5 	Śakuntalā disse:
     	“mio padre o re, è uscito dall'āśrama in cerca di frutti,
     	attendi un po' di tempo, e lui allora me ti darà.”

   6 	Duḥṣanta disse:
     	“io ti voglio o splendido-culetto, possedere, o senza-difetti,
     	sappi che non vedo che te, il mio cuore è pieno di te,

   7 	ciascuno appartiene a sé stesso, e può disporre di sé,
     	secondo il dharma, tu puoi far dono di te da te stessa,

   8 	otto sono ricordati essere i matrimoni secondo il dharma:
     	brāhma, daiva, e ārṣa, prājāpatya, e āsura,

   9 	gāndharva, e rākṣasa e paiśāca, per ottavo si ricordano,
     	di questi le regole di seguito Manu, figlio del Nato-da-sè, dettava,

  10 	i primi quattro, i migliori, sono ritenuti adatti ai brahmani,
     	e i primi sei sappili o senza-difetti, secondo il dharma per gli kṣatriya,

  11 	e dei re si dice pure il rākṣasa e per i vaiśya e i śūdra l'āsura è stabilito,
     	dei cinque tre sono nel dharma e due si dicono nell'adharma

  12 	il paiśāca e l'āsura non si devono mai fare,
     	con questa regole si deve agire questa la via indicata dal dharma,

  13 	il gāndharva e il rākṣasa entrambi son giusti per gli kṣatriya, non dubitare,
     	o ciascuno dei due o mescolati si devono fare, non vi è qui alcun dubbio,

  14 	dammi dunque il tuo consenso al mio desiderio o bellissima,
     	con nozze gāndharva tu devi diventare mia moglie.”

  15 	Śakuntalā disse:
     	“se questo è il sentiero della virtù, se io ho potere su me stessa,
     	per le nozze o migliore dei paurava, ascolta la mia proposta o potente,

  16 	con sincerità promettimi quanto io ti dirò qui brevemente,
     	il figlio che da me possa nascere che costui sia il tuo successore,

  17 	l'erede del regno, o grande re, questo sinceramente promettimi,
     	se così questo sarà o Duḥṣanta io mi unirò con te.”

  18 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	“ così dunque sia!” a lei rispondeva il re senza esitazione,
     	“ e pure te porterò nella mia città o dolce-sorriso,
     	quanto tu hai chiesto o belle-natiche, io sinceramente te lo prometto.”

  19 	così avendo parlato quel ṛṣi regale, a quella virtuosa consorte,
     	le prese la mano secondo le regole, e con lei conviveva,

  20 	e consolandola mentre partiva ripetutamente le diceva:
     	“manderò per te, una chiera di armati dei quattro tipi,
     	e da questa ti farò condurre al mio palazzo o bel-sorriso.”

  21 	così dunque a lei il sovrano avendo promesso o Janamejaya,
     	partiva quel principe, con la mente rammentando Kāśyapa,

  22 	“che farà quel venerabile pieno di tapas, questo sapendo?”
     	e così pensando tra sé egli entrava nella sua città,

  23 	passato qualche tempo Kaṇva tornava al suo āśrama,
     	e Śakuntalā per la vergogna non si avvicinava al padre, 

  24 	e conoscendo il motivo per divino sapere, Kaṇva grande asceta,
     	a lei diceva lieto il venerabile, vedendo con occhio divino:

  25 	“ quanto tu oggi hai fatto, unendoti al re a mia insaputa,
     	unirsi con un uomo non è contrario al dharma,

  26 	per gli kṣatriya le nozze gāndharva son dette la miglior scelta,
     	l'unirsi dell'innamorata con l'innamorato in segreto è ammesso,

  27 	Duḥṣanta, il migliore degli uomini, è un grand'anima e un'anima pia,
     	tu prendesti un marito che a te è appropriato o Śakuntalā,

  28 	grand'anima e di grande forza, nascerà tuo figlio
     	il quale l'intera terra circondata dal mare reggerà,

  29 	e l'esercito di quel grand'anima marciante sul campo, 
     	di quell'imperatore, sarà sempre invincibile.”

  30 	allora dopo aver lavato i piedi ella diceva al muni ristorato
     	dopo aver deposto il carico e messo a terra i frutti:

  31 	“io ho scelto per marito questo Duḥṣanta, il migliore degli uomini,
     	tu devi essere benevolo verso di lui e i suoi ministri.”

  32 	Kaṇva disse:
     	“ben disposto verso di lui io sarò per te o bellissima,
     	e accetta da me la grazia che tu desideri.”

  33 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	allora Śakuntalā, desiderando il bene di Duḥṣanta. scelse che stesse fermo 
     	nel dharma il re, e che inoltre non fosse privato del regno dei paurava.


     
                              LXVIII

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	essendo partito Duḥṣanta dopo aver fatto la sua promessa, Śakuntalā,
     	dalle belle coscie, partoriva un bimbo, principe di incomparabile splendore,

   2 	e compiuti i tre anni era luminoso come il fuoco acceso,
     	fornito delle doti di nobiltà e bellezza, quel figlio di Duḥṣanta o Janamejaya,

   3 	Kaṇva quel migliore dei santi, i riti della nascita e delle purificazioni,
     	per lui compiva, per la crescita di quell'intelligente fanciullo,

   4 	il giovane aveva bianchi denti appuntiti simili a quelli di leone,
     	le mani marchiate da cakra, aveva il glorioso, fronte ampia quel fortissimo,
     	il principino cresceva rapidamente simile ad un bimbo divino,

   5 	egli fanciullo di sei anni, tutt'intorno all'āśrama di Kaṇva,
     	vi erano tigri, leoni, cinghiali, elefanti e pure bufali,

   6 	legatili agli alberi attorno all'āśrama, quel fortissimo, 
     	vi saliva sopra soggiogandoli, e giocando vi correva intorno,

   7 	allora gli abitanti dell'āśrama di Kaṇva gli diedero un nome:
     	“ sia dunque lui Sarvadamana, che tutti soggioga.”

   8 	e il principe divenne dunque Sarvadamana di nome,
     	dotato di forza, energia e coraggio,

   9 	il ṛṣi quel principe vedendo e le sua imprese sovrumane,
     	diceva a Śakuntalā:” è tempo che il giovane vada al suo regno.”

  10 	e la sua forza conoscendo, Kaṇva disse: ai suoi discepoli:
     	“rapidamente dall'āśrama con suo figlio, Śakuntalā,
     	ornata di tutte le doti, al marito oggi conducete,

  11 	non è desiderabile per le spose a lungo abitare coi parenti,
     	contro le regole e il buon nome è questa condotta, quindi conduceteli in fretta.”

  12 	avendo detto di sì, tutti quei potenti partirono,
     	posta davanti Śakuntalā col figlio, verso la città degli elefanti,

  13 	tenendo per mano quel figlio dagli occhi di loto simile ad un bimbo divino,
     	giungeva allora la bella, dalla foresta nota a Duḥṣanta,

  14 	e arrivata alla porta del re, essendo riconosciuta, vi entrava
     	con quel figlio, quella giovane splendente come il sole,

  15 	e salutatolo secondo le regole Śakuntalā gli diceva: 
     	“ questo è il figlio tuo o re, che devi consacrare come principe ereditario,

  16 	questo tuo figlio o re, nel mio grembo è cresciuto simile ad un dio,
     	secondo l'accordo, comportati verso di lui o migliore degli uomini,

  17 	come prima della nostra unione tu hai promesso,
     	questo ricorda o glorioso, quanto accadde nell'āśrama di Kaṇva.”

  18 	il re dunque udite le sue parole, pur ricordando,
     	diceva: “io non ricordo di chi tu sia o falsa asceta,

  19 	in non ricordo di aver fatto con te alcun accordo di dharma, artha o kāma,
     	vattene o rimani o fai come credi.”

  20 	così apostrofata quella saggia dalle belle-natiche, imbarazzata,
     	e quasi priva di sensi per il dolore, se ne stava ferma come una montagna,

  21 	cogli occhi rossi di rabbia e indignazione, le tonde labbra tremanti,
     	con sguardo bruciante guardava verso il re,

  22 	e nascondendo l'emozione e contenendo la sua furia,
     	tratteneva allora, la forza del tapas di cui era dotata,

  23 	ella avendo meditato qualche momento, piena di dolore e sdegno,
     	avvicinatasi irata al marito, le parole diceva:

  24 	“ pur conoscendo il vero o grande re, perchè così parli?
     	dici 'non ti conosco' come persona volgare che non riflette,

  25 	qui nel tuo cuore, vi è la la conoscenza del vero e del falso,
     	dunque o nobile, tu che sei testimone non disprezzarmi,

  26 	da chi diversamente tratta sé stesso e diversamente il virtuoso,
     	qual'è il male che resta incompiuto da questo malvagio celato?

  27 	tu pensi: 'io solo esisto', e non riconosci l'eterno testimone del tuo cuore,
     	che conosce l'agire del malvagio, e tu davanti ad esso compi il male,

  28 	facendo il male si pensa:' nessuno sa di me.'
     	ma gli dèi conoscono ciò e anche quel testimone dentro l'uomo,

  29 	la luna, il sole, il vento, il cielo, la terra, le acque, il cuore e Yama,
     	e il giorno e la notte e i passaggi tra i due, e Dharma conoscono la condotta dell'uomo,

  30 	e a lui Yama figlio di Vivasvat restituisce il male compiuto,
     	il testimone delle azioni nel cuore si compiace conoscendole,

  31 	ma non si compiace di quelle dell'uomo malvagio,
     	a questo malfattore, Yama restituisce il male compiuto,

  32 	chi degradando sé stesso, agisce falsamente da sé, 
     	costui non ha il favore degli dèi, né della sua stessa anima,

  33 	se per mio conto io sono giunta, così non offendermi, sono moglie fedele,
     	tu non mi concedi il giusto onore, giunta per mio conto come tua moglie,

  34 	perchè davanti a tutti come un villano mi disprezzi?
     	io certo non parlo nel deserto, perchè non mi ascolti,

  35 	se le mie parole di rischiesta con compirai,
     	o Duḥṣanta, la tua testa ora andrà in cento pezzi, 

  36 	il marito penetra la moglie, e perciò egli rinasce di nuovo,
     	dalla moglie avviene il parto, così dicono gli antichi sapienti,

  37 	dall'unione sessuale l'uomo genera la sua discendenza,
     	e riproducendosi, egli preserva i suoi antenati defunti,

  38 	col nome di 'put' il figlio salva il padre dall'inferno,
     	perciò 'putra' viene detto egli stesso, dal Nato-da-sè,

  39 	la moglie che in casa lavora, la moglie che genera figli,
     	la moglie che vive per il marito, la moglie che è fedele al marito,

  40 	la moglie è la metà dell'uomo, la moglie è il suo migliore amico,
     	la moglie è radice dei tre stati della vita, la moglie è il compagno del moribondo,

  41 	chi ha moglie celebra i riti, i riti famigliari si compiono con la moglie,
     	chi ha moglie trova la gioia, chi ha moglie è baciato dalla fortuna,

  42 	le mogli sono amici nella solitudine, parlando con dolci parole,
     	come padri nel giusto-condursi, e come madri nella sofferenza,

  43 	nei luoghi impervi sono riposo per l'uomo che viaggia,
     	chi ha moglie, è consolato, perciò la moglie è la cosa migliore,

  44 	pure di chi trapassa e muore, condividendo le disgrazie,
     	la moglie fedele al marito, sempre segue il consorte,

  45 	morendo per prima la moglie nell'aldilà attende il marito,
     	e quando muore prima il marito, la virtuosa lo segue da sè,

  46 	per questo motivo o re, è spinto al matrimonio,
     	il marito, perchè ottiene la moglie quaggiù e nell'aldilà,

  47 	il proprio figlio, dicono i saggi essere come sé stesso,
     	perciò l'uomo guardi alla moglie, madre di suo figlio, come alla propria madre,

  48 	nel guardare il figlio simile a sé, nato dalla moglie,
     	il padre si rallegra, come il virtuoso che vede il paradiso ottenuto,

  49 	gli uomini intelligenti, accesi da malattie e da dolori dell'anima,
     	trovano refrigerio nelle proprie mogli come gli accaldati nelle acque,

  50 	anche da irato il saggio non dica dunque cose sgradevoli alle mogli,
     	ma cose gioiose, amorevoli e nel dharma, guardando al loro attaccamento,

  51 	la moglie è sempre il sacro campo del proprio generare,
     	e pure i ṛṣi quale potere hanno di generare figli senza la moglie?

  52 	quando un bimbo correndogli intorno coperto di polvere,
     	si attacchi alle braccia del padre, cosa c'è di superiore a questo? 

  53 	avendo tu ora ottenuto questo tuo figlio a lungo desiderato,
     	che ti guarda con sguardo triste, per quale motivo lo disprezzi?

  54 	non distruggono le proprie uova le formiche, le mantengono,
     	perchè tu dunque, essendo un sapiente del dharma non mantieni tuo figlio?

  55 	non vi è tocco di vesti, né di piacevoli acque così bello, 
     	quanto è bello il contatto di un figlio amato che ti abbracci,

  56 	il brahmano è il migliore dei bipedi, la vacca la migliore dei quadrupedi,
     	il guru il migliore dei venerabili, il figlio il migliore dei contatti,

  57 	fatti toccare in un abbraccio da questo tuo figlio caro a vedersi,
     	dell'abbraccio del figlio al mondo non c'è contatto più bello,

  58 	sono ormai passati tre anni da cui io partorii o uccisore dei nemici,
     	questo tuo figlio o re dei re, ora distrutto dal dolore:

  59 	'sarà il sacrificatore di centinaia di vājimedha il discendente di Pūru,'
     	così una voce incorporea mi salutava allora al momento del parto,

  60 	forse che datogli il nome con amore, andando in un altro villaggio 
     	portandosi i figli sulla testa gli uomini non ne gioiscono?

  61 	anche nei veda i ri-nati, recitano questo mantra,
     	tu pure conosci infatti i riti di nascita per i figli:

  62 	'dalle mie membra sei nato, dal mio cuore sei sorto
     	un altro me stesso col nome di figlio sei, che tu abbia cento anni di vita,

  63 	prospera sia in te la mia discendenza e anche sempre imperitura,
     	perciò tu sei la mia vita o figlio, sii felice per cento anni.'

  64 	dai tuoi lombi fu generato costui, altro uomo da uomo,
     	guarda come in un limpido lago, mio figlio come un secondo te stesso,

  65 	come il fuoco sacrificale si produce dal focolare ancestrale,
     	così questo da te è stato generato, da uno diventato due,

  66 	quando tu intento alla caccia stanando la preda,
     	mi incontransti o re, fanciulla nell'āśrama del padre,

  67 	Urvaśī, e Pūrvacitti, e Sahajanyā e Menakā,
     	e Viśvācī, e Ghṛtācī sono le sei migliori apsaras,

  68 	di queste la stupenda apsaras, di nome Menakā nata da Brahmā, me
     	generava da Viśvāmitra, avendo raggiunto la terra dal cielo,

  69 	l'apsara Menakā, mi partoriva sul monte himavat,
     	e abbandonandomi come fossi figlia altrui, se ne andava quell'infedele,

  70 	quale orrenda azione ho dunque compiuto nella mia precedente vita,
     	che fui abbandonata dai parenti da bambina, e ora da te,

  71 	cessato il tuo amore per me, io ritornerò all'āśrama,
     	ma questo fanciullo da te generato, non devi abbandonare.”

  72 	Duḥṣanta disse:
     	“ io non riconosco un figlio nato dal tuo grembo o Śakuntalā,
     	la donna è di falsa parola, come dunque crederti?

  73 	Menakā, tua madre fu una malafemmina priva di compassione,
     	che ti abbandonò sull'himavat dandoti via,

  74 	e pure crudele fu il padre tuo, nato in un grembo kṣatriya,
     	quel Viśvāmitra che seguendo la sua brama divenne brahmano, 

  75 	Menakā è la migliore delle apsaras, e tuo padre lo è dei grandi ṛṣi,
     	di questi due tu sei la prole, perchè vuoi parlare come una cortigiana?

  76 	non ti vergogni di dire queste parole prive di fede?
     	e particolarmete davanti a me, falsa asceta? che vada via! 

  77 	dov'è quel grande ṛṣi potente come un dio? e dov'è l'apsaras Menakā?
     	e dove sei tu, così misera sotto le sembianze di un'asceta?

  78 	è grande tuo figlio e per un fanciullo pure forte,
     	come può in poco tempo essere cresciuto come un albero śāla?

  79 	la tua è una vilissima yoni e da cortigiana mi parli,
     	per caso sei nata da Menakā in preda alla lussuria,

  80 	tutto quanto tu mi dici o asceta, è privo di prove,
     	io non ti riconosco, vattene dove più ti aggrada.”


     
                              LXIX

   1 	Śakuntalā disse:
     	“ o re, tu guardi i difetti altrui che sono grandi come grani di sesamo,
     	e pur vedendo i tuoi grandi come frutti di bilva, non li guardi,

   2 	Menakā vive tra i trenta dei, e gli dèi sono con Menakā,
     	la mia nascita è superiore alla tua nascita o Duḥṣanta,

   3 	tu ti aggiri nei tuoi palazzi, io mi muovo nell'aria,
     	guarda la differenza tra noi due che è come un seme di sesamo col monte meru,

   4 	i palazzi del grande Indra, di Kubera, di Yama e di Varuṇa
     	io visito, guarda dunque il mio splendore o sovrano,

   5 	e la verità, è questo discorso che ti dirò o senza macchia,
     	per farti un esempio, tu non devi offendere per scontentezza di ciò che odi,

   6 	quanto più il brutto non guarda il suo viso nello specchio,
     	tanto più crede di essere il più bello di tutti gli altri,

   7 	quando però scorge il suo brutto viso nello specchio,
     	allora si riconosce brutto e non brutta la gente,

   8 	chi ha suprema bellezza non disprezza nessuno,
     	chi grandemente parla male diviene quaggiù un oltraggiatore,

   9 	lo schiocco udendo le parole belle o brutte degli uomini che discorrono,
     	accetta i cattivi discorsi, come il maiale fa con lo sterco,

  10 	il saggio invece, udendo le parole belle o brutte degli uomini che discorrono,
     	acetta solo i discorsi di qualità, come l'oca selvatica fa con la linfa delle piante,

  11 	quanto il giusto si addolora nel parlar male degli altri,
     	tanto il maligno trova soddisfazione nello sparlare degli altri,

  12 	quanto i buoni, nel rispetto degli anziani trovano la felicità,
     	tanto lo sciocco trova soddisfazione nell'abusare della gente virtuosa,

  13 	bene vivono coloro che conoscono i peccati, e gli sciocchi senza conoscerli,
     	quando dagli altri sono apostrofati, i buoni, dicono degli altri come di sé,

  14 	dunque quale altra cosa più ridicola di questa si trova al mondo,
     	che essendo maligna, la mala gente chiama sé stessa virtuosa?

  15 	come da un serpente infuriato, dall'uomo lontano dal dharma e dalla verità,
     	perfino il non credente è afflitto, come dunque non il credente?

  16 	di colui che disprezza il figlio simile a sé stesso che ha generato,
     	di costui gli dèi distruggono la prosperità, ed egli non ottiene gli altri mondi,

  17 	i padri chiamano il figlio il fondamento della casa e della famiglia,
     	perciò non si deve abbandonare il figlio che è il migliore di tutti i dharma,

  18 	di 5 tipi sono i figli: i nati dalla moglie, gli avuti in dono, i comprati, gli allevati,
     	e quelli nati da altre donne, questi sono chiamati figli da Manu,

  19 	producono la giusta gloria degli uomini, e il rallegramento dell'animo,
     	i figli, essi navicella del dharma, salvano gli antenati dall'inferno,

  20 	dunque tu o tigre dei sovrani non devi abbandonare il figlio,
     	che è protettore di te stesso, del vero e del dharma, o signore della terra,
     	non è da te o leone fra i sovrani, di perpetrare una frode,

  21 	il sacrificio è meglio di cento stagni e pure meglio di cento pozzi,
     	il figlio è meglio di cento sacrifici, e la verità è meglio di cento figli,

  22 	la verità pesa sulla bilancia come mille aśvamedha,
     	quindi la verità è dunque superiore a mille aśvamedha,

  23 	la verità è come lo studio di tutti i veda, e il bagno in tutti i tīrtha,
     	questo è la verita, sia verosimile o non verosimile chi la dice,

  24 	non vi è dharma superiore alla verità, né si trova qualcosa di superiore ad essa,
     	e non si trova quaggiù nulla di più violento della falsità,

  25 	o re, la verità è il supremo brahman, la verità è il supremo patto,
     	non rigettare l'accordo fatto o re, che la verità ti accompagni,

  26 	se tu aderisci al falso, se non credi in te stesso,
     	per mio conto io me ne andrò, non vi è intimità con uno come te,

  27 	anche tuo malgrado o Duḥṣanta, questo mio figlio,
     	la terra circondata dal mare, nelle quattro direzioni governerà.”

  28 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	un tale discorso pronunciato, partiva Śakuntalā,
     	quindi una voce incorporea dall'aria diceva a Duḥṣanta
     	che era circondato da ministri, maestri, preti e dal purohita:

  29 	“la madre è il recipiente dal quale nasce il figlio del padre,
     	alleva tuo figlio o Duḥṣanta, non vituperare Śakuntalā,

  30 	con la fecondazione, il figlio viene fuori dalla dimora di Yama, o signore di uomini,
     	tu sei il creatore del pargolo, il vero disse Śakuntalā,

  31 	la moglie genera un figlio facendo due parti del tuo corpo,
     	perciò alleva o Duḥṣanta il figlio di Śakuntalā o sovrano,

  32 	quale grande sventura abbandonare il proprio figlio vivente,
     	alleva o paurava, il figlio grand'anima di Śakuntalā e di Duḥṣanta,

  33 	lui deve essere allevato da te anche per nostro ordine,
     	perciò tuo figlio sia di nome chiamato Bharata.”

  34 	questo avendo udito il re dei paurava, mormorato dai celesti,
     	lieto, questo diceva al purohita e ai ministri:

  35 	“ascoltate signori questo discorso del messaggero divino,
     	io pure riconosco come mio, questo figlio,

  36 	se io avessi accettato sulla parola questo figlio,
     	ci sarebbe stato nel mondo un dubbio che lui non fosse legittimo.”

  37 	quel figlio legittimato dalla voce divina, allora il re o bhārata,
     	felice, e pure contento accoglieva quel figlio,

  38 	e sollevatolo al capo lo abbracciava con amore,
     	ed elogiato dai brahmani, e cantato dai bardi,
     	il sovrano ebbe una suprema gioia, prodotta dal contatto col figlio,

  39 	e quel sapiente del dharma, secondo il dharma onorava la moglie,
     	e a lei diceva il re queste parole concilianti:

  40 	“ io con te mi sono congiunto lontano dalla vista del mondo,
     	perciò io così ho agito o divina, per la tua innocenza,

  41 	e il mondo pensi dunque di te che vergine ti sei unita a me,
     	e questo figlio perciò io stabilisco che salga al trono,

  42 	e quanto tu mi hai detto o cara, di spiacevole mossa dall'ira,
     	per l'amore che ho o gradi-occhi, io ti perdono o bellissima.”

  43 	a lei grandemente amata, così avendo parlato il ṛṣi regale Duḥṣanta,
     	con ricchezze, cibi e bevande la onorava o bhārata,

  44 	allora il re Duḥṣanta, al figlio di Śakuntala
     	dato il nome di Bharata, lo consacrava principe ereditario,

  45 	e il celebre carro di quel grand'anima percorreva
     	con grande frastuono il mondo, invitto, splendido, divino,

  46 	egli sconfitti i sovrani della terra, li fece tributari,
     	e praticava il dharma dei virtuosi, e otteneva suprema gloria,

  47 	il re fu conosciuto come imperatore di tutta la terra, il potente,
     	e celebrava molti sacrifici come lo stesso Śakra, signore dei marut,

  48 	e per lui sacrificava Kaṇva simile a Dakṣa con moltissime dakṣiṇa,
     	e quel glorioso ottenne il rito vājimedha e quello che ha nome govitata, 
     	e Bharata diede a Kaṇva migliaia di monete d'oro,

  49 	da Bharata, l'appellativo di bhārata, da cui è sorta la razza dei bhārata,
     	e altri che precedentemente furono noti come bhārata,

  50 	nella discendenza di Bharata, simile a dèi, di grande gloria,
     	vi furono, molti grandi sovrani simili a Brahmā,

  51 	di costoro i cui nomi sono infiniti da nominare completamente,
     	di questi io ti nominerò i principali o bhārata,
     	quelli venerabili, seguaci del vero e della sincerità, e simili a dèi.


     
                              LXX

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	nella stirpe di Prajāpati, di Dakṣa, e di Manu figlio di Vivasvat,
     	di Bharata, di Kuru, di Pūru e di Ājamīḍha,

   2 	è l'intera discendenza degli yadu e dei paurava,
     	e quindi il puro e grande fortunato corso dei bhārata,
     	e le ricchezze, la gloria e la lunga vita io ti racconterò o senza-macchia,

   3 	di questi celebrati dai potenti, tutti simili in splendore ai grandi ṛṣi,
     	dieci furono i figli di Pracetas, virtuosi, ricordati come i più antichi,
     	e potenti, i quali un tempo furono bruciati dal fuoco nato dalle nuvole

   4 	con costoro, figlio di Pracetas nacque Dakṣa, e da Dakṣa tutte le creature,
     	sono nate o tigre tra gli uomini, egli è il progenitore del mondo,

   5 	unitosi con Vīriṇī, Dakṣa, il muni figlio di Pracetas,
     	generava migliaia di propri figli dai fermi voti,

   6 	Nārada a tutti questi figli di Dakṣa contati a migliaia,
     	insegnava la suprema sapienza sāṃkhya e la mokṣa,

   7 	quindi generava come figlie cinquanta fanciulle,
     	il signore delle creature Dakṣa per desiderio di generare o Janamejaya,

   8 	egli ne diede dieci a Dharma, e tredici a Kaśyapa,
     	e ventisette alla luna, apposte per contare il tempo,

   9 	la migliore delle figlie di Dakṣa che era tra le tredici mogli,
     	con lei Kaśyapa figlio di Marīci generava gli āditya,
     	a cominciare da Indra, pieni di valore e pure Vivasvat,

  10 	figlio di Vivasvat nacque Yama il luminoso figlio del sole,
     	e Mārtaṇḍa pure nacque figlio di Yama o re,

  11 	e figlio di Mārtaṇḍa nacque il saggio e splendido Manu,
     	e la stirpe di Manu, fu dunque quella celebrata degli uomini,
     	da Manu son nati gli uomini a cominciare da brahmani e kṣatriya,

  12 	allora vi era unione o re, tra brahmani e kṣatriya,
     	ma tra questi uomini i brahmani studiarono i veda coi vedāṅga, 

  13 	Vena, Dhṛṣṇu, Nariṣyanta, e pure Nābhāga e Ikṣvāku,
     	e Karūṣa, Śaryati, e quindi Ilā per ottava,

  14 	e nono Pṛṣdhra così sono chiamati i seguaci del dharma kṣatriya,
     	 e per decimo Nābhāgāriṣṭa, questi i figli di Manu potentissimi,

  15 	altri cinquanta furono i figli di Manu sulla terra,
     	ma tutti questi perirono per reciproca inimicizia, così abbiamo udito,

  16 	quindi il sapiente Purūravas nasceva da Ilā,
     	ella fu di lui madre e padre, così abbiamo udito,

  17 	Purūravas ottenne le tredici isole dell'oceano,
     	e pur uomo essendo, era circondato da esseri non umani,

  18 	e Purūravas intossicato dal potere, creò discordia coi brahmani,
     	egli portava via ai brahmani che urlavano le loro gemme,

  19 	Sanatkumāra allora o re, disceso dal mondo di Brahmā, a lui
     	si presentava, ma costui non lo accoglieva,

  20 	allora maledetto dai grandi ṛṣi irati, immediatamente periva,
     	l'avido sovrano, per la forza dell'arroganza avendo perduto il senno,

  21 	quel monarca, mentre stava nel mondo dei gandharva, si univa con Urvaśī,
     	e riportava i tre fuochi per il sacrificio prescritti dalla regola,

  22 	sei figli nacquero dal figlio di Ilā: Āyu, Dhīmat, Amāvasu,
     	Dṛḍhāyu, e Vanāyu, e Śrutāyu, figli di Urvaśī.

  23 	Nahuṣa, Vṛddhaśarman, Ragi, Rambha, Anenasa,
     	prole di Svarbhānavī, questi sono chiamati i figli di Āyu,

  24 	il saggio Nahuṣa figlio di Āyu, di sincero coraggio,
     	il regno governava quel signore della terra con supremo dharma,

  25 	avi, dèi, ṛṣi, saggi, gandharva, uraga e rākṣasa,
     	tutti proteggeva Nahuṣa, e pure brahmani, kṣatriya e il popolo,

  26 	egli uccise le bande dei predoni, impose una tassa ai ṛṣi,
     	quel potente ordinando ad essi di trainarlo come bestie,

  27 	egli conduceva la sovranità superando il dio celeste,
     	per energia, e per tapas, per potere e per valore,

  28 	Yati, Yayāti, Saṃyāti, Āyāti, Pāñca, e Uddhava,
     	questi sei figli Nahuṣa generava da Priyavāsas,

  29 	Yayāti figlio di Nahuṣa, dal sincero valore fu il sovrano,
     	egli proteggeva la terra, e sacrificava con varie spremiture di soma,

  30 	con grande potenza egli venerava avi e dèi, sempre pio,
     	Yayāti l'invincibile, accoglieva tutte le creature, 

  31 	lui ebbe figli gloriosi, dotati di tutte le qualità,
     	da Devayānī e da Śarmiṣṭhā essi nacquero,

  32 	da Devayānī nacquero i due: Yadu e Turvasu, 
     	e da Śarmiṣṭhā, nacquero Druhyu, Anu e Pūru,

  33 	incessantemente proteggendo con giustizia le creature,
     	il figlio di Nahuṣa cadeva nella terribile vecchiaia, che distrugge la bellezza, 

  34 	e colpito dalla vecchiaia, il re diceva un discorso ai figli
     	Yadu, Pūru, Turvasu, Druhyu, e Anu o bhārata:

  35 	“con giovinezza praticando i desideri, giovane tra i giovani,
     	io voglio passare il tempo, venitemi in aiuto o figlioli.”

  36 	a lui il primogenito Yadu, figlio di Devayānī diceva:
     	“cosa possiamo fare per te signore riguardo alla giovinezza?”

  37 	Yayāti gli diceva: ”prendetevi la mia vecchiaia,
     	e con questa tua giovinezza io possa godere dei miei sensi,

  38 	io che sacrificavo lunghi riti del soma, per la maledizione del muni Uśanas,
     	ho perduto la possibilità dell'amore, e di questo mi addoloro o figlioli,

  39 	col mio corpo uno di voi governi il regno,
     	e io possa soddifare i miei desideri, con un nuovo corpo giovane.”

  40 	loro però non accettarono la sua vecchiaia a cominciare da Yadu,
     	allora Pūru, il più giovane, dal sincero valore a lui diceva:

  41 	“ o re, con un nuovo corpo giovane agisci
     	io assunta la vecchiaia reggerò il regno al tuo posto.”

  42 	così apostrofato quel ṛṣi regale, usando la forza del tapas,
     	consegnava la sua vecchiaia al figlio grand'anima,

  43 	il re, tornato nella giovinezza per il vigore di Pūru,
     	e pure Pūru governava il regno col vigore di Yayāti,

  44 	quindi alla fine di mille anni l'invincibile Yayāti,
     	soddisfatte le sue passioni, diceva al figlio Pūru:

  45 	“ con te io ho un erede, tu sei il figlio che proseguirà la stirpe,
     	la stirpe paurava così al mondo correrà la tua fama.”

  46 	quindi quella tigre fra i re, consacrato Pūru sul trono,
     	dopo molto tempo raggiunse il tempo stabilito dal dharma.


     
                              LXXI

   1 	Janamejaya disse:
     	“ fu il primo di noi Yayāti, che era il decimo di Prajāpati,
     	come egli ottenne la figlia di Śukra, così difficile da ottenere?

   2 	questo io desidero udire in dettaglio o migliore dei ri-nati,
     	e nell'ordine raccontami di ciascun discendente di Pūru.”

   3 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	Yayāti era un re ṛṣi splendido come il re degli dèi,
     	e come egli un tempo fu scelto per genero da Śukra e da Vṛṣaparvan,

   4 	questo da te richiesto io racconterò o Janamejaya,
     	e del matrimonio di Devayānī e di Yayāti figlio di Nahuṣa.

   5 	tra celesti e asura era sorto una reciproca
     	inimicizia, per la sovranità del trimundio mobile e immobile,

   6 	allora gli dèi desiderando vincere, scelsero il muni figlio di Aṅgiras,
     	come purohita per i sacrifici, e gli altri Uśana il figlio di Kavi,
     	entrambi i due brahmani, erano sempre fortemente rivali l'un dell'altro,

   7 	là dunque gli dèi uccidevano i dānava che si riunivano in battaglia,
     	ma questi di nuovo faceva rivivere il figlio di Kavi usando la forza della sapienza,
     	e questi poi risorti, combattevano di nuovo contro gli dèi,

   8 	invece quei celesti che erano uccisi dagli asura sul campo di battaglia,
     	questi, il saggio Bṛhaspati non riusciva e far rivivere,	

   9 	egli infatti non conosceva la scienza che il valoroso figlio di Kavi conosceva,
     	il saṁjīvanī, quindi gli dèi caddero in grande difficoltà,

  10 	gli dèi allora mossi dal timore di Uśanas figlio di Kavi,
     	avvicinandosi a Kaca il figlio maggiore di Bṛhaspati gli dicevano:

  11 	“ sii favorevole a noi che ti onoriamo, compi per noi la suprema vittoria,
     	quella conoscenza che abita in quel bramano dall'infinito splendore,
     	in Śukra, acquista rapidamente e di noi sarai il sodale,

  12 	tu puoi vedere il brahmano accanto a Vṛṣaparvan,
     	che protegge i dānava, e non protegge altri che i dānava,

  13 	tu essendo ancora giovane sei in grado di propiziarti quel saggio,
     	e anche Devayānī l'amata figlia di quel grand'anima,

  14 	tu sei in grado di propiziarti, nessun'altro si può trovare,
     	con amabilità, e gentilezza e con fermo autocontrollo,
     	avendo soddidfato Devayānī, tu con certezza otterrai quella conoscenza.”

  15 	di sì avendo detto, allora Kaca il figlio di Bṛhaspati si recava,
     	vicino a Vṛṣaparvan, con l'approvazione degli dèi,

  16 	Kaca, duque rapidamente giunto o re, invitato dagli dèi,
     	alla città del re degli asura, e veduto Śukra le parole gli diceva:

  17 	“ nipote del ṛṣi Aṅgiras e figlio di Bṛhaspati in persona,
     	io di nome sono chiamato Kaca, prendimi come tuo discepolo o signore,

  18 	il brahmacarya supremo io compirò presso di te come guru,
     	concedi a me o brahmano, un periodo di mille anni.”

  19 	Śukra disse:
     	“ o Kaca, che tu sia benvenuto, io accetto le tue parole,
     	io ti renderò onore, e onorando te, onore sia pure a Bṛhaspati.”

  20 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	Kaca, “così sia!” dicendo, accettava quei voti,
     	assegnati dal figlio di Kavi, da Śukra, da Uśanas in persona,

  21 	egli come affermato, il giusto tempo del voto compiva,
     	compiacendo il maestro e Devayānī o bhārata,

  22 	sempre compiacendola, quel giovane nella prima gioventù,
     	danzando, cantando e parlandole soddisfaceva Devayānī,

  23 	coltivando Devayānī, vergine appena giunta alla giovinezza,
     	con fiori, e frutti, e servizi la soddisfaceva o bhārata,

  24 	e pure Devayānī quel savio che con fermi voti si conduceva,
     	rapidamente prese ad onorare, vezzeggiandolo con canti e giochi,

  25 	cinquecento anni, così essendo Kaca impegnato nel voto,
     	allora passarono, e si accorsero di Kaca i dānava,

  26 	essi impazienti in segreto avendolo visto da solo nella foresta a custodire le vacche,
     	lo uccisero per odio a Bṛhaspati, e anche per salvaguardare la conoscenza,
     	e avendolo ucciso, fattolo a pezzi lo gettarono ai cani,

  27 	quindi le vacche da sole tornarono senza custodia nella propria stalla,
     	vedendo le vacche tornare dalla foresta senza Kaca,
     	Devayānī diceva in quel frangente queste parole o bhārata:

  28 	“ è giunto ora al tramonto il sole e non ancora offerto è l'agnihotra o signore,
     	da sole sono tornate le vacche o padre e Kaca non si è visto,

  29 	certamente morto o pure ucciso sarà Kaca o babbo,
     	io non sono in grado di vivere senza Kaca, il vero ti dico.”

  30 	Śukra disse:
     	“ questo dunque avvenga, io farò risorgere il morto con una parola.”

  31 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	quindi usando la conoscenza saṁjīvanī invocava Kaca,
     	e attraverso quella sapienza invocato, Kaca, appariva privo di ferite,
     	“ucciso io fui.” così rispondeva alla domanda della figlia del brahmano,

  32 	egli di nuovo richiesto da Devayāni, volentieri a cercar fiori,
     	nella foresta si recava il savio, e lo videro i dānava,

  33 	quindi uccisolo per la seconda volta e bruciatolo e ridotto in cenere,
     	gli asura allora lo offrirono nel vino al brahmano,

  34 	Devayānī allora di nuovo al padre le parole diceva:
     	“andato in cerca di fiori per mio servizio, Kaca non si vede o babbo.”

  35 	Śukra disse:
     	“ Kaca il figlio di Bṛhaspati, è andato al mondo dei morti,
     	con la mia conoscenza l'ho resuscitato, e lui è di nuovo ucciso, che posso fare?

  36 	non dolerti, non piangere o Devayānī, non è da te compiangere un morto,
     	gli dèi, le genti, l'intero creato al mutamento avvenuto si inchinano.”

  37 	Devayānī disse:
     	“ per lui che ha il venerabilissimo Aṅgiras come nonno, e padre il ricco in tapas Bṛhaspati,
     	per quel figlio e nipote di ṛṣi, come io posso non dolermi e non piangere?

  38 	egli è un brahmacarin ricco in tapas, sempre attivo e abile nell'agire,
     	io seguirò il sentiero di Kaca, smetterò di nutrirmi, caro mi è il saggio Kaca o babbo.” 

  39 	Śukra disse:
     	“ senza dubbio gli asura mi odiano, che uccidono il mio discepolo senza colpa,
     	i crudeli vogliono fare di me un non-brahmano, in quanto complice dei dānava,
        anche di questo peccato sia la fine, forse che uccidendo un brahmano non brucia anche Indra?
     

  40 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	pregato da Devayānī il grande ṛṣi, figlio di Kavi, di nuovo invocava
     	intensamente Kaca il figlio di Bṛhaspati,

  41 	temendo per il guru e invocato da quel sapere, piano dallo stomaco egli parlava,
     	e a lui diceva il guru: “dove ti trovi? sei nel mio ventre? rispondi o savio.”

  42 	Kaca disse:
     	“ da te favorito, non mi abbandona la memoria, e ricordo tutto come accadde,
     	che non sia perduto così il mio tapas, e allora io supererò questa terribile sventura,

  43 	dagli asura fui messo nel tuo vino, dopo che fui ucciso, bruciato e incenerito o figlio di Kavi,
     	come può la māyā asurica vincere la māyā brahmanica finchè ci sei tu?”

  44 	Śukra disse:
     	“che posso fare ora di bene per te o figlia, con la mia morte può solo vivere Kaca,
     	non altrimenti che squarciando il mio ventre Kaca dentro me può apparire o Devayānī,”

  45 	Devayānī disse:
     	“due dolori mi bruciano come fuochi, la perdita di Kaca e anche la tua morte,
     	con la perdita di Kaca io non ho conforto, con la tua morte io non sono in grado di vivere.”

  46 	Śukra disse:
     	“tu riavrai il tuo aspetto o figlio di Bṛhaspati, che a te Devayānī offre amore,
     	ottieni dunque la mia scienza jīvanī, se tu non sei ora Indra in forma di Kaca,

  47 	nessun'altro uscirebbe vivo dal mio ventre,
     	a parte un brahmano, perciò ottieni dunque la mia scienza,

  48 	figlio essendo, divieni dunque mio creatore, esci dal mio corpo o caro,
     	ascolta con pia attenzione, dal tuo stesso maestro, ottieni la scienza e divieni suo pari.”

  49 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	dal suo stesso guru ottenuta quella scienza, lacerando il ventre usciva quel savio,
     	il bel Kaca, alla destra del brahmano, come la luna piena nella quindicina chiara,

  50 	e veduto a terra quel pozzo di scienza, pure Kaca resuscitava  il morto,
     	e ottenuta la divina scienza, inchinandosi al maestro Kaca gli diceva:

  51 	coloro che, il datore della suprema conoscenza, il tesoro dei tesori di quattro tipi,
     	il guru venerabile non rispettano, costoro cadono nei vili mondi dei malvagi.”

  52 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	avendo avuto un inganno dal bere, e cosa più terribile la perdita del senno,
     	e osservando Kaca così savio, che aveva bevuto confuso dal vino,

  53 	alzandosi adirato allora il potente Uśanas, desiderando il bene dei savi,
     	quel figlio di Kavi volle dire questo discorso contro il bere vino, quel toro fra i nati:

  54 	“ il brahmano che da oggi in poi, da sciocco berrà il vino per offuscamento,
     	sia come uno privo di dharma e assassino di brahmani quaggiù e nell'aldilà punito,

  55 	questa legge da me pronunciata per il dharma dei savi, sia norma stabilita in tutto il mondo,
     	i virtuosi, i savi, gli obbedienti ai maestri, gli dèi, i mondi tutti mi ascoltino.”

  56 	così avendo parlato quel potente, quell'incommensurabile tesoro degli asceti,
     	riuniti i dānava che avevano perduto il divino intelletto, queste parole diceva:

  57 	“ vi dico o dānava che siete sciocchi, Kaca il perfetto vivrà accanto a me,
     	avendo acquisita la grande scienza saṁjīvanī, pari in splendore a Brahmā, divenuto Brahmā.”

  58 	avendo vissuto accanto al guru per mille anni,
     	Kaca con suo permesso, desiderava tornare nel terzo cielo.


     
                              LXXII

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	completato il voto, e licenziato dal guru, allora
     	a lui che stava partendo per il cielo divino, questo diceva Devayānī:

   2 	“o nipote del ṛṣi Aṅgiras, per impareggiabile stirpe,
     	tu brilli, e per sapienza, tapas, e autocontrollo,

   3 	come il glorioso ṛṣi Aṅgiras è onorato da mio padre,
     	così Bṛhaspati è onorato e venerato da me,

   4 	così sapendo accogli quanto ti dico o ricco in tapas,
     	ricorda come io mi sono condotta con te mentre mantenevi i tuo voto,

   5 	ora che l'hai terminato, mi devi prendere come amata,
     	afferra la mia mano secondo le regole, avendo recitato il mantra.” 

   6 	Kaca disse:
     	“ quanto tuo padre è onorato e venerato da me,
     	tanto più tu o forme-perfette, sei da me venerata,

   7 	più della stessa vita tu sei cara al bhṛguide grand'anima,
     	tu o bellissima, secondo il dharma, sei sempre da me venerata come figlia del guru,

   8 	quanto è venerato sempre da me, il guru Śukra tuo padre,
     	tanto lo sei tu o Devayānī, non devi parlarmi così.”

   9 	Devayānī disse:
     	“ tu pure sei il figlio del figlio del guru di mio padre,
     	perciò il mio onore e la mia venerazione è con te o migliore dei ri-nati,

  10 	ucciso ripetutamente dagli asura, tu o Kaca, fosti,
     	e allora ricorda il bene che io da allora feci per te,

  11 	tu conosci la mia suprema devozione, nell'affetto e nell'amore,
     	non devi abbandonare o sapiente del dharma, me che ti sono fedele senza colpa.”

  12 	Kaca disse:
     	“ con comandi e con preghiere mi trattieni tu dai chiari voti,
     	sii soddisfatta o belle ciglia, tu per me sei più importante del guru o bella,

  13 	dove tu hai vissuto o splendida come la luna, o larghi-occhi,
     	là io pure ho vissuto o bella, nel ventre del figlio di Kavi, o splendida,

  14 	tu mi sei sorella secondo il dharma, non parlarmi così o bellissimo viso,
     	felicemente io sono vissuto o bella, nessuna afflizione si trova in me,

  15 	io chiedo congedo da te, io partirò prega per un cammino benevolo
     	nei vostri discorsi io devo essere ricordato per l'adesione al dharma,
     	il mio servizio al maestro fu sempre attivo e pieno di cura.”

  16 	Devayānī disse:
     	“ se tu invitato al mio giusto amore rifiuterai,
     	allora o Kaca, non otterrai la perfezione della tua conoscenza.”

  17 	Kaca disse:
     	“ o figlia del guru, così agendo io non rifiuto per falsità,
     	dal guru io fui licenziato, maledicimi a tu desiderio,

  18 	io che parlo sante parole nel dharma, o Devayānī, in quanto da te
     	maledetto, non meritando ora la maledizione d'amore fuori dal dharma,

  19 	allora quanto tu desideri, signora non avverrà
     	nessun figlio di ṛṣi mai prenderà la tua mano,

  20 	'non avrà frutto la tua scienza'  è quanto tu mi hai detto, così sia,
     	ma avrà frutti la conoscenza di colui a cui insegnerò.”

  21 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così avendo parlato Kaca il migliore dei ri-nati a Devayānī,
     	velocemente si recava nel cielo divino, quel migliore dei ri-nati,

  22 	là giunto vedendolo gli dèi a cominciare da Indra,
     	onorato che ebbero Bṛhaspati, felici dicevano a Kaca:

  23 	“quanto tu hai fatto per noi è supremamente meraviglioso,
     	la tua gloria mai cesserà, tu sari nostro alleato.”


     
                              LXXIII

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	quella scienza avendo ottenuta Kaca, apparivano felici i celesti,
     	avendo raggiunto lo scopo, che quella scienza fosse stata imparata da Kaca,

   2 	e riunitesi tutti dicevano al Cento-riti:
     	“ è tempo di mostrare il tuo valore, colpisci ora i nemici o distruggi-città!”

   3 	così apostrofato dai trenta dèi riuniti, il dio munificente allora,
     	“così sia!” dicendo partiva, ed egli scorgeva nella selva delle donne,

   4 	mentre giocavano le fanciulle nei pressi del bosco di Citraratha
     	egli divenuto vento, tutte le loro vesti mescolava,

   5 	allora uscite dall'acqua le fanciulle, tutte insieme,
     	afferravano le vesti ripetutamente come capitava,

   6 	e colà Śarmiṣṭhā afferrava il vestito di Devayānī,
     	senza saperlo nella confusione la figlia di Vṛṣaparvan,

   7 	e allora tra le due insieme là sorgeva una disputa,
     	fatta da Devayānī o re dei re, e da Śarmiṣṭhā.

   8 	Devayānī disse:
     	“perchè prendi il mio vestito, tu che mi sei discepola o asura?
     	giacché hai dimenticato la buona condotta bene non te ne verrà.”

   9 	Śarmiṣṭhā disse:
     	“ il padre tuo per un seggio e un letto, sempre prega e onora
     	mio padre, stando in basso pieno di rispetto,

  10 	tu sei la figlia di quel richiedente che pregando ottiene,
     	io sono la figlia di quello che pregato dona senza ricevere,

  11 	disarmata, povera, tu provochi una che è armata o mendicante
     	e incontrerai un fiero avversario, io non mi curo di te.”

  12 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	Śarmiṣṭhā l'orgogliosa Devayānī afferrata alla sua veste,
     	la gettava in un buco e quindi se ne tornava alla sua città,

  13 	sapendo così di ucciderla, Śarmiṣṭhā con malvagia intenzione,
     	senza riguardo se ne andava a casa piena di violenta ira,

  14 	quindi in quel luogo giungeva Yayāti il figlio di Nahuṣa,
     	lì portato dalla stanchezza, stanco avendo il cavallo inseguendo la preda e assetato,

  15 	il figlio di Nahuṣa, guardando dentro un pozzo privo d'acqua,
     	vi scorgeva là la fanciulla, accesa come fiamma di fuoco, 

  16 	e veduta quella fanciulla dall'aspetto di immortale, le chiedeva,
     	con gentili parole, quel migliore dei re, e con calma e suprema amorevolezza:

  17 	“chi sei tu che hai sottili forme, unghie di rame e preziosi orecchini? 
     	profondamente stai pensando e perché così afflitta piangi?

  18 	e come sei caduta in questo buco ricoperto di erbe e rampicanti?
     	e di chi sei figlia tu? dimmi tutto ciò o bel-vitino.”

  19 	Devayānī disse:
     	“ di colui che i daitya uccisi dagli dèi resuscita con la sua scienza,
     	di Śukra io sono la figlia, egli non sa nulla di me al presente,

  20 	questa è la mia mano destra o re, con le unghie delle dita di rame,
     	afferrandola sollevami tu mi sembri di buona famiglia,

  21 	io vedo che tu sei dotato di calma, valente e glorioso,
     	perciò tu mi devi sollevare da questo buco in cui sono caduta.”

  22 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	quindi il figlio di Nahuṣa riconoscendola come una donna brahmana,
     	afferratale la mano destra la sollevava dal buco,

  23 	e rapidamente tiratala fuori da quel buco, il sovrano di uomini,
     	Yayāti preso congedo dal bel-culetto, tornava alla sua città.

  24 	Devayānī disse:
     	“ rapidamente vai o Ghūrṇikā, a raccontare tutto a mio padre,
     	io ora non tornerò nella città di Vṛṣaparvan.”

  25 	vaiśaṁpāyana disse:
     	Ghūrṇikā dunque velocemente giunta alla dimora dell'asura,
     	vedendo il figlio di Kavi gli disse con la mente agitata:

  26 	“ti annuncio o grande saggio, che Devayānī nella foresta fu colpita,
     	da Śarmiṣṭhā, o glorioso, dalla figlia di Vṛṣaparvan.”

  27 	il figlio di Kavi udendo che la figlia era stata colpita da Śarmiṣṭhā,
     	per il dolore in fretta usciva a cercare la figlia nella foresta,

  28 	e il figlio di Kavi, vedendo la figlia Devayānī nella foresta,
     	tra le braccia tenendola, addolorato le parole diceva:

  29 	“ per le proprie colpe tutte le persone vanno incontro al bene e al male,
     	io credo che tu ti sia male comportata, e di ciò questa è l'espiazione.”

  30 	Devayānī disse:
     	“ espiazione sia o non sia per me, ascolta bene da me
     	quanto Śarmiṣṭhā la figlia di Vṛṣaparvan, mi disse,
     	in verità proprio questo ella disse, che tu sei il cantore dei daitya,

  31 	così a me raccontava Śarmiṣṭhā, la figlia di Vṛṣaparvan,
     	questo discorso pungente e rozzo e violento, cogli occhi rossi di collera:

  32 	' tu sei figlia di un mendicante che prega per aver qualcosa,
     	io sono la figlia di quello che pregato, dà senza ricevere'

  33 	così mi diceva Śarmiṣṭhā la figlia di Vṛṣaparvan,
     	cogli occhi rossi di collera, piena di orgoglio più volte,

  34 	se io babbo, sono la figlia di uno che prega per ottenere,
     	allora mi propizierò Śarmiṣṭhā parlando così che mi sia amica.”

  35 	Śukra disse:
     	“ tu non sei o bella, la figlia di uno che prega per ottenere,
     	tu o Devayānī sei figlia di uno che non prega nessuno e che è pregato,

  36 	Vṛṣaparvan e Śakra e il re figlio di Nahuṣa conoscono
     	l'impensabile, l'indiscutibile brahman è il mio potere e la mia forza.”  


     
                              LXXIV

   1 	Śukra disse:
     	“ l'uomo che sempre le male parole degli altri sopporta,
     	costui, sappi o Devayānī è il conquistatore di ogni cosa,

   2 	chi sappia trattenere la sorta collera, come un cavallo,
     	costui è detto una guida dai virtuosi, non chi si afferra alle redini,

   3 	chi sappia allontanare la sorta collera con l'assenza d'ira,
     	costui, sappi o Devayānī ogni cosa conquista,

   4 	chi sappia allontanare quaggiù la sorta collera con la calma dello spirito,
     	come fa il serpente con la pelle vecchia, costui è detto un uomo,

   5 	chi la mente padroneggi, chi sopporti le male parole,
     	e chi afflitto, con fermezza non affligga, costui serve il suo scopo,

   6 	chi sacrifichi senza tregua di mese in mese per cento anni,
     	e chi di nulla s'adiri, di questi due il privo d'ira è il superiore,

   7 	e ogni ostilità che le giovani e i giovani insensati compiano,
     	questa non segua il saggio, essi non distinguono il forte dal debole.”

   8 	Devayānī disse:
     	“ io conosco babbo, anche se fanciulla il nocciolo dei dharma,
     	e dell'assenza d'ira e delle male parole io conosco il forte e il debole,

   9 	il discepolo dalla mala condotta, non si deve perdonare per il suo bene,
     	perciò non voglio vivere dove vigono male condotte,

  10 	gli uomini che rifiutano la condotta famigliare,
     	sono di malvagio intelletto, il saggio che vuole il meglio non abiti tra questi,

  11 	quelli che riconoscono la condotta famigliare,
     	sono virtuosi, tra questi si deve abitare, questa la miglior dimora,

  12 	quella orrenda parola, maldetta dalla figlia di Vṛṣaparvan,
     	di questo io penso non vi sia cosa peggiore nei tre mondi,
     	che uno privo di fortune, onori un rivale di accesa prosperità.”


     
                              LXXV

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	allora il figlio di Kavi, il migliore dei bhṛguidi, incollerito si recava
     	dove era seduto Vṛṣaparvan e senza esitazione gli diceva:

   2 	“l'adharma compiuto o re, non porta frutti immediati come la terra,
     	ma saranno nei figli o nei discendenti se non li vede in sé stesso,
     	il male certamente dà i suoi frutti come un cibo pesante nello stomaco,

   3 	poiché dunque fu ucciso un tempo il savio Kaca discendente di Aṅgiras,
     	dall'ireprensibile condotta, sapiente del dharma, felice di servire nella mia casa,

   4 	per la sua immeritata uccisione, e per l'offesa fatta a mia figlia,
     	o Vṛṣparvan, sappi che io lascerò te e i tuoi parenti,
     	io non posso più o re, stare nel tuo regno assieme a te,

   5 	forse tu pensi o daitya che io parli a vanvera,
     	che questa tua colpa non abbandoni, vedendola.”

   6 	Vṛṣaparvan disse:
     	“ io non riconosco in te né adharma né falsità o bhṛguide,
     	in te vi è solo dharma e verità, questo sia chiaro a tutti noi o signore,

   7 	se abbandonandoci tu da qui te ne andrai o bhṛguide,
     	noi ci rifugeremeo nell'oceano non vi è altra risorsa.”

   8 	Śukra disse:
     	“ nell'oceano nascondetevi abbandonando questa regione o asura,
     	io non sono in grado di sopportare il dispiacere della mia amata figlia,

   9 	sia dunque soddisfatta Devayānī, la mia vita sta in lei,
     	io a te ho procurato sicurezza come Bṛhaspati ad Indra.”

  10 	Vṛṣaparvan disse:
     	“qualsiasi cosa si trovi di ricchezza tra i migliori asura,
     	sulla terra, in elefanti, vacche, e cavalli, è tuo, tu sei il mio padrone.” 

  11 	Śukra disse:
     	“quale che sia la ricchezza dei migliori daitya o grande asura,
     	se io sono il tuo signore, che Devayānī sia soddisfatta.” 

  12 	Devayānī disse:
     	“se tu sei o babbo, il signore di questo re o bhṛguide,
     	io non lo so, che il re lo dica lui stesso.”

  13 	Vṛṣaparvan disse:
     	“quale sia il desiderio che tu brami o Devayānī dal dolce sorriso,
     	io questo soddisferò anche se sia difficile a farsi.”

  14 	Devayānī disse:
     	“io desidero che schiava Śarmiṣṭhā assieme a mille fanciulle,
     	venga al mio seguito là dove mi darà mio padre.”

  15 	Vṛṣaparvan disse:
     	“alzati Saṃgrahītri, conduci qui rapidamente Śarmiṣṭhā,
     	il desiderio che ha espresso Devayānī sia soddisfatto.”

  16 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	quindi la nutrice, raggiunta Śarmiṣṭhā queste parole le disse: 
     	“alzati o bella Śarmiṣṭhā, compi la felicità dei parenti,

  17 	il brahmano abbandona i suoi discepoli spinto da Devayānī,
     	il desiderio che ella ha espresso tu devi compiere ora o senza-macchia.”

  18 	Śarmiṣṭhā disse:
     	“ il desiderio che lei vuole io ora lo compirò,
     	non se ne vadano per mio fallo Śukra e Devayānī.”

  19 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	allora circondata da mille fanciulle in palanchino,
     	per ordine del padre rapidamente usciva dalla grande città.

  20 	Śarmiṣṭhā disse:
     	“ io con mille fanciulle tua schiava e serva,
     	verrò dietro a te là dove ti darà tuo padre.”

  21 	Devayānī disse:
     	“io sono la figlia di uno che prega, di un elogiatore che accetta regali,
     	e tu sei la figlia di chi è pregato, come puoi essere schiava?”

  22 	Śarmiṣṭhā disse:
     	“ per portare prosperità agli afflitti parenti,
     	io allora ti seguirò dove ti darà il padre tuo.”

  23 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	avendo accettato di diventare schiava la figlia di Vṛṣaparvan,
     	Devayānī allora o migliore dei sovrani diceva questo al padre:

  24 	“entrerò in città babbo, io sono soddisfatta o migliore dei ri-nati,
     	una conoscenza non vana tu hai, la forza della sapienza.”

  25 	così avendo parlato la figlia, quel glorioso, ottimo ri-nato,
     	felice entrava in città venerato da tutti i dānava.


     
                              LXXVI

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	quindi dopo lungo tempo Devayānī o migliore dei sovrani,
     	quella bella si recava nella foresta per giocare,

   2 	assieme a Śarmiṣṭhā e alle mille schiave,
     	e raggiunto quel luogo a suo gradimento passava il tempo,
     	assieme a tutte le sue amiche grandemente contenta,

   3 	tutte giocando liete, e bevendo dolci bevande,
     	mangiando varie cibarie, e sbocconcellando i frutti, 

   4 	e di nuovo il re figlio di Nahuṣa, per caso seguendo una preda,
     	raggiunto quel luogo in cerca d'acqua, oppresso dalla stanchezza,

   5 	scorgeva Devayānī, Śarmiṣṭhā e le altre fanciulle,
     	che bevevano e si divertivano vestite di divini ornamenti,

   6 	e vedeva là seduta Devayānī dal dolce sorriso,
     	dotata di incomparabile bellezza in mezzo a quelle donne dai bei corpi,
     	e servita da Śarmiṣṭhā, che le stava massaggiando i piedi.

   7 	Yayāti disse:
     	“ voi che siete due fanciulle circondate da due mila altre fanciulle,
     	le vostre due stirpi e i vostri nomi io vi chiedo.”

   8 	Devayānī disse:
     	“ parlerò io, tu accetta le mie parole o sovrano di uomini,
     	sappi che io sono la figlia del guru degli asura di nome Śukra,

   9 	e questa è mia amica e schiava che viene sempre con me,
     	ella è Śarmiṣṭhā la figlia del re dei dānava Vṛṣaparvan.” 

  10 	Yayāti disse:
     	“come può essere tua amica e schiava questa bella fanciulla,
     	figlia del re degli asura, o belle ciglia? io sono molto curioso.”

  11 	Devayānī disse:
     	“tutti o tigre fra gli uomini, seguono il proprio destino,
     	pensando al destino stabilito, non devi fare molte domande,

  12 	per vesti è aspetto tu sei un re, ma parli con parole da brahmano,
     	qual'è il tuo nome? dimmi, da dove vieni e di chi sei figlio?”

  13 	Yayāti disse:
     	“quando ero casto studente, l'intero veda venne ai mie orecchi,
     	io sono un re figlio di re, conosciuto col nome di Yayāti.”

  14 	Devayānī disse:
     	“ per quale scopo o sovrano a questo luogo sei giunto
     	per catturare qualche pesce o per cacciare una preda?”

  15 	Yayāti disse:
     	“ inseguendo una preda o bella, io in cerca di acqua da bere qui sono giunto,
     	e pure a lungo sono stato interrogato quindi mi devi congedare.”

  16 	Devayānī disse:
     	“assieme alla mia schiava Śarmiṣṭhā e alle due mila fanciulle,
     	io sono al tuo servizio, fortuna sia a te, divieni dunque mio amico e marito.”

  17 	Yayāti disse:
     	“sappi o figlia di Uśanas, che io nom merito questa fortuna da te, o splendida,
     	tuo padre non permetterà o Devayānī il matrimonio con un re.”

  18 	Devayānī disse:
     	“ unito al brahmano lo kṣatriya, e il brahmano è unito allo kṣatriya,
     	tu sei un ṛṣi figlio di ṛṣi, dunque figlio di Nahuṣa sposami.”

  19 	Yayāti disse:
     	“da un unico corpo sono nati i quattro varṇa o belle-membra,
     	col proprio dharma e propria purezza, ma di questi il brahmano è il migliore.”

  20 	Devayānī disse:
     	“ la mia mano o figlio di Nahuṣa mai uomo toccò prima, nel dharma,
     	questa mia tu l'afferrasti un tempo, io scelgo te dunque,

  21 	come un altro uomo potrebbe toccare la mia mano di donna virtuosa
     	che un tempo fu afferrata da un figlio di ṛṣi e ṛṣi lui stesso?”

  22 	Yayāti disse:
     	“più un serpente velenoso infuriato, più del fuoco che ovunque brucia,
     	è pericoloso un savio, questo sanno gli uomini.”

  23 	Devayānī disse:
     	“perché più di un serpente velenoso, più del fuoco che ovunque brucia,
     	un brahmano è pericoloso? questo dimmi o toro fra gli uomini.”

  24 	Yayāti disse:
     	“uno solo ne uccide la serpe velenosa, e uno solo ne colpisce la spada,
     	ma un savio infuriato, distrugge regni e città,

  25 	perciò è più pericoloso il savio o timida, questa è la mia opinione,
     	quindi senza che tu mi sia data dal padre tuo io o bella, non ti sposerò.”

  26 	Devayānī disse:
     	“sposami dunque data dal padre, tu o re, sei stato scelto da me,
     	non ha timore chi non chiede e la donna datagli prende.”

  27 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	velocemente Devayānī mandava a chiamare il proprio padre,
     	e il bhṛguide avendo udito, si presentava al re,

  28 	il principe della terra Yayāti allora, vedendo giungere Śukra,
     	salutava il brahmano figlio di Kavi, stando a mani giunte e inchinadosi.

  29 	Devayānī disse:
     	“questo re figlio di Nahuṣa babbo, nelle difficoltà prese la mia mano,
     	onore sia a te, dammi a lui, nessun'altro marito io scelgo al mondo.”

  30 	Śukra disse:
     	“ scelto come marito da questa mia adorata figlia, o valoroso,
     	prendila, io te la concedo in moglie o figlio di Nahuṣa.”

  31 	Yayāti disse:
     	“che non mi tocchi un grande adharma quaggiù o bhṛguide
     	che nasce dalla confusione delle caste, questo io ti chiedo.”

  32 	Śukra disse:
     	“dall'adharma io ti libero, scegli dunque come ti piace,
     	non spiacerti di queste nozze, io rimuovo il male da te,

  33 	scegli in moglie secondo il dharma, Devayānī dal bel vitino,
     	assieme a lei otterrai un'ineguagliabile felicità,

  34 	e pure questa fanciulla, Śarmiṣṭhā la figlia di Vṛṣaparvan
     	onorandola sempre o re, non invitarla nel tuo letto.”

  35 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così apostrofato Yayāti compiuta la pradakṣiṇa attorno a Śukra,
     	se ne tornava contento alla sua città con permesso del grand'anima.


     
                              LXXVII

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	Yayāti, raggiunta la sua città simile in splendore alla città del grande Indra,
     	entratovi conduceva Devayānī nel suo gineceo,

   2 	e col permesso di Devayānī, la figlia di Vṛṣaparvan
     	conduceva in una casa costruita in un boschetto di aśoka vicino,

   3 	fornendo a Śarmiṣṭhā figlia di asura, circondata da mille schiave, 
     	vesti cibi e bevande e preziosi ornamenti,

   4 	il sovrano figlio di Nahuṣa invece, assieme a Devayānī, 
     	per molti anni trascorse il tempo grandemente contento come un dio,

   5 	e a tempo debito Devayānī dalle belle forme,
     	rimase gravida e presto generava un fanciullo,

   6 	passati mille anni, Śarmiṣṭhā la figlia di Vṛṣaparvan
     	si vide nella giovinezza di aver raggiunta la pubertà e pensava:

   7 	“ho raggiunto il tempo della pubertà, e non ho un marito da scegliere,
     	che ho ottenuto? e cosa devo dunque fare? o cosa sarà facendo cosa?

   8 	Devayānī ha partorito, e io invano ho raggiunto la giovinezza,
     	come lei scelse il marito, così dunque anch'io lo scelgo,

   9 	io darò al re il frutto di un figlio, questa la mia decisione,
     	anche ora quell'anima pia può rapidamente venirmi a vedere.”

  10 	allora per caso passeggiava il re in quel momento
     	vicino al boschetto di aśoka, e incontrava Śarmiṣṭhā,

  11 	lui da solo vedendo in un luogo nascosto Śarmiṣṭhā dal dolce sorriso,
     	avvicinatasi e messasi a mani giunte queste parole diceva al re:

  12 	“nella dimora di Soma, di Indra o di Viṣṇu, o di Varuṇa,
     	oppure nella tua, o figlio di Nahuṣa, chi ha diritto di toccare la donna?

  13 	per aspetto, costumi e stirpe, tu o re da sempre mi conosci,
     	io ti imploro, io ho raggiunto la pubertà dammi il necessario o sovrano.”

  14 	Yayāti disse:
     	“io so che sei una virtuosa fanciulla daitya di buona condotta,
     	ed io non vedo in te o bellissima, nemmeno un piccolo difetto,

  15 	ma Uśanas il figlio di Kavi, mi disse quando sposai Devayānī:
     	'non devi invitare nel tuo letto la figlia di Vṛṣaparvan.' ”

  16 	Śarmiṣṭhā disse:
     	“ non ferisce una bugia detta per scherzo, non quella tra donne, non al tempo di nozze,
     	in pericolo di vita, o di perdere le ricchezze, queste cinque bugie sono dette senza peccato,

  17 	colui a cui si chieda testimonianza e parli altrimenti, si dice un mentitore, o sovrano,
     	per questo stesso motivo la menzogna punisce chi dice il falso.”

  18 	Yayāti disse:
     	“ il re è la misura dei viventi, egli sarebbe perduto parlando vanamente,
     	anche sopraggiunta una difficoltà io non posso mentire.”

  19 	Śarmiṣṭhā disse:
     	“queste due cose sono uguali o re, il marito, e il marito dell'amica,
     	il medesimo matrimonio dicono essere, tu sei il marito scelto dall'amica”

  20 	Yayāti disse:
     	“ io feci il voto di dover concedere a chi mi chieda,
     	e tu mi chiedi, dimmi cosa desideri che io faccia per te?”

  21 	Śarmiṣṭhā disse:
     	“ dall'adharma salvami o re e concedimi il dharma,
     	da te avendo un figlio, al mondo io agirei nel supremo dharma,

  22 	tre non possiedono ricchezze o re: la moglie, lo schiavo e il figlio,
     	la ricchezza che essi ottengono è del loro signore,

  23 	la schiava io sono di Devayānī e la figlia del bhṛguide è in tuo possesso,
     	sia ella che io siamo mantenute da te, prendimi o re.”

  24 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così apostrofato il re, riconoscendo ciò la verità,
     	onorava Śarmiṣṭhā  e le concedeva il dharma,

  25 	e unitosi con Śarmiṣṭhā, e ottenuto quanto volevano,
     	salutandosi vicendevolmente tornarono donde erano venuti,

  26 	in questa unione Śarmiṣṭhā dalle belle ciglia e dal dolce sorriso,
     	ottenne una gravidanza subito da quel migliore dei sovrani,

  27 	e partoriva a tempo debito o re, quella fanciulla dagli occhi di loto,
     	un fanciullo splendido come un figlio divino e dagli occhi di loto blu.


     
                              LXXVIII

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	avendo saputo della nascita del fanciullo Devayānī dal dolce sorriso,
     	colpita dal dolore, meditava contro Śarmiṣṭhā o bhārata,

   2 	e raggiunta Śarmiṣṭhā Devayānī questo le disse:
     	“ perché facesti, presa dalla lussuria, questa malvagità o belle-ciglia?”

   3 	Śarmiṣṭhā disse:
     	“ un ṛṣi qui giungeva anima pia, seguace dei veda,
     	egli fu da me richiesto di concedermi un desiderio secondo il dharma,

   4 	io non agitai una passione impropria, o dolce-sorriso,
     	da quel ṛṣi è nato mio figlio, il vero ti dico.”

   5 	Devayānī disse:
     	“ se questa è la pura verità o timida, se quel ri-nato è conosciuto,
     	la stirpe il nome e la nascita io voglio conoscere del ri-nato.”

   6 	Śarmiṣṭhā disse:
     	"di un grande splendore acceso come il sole,
     	lui vedendo, io non fui in grado di interrogarlo o dolce-sorriso.”

   7 	Devayānī disse:
     	“ se è dunque così o Śarmiṣṭhā, non vi è collera in me,
     	se tu hai ottenuto un figlio da un eccellente e ottimo ri-nato.”

   8 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	avendo parlato l'una all'altra e insieme ridendo,
     	la figlia del bhṛguide tornava al suo palazzo convinta che ciò fosse vero,

   9 	e il sovrano Yayāti generava con Devayānī due figli,
     	Yadu e Turvasu invincibili come Śakra e Viṣṇu,

  10 	e dal quel ṛṣi regale, Śarmiṣṭhā la figlia di Vṛṣaparvan,
     	generava tre figli: Druhyu, Anu e Pūru,

  11 	quindi un giorno Devayānī dal dolce sorriso,
     	assieme a Yayāti o re, si recava nella grande foresta,

  12 	e là vedeva allora quei fanciulli dall'aspetto divino,
     	che giocavano a loro agio e stupita questo diceva:

  13 	“di chi saranno quei figli belli quanto bimbi divini? 
     	per energia e aspetto sono simili a te.”

  14 	così essendosi rivolta al re , chiedeva ai fanciulli:
     	“che nome vi fu dato e di che stirpe siete voi figlioli? è un brahmano vostro padre?
     	parlatemi dunque secondo verità, questo io voglio sapere.”

  15 	essi mostrarono con l'indice il migliore dei sovrani,
     	e dissero che Śarmiṣṭhā era la loro madre e di costui erano figli,

  16 	così avendo parlato tutti insieme si avvicinarono al re,
     	non gli accoglieva contento il re allora, con Devayānī vicina,
     	corsero via allora i fanciulli e si avvicinarono a Śarmiṣṭhā,

  17 	vista dunque la condotta di quei fanciulli verso il sovrano,
     	e intuita la verità la regina diceva questo a Śarmiṣṭhā:

  18 	“una mia serva essendo, perché hai compiuto a me questo male?
     	non hai timore tu di praticare questo dharma da asura?”

  19 	Śarmiṣṭhā disse:
     	“quando dissi un ṛṣi, la verità è questa o dolce sorriso,
     	e avendo agito secondo il giusto dharma io non ti temo,

  20 	quando tu hai scelto il re, io pure lo scelsi,
     	il marito dell'amica secondo il dharma diviene lo sposo o splendida,

  21 	venerata e onorata sei da me come eccellente e ottima brahmana,
     	ma da me più di te è venerato questo re ṛṣi, non sai dunque ciò?”

  22 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	udite quelle sue parole Devayānī questo diceva:
     	“o re, io ora non più vivrò qui, un male tu mi hai fatto.”

  23 	vedendo la bella, offesa con gli occhi pieni di lacrime
     	velocemente recandosi dal figlio di Kavi, presoccupato allora

  24 	il sovrano per calmarla la seguiva confuso,
     	e gli girava le spalle ella con gli occhi rossi di rabbia,

  25 	senza nulla dire al re, lei dai begl'occhi,
     	in breve arrivata vicino ad Uśanas figlio di Kavi,

  26 	ella avendo visto il padre lo salutava standogli di fronte,
     	e dietro di lei, Yayāti porgeva omaggio al bhṛguide.

  27 	Devayānī disse:
     	“dall'adharma fu sconfitto il dharma, il male ha soverchiato il bene,
     	da Śarmiṣṭhā io fui grandemente offesa dalla figlia di Vṛṣaparvan,

  28 	tre figli ha ella generato col re Yayāti,
     	quella sgualdrina, e io solo due figli ho, questo ti dico babbo,

  29 	come sapiente del dharma è conosciuto questo re o discendente di Bhṛgu,
     	ma io ti dico o figlio di Kavi, che egli ha superato ogni limite.”

  30 	Śukra disse:
     	“poichè pur esperto del dharma hai seguito un piacere contrario al dharma,
     	per questo la vecchiaia difficile a vincersi in breve ti colpirà.” 

  31 	Yayāti disse:
     	“ una richiesta di giusto coito o venerabile dalla figlia del re dei dānava,
     	che a null'altro pensava, secondo il dharma mi fu fatta,

  32 	l'uomo scelto che non si dà ad una richiesta di giusto coito,
     	uccisore di feti viene detto o brahmano, quaggiù dai sapienti del brahman,

  33 	colui che richiesto di un coito in un luogo appartato, la donna
     	non avvicini secondo il dharma, un uccisore di feti viene detto dai saggi,

  34 	questo motivi scorgendo o discendente di Bhṛgu,
     	preoccupato dal timore dell'adharma, io mi congiunsi con Śarmiṣṭhā.”

  35 	Śukra disse:
     	“ non penso forse io che tu o principe sei un mio sottoposto?
     	chi agisce falsamente nel dharma diviene un 'ipocrita o figlio di Nahuṣa.”

  36 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	Yayāti dunque, il figlio di Nahuṣa meledetto dall'irato Uśanas,
     	abbandonata la primitiva giovinezza immediatamente cadeva nella vecchiaia.

  37 	Yayāti disse:
     	“io non sono ancora sazio di giovinezza e di Devayānī o discendente di Bhṛgu,
     	sii grazioso con me o brahmano, non mi colpisca la vecchiaia.”

  38 	Śukra disse:
     	“ io non parlo invano, tu avrai questa vecchiaia o protettore della terra,
     	ma questa tua vecchiaia ad un altro si attaccherà se lo desideri.”

  39 	Yayāti disse:
     	“ godendo del regno o brahmano possa essere onorato e glorioso dunque
     	il figlio che a me dia la sua giovinezza, questo ti chiedo o signore.”

  40 	Śukra disse:
     	“supererai la vecchiaia come desideri o figlio di Nahuṣa,
     	e a me pensando con sincerità non avrai alcun male,

  41 	e il figlio che a te darà la giovinezza, re diverrà,
     	di lunga vita e celebrato, e anche di grande discendenza.”


     
                              LXXIX

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	caduto dunque nella vecchiaia, Yayāti raggiunta la sua città,
     	al figlio maggiore e migliore, a Yadu queste parole diceva:

   2 	“ la rugosa vecchiaia e le canizie mi hanno colpito o figliolo,
     	per la maledizione dell'infuriato Uśana, mentre ancora non sono sazio di giovinezza,

   3 	tu dunque o Yadu prenditi questa debolezza assieme alla vecchiaia,
     	e con la tua giovinezza io potrò godere dei miei sensi,

   4 	passati mille anni a te di nuovo io, la giovinezza
     	ridandoti, mi prenderò la debolezza assieme alla vecchiaia.”

   5 	Yadu disse:
     	“ il viso afflitto da una barba bianca, reso debole dalla vecchiaia,
     	il corpo coperto di rughe, scarsa la vista, debole, emaciato,

   6 	incapace di fare le cose neccessarie, umiliato dai giovani,
     	e pure dai servi, questa vecchiaia io non la voglio.”

   7 	Yayāti disse:
     	“dato che tu nato dal mio cuore non mi concedi la tua giovinezza,
     	allora non diverrai re figlio mio, ma un suddito diverrai.

   8 	Turvasu prenditi questa debolezza assieme alla vecchiaia,
     	che io possa godere dei sensi con la tua giovinezza o figliolo,

   9 	finiti mille anni, di nuovo ti darò la giovinezza,
     	e io mi riprenderò la debolezza e la vecchiaia.”

  10 	Turvasu disse:
     	“io non voglio la vecchiaia o padre, fine di godimenti e amori,
     	distruzione di forza e bellezza, e perdita di saggezza e senno.”

  11 	Yayāti disse:
     	“ dato che tu nato dal mio cuore, la giovinezza non mi concedi,
     	perciò da suddito la distruzione incontrerai,

  12 	tra chi pratica un dharma confuso, e agisce al contrario,
     	tra i mangiatori di carne, tra gli inferiori, o sciocco re diverrai,

  13 	tra gli amanti delle mogli dei maestri, tra chi agisce da animale,
     	tra i seguaci del dharma delle bestie, tra i malvagi barbari regnerai.”

  14 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	Yayāti dunque così avendo maledetto il proprio figlio Turvasu,
     	al figlio di Śarmiṣṭhā, a Druhyu queste parole disse:

  15 	“Druhyu, prenditi tu questa rovina di bellezza,
     	questa vecchiaia per mille anni, e dammi la tua giovinezza,

  16 	finiti i mille anni, ti ridarò la giovinezza,
     	e mi riprenderò di nuovo questa debolezza assieme alla vecchiaia.”

  17 	Druhyu disse:
     	“il vecchio non gode di donna, né di elefante, né di carro, né di cavalli,
     	e pure difficoltà di parlare ha egli, io non voglio la vecchiaia.”

  18 	Yayāti disse:
     	“ dato che tu nato dal mio cuore, non mi concedi la tua giovinezza,
     	allora o Druhyu, mai tu avrai piacere e amore,

  19 	sempre vivrai là dove si può solo passare galleggiando a nuoto,
     	non re, tu con la tua stirpe, solo il suono dei piaceri otterrai.

  20 	Anu, prenditi tu questa debolezza con la vecchiaia,
     	che io solo per mille anni possa godere della giovinezza.”

  21 	Anu disse:
     	“ il vecchio come un bambino prende il cibo al tempo sbagliato, e quindi è impuro,
     	non sacrifica al fuoco a tempo debito, io non voglio la vecchiaia.”

  22 	Yayāti disse:
     	“ dato che tu nato dal mio cuore, la tua giovinezza non mi concedi,
     	e i vizi della vecchiaia che hai nominato perciò otterrai,

  23 	i tuoi discendenti raggiunta la giovinezza periranno o Anu,
     	e pure nemico dell'offerta al fuoco tu diverrai.

  24 	Pūru tu sei il mio caro figlio, tu sarai il migliore,
     	la rugosa vecchiaia e le canizie mi hanno raggiunto o caro,
     	per la maledizione di Uśanas il figlio di Kavi, ed io non son sazio di giovinezza,

  25 	Pūru prenditi questa decrepitezza assieme alla vecchiaia,
     	che per qualche tempo io possa godere dei miei sensi, col tuo vigore,

  26 	finiti mille anni, ti restituirò la giovinezza,
     	e mi riprenderò la decrepitezza assieme alla vecchiaia.”

  27 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così apostrofato Pūru, veloce rispondeva al padre:
     	“come tu mi hai chiesto o grande re, i tuoi ordini io compirò,

  28 	io mi prenderò o re la tua debolezza assieme alla vecchiaia,
     	prendi da me la giovinezza, e goditi i desideri come credi,

  29 	io raggiunto dalla vecchiaia col tuo aspetto e vigore,
     	avendo a te concessa la mia giovinezza, agirò come mi hai chiesto.”

  30 	Yayāti disse:
     	“Pūru, caro io sono a te figlio, e e questo bene io di darò,
     	nel regno la tua progenie sarà esaudita di ogni desiderio.”


     
                              LXXX

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	con la giovinezza di Pūru, dunque Yayāti il figlio di Nahuṣa,
     	ai piaceri dedito, quel migliore dei re, godeva della gratificazione dei sensi,

   2 	come desiderava, come poteva, quando voleva, secondo il suo piacere,
     	e compatibilmente col dharma, o re dei re, secondo il suo merito,

   3 	egli soddifaceva gli dèi con sacrifici, e con riti conformi anche gli avi,
     	i poveri con benefici, e i migliori dei ri-nati con quanto desideravano,

   4 	e gli ospiti con cibi e bevande, e proteggendo i popoli,
     	e con la gentilezza i servi, e con punizioni gli schiavi,

   5 	e tutte le creature secondo il dharma e le leggi gratificando,
     	Yayāti proteggeva senza nemici come Indra stesso,

   6 	il re coraggioso come leone, giovane, praticando il piacere dei sensi,
     	in armonia col dharma godeva di suprema felicità,

   7 	il sovrano soddifatti i piacevoli desideri, sazio e stanco, 
     	alla fine dei mille anni si rammentava quel sovrano di uomini

   8 	avendo contato quel valoroso sapiente del tempo ore e giorni,
     	e pensando di aver raggiunto il tempo al figlio Pūru diceva:

   9 	“come ho voluto, come ho potuto, per il tempo voluto o uccisore di nemici,
     	ho coltivato i sensi con la tua giovinezza o figlio,

  10 	Pūru tu mi sei caro, fortuna sia a te, riprenditi la tua giovinezza,
     	 e prenditi il regno tu sei il mio benefattore.”

  11 	e quindi riprendeva la vecchiaia Yayāti, il figlio di Nahuṣa,
     	e riacquistava la propria giovinezza di nuovo Pūru,

  12 	e al sovrano che desiderava consacrare al regno il figlio minore Pūru,
     	i varṇa a cominciare dai brahmano queste parole dicevano:

  13 	“perchè il nipote di Śukra, il figlio di Devayānī o potente,
     	il primogenito Yadu saltando, vuoi dare il regno a Pūru?

  14 	Yadu è tuo figlio maggiore, e nato dopo di lui è Turvasu,
     	e Druhyu quindi, figlio di Śarmiṣṭhā, e Anu, e quindi Pūru,

  15 	perché scartando i maggiori il regno spetta al minore?
     	questo ti consigliamo: preserva il dharma. ”

  16 	Yayāti disse:
     	“tutti i varṇa a cominciare dai brahmani ascoltino le mie parole,
     	in nessun modo io darò il regno al mio figlio maggiore,

  17 	il mio desiderio dal maggiore Yadu non fu compiuto,
     	chi agisce contrariamente al padre non è un figlio, questa l'opinione dei saggi,

  18 	figlio è chi, i desideri dei genitori compie con piacere e propriamente,
     	è figlio colui che da figlio agisce verso padre e madre,

  19 	io non fui rispettato da Yadu e neppure da Turvasu,
     	e Druhyu e Anu, mi fecero un grande disonore, 

  20 	solo da Pūru le mie richieste furono onorate interamente,
     	il più giovane che si è assunto la mia vecchiaia è dunque mio erede, 
     	Pūru che da vero figlio ha soddisfattto i miei voleri,

  21 	da Śukra mi fu data questa grazia, da Uśanas figlio di Kavi in persona:
     	'il figlio che ti obbedirà sarà re, e sovrano sulla terra.'
     	a voi dunque chiedo che così Pūru sia consacrato nel regno.”

  22 	i cittadini dissero:
     	“ il figlio che pieno di qualità, sia sempre il bene di madre e padre,
     	tutta la fortuna merita, anche se il più giovane o potente,

  23 	merita il regno Pūru che da figlio ha compiuto il tuo bene, 
     	della grazia fatta da Śukra, non possiamo dire di più.”

  24 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	dai cittadini e popolani soddisfatti, così apostrofato il figlio di Nahuṣa,
     	consacrava allora Pūru, il proprio figlio nel regno,

  25 	e dato il regno a Pūru, si preparava ad abitare nella foresta,
     	e dalla città partiva il re, assieme ad asceti e brahmani,

  26 	e di Yadu i discendenti saranno gli yādava, e i figli di Turvasu gli yavana,
     	e i bhoja i figli di Druhyu, e di Anu le genti barbare,

  27 	ma di Pūru saranno i paurava, la stirpe in cui sei nato o principe,
     	e avrai il dominio del regno per mille anni.


     
                              LXXXI

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così dunque il re Yayāti, figlio di Nahuṣa il figlio che desiderava
     	consacrato sul trono, felice divenne un muni, asceta nella foresta,

   2 	e stabilita la dimora nella selva, assieme ai brahmani,
     	mangiando frutti e radici, e paziente, e come da qui in cielo fu andato,

   3 	egli andava nella dimora degli dèi e vi soggiornava felice e contento,
     	e dopo non molto tempo di nuovo precipitato da Śakra,

   4 	caduto giù privato del paradiso, non raggiungeva la faccia della terra,
     	ma restava fermo nel cielo mediano, così io ho udito,

   5 	e di nuovo da lì raggiungeva il paradiso, così si dice,
     	quel valoroso, assieme al re Vasumat e ad Aṣṭaka,
     	e aggiungendosi all'assemblea di Pratardana, e di Śibi.

   6 	Janamejaya disse:
     	“con quale impresa il sovrano ottenne di nuovo il cielo?
     	tutto questo interamente e secondo verità io desidero ascoltare,
     	raccontato da te o savio, in quest'assemblea di schiere di ṛṣi brahmani, 

   7 	pari al re degli dèi era quel signore della terra, Yayāti,
     	che accrebbe la stirpe dei kuru, con lo stesso splendore del sole,

   8 	di quel grand'anima, dalla grande gloria, e dalla sincera fama,
     	le imprese io desidero udire, completamente sia in cielo che quaggiù.”

   9 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	dunque a te io racconterò l'ulteriore storia di Yayāti,
     	in cielo e quaggiù, che è mezzo di purezza, che libera da ogni male,

  10 	il re Yayāti, figlio di Nahuṣa il figlio più giovane, Pūru
     	sul trono consacrato, contento se ne andava allora nella foresta,

  11 	dopo aver cacciato dai confini i figli a cominciare da Yadu,
     	il re nutrendosi di frutti e radici, nella foresta a lungo abitava,

  12 	raffermata l'anima, vinta l'ira, soddisfacendo avi e dei,
     	e sacrificando al fuoco rettamente secondo la regola degli asceti della foresta,

  13 	gli ospiti onorava quel luminoso, con piante selvatiche e burro chiarificato,
     	usando la spigolatura dei raccolti e nutrendosi degli avanzi,

  14 	per mille anni il sovrano agiva in questo modo,
     	per trent'anni vivendo solo d'acqua stava, frenando mente e parola,

  15 	quindi nutrendosi d'aria stava senza dormire per un intero anno, 
     	e per un altro anno il sovrano praticava il tapas dei cinque fuochi,

  16 	per sei mesi, nutrendosi d'aria stava su un piede solo,
     	di buona fama avendo allora coperto cielo e terra, raggiungeva il paradiso.


     
                              LXXXII

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	giunto in paradiso dunque quel re dei re, abitava nelle dimore degli dèi,
     	onorato dai trenta dèi, dai sādhya, dai marut e dai vasu,

   2 	dal mondo degli dèi, saliva al mondo di Brahmā quel pio sovrano, 
     	e lì molto tempo abitava quel protetore delle terra, così si dice,

   3 	un giorno quel migliore dei re Yayāti, incontrava Śakra,
     	e alla fine là da Śakra fu chiesto a quel signore della terra, 

   4 	Śakra disse:
     	“quando Pūru col tuo aspetto, avendo accettato la vecchiaia agiva sulla terra,
     	allora conferito a lui il regno da parte tua che si disse? dimmi dunque il vero,”

   5 	Yayāti disse:
     	“ l'intero territorio tra la Gaṅgā e la Yamunā è in tuo potere,
     	nel centro della terra tu sei il re e i tuoi fratelli sovrani inferiori,

   6 	chi non s'adira è superiore all'adirato, e chi ha pazienza superiore all'impaziente,
     	dei non umani sono superiori gli uomini, e i sapienti superiori degli ignoranti,

   7 	chi riceve male parole non risponda irato, chi ha pazienza
     	sconfigge l'aggresore e trova la felicità, 

   8 	non sia dunque causa di dolore, non parli con rabbia, non prenda il nemico con bassi mezzi, 
     	una parola che altrui affligga che ferisca, che porti al male, non pronunci,

   9 	è causa di dolore all'uomo la parola ingiuriosa, le ingiurie trafiggono gli uomini,
     	sappia egli che è dentro la bocca la suprema sventura alle genti, che porta la distruzione,

  10 	sia riverito primariamente dai buoni, e dai buoni sia protetto in segreto,
     	sopporti sempre le ingiurie dei malvagi, e la condotta dei virtuosi scelga circondato dai buoni,

  11 	le parole come frecce volano dalla bocca e chi ne è colpito soffre giorno e notte,
     	o quelle che colpiscono le debolezze altrui, tutte queste non scagli il sapiente,

  12 	non si trova nel trimundio una guadagno pari
     	alla benevolenza verso gli esseri, il donare e le parole gentili,

  13 	perciò sempre con parole concilianti e mai con dure parole,
     	i meritevoli sempre onori e offra doni, e mai nulla chieda.”


     
                              LXXXIII

   1 	Indra disse:
     	“tutte le azioni compiute o re, lasciata la casa, sei andato nella foresta,
     	questo io ti chiedo o figlio di Nahuṣa, di chi tu sei pari nel tapas?”

   2 	Yayāti disse:
     	“ io non vedo tra dèi e uomini, tra gandharva e grandi ṛṣi,
     	qualcuno pari a me nel tapas o Vāsava.”

   3 	Indra disse:
     	“ poiché hai disprezzato i migliori, i simili e i peggiori per ignoranza,
     	allora questi mondi avranno per te fine, avendo consumati i meriti, ora cadrai o re.”

   4 	Yayāti disse:
     	“ se disprezzando ṛṣi divini e gandharva, è giunta per me la fine di questi mondi o Śakra,
     	io vorrei lasciando i mondi divini, cadere in mezzo ai buoni o re degli dèi.”

   5 	Indra disse:
     	“ vicino ai buoni cadrai o re, dove sarai caduto di nuovo otterrai una posizione preminente,
     	e così avendo conosciuto, di nuovo o Yayāti non disprezzerai i pari a te e i migliori.”

   6 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	quindi scacciato dal re degli immortali dai puri bei mondi, cadendo Yayāti 
     	fu scorto dal migliore dei re ṛṣi, Aṣṭaka protettore di ogni dharma che gli disse:

   7 	“ chi sei tu giovane, simile per aspetto ad Indra, che per il tuo spledore ardi come Agni?
     	tu cadi dall'etere uscendo dall'oscure nubi, come un fulmine più veloce degli uccelli,

   8 	e vedendoti cadere dal sentiero del sole immensamente splendido come sole e fuoco,
     	'cos'è dunque che cade' tutti siamo presi dal dubbio e stupiti,

   9 	vedendo te uscire dal sentiero divino luminoso come Śakra e Viṣṇu. 
     	tutti noi ora venuti incontro a te, desideriamo conoscere la verità di te o signore,

  10 	e pure noi non osiamo interrogarti per primi, e tu non ci chiedi chi siamo,
     	questo noi chiediamo a te dall'invidiabile aspetto, di chi sei figlio? e perché sei giunto?

  11   	il tuo timore svanisca, abbandona rapido stupore e confusione, o simile per forma al divino Indra,
     	tu sei qui alla presenza di virtuosi, a cui nemmeno il forte Śakra può resistere,

  12    il luogo del buono è quello dei buoni sempre lontani dal piacere, o simile al re degli immortali,
     	questi qui riuniti sono signori del mobile e immobile, tu risiedi fra tali virtuosi,

  13 	il fuoco ha il potere di riscaldare, la terra ha il potere di germinare,
     	il sole ha il potere di illuminare, l'ospite è il signore dei virtuosi.”


     
                              LXXXIV

   1 	Yayāti disse:
        “ io sono Yayāti figlio di Nahuṣa e padre di Pūru, per aver disprezzato tutti gli esseri,
     	privato del mondo di ṛṣi, dèi e siddha, allontanato, discesi per scarsi meriti, 

   2 	io sono più vecchio di età di voi, per questo non vi rivolsi la parola,
     	chi per studio, tapas o per nascita è maggiore, onorato è dai ri-nati.”

   3 	Aṣṭaka disse:
     	“ se chi è più anziano di età non parla o re, e non saluta per primo,
     	chi è sapiente superiore essendo all'anziano, costui è dunque onorato dai ri-nati.”

   4 	Yayāti disse:
     	“ l'azione contraria dicono sia un male, essa conduce senza fallo al mondo dei mali,
     	i buoni non perseguono ciò che è dei cattivi, come chi parla al contrario, il dominio di sé,

   5 	io avevo grandi e larghe ricchezze, io sono un uomo d'azione non uno studioso,
     	così è punito chi agisce seduto sul proprio benessere, lo sa il vivente,

   6 	molti e svariati governanti nel mondo dei vivi colpiti dal fato muoiono,
     	il saggio, pensando dentro di sé: 'il fato è più forte..' non s'affligga qualsiasi cosa gli accada,

   7 	se il piacere, la prole e pure il dolore è soggetto al fato e non al proprio potere, 
     	allora pensando il fato potente, non s'affligga né gioisca mai,

   8 	nel dolore non soffra, nella felicità non si rallegri, ma sempre uguale sia il saggio:
     	'più forte è il fato' così pensando non s'affligga né gioisca mai,

   9 	nel timore, o Aṣṭaka io mai mi confondo, nessuna afflizione io ho nella mente,
     	' quanto il creatore mi dona al mondo certo così sarà.' questo pensando,

  10 	i nati nell'umido, e dall'uovo, e germogliati, gli striscianti, i ragni e i pesci nelle acque, 
     	e inoltre quelli che mangiano ogni tipo d'erba, nella morte consumano la propria natura,

  11 	saputa la transitorietà di piacere e dolore, come posso io o Aṣṭaka, avere afflizione?
     	che cosa faccia e cosa abbia fatto non m'affliggo, perciò con cura tralascio ogni sofferenza.”

  12 	Aṣṭaka disse:
     	“ tutti i mondi migliori da te goduti, e la durata e come erano, o re dei sovrani,
     	tutto questo dimmi secondo verità, tu appari come un conoscitore del dharma.”

  13 	Yayāti disse:
     	“ re io ero quaggiù, tutte le terre io conquistai nel grande mondo,
     	qui abitai per mille anni, quindi arrivai al mondo supremo,

  14 	quindi nella bella città di Indra molto invocato, che ha mille porte ed è ampia cento yojana, 
     	abitai per mille anni, quindi arrivai al mondo superiore,

  15 	raggiungendo il divino mondo senza vecchiaia, inaccessibile di Prajāpati signore del mondo,
     	là io abitai per mille anni, quindi arrivai al mondo superiore,

  16 	e nelle dimore di ogni dio ottenendo i mondi vi abitai quanto volli,
     	onorato dai trenta dèi insieme, simile in splendore agli esseri supremi,

  17 	quindi abitai nel giardino divino mutando aspetto a piacimento, per centinaia di millenni,
     	divertendomi assieme alle apsaras, vedendo piante e fiori di puro aroma, simili al sole,

  18 	passato dunque un grande tempo smisurato là, intento ai piaceri degli dèi, a me
     	diceva il messaggero degli dèi dal grave aspetto, con forte suono  per tre volte: 'cadi!'  

  19 	per quanto io so o leone dei re, allora io finiti i meriti, caddi dal giardino divino,
     	e le voci dei celesti udii nell'aria, che si lamentavano dolenti o re degli uomini:

  20 	'  oh! che peccato, il pio Yayāti di santa fama finiti i meriti, cade giù.'
     	allora io dicevo loro mentre cadevo: ' dove io posso dunque cadere in mezzo ai virtuosi?'

  21 	da essi mi fu indicata la vostra terra dei sacrifici, e scorgendola io rapido la raggiunsi,	
     	e sentendo il fumo e il famigliare odore del burro, della terra dei sacrifici, io fui soddisfatto.”


     
                              LXXXV

   1 	Aṣṭaka disse:
     	“ quando abitavi il giardino divino, mutando aspetto a piacere, miriadi centinaia di millenni,
     	per quale motivo tu principe del kṛtayuga, lasciato il vero stato cadesti sulla terra?”

   2 	Yayāti disse:
     	“ come il fratello, l'amico, il parente che, finito l'oro, è abbandonato dagli uomini,
     	così là, subito le schiere divine col loro signore abbandonano l'uomo che ha finiti i meriti.”

   3 	Aşṭaka disse:
     	“ come colà si finiscono i meriti? si confonde qui oltremisura la mia mente,
     	per quali circostanze? in quali sedi entrano? questo dimmi, tu sapiente sembri a me.”

   4 	Yayāti disse:
     	“ essi cadono nell'inferno della terra, tutti lamentandosi o signore di uomini,
     	per esser cibo di corvi, sciacalli e aironi, si aggirano qua e là avendo persa la prosperità,

   5 	perciò l'uomo deve evitare questa male agire, vergognoso al mondo,
     	tutto questo io ti ho raccontato o principe, dimmi ora di nuovo cosa devo dirti.”

   6 	Aṣṭaka disse:
     	“ se questi sono beccati da uccelli, avvoltoi, predatori e insetti, 
     	in che modo essi sono? come dunque nascono? io mai udii di un altro inferno in terra.”

   7 	Yayāti disse:
     	“ dopo la fine del corpo per il karma, manifestamente riappaiono sulla terra,
     	essi cadono in questo inferno terrestre, e non se ne accorgono per moltissimi anni, 

   8 	per sessantamila anni cadono, e altri ottanta anni nel cielo,
     	e mentre questi cadono volando, sono colpiti da terribili rakṣas terrestri dalle aguzze zanne.”

   9 	Aṣṭaka disse:
     	“ che peccatori sono quelli che cadono colpiti dai terribili rakṣas dalle zanne aguzze?
     	come sono? come rinascono? quali esseri e i quali grembi rinascono?”

  10 	Yayāti disse:
     	“ il sangue, il seme emesso dall'uomo imita il mescolarsi del polline tra fiori e frutti,
     	esso o re, cade in una femmina e diviene feto là entrando,

  11 	ed essi entrano in alberi, piante, acque, vento, terra, ed etere,
     	e divenuti quadruped, e bipedi, o ogni altra cosa, nei grembi nascono.”

  12 	Aṣṭaka disse:
     	“ un altro corpo fornisce quaggiù il grembo, forse che giunge per proprio desiderio
     	a entrare in un grembo umano? dimmelo per sciogliere il dubbio ti prego,

  13 	da cosa acquisisce crescendo il corpo, vista e udito, e coscienza?
     	tutto questo che ti chiedo, dimmi in verità tutti qui pensiamo che tu o caro, sia sapiente.”

  14 	Yayāti disse:
     	“ il vento trasporta nell'ovulo feminile, pronto il seme mescolato al polline,
     	là quel sottile elemento per sua proprietà gradualmente cresce in un embrione, 

  15 	e l'uomo nascendo allarga le membra diventando cosciente dei sei sensi,
     	egli con gli orecchi sente il suono, ed ogni forma vede colla vista,

  16 	col naso gli odori, e colla lingua i sapori, con la pelle il tocco, e con la mente conosce l'idea,
     	questa o Aṣṭaka qui sappi il processo nel corpo nel grand'anima appena nato.”

  17 	Aṣṭaka disse:
     	“ l'uomo che è morto o bruciato, o anche sepolto e ridotto in polvere,
     	raggiunta la distruzione non più esistente come ritrova la propria coscienza precedente?”

  18 	Yayāti disse:
     	“ lasciata la vita, come in sogno gridando, misurato il bene e il male,
     	in un altro grembo entra in accordo alla propria purezza, lasciato il corpo, o leone dei re,

  19 	i virtuosi muovono in un grembo puro, i malvagi in uno cattivo entrano,
     	vermi e insetti divengono i malvagi, non dirò di più o grande potente,

  20 	quadrupedi, bibedi, esapodi, creature di tale natura divengono
     	tutto questo ti ho riferito completamnete, cosa chiedi ancora o leone dei re? ”

  21 	Aṣṭaka disse:
     	“ facendo cosa ottiene il morto i mondi migliori, col tapas o con la conoscenza?
     	tutto questo secondo verità dimmi, io chiedo come si ottengono i migliori mondi nell'ordine.”

  22 	Yayāti disse:
     	“tapas, dono, pace e autocontrollo, modestia, rettitudine, compassione per tutti i viventi,
     	sono distrutti per orgoglio dagli uomini sottomessi alle tenebre, così sempre i buoni dicono,

  23 	lo studioso che pensandosi sapiente con sapienza distrugge l'onore degli altri,
     	per costui sono finiti i mondi, Brahmā dà a lui il frutto che merita,

  24 	quattro sono le azioni che compiono la salvezza, quelle contrarie conducono al pericolo,
     	l'onore all'agnihotra, e al silenzio e alla meditazione e al sacrificio,

  25 	non penso che col disonore si ottenga l'austerità, o si raggiunga la felicità
     	i buoni onorano i buoni, qui al mondo, i malvagi non ottengono l'intelletto dei saggi,

  26 	'così si dia, così si sacrifichi, così si studi, questo è il mio voto,'
     	 quelli che così dicono sempre abbondonano le vie della sicurezza,

  27 	di quel rifiugio che dicono i saggi esser formato da mente e sensi,
        non vi è cosa migliore, raggiunto l'apetto luminoso, la suprema pace ottengono qui e nell'aldilà.”


     
                              LXXXVI

   1 	Aṣṭaka disse:
     	“ come agendo da capofamiglia si raggiungono gli dèi? come il mendico? come il maestro 
     	che risiede nella foresta, intento nel retto sentiero? molte cose riguardo a ciò si dicono.”

   2 	Yayāti disse:
     	“ studente si dice chi pronto nel servire il guru, per primo si sveglia e ultimo va a dormire,
     	chi, dolce, paziente, costante, attento, intento agli studi, si perfezioni in castità.

   3 	chi offra in sacrificio quanto guadagnato secondo il dharma, sempre doni, e sfami gli ospiti,
     	non accettando senza dare agli altri, costui è il capofamiglia secondo le antiche upaniṣad. 

   4 	chi vive di sé, lontano dai mentitori, donando agli altri senza gli altri ferire,
     	un tale muni, raggiunge la suprema perfezione, vivendo nella selva parco di cibo e d'agire.

   5 	chi vive senza lavoro, senza moglie, sempre coi sensi domati, interamente libero,
     	girando senza casa, leggero, vivendo girando i luoghi, solo costui è il mendico,

   6 	e quella notte in cui sono conquistati i mondi, vinti i desideri, e i piaceri,
     	in questa notte si eserciti il saggio, a dominarsi, stando nella foresta,  

   7 	a dieci avi e a dieci discendenti e a sé stesso come ventunesimo.
     	apporta i meriti vivendo nella foresta, e liberando nella foresta gli elementi del suo corpo.”

   8 	Aṣṭaka disse:
     	“ quanti tipi di muni silenziosi, e pure quanti tipi di silenzi
     	vi sono? questo dicci noi ciò vogliamo sapere.”

   9 	Yayāti disse:
     	“ chi vivendo nella foresta abbia un'abitazione lì vicino,
     	o chi viva in un abitato in una foresta, costui sia un muni, o sovrano di genti.”

  10 	Aṣṭaka disse:
     	“ quale dei due, chi vive nella foresta vicino ad un abitato,
     	o chi vive in un abitato vicino ad una foresta?”

  11 	Yayāti disse:
     	“ non abbia uso di una residenza il muni che vive nella foresta,
     	e di costui che vive nella foresta sia pure una casa vicina,

  12 	senza fuoco, né casa, né famiglia viva il muni,
     	coprendosi con un perizoma e usando un telo grande a piacere,

  13 	e prenda tanto cibo quanto sia sufficente alla vita
     	quindi, chi vive in una casa con una foresta vicina,

  14 	ma il muni che abbandonati i desideri, dedito alla rinuncia, domati i sensi,
     	pratichi il silenzio, costui nel mondo può ottenere la perfezione,

  15 	chi ha denti puliti, unghie tagliate sempre lavato e adornato,
     	libero, intento nel puro agire, da chi non merita di esser onorato?

  16 	smagrito dal tapas, tranquillo, con poca carne sangue ed ossa,
     	quando questo muni sia lontano dagli opposti, e dedito al silenzio,
     	allora vinto questo mondo, conquista il supremo mondo,

  17 	quando con la bocca prenda il cibo come la vacca, quel muni
     	che merita l'immortalità, possiede il mondo primigeno.”


     
                              LXXXVII

   1 	Aṣṭaka disse:
     	“ quale dei due per primo raggiunge la comunanza degli dèi?
     	o re, correndo entrambi come il sole e la luna?”

   2 	Yayāti disse:
     	“ tra chi è senza casa, e tra chi si controlla tra i desideri licenziosi della famiglia,
     	abitando una casa, di questi due il mendico prima arriva,

   3 	chi senza aver una lunga vita, e chi invece ottenendola agisca diversamente,
     	se si addolori compiendo il tapas e un'altro tipo ne pratichi,

   4 	che viziato, quindi dicono essere inutile, chi con scarso intelletto segua il dharma,
     	pure il povero, e il senza-aiuto, o re, allora si perfeziona con rettidudine e nobiltà.”

   5 	Aṣṭaka disse:
     	“ ma da chi sei inviato messaggero oggi o re, giovane, inghirlandato, e vigoroso a vederti?
     	donde vieni? in quale luogo ti rechi? forse che hai una tua residenza sulla terra?”

   6 	Yayāti disse:
     	“ esaurito i meriti, di entrare in questo inferno terrestre, la terra, allontanato dal cielo,
     	mi spingono i brahmani custodi del mondo, appena vi avrò parlato, immediatamente cadrò.

   7 	ma caduto circondato dalla vicinanza dei buoni, questi tutti sono virtuosi e pieni di qualità, 
     	e da Śakra io ho ottenuto questa grazia, mentre cadevo sulla faccia della terra.”

   8 	Aṣṭaka disse:
     	“ io ti chiedo: non cadere pur precipitando, se per me vi sono dei mondi o sovrano,
     	se stanno nello spazio, o se in cielo? io ti reputo un sapiente di questo dharma.”

   9 	Yayāti disse:
     	“ quante vi sono sulla terra vacche e cavalli, e animali selvatici e montani,
     	tanti sono per te i mondi in cielo, questo sappi o leone tra i sovrani.”

  10 	 Aṣṭaka disse:
     	“ questi io ti dono, non cadere precipitando, i mondi che in cielo sono per me o re dei re,
     	che stanno sia nell'aria sia in cielo, questi raggiungi rapido, o vincitore di nemici.”

  11 	Yayāti disse:
     	“ un non-brahmano come noi non può, solo un brahmano vive di donazioni o ottimo re,
     	quanto potei dare sempre ai ri-nati, tanto io un tempo diedi o sovrano,

  12 	un non-brahmano e la moglie di un brahmano non vivano mai da miseri con doni,
     	se io stesso prima così agendo vissi, perché qui dunque il contrario o virtuoso?” 

  13 	Pratardana disse:
     	“ io chiedo a te dall'invidiabile aspetto, io sono Pratardana, se per me vi sono mondi,
     	posti sia nello spazio sia in cielo? io ti ritengo un sapiente di questo dharma.”

  14 	Yayāti disse:
     	“ vi sono molti mondi per te o re dei re, stillanti miele, intrisi di burro, privi di dolore,
     	se anche tu in ciascuno vivessi sette giorni, non avrebbero fine, essi ti attendono.”

  15 	Pratardana disse:
     	“questi ti dono, non cadere precipitando, i mondi che sono miei siano dunque a te,
     	sia che siano nello spazio o in cielo, in questi entra rapido senza fallo.”

  16 	Yayāti disse:
     	“ non un simile splendido merito avuto dallo yoga io desidero, essendo o re, un sovrano, 
     	il saggio re caduto nella sventura colpito dal fato, mai agisca falsamente,

  17 	il sovrano di cervello, percorra il luminoso sentiero del dharma, il dharma osservando,
     	non dunque uno come me, dalla mente pia, conoscendo mi faccia la carità che hai detto,

  18 	posso io compiere una azione mai compiuta da altri? io mi chiedo perché qui o virtuoso?”
     	al sovrano Yayāti che così parlava il migliore dei re, Vasumanas diceva:


     
                              LXXXVIII

   1 	Vasumanas disse:
     	“ io Vasumanas figlio di Ruśadaśva ti chiedo se vi è per me un mondo in cielo o sovrano,
     	o sia pure sito nello spazio o grand'anima? io ti ritengo un sapiente del dharma.”

   2 	Yayāti disse:
     	“ quanto spazio e regioni della terra vi sono, che il sole col suo calore riscalda,
     	tanti sono i mondi in cielo situati, questi senza fine ti attendono.”

   3 	Vasumanas disse:
     	“questi io ti dono, non cadere precipitando, i mondi che sono miei ti appartengano,
     	comprali anche con un ciuffo d'erba o re, se accettarli in dono è propriamente un male.”

   4 	Yayāti disse:
     	“ io non ricordo prezzo o vendita falsa, fui in dubbio fin bambino se accettare falsamente,
     	io non posso fare una cosa mai fatta da altri, mi chiedo perché ora qui o virtuoso?”

   5 	Vasumanas disse:
     	“ entra o re in questi mondi, da me dati, se la vendita a te non desideri, 
     	io non li rivoglio indietro o sovrano, tutti questi mondi siano tuoi.”

   6 	Śibi disse:
     	“ io Śibi, figlio di Uśinara ti chiedo se vi sono mondi per me o caro?
     	nello spazio situati o in cielo, io ti ritengo un sapiente del dharma.”

   7 	Yayāti disse:
     	“mai tu con parole o col cuore o saggio rifiutasti i supplicanti o sovrano,
     	per questo, vi sono dei mondi in cielo per te, luminosi, grandi e pieni di suoni.”

   8 	Śibi disse:
     	“ a questi mondi accedi o re da me dati, se non desideri questa vendita per te,
     	nemmeno io datili, li riaccetto indietro, raggiuntili risiedi in quei mondi.”

   9 	Yayāti disse:
     	“ tu splendido come Indra, hai guadagnato infiniti mondi o sovrano di uomini,
     	io non godo di un mondo dato da altri, perciò o Śibi io non accetto il dono.”

  10 	Aṣṭaka disse:
     	“ se i mondi di ciascunio di noi non accetti o re,
     	tutti noi dandoli a te andremo all'inferno.”

  11 	Yayāti disse:
     	“ quello che mi merito datemi, o virtuosi, per amor di verità,
     	ma io non voglio compiere quanto prima mai feci.”

  12 	Aṣṭaka disse:
     	“ di chi sono quei cinque carri che sembrano fatti d'oro,
     	che forte brillano meravigliosi, come le fiamme accese di Agni?”

  13 	Yayāti disse:
     	“ voi trasporteranno questi cinque carri fatti d'oro, 
     	che forte brillano meravigliosi, come le fiamme accese di Agni.”

  14 	Aṣṭaka disse:
     	“ sali sul carro o re procedi attraverso il cielo,
     	anche noi ti seguiremo, quando il tempo verrà.”

  15 	Yayāti disse:
     	“ tutti dobbiamo andare, noi insieme abbiamo conquistato il paradiso,
     	questa santa via per noi appare verso il seggio degli dèi.”

  16 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	tutti questi ottimi sovrani saliti sui carri partirono,
     	salendo in cielo circondati da Dharma e dalle luci del firmamento.

  17 	Aṣṭaka disse:
     	“ io penso che per primo io solo devo andare, Indra grand'anima è in ogni modo amico mio,
     	perché dunque Śibi, figlio di Uśinara, solo va avanti pocedendo con grande impeto?”

  18 	yAyāti disse:
     	“ diede al servizio degli dèi quanta ricchezza ha guadagnato
     	questo figlio di Uśinara, perciò Śibi è il migliore di noi,

  19 	dono, tapas, sincerità e dharma, modestia, bellezza, tranquillità, uguaglianza e pazienza,
     	tutte queste fermezze o re, ha l'ineguagliabile e grazioso re Śibi, per temperamento,
     	così stando le cose e rinunciando alla modestia, perciò Śibi ci precede col carro.”

  20 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	allora Aṣṭaka ancora chiedeva al grand'anima nonno materno simile ad indra:
     	“ io ti chiedo o sovrano, e dimmi il vero, di dove sei e di chi sei figlio?
     	tu hai compiuto quanto nessun'altro ha mai fatto al mondo sia kṣatriya che brahmano.”

  21 	Yayāti disse:
     	“ Yayāti io sono, figlio di Nahuṣa, padre di Pūru, sovrano di tutta le terra quaggiù ero,
     	in segreto io dico ai miei parenti, io sembro un vostro avo materno,

  22 	tutta questa terra conquistando, fermata la marcia, io diedi ai brahmani,
     	vigorosi cavalli, bellissimi dai bei zoccoli, e allora gli dèi divennero benevoli,

  23 	io diedi pure la terra ai brahmani, interamente piena di animali da tiro,
     	con vacche e preziose ricchezze in oro, là vi erano miriadi di vacche,

  24 	per la mia sincerità il cielo e la terra e pure il fuoco brillava tra gli uomini
     	mai invano le mia parole erano pronunciate, i buoni onorano la sincerità,
     	e tutti gli dèi e i muni e i mondi sono onorati dalla sincerità, questa la mia opinione,

  25 	e chi racconterà di noi tutti la conquista del paradiso come è avvenuta,
     	senza invidia, ai migliore dei ri-nati, costui otterrebbe i nostri stessi mondi.”

  26 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così il re quel supremo grand'anima assieme ai nipoti rapidamente quell'uccisore di nemici,
     	lasciata la terra, lui dal nobile agire andava in cielo pervadendo la terra con le sue imprese.


     
                              LXXXIX

   1 	Janamejaya disse:
     	“ o venerabile, io vorrei udire dei sovrani discendenti di Pūru,
     	come erano, di che valore, di che grandezza, e di che coraggio,

   2 	non vi fu mai in questo ceppo un sovrano di cattiva condotta,
     	o non valoroso o anche privo di figli, tra questi antichi?	

   3 	di questi antichi re forniti di intendimento,
     	le vicende io vorrei udire in dettaglio o ricco in tapas.”

   4 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	dunque io ti raccontero quanto tu mi chiedi,
     	dei valorosi discendenti di Pūru splendidi come Śakra,

   5 	Pravīra, Iśvara, e Raudrāśva, tre grandi guerrieri figli 
     	di Pūru, nacquero da Pauṣṭī, Pravīra fu il continuatore della dinastia,

   6 	e da lui nacque Manasyu, potente guerriero figlio di Śyenī,
     	egli dagli occhi di loto blu, fu monarca della terra nelle quattro direzioni,

   7 	Subhrū, Saṃhanana, e Vāgmin tre figli di Sauvīrī,
     	nacquero figli di Manasyu, tutti guerrieri grandi sul carro,

   8 	di Raudrāśva dieci figli da una apsaras, grandi arcieri
     	e sacrificatori, nacquero, guerrieri pieni di prole, dai molti studi,
     	tutti esperti di ogni arma, tutti seguaci del dharma:

   9 	Ṛcepu, e Kakṣepu, e Kṛkaṇepu il valoroso,
     	Sthaṇḍilepu, e Vanepu, e Sthalepu grande guerriero,

  10 	Tejepu il forte, e il saggio Satyepu valoroso come Indra,
     	Dharmepu, e Saṃnatepu per decimo, dal coraggio divino,
     	i figli di Anādhṛṣṭi o caro fecero il rājasūya e l'aśvamedha,	

  11 	Matināra quindi il sapiente figlio di Ṛcepu divenne re,
     	quattro furono i figli di Matināra o re dall'incomparabile valore,
     	Taṃsu, Mahat, Atiratha, e Druhyu dal supremo splendore,

  12 	di questi Taṃsu dal grande valore continuando la stirpe dei paurava,
     	acquistava splendida gloria e conquistava l'intera terra,

  13 	il valoroso Taṃsu generava come figlio Ilina,
     	anche lui conquistava l'intera terra, quel migliore dei conquistatori,

  14 	e da Rathaṃtarī cinque figli come i cinque elementi
     	Ilina generava, con Duḥṣanta come primogenito o sovrano,

  15 	Duḥṣanta, Śūra e Bhīma,  Prapūrva e Vasu,
     	di questi il primogendito Duḥṣanta divenne re o Janamejaya,

  16 	da Duḥṣanta nacque il sapiente Bharata, figlio di Śakuntalā,
     	da lui la grande gloria della stirpe dei bhārata si sparse,

  17 	Bharata con tre donne generava nove figli,
     	di questi non si rallegrava il re dicendo: 'non mi somigliano.'

  18 	quindi con grandi cerimonie, Bharata allora sacrificando, 
     	ottenne un figlio per mezzo di Bharadvāja, di nome Bhumanyu o bhārata,

  19 	quindi quel discendente di Pūru, realizzando di esser diventato padre,
     	Bhumanyu come principe ereditario consacrava o migliore dei bhārata,

  20 	quindi Vitatha divenne figlioccio del grande Indra, 
     	e Vitatha di nome divenne figlio di Bhumanyu, 

  21 	e Suhotra, e Suhotṛ, Suhavi, e Suyaju
     	erano figli di Bhumanyu nati da Puṣkariṇī di Ṛcīka,

  22 	di questi principi il maggiore Suhotra ottenne il regno,
     	egli celebrava, a cominciare da rājasūya aśvamedha molti riti del soma,

  23 	Suhotra l'intera terra circondata dal mare possedeva,
     	piena di elefanti vacche e cavalli, e abbondante di molti preziosi,

  24 	sprofondava quasi la terra pressata dal troppo carico,
     	piena di elefanti, carri e cavalli, e grandemente coperta d'uomini,

  25 	durante il regno di Suhotra allora egli governava le genti secondo il dharma,
     	e la terra era marcata da centinaia di migliaia di luoghi sacri,
     	le popolazioni cresciute, apparivano come insieme agli dèi,

  26 	Aikṣvāki generava da sovrano della terra Suhotra,
     	Ajamīḍha, Sumīḍha e Purumīḍha o bhārata,

  27 	Ajamīḍha era il maggiore di questi, e su di lui fu stabilita la discendenza,
     	sei figli egli generava da tre donne o bhārata,

  28 	Dhūminī ebbe Ṛkṣa e Nīlī, Duḥṣanta e Parameṣṭhina,
     	Keśinī generava, e Jahnu,  entrambi i due Jana e Rūpiṇa,

  29 	quindi tutti i pāñcāla sono di Duḥṣanta e Parameṣṭhina,
     	e discendenti sono i kuśika o re, di Jahnu dal grande splendore,

  30 	e Ṛkṣa maggiore di Jana e di Rūpiṇa fu proclamato re,
     	da Ṛkṣa nacque Saṃvaraṇa o re continuatore della tua stirpe,

  31 	governando la terra o re, Saṃvaraṇa il figlio di Ṛkṣa,
     	vi fu una grande distruzione di genti, abbiamo udito,

  32 	era distrutto il regno da sventure di vario tipo,
     	da fame e da morte, e siccità era afflitto e colpito,
     	e gli eserciti nemici assalivano i bhārata,

  33 	e sconvolgendo la terra con forze dei quattro tipi,
     	il re dei pāñcāla lo attaccava e rapidamente conquistava la terra,
     	con dieci akṣauhiṇi egli vinceva in questa guerra,

  34 	allora con moglie e figli, coi ministri e la gente amica,
     	il re Saṃvaraṇa perciò fuggiva con grande paura,

  35 	in un recesso del grande fiume sindhu si rifugiava allora,
     	in prossimità del territorio del fiume vicino alla montagna,
     	là i bhārata vivevano per lungo tempo in un luogo inaccessibile,

  36 	risiedendo là essi per mille anni,
     	quindi i bhārata furono avvicinati da Vasiṣṭha il venerabile ṛṣi,

  37 	andando incontro a lui che giungeva e salutatolo onorevolmente,
     	tutti i bhārata allora a lui portarono l'acqua ospitale,
     	e offrendo ogni cosa secondo le regole al potentissimo ṛṣi, 

  38 	il re dunque, l'ottavo giorno in persona copriva il proprio fuoco:
     	“ il nostro purohita o signore non ci fa ritornare al regno”
     	“oṃ” così Vasiṣṭha pure rispondeva ai bhārata,

  39 	quindi consacrava il paurava alla sovranità di tutti gli kṣatriya,
     	e governante supremo dell'intera terra, così abbiamo udito,

  40 	la primitiva capitale dei bhārata suprema città egli governava,
     	e di nuovo rese tributari tutti i re delle terra,

  41 	quindi acquisita di nuovo la terra, compiva un sacrificio quel potentissimo
     	discendente di Ajamīḍha con moltissime dakṣiṇa,

  42 	quindi da Saṃvaraṇa, Tapatī la saurī partoriva Kuru, 
     	per re tutte le genti lo scelsero, in quanto sapiente del dharma, 

  43 	dal suo nome è universalmente conosciuta sulla terra kurujāṅgala,
     	ed egli grande asceta, con tapas rendeva puro il kurukṣetra,

  44 	Aśvavat, e Abhiṣvat, Citraratha, e Muni
     	e Janamejaya sono chiamati i suoi figli, così abbiamo udito,
     	questi cinque figli generava la sua virtuosa moglie Vāhinī,

  45 	Abhiṣvat ebbe Parikṣit, e Śabalāśva il valoroso,
     	Abhirāja, e Virāja, e il fortissimo Śalmala,

  46 	Uccaiḥśrava, Bhadrakāra e Jitāri per ottavo è menzionato,
     	nella discendenza di questi, per le qualità di azione, sono famosi

  47 	i sette altri fortissimi, a cominciare da Janamejaya,
     	figli di Parikṣit, che erano tutti sapienti del dharma e dell'artha:

  48 	Kakṣasena, Ugrasena, e Citrasena il valoroso,
     	Indrasena, e Suṣeṇa e Bhīmasena così nominati,

  49 	i figli di Janamejaya conosciuti potentissimi sulla terra,
     	Dhṛtarāṣṭra il primogenito, Pāṇḍu e Bāhilīka,

  50 	Niṣadha dal grande splendore e Jāmbūnada il forte,
     	Kuṇḍodara, e Padati, e Vasāti per ottavo è ricordato,
     	tutti esperti di dharma e artha, tutti intenti al benessere dei viventi,

  51 	Dhṛtarāṣṭra quindi fu re, suo figlio fu Kuṇḍika,
     	Hastin, Vitarka, Krātha, e Kuṇḍala per quinto,	
     	Haviḥśrava, e Indrābha, e Sumanyu l'invincibile,
     
     [ bhīmasenān maheṣvāsaḥ pratīpaḥ samapadyata / (51.3) 
     	da Bhīmasena nacque il grande arciere Pratīpa
     [...] 
     dhārtarāṣṭrasutān āhus trīn etān prathitān bhuvi / (51.7) 
     	tre sono i nipoti di Dhṛtarāṣṭra conosciuti sulla terra,
     pratīpaṃ dharmanetraṃ ca sunetraṃ caiva bhārata / (51.8) 
     	Pratīpa, Dharmanetra, e Sunetra o bhārata,	
     pratīpaḥ prathitasteṣāṃ babhūvāpratimo bhuvi / (51.9) ]
     	tra questi Pratīta divenne conosciuto senza rivali sulla terra,
     [... ]
     	
  
  52 	a Pratipa nacquero tre figli o toro dei bhārata,
     	Devāpi, Śaṃtanu e Bāhilīka, grande guerriero,

  53 	di questi, Devāpi fu asceta per desiderio di perseguire il dharma,
     	e Śaṃtanu e Bāhīlika, grande guerriero, ottennero la terra,

  54 	e nella stirpe di Bharata, sono nati poi molti grandi guerrieri coraggiosi,
     	ottimi re, simili a ṛṣi divini, o sovrano,

  55 	così come altri grandi guerrieri simili a dèi,
     	sono nati nella stirpe di Manu, che propagarono la discendenza di Aila.


     
                              XC

   1 	Janamejaya disse:
     	“ ho udito da te o savio, la grande origine degli antichi
     	e pure gli illustri re ricordati nella mia stirpe,

   2 	ma questo pur caro racconto ma fatto in brevità non mi sazia,
     	quindi o signore, di nuovo in dettaglio raccontami,

   3 	di questi la divina storia, e di Manu a partire da Prajāpati,
     	la santa origine di costoro a chi potrebbe non piacere?

   4 	supremamente accresciuta con la grandezza delle loro perfette qualità dharmiche,
     	stabilita nei tre mondi, la loro gloria, e prosperità si è fissata,

   5 	la storia di questi perseveranti nelle qualità di sincerità, vigore, valore e splendore,
     	io non mi sazio di ascoltare questa storia fornita del sapore dell'immortalità.”

   6 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	ascolta o re, come prima io l'ho udita dal davaipāyana
     	raccontata, l'intera meravigliosa origine della tua stirpe:

   7A   da Dakṣa nacque Aditi,
     	da Aditi Vivasvat,
     	da Vivasvat Manu,
     	da Manu Ilā,
     	da Ilā Purūravas,
     	da Purūravas Āyus,
     	da Āyus Nahuṣa,
     	da Nahuṣa Yayāti, 

   8A   Yayāti ebbe due mogli,
     	Devayānī figlia di Uśanas e la figlia di Vṛṣparvan di nome Śarmiṣṭhā,
     	allora egli divenne padre,

   9 	Devayānī generava Yadu e Turvasu,
     	e Śarmiṣṭhā la figlia di Vṛṣaparvan, Druhyu, Anu e Pūru,

  10A	quindi da Yadu sorsero gli yādava,
     	da Pūru i paurava,

  11A	la moglie di Pūru aveva nome Kausalyā,
     	da essa nacque un figlio di nome Janamejaya,
     	il quale celebrava tre aśvamedha,
     	e con il rito chiamato visvajit, entrava nella foresta,

  12A	Janamejaya invero sposava la figlia di Madhu, di nome Anantā
     	da costei nacque suo figlio Prācinvat,
     	che conquistava la regione orientale fino al sorgere del sole,
     	quindi da costui, questa ha preso il nome,

  13A	Prācinvat dunque sposava Aśmakī,
     	da essa nacque suo figlio Saṃyāti,

  14A	Saṃyāti dunque sposava la figlia di Dṛṣadvat di nome Varāṅgī,
     	da essa nacque suo figlio Ahaṃpāti,

  15A 	Ahaṃpāti quindi sposava la figlia di Kṛtavīrya di nome Bhānumatī,
     	da lei nacque suo figlio Sārvabhauma,

  16A	Sārvabhauma quindi avendola vinta prese una kakeya di nome Sunandā,
     	da lei nacque suo figlio Jayatsena,

  17A 	Jayatsena, quindi sposava una vidarbha di nome Suṣuvā,
     	da lei nacque suo figlio Arācīna,

  18A	Arācīna pure sposava un'altra vidarbha di nome Maryādā,
     	da lei nacque suo figlio Mahābhauma,

  19A	Mahābhauma quindi sposava una figlia di Prasenajit di nome Suyajñā,
     	da lei nacque suo figlio Ayutanāyin,
     	il quale una miriade di puruṣamedha compiva,
     	da questo il nome di Ayutanāyin,

  20A 	Ayutanāyin quindi sposava la figlia di Pṛthuśravas di nome Bhāsā,
     	da lei nacque suo figlio Akrodhana,

  21A	Akrodhana quindi sposava una kaliṅga di nome Karaṇdu,
     	da lei nacque suo figlio Devātithi,

  22A	Devātithi, quindi sposava una videha di nome Maryādā,
     	da lei nacque suo figlio Ṛca,

  23A	Ṛca quindi sposava una principessa di aṅga di nome sudevā,
     	con lei generava il figlio Ṛkṣa,

  24A	Ṛkṣa quindi sposava un figlia di Takṣaka di nome Jvālā,
     	con lei generava un figlio di nome Matināra,

  25A	Matināra quindi sulla Sarasvatī, celebrava un sattra di dodici anni,

  26A	e mentre era intento al sattra, la Sarasvatī lo avvicinava e lo sceglieva per marito,
     	da lei egli generava un figlio di nome Taṃsu,

  27A	questo divenne il dinasta,

  28 	la Sarasvatī da Matināra il figlio Taṃsu generava,
     	e Taṃsu generava il figlio Ilina dal grembo di Kālindī,

  29A	Ilina invece con Rathaṃtarī cinque figli generava a cominciare da Duḥṣanta,

  30A	Duḥṣanta sposava la figlia di Viśvamitra Śakuntalā,
     	da lei nacque suo figlio Bharata,
     	qui vi sono due strofe:

  31 	la madre è il recipiente, da cui nasce il figlio del padre, 
     	alleva il figlio o Duḥṣanta non dispregiare Śakuntalā,

  32 	fecondata dal seme il figlio esce fuori o signore di uomini dalla dimora di Yama,
     	tu sei l'autore di questo concepimento, la verità disse Śakuntalā.

  33A	da questo il suo nome di Bharata,

  34A	Bharata quindi sposava una kāśi figlia di Sarvasena di nome Sunandā,
     	da lei nacque suo figlio Bhumanyu,

  35A	Bhumanyu quindi sposava una daśārha di nome Jayā,
     	da lei nacque suo figlio Suhotra,

  36A	Suhotra quindi sposava la figlia di Ikṣvāku di nome Suvarṇā,
     	da lei nacque suo figlio Hastin,
     	il quale fece costruire hāstinapura,
     	da lui il nome di hāstinapura,

  37A	Hastin quindi sposava una trigarta di nome Yaśodharā,
     	da lei nacque suo figlio Vikuṇṭhana,

  38A	Vikuṇṭhana quindi sposava una daśārha di nome Sudevā,
     	da lei nacque suo figlio Ajamīḍha,

  39A	Ajamīḍha ebbe 24 centinaia di figli da Kaikeyī la nāga, da Gāndhārī, da Vimalā e da Ṛkṣā,
     	ciascuno fu sovrano di una dinastia, 
     	e il prosecutore della stirpe fu Saṃvaraṇa,

  40A	Saṃvaraṇa quindi sposava la figlia di Vivasvat di nome Tapatī,
     	da lei nacque suo figlio Kuru,

  41A	Kuru quindi sposava una daśārha di nome Śubhāṅgī,
     	da lei nacque suo figlio Viḍūratha,

  42A	Viḍūratha, sposava una māgadha di nome Saṃpriyā,
     	da lei nasceva suo figlio Arugvat di nome,

  43A	Arugvat quindi sposava una magadha di nome Amṛtā,
     	da lei nacque suo figlio Parikṣit,

  44A	Parikṣit sposava una bāhuda di nome Suyaśā,
     	da lei nacque suo figlio Bhīmasena,

  45A	Bhīmasena quindi sposava una kekaya di nome Sukumārī,
     	da lei nacque suo figlio Paryaśravas,
     	che chiamano col nome di Pratīpa,

  46A 	Pratīpa quindi sposava una śibi di nome Sunandā,
     	con lei generava i figli Devāpi, Śaṃtanu e Bāhlīka,

  47A	Devāpi da giovane però, si recava nella foresta,
     	e Śaṃtanu, divenne sovrano,
     	da lui continua la stirpe,

  48 	qualunque vecchio che lui toccava con le mani otteneva la felicità,
     	e di nuovo giovane diventava, perciò lo chiamano Śaṃtanu,

  49A	questo il motivo del nome Śaṃtanu,

  50A	Śaṃtanu quindi si sposava con la Gaṅgā bhāgīrathī,
     	da lei nacque suo figlio Devavrata,
     	che chiamano pure Bhīṣma,

  51A	Bhīṣma per amore del padre conduceva come madre Satyavatī,
     	che chiamano anche Gandhakālī,

  52A	nel suo grembo di fanciulla fu concepito da Parāśara il dvaipāyana,
     	da lei nacquero due figli di Śaṃtanu,
     	Citrāṅgada e Vicitravīrya,

  53A	dei due Citrāṅgada non ancora nella giovinezza fu ucciso da un gandharva,
     	e Vicitravīrya allora divenne re,

  54A	Vicitravīrya sposava due figlie del re dei kāśi e di Kausalyā, Ambikā e Ambalikā,

  55A	Vicitravīrya però, senza figli trovava la morte,

  56A	allora Satyavatī pensava:
     	“ la stirpe di Duḥṣanta è interrotta.”

  57A	quindi ella pensava al ṛṣi al dvaipāyana,

  58A	egli standole di fronte le diceva “cosa devo fare?”

  59A	ella gli diceva:
     	"tuo fratello Vicitravīrya è morto senza figli,
     	o saggio, la sua progenie fai sorgere.”

  60A	egli 'più tardi' avendo detto, generava tre figli: Dhṛtarāṣṭra, Pāṇḍu, e Vidura,

  61A	quindi il re Dhṛtarāṣṭra da Gāndhārī ebbe cento figli per grazia del dvaipāyana,

  62A	dei figli di Dhṛtarāṣṭra i quattro principali furono Duryodhana, Duḥśāsana, Vikarṇa e Citrasena.

  63A	Pāṇḍu aveva due mogli Kuntī, e Mādrī, entrambe gioielli di donne, 

  64A	quindi Pāṇḍu andando a caccia, scorgeva un ṛṣi che copulava trasformato in gazzella,
     	quindi assalendolo mentre ancora non aveva raggiunto il piacere lo colpiva con una freccia,

  65A	egli colpito dalla freccia diceva a Pāṇḍu:
     	“vedendo che tu questa azione hai compiuto, colpendomi che ancora non avevo avuto il frutto del 	
	desiderio, allora anche tu in questa foggia, senza avere il frutto dell'amore troverai la morte.”

  66A	Pāṇḍu sbiancato in viso, per difendersi dalla maledizione non si univa alle mogli,

  67A	e le parole diceva:
     	“nell'agitazione io sono caduto,
     	io so che non esistono mondi per i privi di prole,

  68A	tu dunque per me genera dei figli.” così diceva a Kuntī.

  69A	ella allora generava dei figli, con Dharma Yudhiṣṭhira, con Māruta Bhīmasena, e con Śakra Arjuna,

  70A	Pāṇḍu con viso lieto a lei diceva:
     	“questa tua co-moglie è senza figli,
     	è giusto che che anche lei generi della prole.”

  71A	“ così sia.” rispose Kuntī.

  72A	allora con Mādrī i due Aśvin generarono Nakula e Sahadeva,

  73A	Pāṇḍu vedendo Mādrī adornata cadeva nella passione,

  74A	ma appena la toccava lo coglieva la morte,

  75A	allora Mādrī ascese la pira in cui lui stava.

  76A	e diceva a Kuntī:
     	“bada ai gemelli con nobile cura.”

  77A	e i 5 pāṇḍava assieme a Kuntī furono condotti dagli asceti ad hāstinapura e presentati a Bhīṣma e a Vidura,

  78A   là pure accadde che si tentasse di bruciarli nella casa di lacca senza esito per l'avviso di Vidura,

  79A 	quindi dopo aver ucciso Hiḍimba si recarono ad ekacakrā,

  80A 	pure ad ekacakrā, ucciso un rākṣasa di nome Baka, si recarono alla città dei pāñcāla,

  81A 	quindi quei virtuosi avuta in moglie Draupadī, si recarono nel proprio regno,

  82A	e generarono dei figli,
     	Prativindhya da Yudhiṣṭhira,
     	Sutasoma da Bhīmasena,
     	Śrutakīrti, da Arjuna,
     	Śatānīka da Nakula,
     	e Śrutakarman da Sahadeva.

  83A	Yudhiṣṭhira la figlia del re dei śibi Govāna, di nome Devikā prese in uno svayaṁvara,
     	con lei generava un figlio di nome Yaudheya,

  84A	Bhīmasena pure sposava una kāśi di nome Baladharā con preziosa dote,
     	con lei generava un figlio di nome Sarvaga,

  85A	Arjuna invero, giunto a dvāravatī, prese in moglie la sorella di Vāsudeva di nome Subhadrā,
     	con lei generava il figlio di nome Abhimanyu,

  86A	Nakula invece, prendeva in moglie una cedi di nome Kareṇuvatī,
     	con lei generava il figlio Niramitra,

  87A	Sahadeva pure, in uno svayaṁvara una di madras sposava, di nome Vijayā,
     	con lei il figlio generava di nome Suhotra,

  88A	Bhīmasena con la rākṣasa Hiḍimbā generava un figlio di nome Ghaṭotkaca,

  89A	questi dunque gli undici figli dei pāṇḍava,

  90A	Abhimanyu sposava la figlia di Virāṭa di nome Uttarā,
     	da lei nasceva un suo figlio morto,

  91A	Pṛthā lo raccolse nel suo grembo per ordine di Vāsudeva il migliore degli uomini,
     	“ io questo feto di sei mesi rivificherò.”

  92A	e avendolo fatto rivivere, disse:
     	“da una famiglia estinta nato, sia a lui il nome di Parikṣit.”

  93A	e Parikṣit però sposava una di nome MādravatI,
     	da lei suo figlio Janamejaya,

  94A	da Janamejaya e da Vapuṣṭamā, i due figli vi sono, Śatānīka e Śaṅku,

  95A 	Śatānīka dunque sposava Vaidehī
     	da lei nacque suo figlio Aśvamedhadatta,

  96 	questa la stirpe ricordata di Pūru e dei pāṇḍava,
     	udendo la stirpe di Pūru ci si libera da ogni male.


     
                              XCI

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	vi era un re signore della terra, nato dalla stirpe di Ikṣvāku,
     	chiamato Mahābhiṣa, di sincera parola e di sincero valore,

   2 	egli con migliaia di aśvamedha e con centinaia di Vājapeya,
     	aveva soddisfatto il re degli dèi, e guadagnato il paradiso, quel potente,

   3 	una volta, in cui gli dèi sedevano assieme a Brahmā, 
     	là vi erano pure i re ṛṣi e anche il re Mahābhiṣa,

   4 	la Gaṅgā la migliore delle acque s'avvicinava al Progenitore,
     	la sua veste, luminosa come la luna fu rialzata dal vento,

   5 	allora le schiere degli dèi, subito abbassarono lo sguardo,
     	Mahābhiṣa invece, quel re ṛṣi, senza timore guardava la fiumana,

   6 	mentalmente maledetto fu dal beato Brahmā allora Mahābhiṣa, 
     	che gli disse: “ nato tra i mortali di nuovo ti guadagnerai i mondi.”

   7 	il sovrano pensando a tutti i re ricchi in tapas,
     	sceglieva Pratīpa, lo splendido come padre,

   8 	e la fiumana avendo visto Mahābhiṣa, il re agire con coraggio,
     	la migliore delle acque se ne andava a lui pensando,

   9 	ella, i vasu privi di bellezza che perduto avevano lo splendore
     	per una colpa, quei divini abitanti celesti vedeva lungo la via,

  10 	vedendoli privi di bellezza la migliore delle fiumane a loro chiedeva;
     	“ perché siete privi di bellezza? va tutto bene con voi celesti?

  11 	a lei dicevano gli dèi vasu: “maledetti fummo o grande fiumana,
     	per una piccola colpa, dall'irato Vasiṣṭha grand'anima,

  12 	noi tutti da sciocchi, il grande ṛṣi nascosto, 
     	Vasiṣṭha seduto al tramonto abbiamo avvicinato,

  13 	e da lui con ira fummo maledetti: “in un grembo umano nascerete.”
     	non non possiamo fare altrimenti che quanto detto dalla bocca del brahmano,

  14 	tu dunque diventata umana genera i vasu come figli sulla terra,
     	così noi non entreremo dentro l'orrendo grembo delle umane.”

  15 	così richiesta dai vasu, la Gaṅgā dicendo di si, chiedeva:
     	“ tra i mortali qualle ottimo uomo sarà il vostro padre?”

  16 	i vasu dissero:
     	“ il virtuoso re figlio di Pratīpa, di nome Śaṃtanu 
     	sarà nel mondo umano il nostro padre.”

  17 	Gaṅgā disse:
     	“ così è pure la mia idea, o dèi, come mi avete detto voi o senza-macchia,
     	io compirò il suo piacere, e anche il vostro desiderio.”

  18 	i vasu dissero:
     	“tu devi appena nati gettarci nelle tue acque,
     	in modo che in breve tempo, noi saremo liberati o tu che percorri il trimundio.”

  19 	 Gaṅgā disse:
     	“ così io agirò, purchè un figlio a lui sia garantito,
     	che non sia vana la sua unione con me per aver figli.”

  20 	i vasu dissero:
     	“ noi dunque uno solo di noi otto daremo al potente,
     	da quel valoroso un figlio avrai come desideri,

  21 	ma di nuovo non nascerà la sua progenie tra i mortali,
     	perciò sarà senza figli il figlio valoroso che avrai.”

  22 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così accordandosi i vasu con la Gaṅgā,
     	con le menti piene di gioia se ne andarono dove volevano.


     
                              XCII

   1 	vaiśaṁpāyana disse:
     	allora il re Pratīpa, felice del bene di tutti i viventi,
     	per molti anni sedeva a pregare lungo le rive della Gaṅgā,

   2 	la Gaṅgā dotata di ogni bellezza, come Śrī stessa in corpo umano,
     	uscita dall'acqua nella più seduttiva figura,

   3 	quella virtuosa dalla divina bellezza sulla coscia destra, 
     	grande come un tronco di śal, dello studioso re ṛṣi sedeva la bellissima,

   4 	allora Pratīpa il sovrano diceva a quella virtuosa:
     	“che posso fare per te o damigella, che ti sia caro e che desideri?

   5 	la donna disse:
     	“ te io desidero o re, o migliore dei kuru prendimi,
     	trascurare le donne virtuose dai saggi è sconsigliato.”

   6 	Pratīpa disse:
     	“ io non mi unirò ad altra donna per passione o bellissima,
     	che sia di altro varṇa o damigella, il mio voto sappi è secondo il dharma.”

   7 	la donna disse:
     	“ non sono inferiore a te, e non indegna di matrimonio né merito vituperio,
     	prendimi nobile e vergine, o re, e io prenderò te.”

   8 	Pratīpa disse:
     	“ da me sia trascurato il piacere a cui tu mi inviti,
     	altrimenti la violazione del dharma mi colpirebbe vincendomi,

   9 	occupando la mia coscia destra tu mi abbracci o belle-membra,
     	ma sappi o timida, che questa postura è propria delle figlie e delle nuore,

  10 	la sinistra il luogo dell'amante e tu l'hai evitato,
     	perciò io non compirò il tuo desiderio o belle-membra,

  11 	sii dunque mia nuora o damigella, io ti scelgo per mio figlio,
     	al lato della nuora sei venuta o belle-coscie, a questo aderisci.”

  12 	la donna disse:
     	“ così dunque sia o sapiente del dharma, io mi unirò con tuo figlio,
     	per la tua devozione io sceglierò la celebrata stirpe dei bhārata,

  13 	rifugio voi siete di quelli che sono i prìncipi sulla terra,
     	impossibile dirne anche in cento anni, le qualità, 
     	i capi della vostra stirpe supremamente soddisfano a ciò.

  14 	chi io sia e cosa io faccia non conosca 
     	tuo figlio e tutto questo non indaghi mai,

  15 	così io vivendo aumenterò il bene di tuo figlio,
     	e con amati e virtuosi figli, tuo figlio pure otterrà il paradiso.”

  16 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così avendo parlato o re ella allora scompariva,
     	alla nascita di figli attendendo, il re allora si impegnava,

  17 	allora in quel tempo quel toro tra gli kṣatriya di Pratīpa,
     	praticava il tapas assieme alla moglie, per aver prole, o dicendente dei kuru,

  18 	e ai due da vecchi, nasceva come figlio Mahābhiṣa,
     	il pargolo nasceva da uno pacificato, perciò fu chiamato Śaṃtanu,

  19 	ricordando, e desiderando conquistare i mondi col proprio agire,
     	Śaṃtanu il migliore dei kuru, agiva da uomo virtuoso, 

  20 	Pratīpa quando il figlio Śaṃtanu giunse alla giovinezza lo avvertiva:
     	“ una volta una donna mi avvicinò per la tua fortuna o Śaṃtanu,

  21 	se da sola tornasse da te o figlio quella donna stupenda,
     	divina, dotata di forme e passione, per aver dei figli,
     	tu non devi interrogarla: ' chi sei o di di chi sei o bella?'

  22 	e qualsiasi azione ella faccia, tu non devi chiederle il perché o senza-macchia,
     	ma per mio ordine prendila che lei ti prende.” così gli disse.

  23 	così avendo parlato Pratīpa al figlio Śaṃtanu,
     	nel regno lo consacrava, e il re nella foresta entrava,

  24 	il saggio re Śaṃtanu, sulla terra era celebre come arciere,
     	sempre praticava la caccia recatosi nella foresta,

  25 	quel migliore dei re, cacciando gazzelle e grandi prede,
     	da solo seguiva il corso della Gaṅgā frequentata da siddha e cāraṇa,

  26 	un giorno il grande re vide una suprema fanciulla,
     	dal bellissimo corpo, splendente come Śrī dal colorito di loto,

  27 	perfetta in ogni parte, dai bei denti, splendente di luce divina,
     	da sola, che portava vesti succinte, e col ventre splendido come loto,

  28 	e vedendola gli si rizzarono i capelli stupito di tanta bellezza,
     	e quasi bevendola cogli occhi non ne era mai sazio il sovrano,

  29 	ella vedendo il re avanzare con grande splendore,
     	da amore fu presa in cuore e non si saziava di guardarlo innamorata,

  30 	a lei diceva allora il re concilandola con dolci parole:
     	“ sei tu una dea, o una dānava o una gandharva o un'apsaras,

  31 	o una yakṣa o una nāga, o umana o bel-vitino?
     	tu che sei splendida come una figlia di dèi, diventa mia moglie o bellissima.”

  32 	queste parole avendo udite dal re, dolci e amorevoli,
     	ricordando il patto coi vasu, si avvicinivana la virtuosa,

  33 	ed ella diceva deliziando il cuore del re queste parole: 
     	“ io diventerò tua moglie obbediente o sovrano della terra,

  34 	ma qualsiasi cosa io faccia o re, bella o brutta che sia,
     	tu non devi impedirmela, ne rivolgermi male parole,

  35 	solo in questo modo io con te abiterò o principe, 
     	impedita da te o rimproverata, io ti abbandonerò incontinentemente.”

  36 	“così sia.” dal re essendole risposto, allora o migliore di bhārata,
     	lei cadde in una suprema gioia, avendo ottenuto il migliore dei principi,

  37 	e Śaṃtanu avendola ottenuta ne godette secondo il proprio desiderio,
     	e ricordando, nulla chiedeva a lei e nulla diceva,

  38 	egli per la condotta di lei e per le qualità di nobiltà e grazia,
     	e per la sua cura per lui, era soddisfatto come il signore dell'universo,

  39 	e quella dea dalla divina bellezza, la Gaṅgā la fiumana dai tre corsi, 
     	avendo un bellissimo corpo umano, quella meravigliosa,

  40 	divenne moglie al fianco di lui che la desiderava secondo il destino, 
     	di Śaṃtanu, leone tra i re, splendido come il re degli dèi,

  41 	con le arti della seduzione, nell'amplesso con moine e danze affascinanti, 
     	ella rallegrava il re quanto ella stessa ne gioiva,

  42 	il re dalla morsa dell'amore preso per le doti della meravigliosa donna,
     	dei molti anni, stagioni e mesi, passati non s'avvedeva,

  43 	deliziandosi con lei quanto desiderava quel signore di genti,
     	otto figli generava con lei, belli come immortali,

  44 	e ogni figlio nato ella gettava nelle acque o bhārata,
     	“io ti soddisfo.” cosi dicendogli lo annegava nella corrente della Gaṅgā.

  45 	questo non era caro al re Śaṃtanu allora,
     	ma nulla a lei diceva il sovrano per paura dell'abbandono,

  46 	ma quando nacque l'ottavo figlio, quasi ridendo 
     	diceva allora il re afflitto dal dolore, e desiderando avere un proprio figlio:

  47 	“ non ucciderlo! chi sei? e perché vuoi uccidere i figli?
     	o assassina di figli, non compiere una grande peccato, ferma questa vergogna.” 

  48 	la donna disse:
     	“ o tu che desideri figli, io non ucciderò il figlio o migliore dei padri,
     	terminato però è il mio soggiorno secondo l'accordo fatto,

  49 	io sono Gaṅgā figlia di Jahnu, abitata dalle schiere dei grandi ṛṣi,
     	per adempiere ad un compito divino io ho abitato con te,

  50 	gli otto dèi, i vasu gloriosi, dal grande splendore
     	per una colpa, furono maledetti da Vasiṣṭha di nascere come umani,

  51 	di essi nessun'altro eccetto te si trova sulla terra come padre,
     	né donna alcuna pari a me per essere madre, 

  52 	perciò per essere la loro madre sono scesa nel mondo umano,
     	e avendo tu generato gli otto vasu, hai conquistato i mondi eterni, 

  53 	io stabilii un accordo coi divini vasu,
     	che appena nato ciascuno, io lo liberassi dalla nascita umana,

  54 	quindi ora essi sono liberati dalla maledizione di Āpava grand'anima,
     	fortuna sia a te, abbi cura di questo figlio di grandi voti,

  55 	la mia residenza qui è terminata compiuto l'accordo coi vasu,
     	e come da me generato, riconosci a questo figlio il nome di Gaṅgādatta.”


     
                              XCIII

   1 	Śaṃtanu disse:
     	“ Āpava di nome, chi è costui? e quale fu la mala azione dei vasu,
     	per la quale tutti furono maledetti di nascere in corpo umano?

   2 	e questo fanciullo Gaṅgādatta, che deve compiere
     	che egli debba abitare tra gli umani?

   3 	e perché i vasu, signori di tutti i mondi, 
     	discesero tra gli uomini? questo raccontami o figlia di Jahnu.”

   4 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così dunque richiesta Gaṅgā questo diceva al re,
     	al marito Śaṃtanu, toro fra gli uomini, la dea figlia di Jahnu:

   5 	“ il figlio che un tempo ebbe Varuṇa o migliore dei bhārata,
     	di nome Vasiṣṭha, questo muni è chiamato pure Āpava,

   6 	il suo santo āśrama pieno di uccelli e animali selvatici,
     	ricoperto di fiori in ogni stagione si trova sulle pendici del meru, re dei monti,

   7 	in quel luogo il figlio di Varuṇa pratica il tapas,
     	nella foresta dalle dolci acque frutti e radici, quel migliore dei bene-agenti,

   8 	l'orgogliosa figlia di di Dakṣa che è Surabhī,
     	una vacca partoriva da Kaśyapa quella divina o toro dei bhārata,

   9 	col dono mungendola di esaudire ogni desiderio, per compiacere l'universo, 
     	il figlio di Varuṇa, anima pia, per il latte oblativo la teneva,

  10 	la vacca risiedendo in quella foresta di asceti frequentata da muni,
     	viveva nella giusta gioia senza alcuna paura, ella allora,

  11 	quindi un giorno in quella foresta o toro dei bhārata, vennero
     	tutti i vasu, con Pṛthu in testa nella selva frequentata da dèi e da ṛṣi divini,

  12 	essi con le loro mogli sempre si aggiravano per quella selva,
     	e si rallegravano tra i piacevoli monti e le foreste,

  13 	colà la moglie di uno dei vasu o valoroso come Indra,
     	aggirandosi quella bellissima in quella selva scorgeva la vacca,
     	quella che meravigliosa, esaudiva ogni desiderio appartenente al muni Vasiṣṭha,

  14 	ella piena di stupore e abituata all'uso del potere,
     	a Dyaus mostrava quella vacca o signore dagli occhi di toro,

  15 	bella, forte, dal buon latte, dalla bella testa e dalla splendida coda,
     	dotata di tutte le qualità e dall'ottimo carattere,

  16 	quella figlia di vasu, la vacca dotata di quelle qualità al vasu
     	mostrava, o re dei re, in quel tempo, o rampollo dei paurava,

  17 	e Dyaus allora vedendo quella vacca, o valoroso come il re degli elefanti,
     	diceva o re, alla dea, parlando delle bellezze della vacca:

  18 	' la vacca Uttamā o dea appartiene al figlio di Varuṇa, o occhi-neri,
     	a quel ṛṣi o belle-natiche, a cui appartiene questa foresta,

  19 	un mortale che beva il suo dolce latte, o bel-vitino, 
     	diecimila anni vive sempre giovane.'

  20 	udendo ciò, la dea dal bel vitino o migliore dei sovrani,
     	dalle perfette membra, diceva al marito soffuso di splendore:

  21 	“ io ho, nel mondo umano un'amica figlia di un sovrano d'uomini,
     	di nome Jinavatī, ricca di bellezza e giovinezza,

  22 	figlia di Uśīnara, re e saggio ṛṣi, dalle sincere promesse,
     	essa è celebrata nel mondo umano per la sua bellezza,

  23 	per lei o glorioso, io desidero avere la vacca col suo vitello,
     	o migliore degl'immortali prendila rapidamente, o tu che accresci i meriti,

  24 	quando la mia amica beva del suo latte o onorevole,
     	tra gli umani ella sola sia libera da vecchiaia e malattia,

  25 	questo per me o glorioso tu o perfetto, devi compiere,
     	nessun'altra cosa è per me un bene più caro.” 

  26 	queste parole di lei udite, volendo fare un piacere alla dea,
     	Dyaus assieme ai fratelli con Pṛthu in testa, allora prendeva la vacca,

  27 	assieme alla dea dagli occhi di loto, Dyaus allora o sovrano,
     	non era in grado di scorgere il severo tapas di quel ṛṣi,
     	e avendo rapita la vacca non pensava di esser scoperto,

  28 	quindi il figlio di Varuṇa raggiunto l'āśrama portando dei frutti,
     	non scorgeva là nella suprema foresta la vacca col suo vitello,

  29 	quindi la cercava in quella selva, quel ricco in tapas,
     	e cercandola quel saggio muni, non trovava la vacca,

  30 	venendo a sapere per divina conoscenza che era stata presa dai vasu,
     	cadde in preda all'ira e immediatamente allora malediva i vasu:

  31 	“giacchè i vasu hanno preso la mia vacca da latte dalla bella coda,
     	allora tutti dovranno con certezza nascere tra gli umani.”

  32 	così malediva i vasu il venerabile e ottimo muni,
     	Āpava, caduto in preda all'ira o migliore dei bhārata,

  33 	e dopo averli maledetti, il glorioso pose mente al tapas,
     	così dunque o re quel ricco in tapas malediva i vasu,
     	quegli dèi, da quel brahmano e ṛṣi dal grande splendore, dall'ira acceso, 

  34 	quindi saputa d'esser stati maledetti, raggiunto di nuovo
     	l'āśrama del grand'anima, si avvicinarono al ṛṣi,

  35 	i vasu cercando di ingraziarsi il ṛṣi o toro fra i principi,
     	ma non ottennero il perdono da quel supremo ṛṣi,
     	da Āpava, dal sapiente di ogni dharma o tigre fra gli uomini,

  36 	quell'anima pia disse: “ sette di voi a cominciare da Dhara,
     	alla fine di un anno otterranno la liberazione dalla maledizione, 

  37 	quello però a causa del quale voi siete stati maledetti, Dyaus rimarrà
     	nel mondo umano lungo tempo, per la sua azione,

  38 	non voglio sia vano quanto dissi seppur irato,
     	ma non genererà nel mondo umano quel grande saggio,

  39 	e sarà anima pia, esperto di ogni arma,
     	e intento al bene paterno, trascurerà i piaceri con le donne.”
     	così avendo parlato a tutti i vasu, se ne andava il venerabile ṛṣi,

  40 	quindi da me vennero insieme tutti i vasu allora,
     	chiedendomi di concedere loro una grazia o re:
     	' appena nati gettaci nelle tue acque o Gaṅgā.'

  41 	così io rettamente getto nell'acqua questi sette o migliore dei sovrani,
     	per liberarli dal mondo umano nel giusto modo io ho agito,

  42 	questo solo, Dyaus o migliore dei sovrani, per la maledizione del ṛṣi,
     	o re a lungo vivrà nel mondo umano o bhārata.”

  43 	questo avendo detto, la dea allora scompariva,
     	prendendo con se il fanciullo e se ne andava dove voleva,

  44 	e il figlio di Gaṅgā di nome Devavrata, divenne
     	il figlio di Śaṃtanu dai due nomi, superiore per qualità a Śaṃtanu.

  45 	e Śaṃtanu soverchiato dal dolore tornava alla propria città,
     	e di questo Śaṃtanu io racconterò le infinite qualità,

  46 	e la grande eccellenza di questo glorioso sovrano bhārata,
     	la cui storia splendida viene chiamata mahābhārata.


     
                              XCIV

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così dunque era il saggio e virtuoso divino re, e ṛṣi Śaṃtanu,
     	anima pia, di sincere parole, celebrato in tutti i mondi,

   2 	controllo, dono, pace interiore, intelletto, modestia, fermezza e suprema energia,
     	sempre erano possedute dal grande virtuoso Śaṃtanu, toro fra gli uomini,

   3 	e così dotato di qualità quel sovrano esperto di dharma e artha,
     	era il protettore della stirpe di Bharata, e delle genti virtuose,

   4 	col collo marcato da tre linee, larghe spalle, e baldo come un elefante furioso,
     	poneva il dharma prima del kāma e dell'artha,

   5 	queste doti aveva il nobilissimo Śaṃtanu o toro dei bhārata,
     	né esisteva una altro kṣatriya pari a lui per dharma,

   6 	e lui che nel dharma agiva, il migliore dei sapienti di ogni dharma,
     	fu consacrato re dei re dai sovrani della terra,

   7 	liberi da sofferenza, dolore e paura come svegliati da un dolce sonno,
     	verso il sovrano dei bhārata agivano quei signori della terra,

   8 	e il mondo essendo protetto da quei sovrani con Śaṃtanu in testa, 
     	agiva nella sicurezza di tutti i varṇa a cominciare dai brahmani,

   9 	il bramano onorava lo kṣatriya, il vaiśya seguiva lo kṣatriya,
     	e amando brahmani e kṣatriya, i śūdra servivano il popolo,

  10 	egli nella bella hāstinapura citta dei kuru,	
     	abitando, governava la terra fino ai confini col mare,

  11 	era simile al re degli dèi quel sapiente del dharma, sincero e onesto,
     	attraverso il dono, il dharma, il tapas e lo yoga otteneva suprema prosperità,

  12 	privo di brama e di odio, era bello a vedersi come Soma,
     	per splendore era simile a Sūrya, per forza e velocità a Vāyu,
     	uguale al dio della morte nell'ira, era pari alla terra per pazienza,

  13 	l'uccisione dei grandi animali e di gazzelle e uccelli,
     	non avveniva inutilmente, durante il regno di Śaṃtanu o sovrano,

  14 	essendo il regno nel dharma e nel supremo brahman, Śaṃtanu, anima disciplinata,
     	governava in modo uguale tutti gli esseri, senza brame ne passioni,

  15 	allora i riti per sacrificare agli dèi e ai padri si compivano,
     	né contro il dharma si compiva l'uccisione di qualche vivente,

  16 	degli infelici, delle vedove, e di quelli che erano nati animali,
     	di tutti gli esseri, era come un padre il re,

  17 	nel governo virtuoso di quel re dei re, del migliore signore dei kuru,
     	prosperità v'era e parola sincera, e mente intenta al dharma e al donare,

  18 	egli per trentasei anni avendo goduto
     	della felicità con le donne, divenne poi un asceta nella foresta.

  19 	simile a lui per aspetto, agire, condotta e sapienza
     	era suo figlio, il vasu nato da Gaṅgā, di nome Devavrata,

  20 	profontamente versato in tutte le armi e nelle altre doti principesche,
     	era fortissimo, dedito alla sincerità, valorosissimo e grande guerriero.

  21 	un giorno il re Śaṃtanu colpita una preda e inseguendola lungo la Gaṅgā,
     	vedeva la fiumana figlia di Bhagīratha, con poca acqua quel sovrano,

  22 	e così vedendola pensava Śaṃtanu toro fra gli uomini:
     	“ perché oggi la grande corrente non scorre come prima?”

  23 	quindi cercatane la causa, quel saggio vedeva 
     	un fanciullo di bellissimo aspetto, grande e bello a vedersi,

  24 	che maneggiava un'arma divina, simile al dio distruttore di città,
     	e l'intera Gaṅgā circondando con le frecce appuntite la fermava,

  25 	egli dunque vedendo la fiumana gaṅgā coperta dalle frecce vicino a lui,
     	meravigliato ne era il re vedendo quell'impresa sovrumana,

  26 	un tempo Śaṃtanu aveva visto il figlio appena nato,
     	e quel saggio non riusciva a riconoscere il proprio figlio, 

  27 	quello vedendo il padre con la sua magìa lo confondeva,
     	e avendolo confuso allora velocemente scompariva,

  28 	quel portento avendo visto allora il re Śaṃtanu, 
     	pensando che fosse suo figlio diceva a Gaṅgā: “mostrati!”

  29 	e Gaṅgā si mostrava portando un bellissimo aspetto,
     	avendo preso nella mano destra quel fanciullo adornato,

  30 	e vedendola ornata di gioielli indossando una veste pulita,
     	Śaṃtanu pur avendola prima veduta non riconosceva la moglie.

  31 	Gaṅgā disse:
     	“ l'ottavo figlio che tu un tempo con me hai generato o re, 
     	costui è, o tigre fra gli uomini, conducilo a casa,

  32 	il valoroso ha studiato i veda e i vedāṅga, con Vasiṣṭha,
     	esperto d'armi e supremo arciere, pari in battaglia al re degli dèi,

  33 	stimato dagli dèi sempre, e dagli asura o bhārata,
     	egli interamente conosce tanto quanto Uśanas conosce degli śāstra, 

  34 	e quanto inoltre il figlio di Aṅgiras onorato da dèi e asura,
     	conosce dei śāstra, dei veda e vedāṅga, tanto tutto questo si trova
     	in questo tuo figlio dalle grandi-braccia, grand'anima, 

  35 	il potentissimo ṛṣi figlio di Jamadagni, è invincibile dai nemici,
     	quanto questo Rāma conosce delle armi, tanto in lui si trova,

  36 	questo grande guerriero o re, esperto del dharma e dell'artha regale,
     	questo tuo valente figlio da me dato, portati a casa o valoroso.”

  37 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	col permesso della dea, Śaṃtanu, preso suo figlio, 
     	splendente come il sole, tornava verso la sua città,

  38 	il paurava raggiunta la sua città, simile alla città del distruggi-fortezze,
     	ogni suo desiderio egli pensava di aver esaudito in cuor suo,
     	quindi davanti ai cittadini consacrava il figlio come erede al regno,

  39 	il glorioso figlio di Śaṃtanu, il padre, i cittadini, 
     	e il regno rallegrava con la sua condotta o toro dei bhārata,

  40 	il sovrano quindi, felice assieme al figlio, 
     	viveva per quattro anni quel valoroso incomparabile,

  41 	un giorno però recatosi in una selva lungo il fiume yamunā,
     	il sovrano, percepiva un meraviglioso profumo incomparabile,

  42 	e cercando la fonte di quello si aggirava dappertutto,
     	e allora vide una fanciulla dei pescatori, dalle divine forme,

  43 	e vedendo quella vergine dai neri occhi, le chiedeva:
     	“ di chi sei tu e chi sei? e cosa fai o timida?”

  44 	ella diceva: “io sono una figlia di pescatori, e secondo il dharma conduco la barca,
     	per ordine del padre, che è i re dei pescatori grand'anima, fortuna sia a te.”

  45 	vedendola di fattezze divine e dotata di dolci e soavi profumi,
     	il re Śaṃtanu prese a desiderare la figlia dei pescatori,

  46 	e raggiunto il padre di lei la sceglieva in moglie allora,
     	e la chiedeva per sé al padre di lei,

  47 	ma il re dei pescatori rispondeva al sovrano:
     	“ fin dalla sua nascita di dare questa bella secondo la sua scelta,
     	ebbi in cuore il desiderio, questo sappilo o signore di genti,

  48 	se tu innamorato questa in moglie secondo il dharma chiedi, o senza-macchia,
     	tu che sei sincero, fai dunque con me sinceramente un accordo,

  49 	e secondo l'accordo io ti darò questa fanciulla o sovrano,
     	nessun'altro sarà migliore o anche pari a te per me.”

  50 	Śaṃtanu disse:
     	“ udita cosa chiedi o pescatore, io accetterò o meno
     	il matrimonio, io non ti darò nulla che sia improprio.”

  51 	il pescatore disse:
     	“ il figlio che da lei nasca, re, e sovrano della terra,
     	sia da te consacrato, e nessun altro o signore della terra.”

  52 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	non volle Śaṃtanu dare quel dono al pescatore,
     	anche essendo fortemente preoccupato per il proprio figlio, o bhārata,

  53 	il sovrano pensava allora alla figlia del pescatore,
     	ritornava allora ad hāstinapura, con la mente scossa dal dolore,

  54 	quindi un giorno il figlio Devavrata vedendo Śaṃtanu pensieroso
     	e dolente, avvicinatosi al padre le parole gli diceva:

  55 	“ ovunque signore vi è la tua pace, sottomessi sono tutti i principi,
     	dunque per quale motivo qui in ogni momento soffri dolente?
     	e immerso nei tuoi pensieri, perché o re non dici nulla?”

  56 	così richiesto dal figlio Śaṃtanu rispondeva:
     	“ senza dubbio io sono immerso nei pensieri e sono dolente,

  57 	tu sei l'unica prole della nostra grande famiglia o bhārata,
     	e quindi per l'impermanenza dei mortali io mi dolgo figlio mio,

  58 	con la tua fine o figlio di Gaṅgā non vi sarebbe più la nostra stirpe,
     	senza dubbio tu da solo sei meglio di cento figli,

  59 	e io pure facilmente sono incapace di prender di nuovo moglie 
     	per il solo desiderio che non finisca la stirpe, fortuna sia a te,
     	un solo figlio è come non aver figli, così dicono i sapienti del dharma,

  60 	l'agnihotra, i tre veda, il sacrificio con le sue dakṣiṇa,
     	tutti questi non valgono una singola sedicesima parte della prole,

  61 	così è tra gli uomini e pure tra tutte le creature,
     	quanto vale la prole, o saggissimo, qui io non ho dubbi,
     	tanto la triplice scienza e l'eternità dei supremi purāṇa,

  62 	tu sei un guerriero sempre ardente, e sempre dedito alle armi, o bhārata,
     	in nessun modo può avvenire la tua morte con armi in pugno o senza-macchia,

  63 	io sono preso solo dal dubbio che in te vi sia qualche pace,
     	dunque è a ragione di te, senza dubbio, che io sono dolente.” 

  64 	quindi saputa l'intera causa completamente, 
     	Devavrata grande saggio, se ne andava pensieroso,

  65 	allora si recava rapido dal più anziano dei ministri del padre,
     	e a lui chiedeva avvicinatolo, la causa del dolore del padre,

  66 	e a quel principe dei kuru egli rispondeva con sincerità,
     	e raccontava il dono richiesto per la fanciulla o toro dei bhārata,

  67 	allora Devavrata, assieme ai guerrieri anziani,
     	recatoti dal re dei pescatori, chiedeva la fanciulla per il proprio padre,

  68 	il pescatore, lo accoglieva secondo le regole e avendolo onorato,
     	diceva a lui mentre era assiso nell'assemblea regale, o bhārata:

  69 	“ tu sei dunque il giusto aiuto per Śaṃtanu o toro fra gli uomini,
     	il miglior figlio per un padre, dunque quali parole ti posso dire?

  70 	chi, un tale matrimonio lodevole e desiderabile,
     	rifiutando non si dolrebbe, fors'anche il Cento-riti in persona?

  71 	e la prole di quel nobile che è simile a voi per qualità,
     	e del cui splendore, Satyavatī la bella è illuminata,

  72 	per questo o caro da me tuo padre è molto stimato,
     	egli merita fra tutti i re, di sposare Satyavatī o bhārata,

  73 	anche il divino ṛṣi Asita, una volta fu da me respinto,
     	quel supremo ṛṣi era violentemente ardente di sposare Satyavatī,

  74 	come padre della fanciulla che posso dire o toro tra i bhārata,
     	o forte, quale rivalità? qui vedo solo una piccola obiezione, 

  75 	di chi tu sei nemico sia esso gandharva o asura,
     	mai vige felicità essendo tu adirato o distruttore di nemici,

  76 	questa è l'unica obiezione, nessun'altra ve n'è o principe,
     	questo sappi, fortuna sia a te sia, che dai o non dai o uccisore di nemici.”

  77 	così apostrofato il figlio di Gaṅgā a lui propriamente rispondeva: 
     	“ davanti ai principi della terra per amore del padre o bhārata,

  78 	questa mia sincera decisione accogli o migliore dei sinceri,
     	nessuno nato o non nato potrebbe dire una tale cosa,

  79 	quanto tu chiedi io compirò,
      	il figlio che da ella nascerà sarà dunque nostro re.”

  80 	così apostrofato, di nuovo il pescatore a lui rispondeva:
     	“ tu desideri compiere una difficile azione riguardo al regno o toro fra i bhārata,

  81 	tu dunque sei il degno alleato di Śaṃtanu dall'infinito splendore,
     	e invero o anima pia, per dare a lui come marito e signore questa vergine,

  82 	questo discorso che io devo fare fare ascolta o nobile,
     	secondo il dovere di chi ama la figlia, io parlerò o uccisore di nemici,

  83 	quanto in favore di Satyavatī tu o fedele al dharma e alla sincerità,
     	hai promesso davanti ai re, riguarda solo te, 

  84 	in nessun modo o grandi-braccia, qui non vi è alcun dubbio, questo
     	varrebbe per la tua prole, questo qui è il nostro grande dubbio.”

  85 	saputa la sua opinione quel seguace del dharma e della sincerità,
     	desiderando beneficare il padre o re, prometteva allora:

  86 	Devavrata disse:
     	“ o re dei pescatori, ascolta queste mie parole o migliore dei sovrani,
     	che davanti ai signori della terra io pronuncio in favore del padre,

  87 	in quanto al regno a cui prima io già rinunciai,
     	anche per i figli io prendo questa decisione,

  88 	da oggi in avanti io o pescatore praticherò la castità,
     	e dunque per me vi saranno in cielo i mondi eterni dei senza figli.”

  89 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	udite queste sue parole con i peli del corpo ritti per la gioia,
     	il pescatore, anima pia, gli rispondeva: “la darò.” 

  90 	quindi nel cielo le apsaras e gli dèi con le schiere dei ṛṣi,
     	facevano piovere fiori, e dicevano: “terribile (bhīṣma) è questo.”

  91 	quindi in favore del padre egli diceva alla splendida fanciulla:
     	“sali sul carro o madre, noi due andremo nella nostra casa.”

  92 	così avendo parlato Bhīṣma messa sul carro la damigella,
     	tornato ad hāstinapura, ne informava Śaṃtanu,

  93 	e questa sua difficile impresa approvavano i sovrani,
     	e tutti e ciascuno allora dicevano: “questo è bhīṣma.”

  94 	e Śaṃtanu veduta l'ardua azione fatta dal figlio Bhīṣma,
     	di morire quando voleva a lui diede il dono il soddisfatto padre.


     
                              XCV

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	quindi celebrato il matrimonio, il re, il sovrano Śaṃtanu.
     	quella bellissima fanciulla conduceva nella sua casa,

   2 	quindi un figlio di Śaṃtanu da Satyavatī nasceva
     	il valoroso Citrāṅgada di nome, per valore superiore agli umani,

   3 	e poi un'altro grande arciere potente di nuovo con Satyavatī,
     	generava, il valente re Vicitravīrya,

   4 	non avendo costui ancora raggiunto la giovinezza o toro tra i bhārata,
     	il saggio re Śaṃtanu andava incontro al momento della morte,

   5 	e andato in cielo Śaṃtanu, Bhīṣma metteva sul trono Citrāṅgada,
     	uccisore di nemici, fermo nella promessa a Satyavatī,

   6 	e Citrāṅgada per eroismo batteva tutti i principi,
     	e pensava che non vi fosse uomo pari a sé stesso,

   7 	e lui che batteva dèi, uomini e asura,
     	fu attaccato dal forte, re dei gandharva che aveva lo stesso nome,
     	con lui sorse una grandissima battaglia a kurukṣetra,

   8 	tra i i due fortissimi, tra il gandharva e il principe kuru,
     	sulle rive del fiume hiraṇyavatī vi fu una battaglia di tre giorni,

   9 	essendo il duello incerto tumultuoso per la pioggia di armi,
     	usando la sua māyā il gandharva uccideva l'eroe, il migliore dei kuru,

  10 	e avendo condotto alla morte Citrāṅgada il migliore dei kuru,
     	dalle molte frecce nell'arco, il gandharva se ne andava in cielo,

  11 	essendo stato ucciso quello splendido uomo, tigre fra i re,
     	Bhīṣma, il figlio di Śaṃtanu o re, celebrava i riti funebri,

  12 	e allora consacrava Vicitravīrya ancora fanciullo prima della giovinezza,
     	immediatamente sul trono dei kuru, quel grandi-braccia,

  13 	Vicitravīrya seguendo i consigli di Bhīṣma allora,
     	governava o grande re l'ancestrale eredità paterna,

  14 	il sovrano esperto d'armi e del dharma onorava Bhīṣma,
     	il figlio di Śaṃtanu secondo il dharma e lo rispettava.


     
                              XCVI

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	morto dunque Citrāṅgada il giovane fratello, Bhīṣma o senza macchia,
     	proteggeva il regno seguendo i consigli di Satyavatī,

   2 	e veduto che il fratello, quel migliore dei saggi ebbe raggiunto la giovinezza,
     	Bhīṣma pose mente al matrimonio di Vicitravīrya,

   3 	e Bhīṣma udiva che le tre figlie del re dei kāśi, belle come apsaras,
     	insieme o re sceglievano marito in uno svayaṁvara,

   4 	quindi il migliore dei guerrieri, con un solo carro e indossando l'armatura,
     	partiva col permesso della madre verso la città di vārāṇasī,

   5 	là Bhīṣma vide riuniti i re giunti da ogni luogo,
     	e pure le fanciulle vedeva il rampollo di Śaṃtanu,

   6 	e davanti a quelle migliaia di sovrani dai celebri nomi,
     	Bhīṣma quel potente, da sé prendeva quelle fanciulle,

   7 	e diceva o re, a tutti quei sovrani con voce tonante,
     	Bhīṣma il migliore dei combattenti, avendo posto sul carro le fanciulle: 

   8 	“ ai saggi di qualità si sa, che si deve donare le fanciulle,   
     	adornandole secondo possibilità e fornendole di ricchezza,

   9 	altri offrono la fanciulla per una coppia di vacche,
     	altri con una somma stabilita, altri con la forza, o col consenso,

  10 	altri ubriacandola la prendono, altri ancora la trovano da sé,
     	l'ottava forma di matrimonio è stabilita per i saggi,

  11 	le stirpi reali invece, proclamano lo svayaṁvara e si uniscono,
     	ma i sapienti del dharma dicono che è meglio assalendo rapire la sposa,

  12 	queste dunque o principi della terra, io voglio prendere con la forza,
     	voi impegnatevi contro l'avversario come potete, per la vittoria o la sconfitta,
     	io sono fermo nella decisione o principi della terra, di combattere.”

  13 	così avendo parlato ai signori della terra, e al re dei kāśi, quel valente,
     	tutte le fanciulle il kaurava sul proprio carro faceva salire,
     	avendo questi sfidato si avvicinava rapido afferrando le fanciulle,

  14 	quindi tutti i principi si alzarono irati, 
     	battendosi le braccia e mordendosi le labbra,

  15 	velocemente togliendosi gli ornamenti, tra costoro
     	che indossavano le armature sorgeva una grande confusione,

  16 	e quasi v'era un cozzare l'un l'altro di questi salvatori o Janamejaya,
     	e delle loro bellissime decorate armature dappertutto,

  17 	e con le loro decorate corazze e grandemente splendenti
     	apparivano allora irati cogli occhi strabuzzati e dominati dalla passione,

  18 	cogli auriga pronti e i bei cavalli aggiogati al timone,
     	saliti sui carri quegli eroi, armati di tutto punto,
     	inseguivano levate le armi, il solo kaurava andato via,

  19 	quindi sorgeva una battaglia tra lui e loro o bhārata,
     	di uno solo contro molti, tumultuosa da far rizzare i capelli,

  20 	essi decine di migliaia di frecce insieme, scagliavano a lui,
     	e senza esserne colpito, Bhīṣma tutte rapidamente le intercettava,

  21 	allora tutti i principi da ogni parte lo circondarono,
     	e lo sommergevano con una pioggia di frecce, come pioggia di nuvole montane,

  22 	egli con le proprie frecce riparandosi completamente dalla pioggia di dardi,
     	allora tutti i sovrani contrattaccava ciascuno con tre frecce,

  23 	e abbatteva rapidamente altri uomini che combattevano sui carri,
     	e difendendo sé stesso nella battaglia era onorato anche dai nemici,

  24 	quell'esperto di tutte le armi, sconfitti quelli in battaglia,
     	assieme alle fanciulle il bhārata partiva verso i bhārata,

  25 	allora o re, il re dei śālva grande guerriero, inseguendolo,
     	quel grand'anima, attaccava battaglia con Bhīṣma il figlio di Śaṃtanu,

  26 	e lo colpiva come un capobranco un altro elefante con le zanne,
     	vicino ad una femmina in calore, quel migliore dei forti,

  27 	per desiderio della donna gridava a Bhīṣma: “fermati! fermati!” il principe,
     	il re dei śālva grandi-braccia, soverchiato dalla furia,

  28 	allora Bhīṣma tigre fra gli uomini, disturbato dalla forza del nemico,
     	sorpreso da quel comando, accendendosi come fuoco senza fumo,

  29 	aderendo al dharma kṣatriya, senza paura componendosi,
     	girava il carro quel grande guerriero contro il śālva,

  30 	e vedendolo tornare tutti quei re, 
     	guardavano avvicinandosi lo scontro tra il śālva e Bhīṣma,

  31 	da vicino quei due forti, urlando come due tori muggenti,
     	si assalirono l'un l'altro, entrambi dotati di forza e coraggio,

  32 	quindi il re dei śālva quel migliore dei sovrani, con centomila frecce
     	veloci, innondava Bhīṣma figlio di Śaṃtanu, 

  33 	i sovrani vedendo Bhīṣma pressato dal śālva,
     	alquanto ne furono meravigliati e gridavano: “bravo! bravo!”

  34 	e vedendo la sua velocità nel combattimento tutti quei principi,
     	gioiosi quei sovrani onoravano con molte parole il śālva,

  35 	udite le parole di quegli kṣatriya allora il conquistatore di città nemiche,
     	Bhīṣma il figlio di Śaṃtanu, irato diceva: “fermati! fermati! “

  36 	e furioso diceva al suo auriga: “vai dove quel sovrano,
     	si trova, io ora lo attacco come il re degli uccelli fa con un serpente.”

  37 	quindi il kaurava bene incoccava l'arma detta vāruṇa,
     	e con quella uccideva i quattro cavalli del re dei śālva o sovrano di uomini,

  38 	e con le proprie frecce difendendosi da quelle del re dei śālva, il kaurava,
     	Bhīṣma, o tigre fra i sovrani, uccideva il suo auriga,
     	e con una sola freccia uccideva pure i suoi ottimi destrieri,

  39 	e allora Bhīṣma figlio di Śaṃtanu, il migliore dei sovrani, per quelle fanciulle 
     	avendo vinto, abbandonava quell'ottimo sovrano ormai sconfitto,
     	quindi il śālva se ne tornava alla propria città o toro tra i bhārata,

  40 	e i re che là erano giunti per partecipare allo svayaṁvara,
     	partirono pure per i propri reami o vincitore di città nemiche,

  41 	così avendo conquistato quelle fanciulle, Bhīṣma, il migliore dei combattenti,
     	partiva verso hāstinapura dove c'era il re dei kuru,

  42 	egli in breve tempo o sovrano di uomini, attraversava
     	volando, foreste e montagne dai molti alberi,

  43 	avendo indenne, colpito i nemici in battaglia, quel prode oltre misura,
     	conduceva le figlie del re dei kāśi, quel figlio della fiumana,

  44 	come nuore quell'anima pia, o come splendide sorelle,
     	come fossero figlie avendole prese giungeva dai kuru,

  45 	Bhīṣma, tutte quelle, piene di qualità, al fratello minore,
     	Vicitravīrya, il fratello consegnava dopo averle prese con valore,

  46 	compiuta nel dharma dei virtuosi, lui, sapiente del dharma una sovrumana impresa,
     	il matrimonio del fratello Vicitravīrya preparava
     	quall'anima controllata, avendo fatto accordo con Satyavatī,

  47 	una figlia del re dei kāśi a Bhīṣma che stava preparando il matrimonio.
     	diceva la maggiore di esse, quella virtuosa queste parole:

  48 	“ io scelsi un tempo, come marito il re di saubha,
     	e lui pure scelse me allora, e questo è il desiderio di mio padre,

  49 	e io dovevo scegliere il śālva durante lo svayaṁvara,
     	ciò avendo saputo o sapiente del dharma, agisci secondo il dharma.”

  50 	così apostrofato da quella fanciulla nell'assemblea, Bhīṣma, 
     	pensava qualcosa che fosse appropriata all'agire, quell'eroe,

  51 	quel sapiente del dharma presa una decisione con i brahmani istruiti nei veda,
     	acconsentiva allora alla richiesta di Ambā la maggiore delle figlie del re dei kāśi,

  52 	e le due mogli Ambikā e Ambālika offriva al fratello minore,
     	a Vicitravīrya Bhīṣma, con atto prescritto dalle regole,

  53 	delle due presa la mano Vicitravīrya giovane e bello,
     	anima pia, cadde nella passione amorosa,

  54 	le due erano alte e scure coi capelli neri e ricci,
     	con delle lunghe unghie rosse con seni e natiche prominenti,

  55 	e avendo accertato che avevano ottenuto un marito bello come loro,
     	il nobile Vicitravīrya onoravano quelle due,

  56 	egli era bello come gli aśvin, valoroso come un dio,
     	e tormentava la mente e i cuori di tutte le donne,

  57 	insieme a loro due sette anni passava il sovrano
     	Vicitravīrya, rapidamente cadeva in consunzione,

  58 	e con gli sforzi degli amici assieme a capaci medici,
     	precipitava il kaurava, come un sole morente nella dimora di Yama,

  59 	tutti i riti funebri rettamente compiva per il
     	re Vicitravīrya, d'accordo con Satyavatī, Bhīṣma,
     	assieme ai sacerdoti e a tutti i migliori fra i kuru.


     
                              XCVII

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	quindi Satyavatī afflitta e triste, per la mancanza del figlio,
     	compiuti del figlio i riti funebri assieme alle due nuore o bhārata,

   2 	quella gentildonna, al dharma paterno e materno,
     	guardando, l'illustrissima le parole diceva al figlio di Gaṅgā:

   3 	“ in te ora sta la fama, la continuità delle stirpe e l'offerta agli avi,
     	del glorioso kaurava, Śaṃtanu sempre fermo nel dharma,

   4 	come è certo l'andare in paradiso per chi compie buone azioni,
     	come è sicura la vita nella verità così in te il dharma è certo,

   5 	tu conosci il dharma in esteso e in succinto o sapiente del dharma,
     	tu conosci ogni tradizione e tu conosci i veda interamente,

   6 	e io riconosco in te fermezza nel dharma e cura della famiglia,
     	e l'intelligenza nelle avversità come quella di Śukra e Aṅgiras,

   7 	perciò ritrovando in te la virilità o migliore dei sostenitori del dharma, 
     	ad un compito io ti lego, ascolta quanto tu devi fare,

   8 	mio figlio il tuo amato e valoroso fratello,
     	ancor giovane è andato in cielo, senza prole o toro fra gli uomini,

   9 	queste due mogli di tuo fratello, le belle figlie del re dei kāśi,
     	piene di bellezza e gioventù, desiderose di figli o bhārata,

  10 	con loro due genera la prole per la continuità della nostra famiglia,
     	per mio desiderio o illustre, tu devi compiere questo dharma,

  11 	che nel regno tu sia consacrato, e governa i bhārata,
     	e prendi secondo il dharma le mogli, non far sprofondare gli antenati.”

  12 	così apostrofato dalla madre e dagli amici quell'uccisore di nemici,
     	quell'anima pia, rispondeva queste giuste e supreme parole:

  13 	“ senza dubbio un altro dharma o madre tu hai in mente,
     	tu conosci la mia precedente promessa di non aver figli,

  14 	e sai come questa fu fatta come prezzo del tuo matrimonio,
     	e questa promessa o Satyavatī io sinceramente di nuovo confermo,

  15 	io rinuncerei piuttosto al trimundio o al regno degli dèi,
     	e a quanto a queste due cose sia superiore, ma mai alla verità,

  16 	i profumi abbandonino la terra, e le acque il loro gusto,
     	il luminoso rinunci alla bellezza e Vāyu abbandoni l'aria,

  17 	il lampo rinunci allo splendore, e i fuoco fumoso al calore,
     	l'etere rinunci al suono, e la luna abbandoni i suoi freddi raggi,

  18 	l'uccisore di Vṛtra rinunci al coraggio, e il re Dharma abbandoni il dharma,
     	ma io in nessun modo mi risolverei a rinunciare alla verità.”

  19 	così apostrofata dal figlio, splendido di molte doti, 
     	la madre Satyavatī diceva di seguito a Bhīṣma:

  20 	"conosco la tua suprema fermezza nella verità o strenuamente sincero,
     	volendo tu,  puoi creare altri tre mondi, colla tua energia,

  21 	conosco la sincerità che tu hai mostrato nei miei confronti,
     	nella sventura guarda al dharma, sostieni il fardello degli antenati,

  22 	e quando tu sia il comtinuatore della stirpe, il dharma non può perire,
     	e gli amici si rallegreranno, in questo modo agisci o distruttore di nemici.”

  23 	a lei che così si lamentava triste per la mancanza del figlio,
     	e lei che parlava lontana dal dharma, Bhīṣma di nuovo questo diceva:

  24 	“ o regina, guarda al dharma, non far perire noi tutti,
     	la deviazione dalla verità non è degna del dharma degli kṣatriya,

  25 	anche la stirpe di Śaṃtanu come possa non perire sulla terra,
     	io a questo guarderò, secondo il dharma eterno degli kṣatriya,

  26 	avendo questo udito consùltati coi sapienti sacerdoti,
     	esperti del dharma nelle sventure, e guardando al corso del mondo.”



     
                              XCVIII

   1 	Bhīṣma disse:*
     	“ da Rāma figlio di Jamadagni, finché non perdonava l'uccisione del padre,
     	da lui furioso, fu ucciso o illustrissima, il sovrano degli haihaya,
     	e tagliate le mille braccia di quell'Arjuna,

   2 	di nuovo impugnato l'arco, grandi frecce scagliava,
     	distruggendo ripetutamente gli kṣatriya e conquistando la terra sul carro,

   3 	in questo modo quel bhṛguide grand'anima, con frecce varie,
     	per ventun volte aveva fatto la terra allora, priva di kṣatriya,

   4 	quindi nell'unione ovunque con le donne kṣatriya,
     	da parte di brahmani dall'anima controllata, risorsero i loro figli,

   5 	nella discendenza del padre, così sanciscono i veda,
     	avendo in mente il dharma esse si unirono ai brahmani,
     	e così nel mondo si vide frequentemente la nascita degli kṣatriya,

   6 	un tempo vi era un saggio ṛṣi di nome Utathya,
     	costui aveva una moglie di nome Mamatā supremamente onorata,

   7 	il fratello più giovane di Utathya era il purohita dei celesti,
     	Bṛhaspati, dall'enorme splendore, ed egli s'invaghiva di Mamatā,

   8 	Mamatā però a lui diceva al cognato, a quel migliore dei parlanti:
     	' io sono incinta per l'amore di tuo fratello maggiore,

   9 	questo, nel mio ventre o glorioso Bṛhaspati,
     	il figlio di Utathya qui studia i veda coi vedāṅga,

  10 	invano il tuo seme quindi tu dovrai spargere,
     	perciò stando così le cose, tu ora devi rinunciare.'

  11 	così giustamente apostrofato da lei il potente Bṛhaspati,
     	quella sua passione non era in grado di controllare,

  12 	si congiungeva quindi bramoso con lei che non voleva,
     	e a lui che eiaculava il suo seme, il feto diceva allora:

  13 	' o padre, io ti dico che qui non vi è abbastanza spazio per due,
     	vano è dunque il tuo seme, o signore, io qui prima sono entrato.'

  14 	così apostrofato allora irato, Bṛhaspati quel venerabile ṛṣi malediva
     	il figlio di Utathya, ancora nel ventre, maltrattandolo, 

  15 	' poiché tu in un momento tale che tutti gli esseri desiderano,
     	così parlasti, allora in una perpetua tenebra entrerai.'

  16 	quel ṛṣi col nome di Dīrghatamas nacque per la maledizione 
     	del celebrato Bṛhaspati, ma splendido come lo stesso Bṛhaspati,

  17 	egli generava figli di grande potere a cominciare da Gautama,
     	per la continuazione e crescita della stirpe del ṛṣi Utathya,

  18 	soverchiati dalla cupidigia i suoi figli a cominciare da Gautama,
     	messolo in una bara di legno lo gettavano nella Gaṅgā,

  19 	' che non si debba mantenere uno vecchio e cieco.' così essi,
     	pensando quei crudeli se ne tornarono a casa,

  20 	ma il ṛṣi galleggiando lungo la corrente, o re,
     	molti luoghi percorreva il cieco con la sua zattera,

  21 	finchè fu visto da un re di nome Bali, esperto di ogni dharma,
     	che era andato alle sue abluzioni, portato vicino dalla corrente,

  22 	e Bali, anima pia, dal sincero coraggio lo afferrava,
     	e conosciutolo, lo scelse come mezzo di figliolanza o toro fra gli uomini,

  23 	' per la mia discendenza o illustrissimo, con le mie mogli o onorevole,
     	dei figli esperti nel dharma e nell'artha, tu devi generare.'

  24 	così richiesto quello splendido ṛṣi gli rispondeva di si,
     	e il re allora gli mandava sua moglie Sudeṣṇā,

  25 	ma la regina pensando che era cieco e vecchio, non vi andava,
     	ma una sua nutrice a quel vecchio mandava allora,

  26 	in quel grembo di śūdra quel controllato ṛṣi cominciando da Kākṣivat,
     	quell'anima pia generava undici figli,

  27 	quei figli a cominciare da Kākṣivat tutti studiosi vedendo,
     	il re diceva al ṛṣi allora 'sono miei?' così quel valoroso,

  28 	'no' gli rispondeva il grande ṛṣi dicendo: 'sono miei,
     	in un grembo di śūdra questi da me generati a cominciare da Kākṣivat,

  29 	pensando che ero vecchio e cieco tua moglie Sudeṣṇā,
     	dispregiandomi quella sciocca, mi diede una sua nutrice śūdra.'

  30 	quindi quell'ottimo re di nuovo se lo propiziava,
     	e di nuovo la moglie Sudeṣṇa mandava a lui,

  31 	Dīrghatamas, le membra toccandole, diceva alla regina:
     	'nascerà da te un principe splendido e sincero.'

  32 	quindi da Sudeṣṇā nasceva un re ṛṣi di nome Aṅga,
     	così altri grandi guerrieri kṣatriya da brahmani, sulla terra

  33 	sono nati, valorosi, fortissimi e sapienti del supremo dharma,
     	questo avendo saputo anche tu, madre, ora agisci come meglio desideri.”


     
                              XCIX

   1 	Bhīṣma disse:
     	“ di nuovo il modo di continuare e aumentare la stirpe di Bharata
     	ti dirò o madre secondo tradizione, ascolta questo mio discorso,

   2 	un brahmano di grandi doti, col denaro sia invitato,
     	a far nascere dei figli con le mogli di Vicitravīrya.”

   3 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	allora Satyavatī seguendo le parole di Bhīṣma,
     	quasi ridendo con vergogna, queste parole disse:

   4 	“ è vero o gradi-braccia, quanto tu dici, o bhārata,
     	io ora in confidenza ti parlerò per la continuazione della stirpe,
     	tu non devi rifiutare questa idea in una tale difficoltà,

   5 	tu sei il dharma della nostra famiglia, tu la verità, tu il supremo rifugio,
     	perciò ascoltate le mie parole agisci di conseguenza,

   6 	mio padre fermo nel dharma aveva una barca o anima pia,
     	un giorno io in quella essendo, ancora appena adolescente,

   7 	il migliore dei sostenitori del dharma il supremo ṛṣi Parāśara,
     	giungeva alla barca quel saggio per attraversare la fiumana Yamunā,

   8 	egli mentre attraverasava la Yamunā avvicinandosi mi parlava allora
     	mellifluamente quel migliore dei muni, e con molta dolcezza, preso da passione,

   9 	io allora timorosa della sua maledizione, e pure timorosa del padre o bhārata,
     	e con rari doni invitata, non osai rifiutare,

  10 	e avendomi sottomessa ancora fanciulla mi prese in suo potere,
     	e coperta di tenebre il luogo e anche me che ero sulla barca o bhārata,

  11 	e il grande odore di pesce che io prima avevo disgustoso,
     	togliendomi, mi donava questo soave profumo quel muni,

  12 	quindi il muni mi diceva: ' partorito mio figlio,
     	su un'isola di questo fiume, di nuovo vergine tornerai.'

  13 	quel figlio di Parāśara, divenne un grande yogin e un grande ṛṣi,
     	e quel mio figlio da fanciulla, un tempo fu conosciuto come il dvaipāyana,

  14 	quel venerabile ṛṣi con suo tapas ordinava i quattro veda,
     	e al mondo ottenne il nome di Vyāsa e per la pelle scura quello di Kṛṣṇa,

  15 	egli di parola sincera, asceta di pace interiore, avendo distrutto ogni colpa,
     	invitato da me e apertamente da te, o infinito splendore,
     	con le mogli di tuo fratello una nobile discendenza genererà,

  16 	egli mi disse allora: 'chiamani con la mente per qualsiasi scopo.'
     	io lo richiamerò in mente o grandi-braccia, se tu lo vuoi,

  17 	e col tuo permesso o Bhīṣma, quel grande asceta sarà invitato,
     	produrrà dei figli con le mogli di Vicitravīrya.”

  18 	alla menzione di quel grande ṛṣi Bhīṣma a mani giunte diceva:
     	“chi conosce queste tre cose: il dharma, l'artha e il kāma,

  19 	l'artha nelle sue connessioni, e il dharma nelle sue connessioni,
     	e il kāma nelle sue connessioni, e i mali di ciascuno di essi,
     	chi nella mente rettamente li medita e li mette in ordine, è un saggio,

  20 	perciò questo che è secondo il dharma è pure un beneficio per la stirpe,
     	quanto tu hai detto è la cosa migliore e supremamente mi piace.”

  21 	quindi questo essendo approvato da Bhīṣma o rampollo dei kuru,
     	Kālī richiamava alla mente il muni Kṛṣṇa il dvaipāyana,

  22 	quel saggio mentre recitava i veda si accorse del pensiero della madre,
     	e in un istante, in segreto appariva a lei o rampollo dei kuru,

  23 	a suo figlio portò gli onori secondo le regole,
     	e con le braccia abbracciandolo e bagnandolo di lacrime,
     	piangeva le sue lacrime la figlia del pescatore, vedendo il figlio dopo molto tempo,

  24 	quel grande ṛṣi spruzzando di acqua la madre oppressa e salutatala,
     	il figlio primogenito Vyāsa alla madre le parole diceva:

  25 	“ quanto tu desideri io sono venuto  a fare,
     	istruiscimi dunque o sapiente del vero dharma, e io agirò nel tuo bene.”

  26 	al grande ṛṣi allora conferiva l'onore di essere il purohita,
     	ed egli accettava secondo le regole con gli appropriati mantra,

  27 	la madre a lui seduto avendo chiesto della salute,
     	Satyavatī, scrutandolo, di seguito a lui diceva:

  28 	“ i figli comunemente sono generati da padre e madre, o savio,
     	e di loro tanto il padre che la madre sono senza dubbio i signori,

  29 	e come tu dal creatore fosti stabilito mio figlio primogenito,
     	così Vicitravīrya o ṛṣi brahmano, è mio figlio più giovane,

  30 	e tanto Bhīṣma per padre quanto tu per madre,
     	fratelli siete di Vicitravīrya, o cosa ne pensi o figlio?

  31 	il figlio di Śaṃtanu mantenendosi nella verità, quel valorosamente sincero,
     	non pone mente a fare figli né a governare il regno,

  32 	tu dunque, in considerazione del fratello e per la continuazione della stirpe,
     	e per consiglio di Bhīṣma e per mio desiderio o senza-macchia,

  33 	e per la tua compassione e protezione di tutti gli esseri,
     	quanto io ti dico con favore, tu uditolo, devi compiere,

  34 	le due mogli di tuo fratello minore, sono simili a figlie divine,
     	dotate di bellezza e giovinezza, desiderose di figli secondo il dharma,

  35 	con queste due, tu o figlio mio, devi generare la discendenza,
     	appropriata a questa famiglia, e per la continuazione della casata.”

  36 	Vyāsa disse:
     	“ tu conosci o Satyavatī il dharma proprio e l'altrui,
     	e poiché secondo il dharma o sapiente del dharma, è il desiderio richiesto,

  37 	allora io per tuo ordine, guardando alla causa del dharma,
     	quanto tu desideri compirò, ciò avendo visto anche nel passato,

  38 	io genererò dei figli del fratello simili a Mitra e Varuṇa,
     	le due regine devono compiere però il voto che io stabilisco,

  39 	per un anno secondo le regole, e diventino purificate, 
     	nessuna donna si accosti a me senza aver compiuto il voto.”

  40 	Satyavatī disse:
     	“ oggi stesso compi quanto occorre a che la regina abbia un figlio,
     	nei regni senza re, non vi è né pioggia né divinità,

  41 	come può essere amministrato un regno senza re o potente?
     	perciò tu semina un figlio, e Bhīṣma lo alleverà.”

  42 	Vyāsa disse:
     	“ se un figlio io devo generare immediatamente,
     	il supremo voto per lei sarà l'unirsi con la mia bruttezza,

  43 	se di me sopporterà l'odore, l'aspetto, la veste e il corpo,
     	oggi stesso la figlia di Kausalyā, concepirà un eccellente bambino.”

  44 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	apprestandosi al coito quel muni scompariva,
     	allora avvicinata la nuora, la regina incontratala in segreto,
     	le diceva questo discorso utile al dharma e all'artha:

  45 	“ o figlia di Kausalyā, quanto di saldo nel dharma io ti dirò ascolta bene,
     	l'annichilamento dei bhārata appare, nella distruzione della mia fortuna

  46 	gurdando alla mia agitazione e alla famiglia paterna interrotta,
     	Bhīṣma mi diede un consiglio per la continuazione del dharma,

  47 	e questo consiglio io so che dipende da te o figlia mia,
     	tu devi risollevare la discendenza interrotta dei bhārata,

  48 	genera un figlio o belle-natiche, che abbia lo splendore del re degli dèi,
     	egli così reggerà il pesante governo del regno della nostra famiglia.”

  49 	ella dunque, avendola convinta a praticare quel dharma,
     	andava a nutrire i brahmani e i ṛṣi divini ospitati.


     
                              C

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	quindi a tempo debito, Satyavatī avendo purificato la nuora,
     	facendola coricare nel letto dolcemente le parole le disse:

   2 	“ o  figlia di Kausalyā, tu ora hai un cognato che verrà a congiungersi con te,
     	attentamente tu attendilo, egli verrà a mezzanotte.”

   3 	giacendo sullo splendido letto avendo udite le parole della suocera,
     	ella pensava allora a Bhīṣma e ad altri tori tra i kuru,

   4 	quindi quel ṛṣi dalla sincera parola per primo si congiunse con Ambikā,
     	con delle lanterne accese egli entrava nel letto,

   5 	le brune crocchie di Kṛṣṇa e gli occhi di fuoco,
     	vedendo e i suoi scuri baffi, la regina chiudeva gli occhi,

   6 	a lui si univa nella notte per compiacere la madre,
     	ma per la paura, la figlia del re dei kāśi non osava guardarlo.

   7 	quindi la madre incontrando il figlio che usciva gli disse:
     	“ da lei dunque o figlio mio, un principe pieno di qualità nascerà?”

   8 	Vyāsa quel supremo saggio, udita la domanda della madre,
     	col suo senso interiore acquisito dal modo di vivere rispondeva:

   9 	" con l'energia di cento elefanti, sapiente, il migliore dei re ṛṣi,
     	glorioso, dal grande valore, e dal grande intelletto egli sarà,

  10 	e lui pure avrà cento figli di grande forza,
     	ma per la colpa della madre egli sarà cieco.”

  11 	la madre udite le sue parole diceva al figlio:
     	“ un cieco non è adatto ad essere il sovrano dei kuru o ricco in tapas,

  12 	né il protettore dei parenti e il continuatore della stirpe, 
     	du devi darci un secondo re per la continuazione dei kuru.”

  13 	il grande asceta di si rispondendo, se ne andava,
     	quindi a tempo debito la  figlia di Kausalyā partoriva un figlio cieco.

  14 	di nuovo dunque parlando alla nuora la regina 
     	la virtuosa Satyavatī invitava il ṛṣi come prima,

  15 	quindi dietro quell'invito il grande ṛṣi si recava da 
     	Ambālikā, ed ella pure vedendo il ṛṣi si impauriva,
     	e scossa divenne pallida a vedersi o bhārata,

  16 	quella impaurita divenuta pallida in viso o sovrano, scorgendo,
     	Vyāsa il figlio di Satyavatī queste parole diceva:

  17 	“poiche sei impallidita vedendo la mia bruttezza,
     	allora pure tuo figlio sarà pallido,

  18 	e pure di nome egli sarà Pāṇḍu quaggiù o bellissima.”
     	così avendo parlato usciva il venerabile supremo ṛṣi,

  19 	e vedendolo uscire Satyavatī interrogava il figlio,
     	e ancora egli raccontava alla madre del pallore del bambino,

  20 	e la madre di nuovo gli chiedeva un altro figlio,
     	e il grande ṛṣi alla madre rispondeva di si,

  21 	quindi la regina al tempo debito partoriva un fanciullo,
     	pallido come segno distintivo, e acceso di bellezza,
     	da lui nacquero dei figli grandi guerrieri, i cinque pāṇḍava,

  22 	giunto il momento a lui mandava la nuora più anziana,
     	ella però ricordando l'aspetto e l'odore del grande ṛṣi, 
     	quella splendida come una divina fanciulla non obbediva all'ordine della regina,

  23 	ma coi propri ornamenti avendo adornato una schiava simile ad una apsaras,
     	la figlia del re dei kāśi allora la mandava a Kṛṣṇa,

  24 	la schiava raggiuto il ṛṣi, dopo averlo avvicinato lo riveriva,
     	e unitosi a lui col suo permesso, bellamente lo serviva,

  25 	e il ṛṣi molto contento fu del godimento dell'amore con lei,
     	e assieme a lei per la soddifazione rimaneva tutta la notte,

  26 	e alzandosi le diceva: “la libertà acquisterai
     	e nel tuo grembo un figlio fortunato è giunto,
     	al mondo egli sarà un'anima giusta, il migliore di tutti i saggi.”

  27 	e nacque col nome di Vidura, quel figlio di Kṛṣṇa il dvaipāyana,
     	dall'incommensurabile intelletto quel fratello di Dhṛtarāṣṭra e di Pāṇḍu, 

  28 	Dharma stesso nel corpo di Vidura per la maledizione di Māṇḍavya,
     	grand'anima, sapiente del vero e dell'artha, libero da ira e disideri.

  29 	liberatosi del proprio impegno, di nuovo incontrata la madre,
     	la informava del nuovo pargolo e quindi scompariva,

  30 	e così dalle mogli di Vicitravīrya, pure dal dvaipāyana 
     	nacquero, splendidi come figli divini i continuatori della stirpe dei kuru.


     
                              CI

   1 	Janamejaya disse:
     	“ che fece Dharma per cui meritò la maledizione,
     	e da chi fu maledetto o ṛṣi brahmano e nacque in un grembo di śūdra?”

   2 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	vi era un certo brahmano conosciuto col nome di Māṇḍavya
     	di grande fermezza, sapiente di ogni dharma, e fermo nella verità e nel tapas,

   3 	quel grande asceta ai piedi di un albero sulla porta del suo āśrama,
     	tenendo un braccio in alto, se ne stava immerso nel voto di silenzio,

   4 	essendo lui a lungo fermo in quel grande tapas,
     	alcuni dasyu, ladri e briganti avendo raggiunto l'āśrama,
     	inseguiti da molte guardie o toro fra i bhārata,

   5 	essi il bottino nascosero nella sua abitazione o migliore dei kuru,
     	e poi si nascosero per la paura essendo inseguiti da vicino dall'esercito,

   6 	nelle loro vicinanze essendo allora la veloce schiera delle guardie,
     	giungeva allora e gli inseguitori dei ladri scorgevano quel ṛṣi,

   7 	e circondandolo interrogavano quel ricco in tapas:
     	“ in quale via sono andati i dasyu o migliore dei ri-nati?
     	non li inseguiremo rapidissimamente per quella strada.”

   8 	ma quel ricco in tapas a quelle guardie che gli parlavano,
     	non diceva alcuna parola o re, né buona né cattiva,

   9 	allora quegli uomini del re investigando nell'āśrama,
     	videro là nascosti i ladri e il bottino,

  10 	quindi un dubbio contro quel ṛṣi sorgeva alle guardie,
     	e preso lui e i dasyu li portavano dal re,

  11 	il re ordinava che fosse ucciso assieme ai ladri,
     	inconsapevole quel grande asceta fu allora dai carnefici infilato sul palo,

  12 	e le guardie messo il muni sul palo, allora
     	tornarono a riportare le ricchezze al sovrano, 

  13 	quindi quell'anima pia rimasto sul palo per lungo tempo,
     	e pure a digiuno, quel saggio ṛṣi non ancora moriva,
     	e tratteneva i flussi vitali e chiamava altri ṛṣi,

  14 	infilato nel palo quel grand'anima soffrendo il suo dolore,
     	era una terribile sofferenza, allora giunsero là i muni o tormenta-nemici,

  15 	essi di notte trasformatosi in uccelli lo circondarono da ogni parte,
     	mostrandosi come potevano chiedevano al migliore dei ri-nati:
     	“noi vogliamo sapere o brahmano, quale male hai compiuto.”

  16 	allora quella tigre fra i muni rispondeva a quei ricchi in tapas:
     	“da chi andrò per questo misfatto? nessun'altro mi offese.”

  17 	il re avendo saputo del ṛṣi si avvicinava coi suoi ministri,
     	e chiedeva perdono a quel grande ṛṣi impalato:

  18 	“quanto io ho fatto o migliore dei ṛṣi fu per errore ed ignoranza,
     	io chiedo il tuo perdono, tu non devi adirarti.”

  19 	così apostrofato il muni dal re, gli concedeva il suo perdono,
     	ottenuto il perdono, il re allora lo faceva scendere,

  20 	e sceso dalla sommità del palo, toglieva il palo, 
     	ma essendo incapace di estrarre il palo lo tagliava alla base,

  21 	e il muni si muoveva con il palo infilato nel corpo,
     	egli per quel tormento, conquistava i mondi altrimenti impossibili,
     	da cui egli nei mondi fu poi chiamato Aṇīmāṇḍavya,

  22 	quel savio sapiente della suprema verità, raggiunta la residenza di Dharma,
     	e avendo visto Dharma seduto lo rimproverava quel potente:

  23 	“ quale malvagia azione io ho compito senza saperlo,
     	per cui un tale esito fu originato e ottenuto da me?
     	in fretta dimmi la verità, guarda la forza del mio tapas.”

  24 	Dharma disse:
     	“tu infilasti dei fili d'erba nel corpo di alcune api,
     	di questa azione tu hai ottenuto il fio o ricco in tapas.”

  25 	Aṇīmāṇḍavya disse:
     	“ per una piccolo colpa tu un grande castigo mi hai fatto,
     	per cui o Dharma rinascerai uomo in un grembo di śūdra,

  26 	oggi io pongo un limite alla propria responsabilità di fronte al dharma,
     	fino al quattordicesimo anno non vi sarà alcuna responsabilità,
     	quando da altri in futuro una colpa sia commessa.”

  27 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	per quella offesa, dalla maledizione di quel grand'anima,
     	Dharma nacque in un grembo śūdra sotto l'aspetto di Vidura,

  28 	ed essendo Dharma, egli fu nobile, libero da avidità ed ira,
     	previdente, dedito alla pace, e intento al bene dei kuru.


     
                              CII

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	questi tre essendo nati nella terra dei kuru,
     	i kuru e il campo dei kuru tre volte prosperavano,

   2 	la terra era piena di spighe e i grano pieno di frutti,
     	in accordo alle stagioni veniva la pioggia, e gli alberi avevano frutti e fiori,

   3 	e gli animali da tiro erano contenti, e felici erano uccelli e antilopi,
     	le ghirlande erano profumate e i frutti saporiti,

   4 	le città si riempivano di mercanti e artigiani,
     	i guerrieri erano abili, e i virtuosi erano felici,

   5 	non vi erano ladri, né persone che praticavano l'adharma,
     	e in ogni regione nei regni vigeva il kṛtayuga,

   6 	virtuose e dedite al dono, intente nei voti e nei sacrifici,
     	unite nella mutua amicizia le genti prosperavano allora,

   7 	le genti libere da passioni ed ira, e vinta l'avidità,
     	mutualmente prosperavano e vigeva il supremo dharma,

   8 	questa città appariva piena come l'oceano,
     	abbellita da porte, archi e torri, con gli alti tetti dorati,
     	colma di centinaia di terrazze come la città del grande Indra,

   9 	nei fiuni, nei laghi, negli stagni, nelle pozze e nei boschetti,
     	e nelle piacevoli foreste le genti felici si divertivano,

  10 	e con i kuru settentrionali, i kuru meridionali
     	rivaleggiando agivano, e pure con i siddha i ṛṣi e i cāraṇa,
     	nessuno era infelice, né vi erano donne vedove,

  11 	molte cose erano fatte dai kuru perché la gente fosse felice,
     	le case dei brahmani avevano stagni, giardini, pozzi e spazio per gli ospiti,
     	e Bhīṣma ogni cosa governava secondo le scritture o re,

  12 	e vi erano centinaia di bellissimi pali sacrificali,
     	la regione si era accresciuta acquisendo altri regni,
     	e nel regno la ruota del dharma vigeva, stabilita da Bhīṣma, 

  13 	e le cose essendo compiute nel modo giusto dai principi, grandi anime,
     	le genti delle città e delle campagne tutti, erano sempre soddisfatti,

  14 	nella case dei primi dei kuru e dei cittadini o sovrano di uomini,
     	“si dia! si mangi!” ovunque si udivano queste parole,

  15 	e Dhṛtarāṣṭra e Pāṇḍu e il saggio Vidura,
     	fin dalla nascita erano accuditi da Bhīṣma come un padre,

  16 	consacrati con sacre purificazioni, e sempre intenti ai voti e agli studi,
     	resi forti da esercizi e fatiche raggiunsero la giovinezza,

  17 	nell'arte dell'arco, nel cavalcare, nel combattimento di mazze, e con scudo e spada,
     	e inoltre nell'arte degli elefanti e nella scienza politica erano maestri,

  18 	e nelle storie antiche e in varie altre conoscenze o potente,
     	e nella vera sapienza dei veda e dei vedāṅga, sempre esercitandosi,

  19 	Pāṇḍu esperto nell'arco, ogni altro uomo superava,
     	e superiore agli altri era per forza il sovrano Dhṛtarāṣṭra,

  20 	nei tre mondi nessuno vi era paragonabile a Vidura,
     	costante nel dharma egli era o re, e nel dharma supremamente saldo,

  21 	terminata la linea diretta di Śaṃtanu e vista quella di nuovo sorta,
     	allora al mondo e in tutti i regni senza commenti si accettava che

  22  	le figlie del re dei kāśi tra le madri, e tra i luoghi la kurujāṅgala, primeggiassero,
     	e di tutti i sapienti del dharma lo fosse Bhīṣma, e delle città, la città degli elefanti,

  23 	Dhṛtarāṣṭra per la sua cecità non ottenne il regno,
     	e Vidura per la sua nascita, così Pāṇḍu divenne sovrano.


     
                              CIII

   1 	Bhīṣma disse:
     	“ la nostra famiglia è piena di ogni qualità ed è celebrata
     	sulla terra per aver la supremazia sugli altri sovrani,

   2 	protetta dagli antichi re, sapienti del dharma e grandi anime,
     	mai si estinse quaggiù la nostra stirpe,

   3 	e da me e da Satyavatī, e da Kṛṣṇa grand'anima,
     	fu rifondata di nuovo con voi come continuatori della stirpe,

   4 	è prospera ora o figliolo questa famiglia come fosse il mare,
     	così come da me è governata e anche specialmente da te 

   5 	si dice che la principessa yādava sia adatta alla nostra stirpe,
     	e pure la figlia di Subala, e quella del signore dei madra,

   6 	nobili sono e dotate di bellezza, e tutte in età da marito,
     	e favorevoli sono all'alleanza i nostri migliori kṣatriya,

   7 	io ritengo che queste si debbano prendere, o migliore dei saggi,
     	per far continuare la nostra stirpe o tu pensi altrimenti o Vidura?”

   8 	Vidura disse:
     	“ tu signore sei il padre e tu la madre e il nostro supremo maestro,
     	perciò da de disponendo della famiglia fai quanto credi.”

   9 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	quindi udiva dai savi che Gādhārī la figlia di Subala,
     	avendo venerato il dio delle grazie, Hara, distruttore degli occhi di Bhaga,
     	Gāndhārī la bella aveva ottenuto la grazia di aver cento figli,

  10 	così avendo saputo in verità Bhīṣma il grande avo dei kuru,
     	allora mandava la richiesta al re dei gāndhāra o bhārata,

  11 	“egli è cieco.” questa era l'incertezza di Subala,
     	ma la fama della stirpe, la condotta e guardando alla saggezza, egli
     	diede a Dhṛtarāṣṭra la virtuosa Gāndhārī,

  12 	e pure Gāndhārī seppe che Dhṛtarāṣṭra era cieco
     	e che il padre e la madre a lui la davano o bhārata,

  13 	allora la bella avendo molte qualità presa una benda,
     	si bendava i propri occhi, o re, devota e fedele al marito,
     	“che io non sia superiore al marito.” così quella risoluta,

  14 	quindi veniva anche Śakuni, il figlio del re dei gāndhāra,
     	a portare ai kuru la sorella dotata di suprema bellezza,

  15 	e quel valoroso avendo data la sorella ornata preziosamente,
     	di nuovo tornava alla propria città, onorato da Bhīṣma,

  16 	e pure Gāndhārī dalle splendide natiche, per le azioni e condotta morale,
     	di tutti i kuru scatenava la soddisfazione o bhārata,

  17 	con la sua condotta compiacendo tutti, devota e fedele al marito,
     	e ad altri uomini non rivolgeva parola quella donna fedele.


     
                              CIV

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	il migliore degli yadu, di nome Śūra era il padre di Vasudeva,
     	e lui aveva una figlia di nome Pṛthā impareggiabile per aspetto sulla terra,

   2 	ad un cugino senza figli quel valoroso la diede,
     	avendo promesso al fratello maggiore quel valoroso davanti al marito della sorella:

   3 	“sarà il primo nato.” per desiderio di favorire il fratello maggiore, la figlia
     	diede all'amico grand'anima Kuntibhoja, da amico,

   4 	ella stabilitasi nella casa del padre per venerare gli dèi e gli ospiti,
     	serviva un terribile e severo brahmano dal fermi voti,

   5 	che si chiamava Durvāsasa e dicono avesse un segreto disegno nel dharma,
     	ella con ogni impegno soddisfaceva quel severo dal fermo spirito, 

   6 	egli guardando ai momenti difficile del dharma, a lei dava un mantra, 
     	dotato di poteri magici, e a lei diceva il muni:

   7 	“qualsiasi dio tu con questo mantra evocherai,
     	per sua grazia tu da esso avrai un figlio.”

   8 	così apostrofata da quel savio, per curiosità quella
     	splendida fanciulla virtuosa, il dio sole evocava,

   9 	vedendo arrivare il luminoso benefattore del mondo, quella
     	dalle perfette membra, confusa vedendo un così grande portento,

  10 	il sole dal visibile agire, in lei pose dunque un figlio,
     	e generava dunque un eroe, il migliore di tutti gli armati,
     	vestito di corazza, splendido, e soffuso di bellezza era quel bimbo divino,

  11 	fin dalla nascita portando una corazza, col viso illuminato da orecchini,
     	nasceva il figlio Karṇa, celebrato in tutti i mondi,

  12 	e quel supremo luminare a lei di nuovo concedeva la verginità,
     	e datola, quel migliore dei benefattori, di nuovo tornava in cielo,

  13 	agendo di nascosto per paura dell'opinione dei parenti,
     	Kuntī abbandonava il pargolo con tutti i suoi segni alla corrente,

  14 	quel  bimbo abbandonato allora il marito di Rādhā dalla grande fama,
     	lo adottava come figlio assieme alla moglie quel figlio di sūta,

  15 	ed entrambi compirono la cerimonia del nome per quel bimbo:
     	“con la ricchezza essendo nato, sia dunque Vasuṣeṇa.” 

  16 	egli crescendo fortissimo ed esperto in ogni arma divenne,
     	e per abbronzarsi la schiena, quel valoroso stava fermo al sole,

  17 	nel tempo in cui se ne stava in preghiera, quell'eroe era pronto ad ogni richiesta,
     	nulla vi era in quei momenti che non desse ai brahmani quel grand'anima,

  18 	Indra benefattore delle creature, allora divenuto un brahamano in elemosina, 
     	quel grande potente gli chiedeva gli orecchini e la corazza,

  19 	strappata dal proprio corpo la corazza grondante sangue, il saggio
     	Karṇa e tagliati gli orecchini li conseganva a mani giunte,

  20 	Śakra stupito una lancia gli diede e gli disse queste parole:
     	“a qualsiasi dio, asura, uomo, gandharva uraga, o rakṣas
     	a cui la tirerai, egli rimarrà colpito, e non vi sarà alcun fallo.”

  21 	un tempo il suo nome era Vasuṣeṇa, così era noto,
     	ma per questa azione il figlio del sole divenne Karṇa.


     
                              CV

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	dotata di bellezza e di sincere qualità, dai fermi voti e felice nel dharma,
     	la figlia di Kuntibhoja, indetto dal padre il suo svayaṁvara,

   2 	Pāṇḍu dalle zanne di leone, la schiena di elefante, e occhi di toro,
     	quel fortissimo in mezzo a migliaia di principi della terra prendeva,

   3 	quel rapollo dei kuru alla figlia di Kuntibhoja allora
     	si univa, con grande felicità come il dio munificente con la figlia di Puloman,

   4 	e partito Devavrata per la città dei madra: puṭabhedana,
     	Mādrī la figlia del signore dei madra, celebre nei tre mondi,

   5 	fra tutti i re sulla terra conosciuta impareggiabile per bellezza,
     	per conto di Pāṇḍu acquistava con una grande ricchezza,
     	e Bhīṣma quindi celebrava il matrimonio del grand'anima Pāṇḍu,

   6 	vedendo il petto di leone, la schiena di elefante, gli occhi di toro del saggio
     	Pāṇḍu, tigre fra gli uomini, gli uomini sulla terra si meravigliavano,

   7 	essendosi sposato allora Pāṇḍu, possedendo un potente esercito,
     	desiderando conquistare la terra, attaccava nemici in gran numero,

   8 	per primi raggiunti i daśārṇa che male agivano, in battaglia erano vinti,
     	da Pāṇḍu, leone tra gli uomini, fonte di gloria per i kuru,

   9 	quindi Pāṇḍu raccolto l'esercito formato da moltissimi stendardi,
     	con tanti elefanti, cavalli e carri, e pieno di schiere di fanti,

  10 	il malvagio nemico di tutti gli eroici abitanti dei monti,
     	il protettore, il re Dārva del regno dei magadha fu ucciso nel palazzo reale,

  11 	quindi raccolto il tesoro, carri e truppe,
     	Pāṇḍu raggiunta mithilā, sconfiggeva in battaglia i videha,

  12 	quindi poi tra i kāśi, i suhma, e tra i puṇḍra, o toro dei bhārata,
     	con valore e la forza del proprio braccio egli compiva la gloria dei kuru,

  13 	da quell'uccisore di nemici come un grande fuoco di frecce acceso dalle armi,
     	e dal fuoco di Pāṇḍu raggiunti bruciavano i sovrani della terra,

  14 	quei re, forti coi loro eserciti, furono polverizzati dal suo esercito, 
     	da Pāṇḍu furono sottomessi e resi soggetti a tributi,

  15 	da lui furono sconfitti tutti sulla terra, tutti i principi,
     	a lui pensavano come il solo guerriero, come è il distruggi-città tra gli dèi,

  16 	a lui a mani giunte inchinandosi tutti quei sovrani della terra,
     	venivano portando ricchezze e gemme variegate,

  17 	e corallo, preziose perle, e oro e argento,
     	magnifiche vacche e splendidi cavalli, preziosi carri ed elefanti,

  18 	cammelli, asini e bufali, e quanto possibile di capre e pecore,
     	e tutto questo prendeva il re, sovrano della città degli elefanti,

  19 	e questo portando Pāṇḍu tornava di nuovo, come un veicolo di gioia,
     	rallegrandoli, ai propri domini e alla città degli elefanti,

  20 	di Śaṃtanu, leone tra i re, e del saggio Bharata,
     	il suono della fama svanito, da Pāṇḍu fu di nuovo risollevato,

  21 	quelli che un tempo conquistarono i domini dei kuru e loro ricchezze,
     	da Pāṇḍu, il leone della città degli elefanti furono ridotti a tributo,

  22 	così affermavano i re coi loro ministri riuniti,
     	felici col cuore acceso, assieme ai cittadini e ai popolani,

  23 	gli andarono incontro con Bhīṣma in testa, mentre giungeva, 
     	tutti gli abitanti della città degli elefanti, non avendo fatto molta strada,
     	e felici il mondo videro coperto da moltissime genti,

  24 	radunate sulle molte strade, e con variegati gioielli,
     	con elefanti, cavalli e preziosi carri, e vacche, e bufali e pecore,
     	e non ne vedevano la fine i kuru raggiungendolo assieme a Bhīṣma,

  25 	prostratosi ai piedi del padre, dando gioia alla Kausalyā
     	e secondo il merito onorando anche i cittadini e il popolo,

  26 	a lui che era ritornato con successo, avendo distrutto i regni nemici, 
     	al figlio avvicinandosi Bhīṣma, versava lacrime di gioia,

  27 	ed egli al suono di tamburi, e di una moltitudine di centinaia di trombe,
     	tutti i cittadini rallegrando, entrava nella città degli elefanti.


     
                              CVI

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	col consenso di Dhṛtarāṣṭra, le ricchezze vinte col proprio braccio,
     	consegnava egli a Bhīṣma e alla madre Satyavatī,

   2 	e Pāṇḍu a Vidura mandava delle ricchezze,
     	e pure gli amici, quell'anima giusta rallegrava con ricchezze,

   3 	quindi Bhīṣma gratificava Satyavatī e la splendida Kausalyā,
     	con le preziose gemme conquistate da Pāṇḍu, o bhārata,

   4 	gioiva la madre Kausalyā, per quell'incommensurabile eroe,
     	abbracciando quel toro fra gli uomini, come la figlia di Puloman per il dio vittorioso, 

   5 	di quell'eroe con centinaia di migliaia di ricche dakṣiṇa,
     	Dhṛtarāṣṭra celebrava centinaia di grandi feste come degli aśvamedha,

   6 	e accompagnato da Kuntī e da Mādrī o toro dei bhārata,
     	allora Pāṇḍu stanco di conquiste, divenne un abitante della foresta,

   7 	e abbandonando il palazzo e i preziosi giacigli,
     	sempre abitando nella foresta, divenne devoto alla caccia,

   8 	egli vivendo nella parte meridionale del monte himavat,
     	abitava sulle cime del monte e nelle selve dei grandi alberi śal,

   9 	Pāṇḍu governava vivendo nella foresta assieme a Kuntī e a Mādrī,
     	come il favoloso elefante del dio distruggi-fortezze in mezzo a due femmine,

  10 	e quel marito con le due mogli, armato di arco frecce, e spada,
     	quell'eroe dalla variegata armatura, quel sovrano sapiente di ogni arma,
     	era ritenuto un dio che lì s'aggirava, dagli abitanti della foresta,

  11 	ogni suo desiderio e cibo degli uomini sempre instancabili
     	gli portavano ai confini della foresta per ordine di Dhṛtarāṣṭra,

  12 	in seguito, veniva a sapere di una figlia di mezza casta,
     	del sovrano Devaka dotata di bellezza e gioventù, il figlio della fiumana,

  13 	quindi avendola scelta e condotta, quel toro fra gli uomini,
     	il matrimonio celebrava di Vidura dalla grande saggezza,

  14 	e con lei Vidura rampollo dei kuru generava
     	dei figli, dotati di buona condotta simili a lui per qualità.


     
                              CVII

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	quindi da Gāndhārī o Janamejaya, cento figli nacquero
     	di Dhṛtarāṣṭra e una da una donna vaiśya per fare cento e uno,

   2 	e di Pāṇḍu da Kuntī e da Mādrī cinque figli grandi guerrieri,
     	dagli dèi nacquero per la continuazione della stirpe.

   3 	Janamejaya disse:
     	“ in che modo nacquero cento figli da Gāndhārī o migliore dei ri-nati?
     	e di quanto tempo fu la loro vita e quant'altro?

   4 	e in che modo da una donna vaiśya nacque un figlio a Dhṛtarāṣṭra?
     	e perché una moglie siffatta che viveva nel dharma,
     	e gentilmente si comportava Dhṛtarāṣṭra tradiva?

   5 	e in che modo, essendo Pāṇḍu maledetto da un grand'anima,
     	cinque figli grandi guerrieri nacquero dagli dèi?

   6 	tutto questo o sapiente, come accadde e in dettaglio o ricco in tapas,
     	raccontami, io non mi sazio delle storie dei miei parenti.”

   7 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	avendo servito il dvaipāyana stanco per la fame e la sete,
     	Gāndhārī lo soddisfece, e Vyāsa concesse una grazia,

   8 	ella scelse quella di dare al marito cento figli suoi,
     	quindi col tempo ella riceveva da Dhṛtarāṣṭra un bimbo in grembo,

   9 	per due anni interi Gāndhārī trattenendolo in grembo,
     	non portava a termine il parto, e un grande dolore la invase,

  10 	e avendo udito che era nato un figlio a Kuntī, splendido come il sole nascente,
     	percependo l'immobilità del proprio ventre,

  11 	di nascosto da Dhṛtarāṣṭra, con un grande sforzo,
     	Gāndhārī affranta dal dolore, il proprio ventre colpiva,

  12 	allora nasceva un palla di carne compatta come un sfera di ferro,
     	ella nel ventre avendola portata per due anni, cominciava a farla uscire,

  13 	quindi il dvaipāyana avendolo saputo rapidamente giungeva,
     	e il migliore dei recitanti, vedeva allora quella palla fatta di carne,

  14 	e quindi diceva alla figlia di Subala:” qual'è dunque la tua intenzione?”
     	ed ella dichiarava a quel supremo ṛṣi la sua vera intenzione:

  15 	“avendo saputo che è nato il primogenito di Kuntī splendido come il sole,
     	con grandissimo dolore ho colpito il mio ventre,

  16 	e invero tu una volta mi hai garantito cento figli,
     	e al posto di cento figli solo questa palla di carne mi è nata.”

  17 	Vyāsa disse:
     	“ così sarà ciò o figlia di Subala, e non può essere altrimenti,
     	mai prima da me fu detto il falso anche su piccole cose come può essere su altro?

  18 	cento vasi pieni di burro siano velocemente approntati,
     	e con fresche acque sia spruzzata questa palla.”

  19 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	questa sfera bagnata allora divise in cento parti,
     	separando per ciascun embrione un misura di un pollice,

  20 	composte da cento e una parte in questo modo o signore di popoli,
     	quelle palle di carne, o re allora, gradualmente nel tempo divennero,

  21 	quindi quegli embrioni nei vasi poneva,
     	in luoghi ben protetti e di un custode li forniva,

  22 	e il venerabile diceva: “ al giusto tempo siano aperti di nuovo
     	questi vasi.” così dunque alla figlia di Subala,

  23 	e così avendo parlato e provveduto, il beato Vyāsa,
     	partiva quel saggio verso il suo tapas sull'alta cima dell'himavat,

  24 	e nacque per primo da questi il re Duryodhana,
     	e per la nascita secondo la precedenza il primogenito fu il re Yudhiṣṭhira,

  25 	appena nato questo figlio, Dhṛtarāṣṭra, questo diceva,
     	avendo riunito molti savi e Bhīṣma e Vidura:

  26 	“Yudhiṣṭhira figlio di re è il primogenito prosecutore della stirpe,
     	e otterrà il regno anche per le sua qualità, su ciò non abbiamo nulla da dire,

  27 	egli dunque di seguito perciò re diventerà,
     	questo dunque da me è pronunciato con sincerità e così con certezza sarà.”

  28 	alla conclusione di questo discorso, in tutte le contrade o bhārata,
     	urlavano i tremendi carnivori e gli sciacalli, con infausti segnali,

  29 	e apparendo in ogni luogo questi terribile presagi,
     	i brahmani o re e Vidura dalla grande saggezza, dicevano:

  30 	“ con certezza questo tuo figlio sarà autore delle fine della stirpe,
     	la pace avremo sacrificandolo, allevandolo una grande sventura,

  31 	cento meno uno siano dunque i tuoi figli o sovrano della terra,
     	con questo solo compi dunque la tranquillità della stirpe e del mondo,

  32 	si trascuri il singolo per la famiglia, e si trascuri la famiglia per il villaggio,
     	il villaggio per la campagna, e la terra intera si abbandoni per sé stessi.”

  33 	egli dunque così apostrofato da Vidura e da tutti i migliori ri-nati,
     	quel re pieno dell'amore per il figlio così non agiva,

  34 	poi tutti i cento figli di Dhṛtarāṣṭra o principe,
     	nel giro di un mese nacquero e anche una fanciulla oltre ai cento,

  35 	mentre però Gāndhārī era afflitta dalla crescita del ventre,
     	una donna vaiśya serviva il grandi-braccia Dhṛtarāṣṭra,

  36 	in questo anno di Dhṛtarāṣṭra o re, un figlio vigoroso
     	e saggio nacque da essa, il meticcio Yuyutsu o sovrano,

  37 	così nacquero i cento figli del saggio Dhṛtarāṣṭra,
     	grandi e valorosi guerrieri, e una figlia di nome Duḥśalā.


     
                              CVIII

   1 	Janamejaya disse:
     	“ i nomi dal primo all'ultimo o potente,
     	elenca di questi figli in successione.”

   2 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	Duryodhana, Yuyutsu, e Duḥśāsana o re,
     	Duḥsaha, e Duḥśala, Jalasaṁdha, Sama, Saha,

   3 	Vinda e Anuvinda, Durdharṣa, Subāhu, Duṣpradharṣaṇa,
     	Durmarṣaṇa, Durmukha, e Duṣkarṇa e anche Karṇa,

   4 	Viviṁśati, Vikarṇa, e Jalasaṁdha, Sulocana,
     	Citra e Upacitra, citrākṣa, Cārucitra, Śarāsana,

   5 	Durmada, Duṣpragāha, e Vivitsu, Vikaṭa, e Sama,
     	Ūrṇanābha, e Sunābha, e Nanda e Upanandaka,

   6 	Senāpati, e Suṣeṇa, Kuṇḍodhara e Mahodhara,
     	Citrabāṇa, Citravarman, Suvarman, Durvimocana,

   7 	Ayobāhu, Mahābāhu, Citrāṅga, Citrakuṇḍala,
     	Bhīmavega, Bhīmabala, Balākin, Balavardhana,

   8 	Ugrāyudha, Bhīmakarman, Kanakāyu, Dṛdhāyudha,
     	Dṛdhavarman, Drḍhakṣatra, Somakīrti, Anūdara,

   9 	Dṛḍhasaṁdha, Jarāsaṁdha,Satyasaṁdha, Sadaḥsuvāc,
     	Ugraśravas, Aśvasena, Senānī, Duṣparājaya,

  10 	Aparājita, Paṇḍitaka, Viśālākṣa, Durāvara,
     	Dṛḍhahasta, Suhasta, Vātavega e Suvarcas,

  11 	Ādityaketu, Bahvāśi, Nagadanta, Ugrayāyin,
     	Kavacin, Niṣaṅgin, Pāśin, Daṇḍadhāra, Dhanurgraha,

  12 	Ugra, Bhīmaratha, Vīra, Vīrabāhu, Alolupa,
     	Abhaya, e Raudrakarman, e Dṛḍharatha per terzo,

  13 	Anādhr̥ṣya, Kuṇḍabhedin, Virāvin, Dīrghalocana,
     	Dīrghabāhu, Mahābāhu, Vyuḍhoru, Kanakadhvaja,

  14 	Kuṇḍāśin, e Virajas e Duḥśalā per cento e uno,
     	questi i cento più una o re, e questa sola figlia è ricordata,

  15 	questi i nome secondo l'ordine della nascita, sappi o sovrano,
     	tutti guerrieri grandi sul carro, tutti esperti di combattimento,

  16 	sutti sapienti dei veda, ed esperti nelle scienze regali,
     	tutti esperti delle scienze sociali, splendidi per stirpe e conoscenza,

  17 	a tutti fu data una moglie adatta o signore della terra,
     	da Dhṛtarāṣṭra al tempo opportuno e cercandole secondo le regole,

  18 	al giusto momento il re, Duḥśalā o bhārata al re dei Sindhu,
     	Jayadratha, la diede in sposa col consenso della figlia di Subala.


     
                              CIX

   1 	Janamejaya disse:
     	“ hai narrato della suprema nascita dei figli di Dhṛtarāṣṭra per opera del ṛṣi
     	nascita non-umana tra gli uomini, tu o signore sapiente del brahman,

   2 	e i nomi di questi che hai enumerato uno dopo l'altro,
     	in verità furono uditi da me o brahamano, parlami ora dei pāṇḍava,

   3 	tutte questi grandi anime, pari in valore al re degli dèi,
     	tu invero hai detto che sono nati dagli dèi e come parti di essi,

   4 	perciò io desidero udire delle loro sovrumane imprese,
     	e l'intera loro origine, tutto questo raccontami o Vaiśaṁpāyana.”

   5 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	il re Pāṇḍu nella grande foresta abitata da belve e da animali selvaggi,
     	in quella selva egli vide un antilope maschio intento all'accoppiamento,

   6 	quindi Pāṇḍu, lui e quell'antilope con delle frecce dalla cocca d'oro,
     	trafiggeva con cinque rapide e acute frecce,

   7 	costui era o re, un potentissimo asceta figlio di un ṛṣi,
     	e quel potente assieme alla moglie si era unito in forma di antilope,

   8 	e congiuntosi con quella antilope gridando con voce umana,
     	rapidamente caduto al suolo, si lamentava coi sensi confusi:

   9 	l'animale diceva:
     	“ anche quelli in preda dell'eros, e pure i privi di ogni intelletto,
     	e gli uomini dediti ai mali, si astengono dalle meschinità,

  10 	la saggezza non copre la legge, ma la legge copre la sapienza,
     	il saggio non partecipa a scopi contrari alla legge,

  11 	tu sei nato in una grande stirpe di fedeli sempre al dharma, o bhārata,
     	perché tu che sei soverchiato di brama e di avidità hai la mente confusa? "

  12 	Pāṇḍu disse:
     	“ la condotta che si usa per i nemici, la stessa è stabilita per cacciare gli animali,
     	la caccia è propria dei re, tu non devi accusarmi di esser confuso,

  13 	con la mente oscurata dalla tua magìa, io volevo cacciare delle prede,
     	questo è il dharma dei re, dunque perché mi accusi o sapiente?

  14 	il ṛṣi Agastya, intento in un sattra praticava la caccia,
     	consacrando le prede a tutte le divinità silvane, nella grande foresta,

  15 	guardando alla giusta misura del dharma, perché ci accusi,
     	per il sacrificio di Agastya la vostra carne fu offerta.”

  16 	l'animale disse:
     	“ non si menziona che gli antichi scagliarono frecce traditrici,
     	la ferita di queste senza dubbio preannuncia il momento della morte.”

  17 	Pāṇḍu disse:
     	" con intenzione o senza, apertamente uccidono col loro potere,
     	perché o antilope mi accusi di usare delle frecce appuntite?”

  18 	l'animale disse:
     	“ io non accuso o re, qui l'uccisore delle prede, a causa mia,
     	ma tu che scorgendo l'accoppiamento, non ne hai avuta pietà,

  19 	nel momento del piacere di tutti gli esseri, e del desiderio di tutti gli esseri,
     	quale saggio ucciderebbe gli animali che si accoppiano nella selva?
     	è l'amato frutto dell'umano desiderio che tu hai reso vano, 

  20 	nella stirpe di Pūru, e di questi ṛṣi dall'instancabile agire,
     	e nella discendenza della stirpe o kuru, questa tua azione non ha eguali,

  21 	malvagia azione suprema, è proibita in tutti i mondi,
     	allontana dal cielo, è disonorevole, e contraria al dharma o bhārata,

  22 	tu che conosci il piacere delle donne e sei sapiente di śāstra, di dharma, e artha,
     	tu che sei simile agli dèi non puoi fare una tale azione contraria al cielo,

  23 	da te, gli uomini che agiscono falsamente, i malvagi, 
     	sono puniti o migliore dei principi, e privati delle tre prerogative,

  24 	perché dunque o migliore degli uomini hai ucciso me che ero inerme,
     	un muni raccoglitore di frutta e radici, in forma di antilope o sovrano,
     	e abitante nelle foreste sempre devoto alla pace?

  25 	io da te fui voluto uccidere, perciò per questo anche tu lo sarai senza dubbio,
     	tu che hai agito così crudelemente con noi due, quando sarai in preda dell'eros,
     	sarai il fautore della tua morte e così l'otterrai,

  26 	io sono il muni Kiṃdama di nome, di ineguagliabile tapas,
     	per timidezza degli uomini mi accoppiavo con le antilopi,

  27 	e trasformato in un antilope vivevo con le antilopi nell'inpenetrabile selva,
     	non incorrerai nell'uccisione di un brahmano non sapendolo,
     	ma avendo ucciso me preso dall'eros in forma di antilope,

  28 	di tale atto ne pagherai il fio, o sciocco,
     	quando assieme alla tua amata cadrai preda del desiderio,
     	tu pure entrando in lei raggiungerai il regno dei morti,

  29 	e l'amata con cui sarai congiunto al momento della fine, 
     	raggiunto che avrai il regno dei morti imperscrutabile per tutti i viventi,
     	ella con devozione o migliore dei saggi ti seguirà,

  30 	e come io mentre vivevo la gioia fui da te precipitato nel dolore,
     	così tu raggiunta la gioia il dolore incontrerai.”

  31 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così avendo parlato pieno di dolore abbandonava la vita,
     	quell'antilope e Pāṇḍu all'istante cadde in preda alla sofferenza.


     
                              CX

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	lui morente essendo trapassato, il re come fosse un parente
     	assieme alle mogli, preso da dolore e sofferenza si lamentava dolente:

   2 	Pāṇḍu disse:
     	“anche i nati nella stirpe dei virtuosi, ahime, nella sventura col loro agire
     	cadono, con l'anima ancora non formata, confusi dalla rete del desiderio,

   3 	certamente mio padre pur nato da una pia anima, ancor giovane,
     	lo colse la morte, preda dell'eros, così abbiamo udito,

   4 	con la moglie di quel re preso dal desiderio, il ṛṣi dalla controllata parola,
     	Kṛṣṇa il dvaipāyana in persona, quel venerabile mi generava,

   5 	oggi in questa sventura la mia ragione è divenuta debole, 
     	essendo io malvagio abbandonato dagli dèi, per colpa della caccia,

   6 	io dunque mi impegnerò nella liberazione essendo preso da una grande sventura,
     	io seguirò l'immutabile buona condotta del padre mio,
     	e mi impegnero in un supremo tapas, senza alcun dubbio,

   7 	perciò io, da solo, tutto il giorno in ogni luogo sacro,
     	da muni con la testa rasata, cercando l'elemosina, percorrerò questa terra,

   8 	coperto di polvere, rifugiandomi in case abbandonate,
     	oppure senza una casa ai piedi un albero, abbandonando ogni cosa, cara o no,

   9 	non lamentandomi, e non gioiendo, col cuore indifferente a plauso o rimprovero,
     	in nulla sperando, senza implorare, lontano dagli opposti, nulla possedendo,

  10 	e pure non ridendo di nessuno, mai aggrottando lo sguardo,
     	sempre con giuste parole, e felice del benessere di ogni vivente, 

  11 	senza ferire nessuna creatura dei quattro ordini, mobile o immobile,
     	e sempre uguale verso tutti i viventi come fossero mie creature,

  12 	una sola volta al giorno cercare l'elemosina in dieci famiglie,
     	e non ricevendone alcuna vivendo pure senza cibo,

  13 	e consumando il poco, prima ricevuto ogni giorno,
     	non superando mai più di sette volte l'ottenere o il non ottenere,

  14 	chi mi taglia un braccio, o chi me lo spalma di sandalo
     	non ritenendo alcuno dei due una fortuna o una sventura,

  15 	vivendo senza mai desiderare la vita né bramare la morte, 
     	la morte e la vita non amando né odiando,

  16 	e quei riti fatti per la felicità che i viventi possono compiere
     	tutti questi trascurando, con fermezza in ogni momento, 

  17 	in tutte le condizioni abbandonando ogni atto dei sensi,
     	abbandonando l'anima al dharma, e purificandola dalle colpe,

  18 	liberato da ogni male, e libero da ogni laccio,
     	restando al di fuori del dominio di alcuno, al pari del vento, 

  19 	con questa disciplina sempre vivendo così in tal maniera,
     	manterrò il mio corpo senza timore fermo sul percorso,

  20 	io non seguirò la vile e miserevole via del comportamento dei cani,
     	sempre gioirò della mia disciplina lontana dal valore virile,

  21 	onorato o non onorato chi con occhio incline al lamento,
     	un'altra condotta segue, pieno di brame, costui segue la via dei cani.”

  22 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così avendo parlato, il sovrano pieno di dolore, con un grande sospiro,
     	guardando Kuntī e Mādrī, a loro diceva:

  23 	“ Kausalyā, lo kṣattṛ Vidura, e il re assieme ai suoi parenti,
     	la nobile Satyavatī, e Bhīṣma e il purohita reale, 

  24 	e i brahmani grandi anime, bevitori di soma, dai fermi voti,
     	e gli anziani della città, e i nostri dipendenti che là vivono 
     	tutti con calma siano informati che Pāṇḍu è partito per la foresta.”

  25 	terminate le parole del marito dalla ferma anima, nella dimora della foresta, 
     	un discorso simile al suo pronunciarono Kuntī e Mādrī:

  26 	“altri modi di vivere che sono possibili esistono o toro dei bhārata,
     	assieme a noi due, tue legali mogli, praticando un grande tapas,
     	tu otterrai con successo senza dubbio, anche il cielo,

  27 	concentrandoci sugli organi dei sensi, con lo scopo di ottenere i mondi del marito,
     	trascurando desiderio e gioia, noi due praticheremo un ampio tapas,

  28 	se noi due o grande saggio, tu abbandonerai o signore di popoli, 
     	noi ora rinunceremeo alla vita, non vi è qui dubbio alcuno.”

  29 	Pāṇḍu disse:
     	“ se questa è la vostra decisione aderente al dharma, 
     	io seguirò dunque l'immutabile condotta di vita di mio padre,

  30 	abbandonata la pratica delle gioie dell'eros, praticando un grande tapas,
     	vestito di corteccia mangiando frutta e radici, io vivrò nella grande foresta,

  31 	sacrificando ad Agni mattina e sera, mattina e sera bagnandomi,
     	magro, moderatamente nutrendomi, con vesti di pelli e stracci e i capelli raccolti,

  32 	sopportando i venti freddi e caldi, la stanchezza, la fame e la sete,
     	con la più dura ascesi disseccando il corpo,

  33 	praticando la solitudine, e vivendo di cibi cotti e crudi,
     	gli avi, e gli dèi venerando con le acque e i cibi della selva,

  34 	e pure nelle visite degli abitanti della selva e dei famigliari,
     	e pure degli abitanti delle campagne, mai compiendo alcun male, 

  35 	così le dure regole della foresta e la più dura condotta,
     	ricercando, io siederò fino alla fine del corpo.”

  36 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così avendo parlato alle due mogli il re nato nella stirpe dei kuru,
     	allora la gemma sulla testa, la collana, bracciali e orecchini
     	i preziosi abiti e gli ornamentei delle donne,

  37 	tutto regalando ai savi brahmani, Pāṇḍu di nuovo diceva:
     	“ raggiunta la città degli elefanti la notizia che Pāṇḍu è partito per la foresta,

  38 	all'artha al kāma alle gioie e ai più grandi piaceri 
     	a tutto rinunciando, là se ne sta con le sue mogli il toro dei kuru.”

  39 	allora i suoi servi e tutto il suo seguito,
     	uditi i vari e miserevoli discorsi di quel leone dei bhārata, 
     	gridarono terribili grida di dolore: “hā! hā!”

  40 	e versando violente lacrime, abbandonando il loro sovrano,
     	partirono rapidi per la città degli elefanti, interamente riportanto le sue parole,

  41 	avendo udito da loro tutto quanto era accaduto nella grande foresta,
     	Dhṛtarāṣṭra, il migliore degli uomini, si addolorava per Pāṇḍu.

  42 	il figlio del re il kaurava Pāṇḍu nutrendosi di frutta e radici,
     	partiva con le sue mogli, per la montagna nāgasabha,

  43 	egli raggiunta la selva caitraratha, superata vāriṣeṇa
     	e scavalcato l'himavat, si recava a gandhamādana,

  44 	protetto dai grandi esseri, dai siddha, e dai supremi ṛṣi,
     	risiedeva allora il re in luoghi piani e scoscesi,

  45 	e raggiunto il lago indradyumna, e superato il picco haṃsakūṭa,
     	sul śataśr̥ṅga il grande re si impegnava nel tapas.


     
                              CXI

   1 	Vaiśaṁpāyana disse.
     	quindi quel valoroso impegnato nel miglior tapas,
     	divenne caro alle schiere dei siddha e dei cāraṇa,

   2 	desideroso di imparare, libero dall'ego, con autocontrollo, vinti sensi,
     	impegnato a raggiungere il cielo era col proprio valore o bhārata,

   3 	di alcuni diveniva fratello, di altri diveniva amico,
     	altri ṛṣi lo trattavano come un figlio, 

   4 	egli dopo lungo tempo raggiungeva il tapas che libera dalle colpe, 
     	pari ad un ṛṣi brahmano, divenne Pāṇḍu o toro fra gli uomini,

   5 	e desiderando attraversare il confine del cielo, egli dallo śataśṛṅga, verso nord
     	partiva assieme alle mogli, e là gli dicevano gli asceti:
     	“ sempre più in alto andando sul re dei monti verso nord, 

   6 	noi abbiamo visto molti aspri luoghi di questa montagna,
     	i veri giardini degli dèi, dei gandharva e delle apsaras,

   7 	i parchi di Kubera, sia piani che scoscesi,
     	le rive dei grandi fiumi e gli impervi abissi dei monti,

   8 	vi sono luoghi dalle nevi eterne, privi di alberi, di animali e di uccelli,
     	e vi sono grandi piogge, e aspri luoghi difficili da raggiungere,

   9 	che nemmenno gli uccelli attraversano, in che modo dunque gli altri animali?
     	solo il vento arriva dove sono i siddha e i supremi ṛṣi,

  10 	in che modo queste due regine possono andare sulla cime del monte,
     	senza cadere afflitte dal dolore? non andare o toro dei bhārata.”

  11 	Pāṇḍu disse:
     	“ per chi non ha figli, o venerabili, si dice che non vi sia porta
     	nel cielo, per questo io sono afflitto, io sono privo di figli, questo vi dico,

  12 	legati da quattro obblighi nascono gli uomini sulla terra,
     	da centomila offerte agli avi, agli dèi, ai ṛṣi e agli uomini,

  13 	per l'uomo che questi non osservi nel giusto momento,
     	non vi sono mondi, così è tramandato dal sapienti del dharma,

  14 	con sacrifici soddisfa gli dèi, con lo studio e il tapas i muni,
     	con i figli e le offerte funebri gli avi, e con l'astenersi dalla violenza gli umani,

  15 	secondo il dharma io mi sono liberato verso dèi, ṛṣi e uomini,
     	ma dall'obbligo verso gli avi non sono libero, per questo mi dolgo o ricchi in tapas,

  16 	con la fine del corpo è certa la fine degli avi, questo si dice,
     	perciò quaggiù i migliori uomini nascono con lo scopo di procreare,

  17 	come io dunque fui generato con la moglie del padre da quel grand'anima,
     	così sia con queste mie mogli, im modo che nasca della prole.”

  18 	gli asceti disse:
     	“ tu hai anima pia, e sublime saggezza pari agli dèi,
     	con occhio divino, noi vediamo un prole senza macchia o re per te, 

  19 	stabilita dagli dèi o tigre fra gli uomini, quaggiù procurata col loro agire,
     	un sereno frutto trova l'uomo saggio e imperturbato,

  20 	in vista di questo frutto o figlio, tu devi compiere uno sforzo,
     	e ottenuta una discendenza piena di qualità, tu ne avrai felicità.”

  21 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	udite queste parole degli asceti, Pāṇḍu divenne pensieroso,
     	di sé conoscendo la maledizione dell'antilope, per averla uccisa,

  22 	egli diceva in segreto a Kuntī la sua splendida regina:
     	“considerando in questa sventura un mezzo per produrre progenie

  23 	una prole di solo nome è stabilita nei mondi essere conforme al dharma,
     	così o Kuntī sanno i saggi fin dal principio essere l'eterno dharma,

  24 	il donare quanto si vuole, la pratica del tapas, e praticare l'autocontrollo,
     	tutto questo quaggiù si dice che non sia purificazione all'assenza di prole,

  25 	e io questo sapendo, vedo o dolce-sorriso,
     	che senza prole non raggiungerò i mondi, così io penso,

  26  	è distrutto il generare con la maledizione dell'antilope, per me ancora immaturo,
     	che così ho male agito o timida, per questo io mi dolgo,	

  27 	i figli sono di sei tipi pure i congiunti eredi, secondo il dharma,
     	e questi sei tipi di figli e di eredi congiunti, ascolta da me o Pṛthā,

  28 	il figlio nato dal proprio sangue, e il figlio offerto e quello comprato,
     	quello nato da una vedova, da una nubile e quello nato da una cortigiana,

  29 	il figlio dato, comprato e adottato e quello che giunga da sé stesso,
     	il figlio nato da altro seme del marito e quello che nasce in un grembo inferiore,

  30 	e chi desidera avere un figlio nel fallire del primo tipo può pensare all'altro
     	da uno superiore gli uomini inferiori desiderano avere un figlio, non avendone,

  31 	e i virtuosi sanno che la prole è il miglior frutto del dharma,
     	così diceva pure o Pṛthā, Manu figlio del Nato-da-sè,

  32 	perciò ora io privo di prole propria io a te comando,
     	da uno che sia così o da uno meglio trova tu figliolanza o splendida, 

  33 	ascolta o Kuntī la storia che riguarda la moglie di Śāradaṇḍāyani,
     	che moglie di un eroe, dai guru fu indotta a procreare figliolanza,

  34 	purificata dal mestruo e lavata, di notte ad un crocicchio o Kuntī,
     	scelto un santo ri-nato, e sacrificato al fuoco per la nascita di un maschio,

  35 	determinata in questo agire ella con lui si univa,
     	e generava allora tre grandi guerrieri a cominciare da Durjaya,

  36 	così tu dunque o gentildonna, da un brahmano superiore per tapas,
     	per mio ordine, ottieni rapidamente la generazione della prole.”


     
                              CXII


   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così apostrofata Kuntī, rispondeva a Pāṇḍu,
     	quel valoroso toro dei kuru, al marito, e signore della terra:

   2 	“ non devi in alcun modo, o sapiente del dharma, parlare così, a me
     	tua legittima moglie, e in te soddisfatta o occhi di loto,

   3 	tu dunque o grandi-braccia in me o bhārata, dei figli 
     	di grande valore, o eroe, secondo il dharma genererai,

   4 	e il cielo o tigre tra gli uomini assieme a te io raggiungerò,
     	per aver figli con me congiungiti o rampollo dei kuru,

   5 	io non posso neppure con la mente unirmi ad altro uomo che te,
     	migliore di te quale altro uomo vi è sulla terra?

   6 	ascolta da me questa antica storia quanto sia nel dharma,
     	storia celebre o grandi-occhi, è quella che racconterò,

   7 	un principe vi era chiamato Vyuṣitāśva,
     	un tempo, fermo nel supremo dharma, erede della stirpe di Pūru,

   8 	mentre sacrificava quell'anima pia, quel grand'anima,
     	gli dèi con Indra e assieme ai grandi ṛṣi lo avvicinarono,

   9 	Indra allora era gioioso per il soma, e i brahmani per le ricche dakṣiṇa,
     	del ṛṣi regale Vyuṣitāśva, di quel grand'anima in quel sacrificio,

  10 	Vyuṣitāśva allora o re, compiaceva gli immortali,
     	e tutti i viventi, come il caldo sole nella stagione fredda,

  11 	quel migliore dei re vinceva e sottometteva i sovrani,
     	orientali, settentrionali, meridionali e mediani, dopo averli assaliti, 

  12 	il potente Vyuṣitāśva, col grande sacrificio dell'aśvamedha
     	diventava re dei re, lui dotato della forza di dieci elefanti,

  13 	e quaggiù le sue lodi cantavano le genti esperte dei purāṇa,
     	e Vyuṣitāśva conquistando l'intera terra racchiusa dal mare,
     	governava tutti i varṇa, come un padre i propri figli,

  14 	sacrificando con grandi riti, e distribuendo ricchezze ai brahmani,
     	e raccogliendo infinite gemme celebrava i grandi sacrifici,
     	e compiva molte spremute di soma, e celebrava i riti del soma,

  15 	aveva una moglie discendente di Kakṣīvat assai stimata,
     	di nome Bhadrā, o signore di uomini, impareggiabile per bellezza sulla terra,

  16 	ed è noto che i due si amavano l'un l'altra,
     	egli folle di lei cadde preda di una malattia polmonare,

  17 	e per questa in breve tempo deperiva come il sole fa al tramonto,
     	e in questa malattia del sovrano la moglie era molto afflitta,

  18 	e di esser senza figli o tigre tra gli uomini, si lamentava, così si dice,
     	Bhadrā supremamente addolorata, questo sappi o signore di uomini:

  19 	'la donna o sapiente del supremo dharma, priva di ogni figliolanza,
     	che vive senza marito, piena di dolore, non sopravvive ella,

  20 	è meglio la morte per una donna senza marito o toro degli kṣatriya,
     	io voglio seguire questa sorte, acconsenti e conducimi,

  21 	senza di te anche un solo momento io non sono capace di vivere,
     	fammi la grazia o re, via da qui rapido conducimi,

  22 	io verro dietro a te nel bene e nel male,
     	a te che te ne vai senza tornare o tigre fra gli uomini,

  23 	come un ombra o re sempre a te soggetta senza mai abbandonarti,
     	io o tigre fra gli uomini, sempre sarò intenta al tuo bene,

  24 	da oggi in avanti o re, io, addolorata, col cuore avizzito,
     	sarò assalita dalle sofferenze priva di te o occhi di loto,

  25 	caduta io nella sventura essendo separata dal mio compagno,
     	congiunta a lui o separata anche nei precedenti corpi o principe,

  26 	questo deve accadere per delle male azioni fatte nelle precedenti vite,
     	il dolore mi sommerge o re, se sono separata da te,

  27 	da ora in poi o re, io giacendo su un mucchio di erba kuśa,
     	sarò penetrata dall'infelicità, devota alla tua immagine,

  28 	mostrati buono o tigre degli uomini, com me sopraffatta dall'infelicità,
     	io sono afflitta, senza marito, compassionevole, lamentevole o signore di uomini.'

  29 	così lamentandosi ella in vari modi e ripetutamente,
     	mentre abbracciava il corpo del marito, una voce invisibile diceva:

  30 	'alzati o Bhadrā, e vai, io ti concederò una grazia,
     	io genenererò con te figliolanza o bel-sorriso,

  31 	nel mio giaciglio o bel-culetto, nel quattodicesimo giorno,
     	o nell'ottavo, dopo purificata dal mestruo, unisciti con me.'

  32 	così apostrofata la regina, così faceva la fedele al marito,
     	Bhadrā per aver dei figli, quanto la voce le aveva detto, 

  33 	e la regina generava con quel corpo morto o signore di uomini,
     	dei figli, tre śālva e quattro madra o migliore dei bhārata,

  34 	in questo modo anche tu in me con la tua mente o toro dei bhārata,
     	per la forza dello yoga e del tapas che hai, sei in grado di generare dei figli.”


     	
                              CXIII

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così da lei apostrofato diceva di nuovo alla regina, il re,
     	sapiente del dharma, queste parole piene di dharma:

   2 	“ così a quel tempo agiva o Kuntī, Vyuṣitāśva,
     	come tu mi hai raccontato o nibildonna, egli era dunque simile agli immortali,

   3 	ma io ti parlerò del dharma, ascoltami dunque:
     	dai ṛṣi, grandi anime e sapienti del dharma, un tempo si vide

   4 	che le donne allora erano prive di vesti o bel-viso,
     	divertendosi elle secondo i propri desideri, a proprio piacimento o begl'occhi,

   5 	e per la loro giovinezza quando trasghedivano ai mariti o bellissima,
     	non era contro il dharma, o bel-culetto, questo era l'antico dharma,

   6 	e questo antico dharma, le creature nate in un grembo animale,
     	seguono anche oggi, senza ripugnanza o desiderio,
     	e questo antico dharma seguito era allora e onorato dai grandi ṛṣi,

   7 	e tra i kuru del nord anche oggi vige o belle-coscie, 
     	questo eterno dharma benefico per le donne,

   8 	la morale di questo mondo, da non molto, o bel sorriso,
     	fu stabilita, e in che modo lo fu, questo dunque ascolta da me, 

   9 	vi era un grande ṛṣi di nome Uddālaka, cosi abbiamo udito,
     	e lui aveva un figlio, un muni che era chiamato Śvetaketu, 

  10 	e la regola morale degli uomini fu fatta da lui, così abbiamo udito,
     	per la sua ira, o occhi-di-loto, per quale motivo ascolta da me:

  11 	un giorno, davanti al padre di Śvetaketu, la madre
     	era afferrata con le mani da un brahmano che le disse: andiamo!

  12 	il figlio del ṛṣi allora non sopportandolo cadeva nell'ira,
     	avendo vista la madre condotta via quasi con la forza,

  13 	e il padre avendo visto Śvetaketu furioso gli diceva:
     	' non essere furioso o figlio, questo è il dharma eterno,

  14 	senza vesti sono le donne di tutti i varṇa sulla terra,
     	come le vacche esse sono o figlio, e le creature in ogni varṇa.'

  15 	Śvetaketu, il figlio del ṛṣi, non sopportava allora questo dharma,
     	e stabilì allora questa nostra regola morale tra uomini e donne sulla terra,

  16 	tra gli esseri umani o gloriosa, ma non tra gli altri viventi,
     	da allora in poi questa morale fu stabilita, così noi abbiamo udito:

  17 	'che le donne che si allontanano dal marito da oggi in poi siano in fallo,
     	e che sia causa di infelicità come il male dell'aborto,

  18 	e chi violi una moglie fedele al marito o una casta vergine,
     	anche costui diverrà sulla terra un peccatore,

  19 	e la moglie che comandata dal marito di fare dei figli,
     	non lo faccia, anche essa diverrà al pari di questo.'

  20 	così da lui allora o timida, fu stabilita con la forza, la morale,
     	nel dharma, dal figlio di Uddālaka, da Śvetaketu,

  21 	e dal figlio di Sudāsa comandata di produrre figliolanza o tonde-coscie, 
     	Madayantī si univa col ṛṣi Vasiṣṭha, così noi abbiamo udito,

  22 	e da lui quella splendida, un figlio di nome Aśmaka otteneva,
     	quella moglie, per desiderio di compiacere il marito Kalmāṣapāda,

  23 	e anche di noi tu conosci la nascita o occhi di loto,
     	compiuta da Kṛṣṇa il dvaipāyana, per la continuazione della stirpe dei kuru,

  24 	quindi guardando a tutte queste vicende,
     	questo mio discorso conforme al dharma tu devi compiere o virtuosa,

  25 	in ciascun periodo fertile o figlia di re, o ferma nei voti, la moglie al marito
     	non deve disobbedire, così sanno essere il dharma i sapienti di esso,

  26 	nei restanti altri periodi la donna deve essere autonoma,
     	questo anticamente chiamavano dharma le genti virtuose,

  27 	la moglie o figlia di re, quello che dice il marito sia nel dharma o 
     	contrario ad esso, deve compiere, così sanno i sapiente del dharma,

  28 	specialmente se desideroso di figli senza prole propria, 
     	come io sono o membra-perfette, ardentamente desideroso di figli,

  29 	così le mie palme dalle rosse dita simili a petali di loto o bella,
     	son unite alzate sulla mia testa per chiederti questa grazia,

  30 	per mio desiderio o bei-capelli, da un brahmano superiore per tapas,
     	dei figli pieni di qualità tu mi devi generare,
     	e per merito di ciò io potrò raggiungere o larghi-fianchi, il mondo di chi ha prole”

  31 	così apostrofata allora Kuntī a Pāṇḍu conquistatore di città nemiche,
     	rispondeva quel bel-culetto, felice di compiacere il marito,

  32 	“ quando io era fanciulla nel palazzo paterno, addetta a servire gli ospiti,
     	io servivo allora un severo brahmano dai fermi voti,

  33 	seguace di un segreto dharma che tutti conoscevano come Durvāsasa,
     	io con ogni sforzo soddisfacevo lui dall'anima formata,

  34 	quel venerabile mi conferiva un dono dotato di poteri magici,
     	alcuni mantra mi dava e mi diceva questo allora:

  35 	'qualunque dio tu con questo mantra evocherai,
     	volente o nolente egli cadrà in tuo potere.'

  36 	così mi disse allora nel palazzo paterno o bhārata, 
     	quel brahmano, di realizzare quelle parole il tempo è giunto,

  37 	e col tuo permesso io posso invitare un dio o sovrano,
     	con questo mantra o re e ṛṣi, per aver noi dei figli o illustre,

  38 	dimmi quale dio io debba evocare o migliore dei veri sapienti, 
     	col tuo permesso sappimi in attesa, pronta a questa azione.”

  39 	Pāṇḍu disse:
     	“ ora tu o bel-culetto comportati secondo le regole,
     	evoca Dharma, o bella, tra gli dèi il più degno di venerazione,

  40 	nell'adharma, Dharma non potrà in alcun modo unirsi a noi,
     	il mondo stesso o bel-culetto, è ritenuto Dharma,

  41 	e il più virtuoso tra i kuru egli sarà senza dubbio,
     	e pure il cuore di quello che ci darà Dharma, non può rallegrarsi nell'adharma,

  42 	perciò Dharma per primo tu chiamerai o dolce-sorriso,
     	con la tua preghiera magica evoca dunque Dharma.”

  43 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	ella così dal marito apostrofata assentendo, lei dalle eccellenti membra, 
     	autorizzata, salutandolo gli girava attorno nella pradakṣiṇa.


     
                              CXIV

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	mentre da un anno era gravida Gāṇḍārī o Janamejaya,
     	Kuntī evocava per averne un figlio l'incrollabile Dharma,

   2 	la regina rapida a Dharma conferiva un'offerta,
     	e pronunciava rettamente la formula, datale un tempo da Durvāsasa,

   3 	ed ella unitasi a Dharma, che per lo yoga aveva una forma umana,
     	ottenne per figlio quel bel-culetto, il migliore di tutti i viventi,

   4 	essendo la luna nell'aindra, nell'ottavo muhūrta detto abhijita, 
     	di giorno a metà cammino del sole, nel tithi santo più auspicabile,

   5 	al momento giusto Kuntī partoriva un figlio perfetto e splendido,
     	e appena nato quel figlio una voce incorporea diceva:

   6 	“costui il migliore dei sostenitori del dharma sarà senza dubbio,
     	chiamato con nome di Yudhiṣṭhira, il figlio primogenito di Pāṇḍu,

   7 	diverrà il celebrato e famoso re dei tre mondi,
     	dotato di gloria, energia e di buona condotta.”

   8 	ottenuto un figlio da Dharma, Pāṇḍu a lei di nuovo diceva:
     	“ dicono che lo kṣatriya è il più forte, scegli un figlio dal migliore dei forti.”

   9 	quindi, come invitata dal marito, ella dunque evocava Vāyu,
     	e da lui nacque il grandi-braccia Bhīma dal terribile ardore,

  10 	anche a quell'incrollabile forte appena nato, una voce si rivolgeva:
     	“ oggi è nato il migliore di tutti i forti.” così o bhārata,

  11 	questo portento avvenne al momento in cui nacque ventre-di-lupo,
     	che dalle ginocchia della madre caduto, una roccia con le membra frantumava,

  12 	Kuntī infatti, presa dalla paura di un tigre e all'impprovviso alzatasi,
     	non s'avvedeva che ventre-di-lupo era addormentato sul suo grembo,

  13 	e quindi quel bambino violento come una folgore s'abbatteva su una roccia,
     	e da lui colpita con le membra, la roccia si frantumava in cento pezzi,
     	Pāṇḍu, vedendo frantumarsi quella roccia, cadeva nella meraviglia,

  14 	nel giorno in cui nacque Bhīma o migliore dei bhārata,
     	anche Duryodhana, là nasceva o signore della terra,

  15 	nato dunque ventre-di-lupo, Pāṇḍu ancora pensava:
     	“ in che modo possa io avere il migliore figlio, che sia il migliore al mondo?

  16 	questo mondo è fondato sul destino e sull'azione umana,
     	e la fortuna si ottiene al momento opportuno,

  17 	Indra, il re degli dèi è il più importante, così abbiamo udito,
     	capace di impareggiabile forza, valoroso, dall'infinito splendore,

  18 	lui soddisfacendo con il tapas, io otterrò un figlio fortissimo,
     	egli mi darà un figlio che sarà il migliore,
     	con l'agire, colla mente e la parola, perciò io mi impegnerò in un grande tapas.”

  19 	quindi il potentissimo Pāṇḍu consigliatosi coi grandi ṛṣi,
     	ordinava a Kuntī quel kaurava, un sublime voto di un anno,

  20 	e lui stesso quel grandi-braccia stava ritto su un piede solo,
     	e si impegnava in un fiero tapas, con suprema applicazione,

  21 	desideroso di guadagnare il favore del signore dei trenta dèi,
     	lo praticava quell'anima pia, lungo il corso giornaliero del sole,

  22 	dopo lungo tempo il Vāsava a lui diceva: 
     	“ un figlio io ti darò celebrato nei tre mondi,

  23 	supporto degli dèi, dei brahmani e degli amici,
     	il miglior figlio io ti darò, distruttore di tutti i nemici.”

  24 	così apostrofato il re dei kuru, dal Vāsava grand'anima, 
     	diceva a Kuntī, quell'anima pia, ricordando le parole del re degli dèi,

  25 	“un figlio di ottima condotta, grand'anima, splendido come il sole,
     	invincibile, dedito ai riti sacri, meraviglioso a vedersi,

  26 	un tale figlio genera o bel-culetto, delizia dei potenti kṣatriya,
     	io ho ottenuto il favore di Indra, lui dunque evoca o dolce-sorriso.”

  27 	così apostrofata dunque, quella splendida evocava Śakra,
     	giunse dunque il re degli dèi, e generava Arjuna,

  28 	al momento della nascita del principe, una voce incorporea parlava,
     	con tono profondo, facendo risuonare il cielo:

  29 	“ pari a Kārtavīrya, o Kuntī, coraggioso come Śibi,
     	vittorioso come lo stesso Śakra estenderà la tua gloria,

  30 	quanto la gioia di Aditī fu resa grande da Viṣṇu,
     	tanto Arjuna pari a Viṣṇu, la tua gioia aumenterà,

  31 	egli i madra soggiogando, e i kuru assieme ai kekaya,
     	e i cedi e i kāśi e i karūṣa, innlzerà le insegne dei kuru,

  32 	per la forza del suo braccio, il fuoco veicolo dell'offerta, nella selva khāṇḍava,
     	col grasso di tutti quegli esseri otterrà suprema soddisfazione,

  33 	questo principe, dalla grande forza vincendo i signori della terra,
     	assieme ai fratelli quel valoroso, tre grandi medha celebrerà,

  34 	pari al figlio di Jamadagni, o Kuntī, simile a Viṣṇu per coraggio,
     	costui diverrà invincibile, il migliore dei valorosi,

  35 	e interamente maneggerà le armi divine,
     	e lui, toro fra gli uomini, riconquisterà le perdute ricchezze.”

  36 	e queste miracolose parole alla nascita del figlio di Kuntī,
     	nel cielo pronunciava Vāyu, e Kuntī ascoltava queste

  37 	sue parole pronunciate, e forte approvandole gli asceti,
     	una suprema gioia penetrava gli abitanti dello śataśṛṅga

  38 	e quindi da parte dei ṛṣi divini, e dei celesti accompagnati da Indra,
     	nel cielo sorgeva un tumultuoso suono di tamburi,

  39 	e innalzava questo grande suono accompagnato da piogge di fiori,
     	e avvicinatesi le schiere degli dèi al pṛthāde, lo veneravano,

  40 	il figli di Kadrū e quelli di Vinatā e i gandharva e le apsaras,
      	i signori delle creature e tutti e sette i grandi ṛṣi,

  41 	Bharadvāja, Kaśyapa, e Gautama, Viśvāmitra, Jamadagni, Vasiṣṭha,
     	e venne pure il beato Atri, lui che illuminò il cielo quando il sole cessò,

  42 	e Marīci, Aṅgiras, Pulastya, Pulaha, Kratu,
     	Dakṣa e amche Prajāpati, assieme a gandharva e apsaras,

  43 	indossando divine ghirlande, adornate di ogni ornamento,
     	le apsaras danzarono e cantarono per Bībhatsu,
     	e assieme ai gandharva, il glorioso Tumburu cantava,

  44 	e Bhīmasena e Ugrasena, e Ūrṇāyue pure Anagha,
     	Gopati, e Dhṛtarāṣṭra e Sūryavarcas per settimo,

  45 	Yugapa, Tṛṇapa, Kārṣṇi, Nandi, e Citraratha,
     	e Śāliśiras per tredicesimo, e Parjanya quattordicesimo,

  46 	e quindicesimo Kali, e Nārada sedicesimo,
     	sia Sat, che Bṛhat, che Bṛhaka, che Karāla di grande gloria,

  47 	e il brahmacārin Bahuguṇa, e il celebre Suparṇa,
     	Viśvavasu, e Bhumanyu e Sucandra e pure Daśama,

  48 	e i due famosi Hahā e Huhū dotati di dolcissimi canti e musiche.
     	tutti questi divini gandharva là cantavano quel toro fra gli uomini,

  49 	e pure le apsaras gioiose, adornate di ogni ornamento,
     	danzarono, e cantarono, meravigliose coi loro grandi occhi, 

  50 	e Anūnā, e Anavadyā, e Priyamukhyā, Guṇāvarā,
     	e Adrika, e Sācī, Miśrakeśī, Alambusā,

  51 	Marīci, Śicukā, Vidyutparṇā, Tilottamā,
     	Agnikā, Lakṣaṇā, Kṣemā, Devī, Rambhā, Manoramā,

  52 	e Asitā e Subāhus, Supriyā, e pure Suvapus,
     	Puṇḍarīkā, Sugandha, Surathā, e Pramāthinī,

  53 	Kamyā, e Śāradvatī, là danzavano tutte insieme,
     	e Menakā, Sahajanyā, e Parṇikā, e Puñjikasthalā,

  54 	Kratusthalā, e Ghṛtācī e pure Viśvacī e Pūrvacitti,
     	Umlocetī, Abhivikhyātā, e Pramlocā questa per decima,
     	e undicesima Urvaśi, queste dai grandi occhi là cantavano,

  55 	e Dhātṛ e Aryaman, e Mitra e Varuṇa, Aṃśa e Bhaga,
     	Indra, Vivasvat, Pūṣan, e Tvaṣṭṛ, e pure Savitṛ,

  56 	Parjanya, e Viṣṇu, gli āditya soffusi di splendore,
     	stavano attorno al pāṇḍava glorificandone la grandezza,

  57 	e Mṛgavyādha, e Śarva, e il potentissimo Nirṛti, 
     	Ajaikapād, Ahirbudhnya, e l'armato del tridente tormenta-nemici,

  58 	e Dahana, e Īśvara, e Kapālin o signore di popoli,
     	Sthāṇu, e Bhava il beato, e i rudra là stavano,

  59 	i due aśvin, e gli otto vasu, i fortissimi marut,
     	e i viśvedeva, e i sādhya, la erano fermi attorno,

  60 	e Karkoṭaka, e Śeṣa, e Vāsuki il serpente,
     	e Kacchapa, e Apakuṇḍa, e Takṣaka il grande uraga,

  61 	vennero pieni di splendore, fortissimi e irascibili,
     	questi e molti altri Nāga là schierati,

  62 	e Tārkhya, e Ariṣṭemi, Garuḍa, Asitadhvaja,
     	e Aruṇa e Aruṇi, i figli di Vinatā erano là in piedi,

  63 	vedendo quel grande portento, erano stupiti quegli ottimi muni,
     	una grandissima devozione avevano allora verso i pāṇḍava,

  64 	ma Pāṇḍu il glorioso, per brama di figli ancora a lei
     	dalle bellissime membra si rivolgeva, ma Kuntī a lui diceva:

  65 	“non vi sia un quarto parto pur nelle avversità, così dicono,
     	andando io con un altro sarebbe il quinto e diverrei una cortigiana,

  66 	perchè tu conoscendo questo dharma che pure io conosco,
     	per aver ancora figli, violandolo quasi per negligenza parli?”


     	
                              CXV

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	nati dunque i figli di Kuntī e quelli di Dhṛtarāṣṭra,
     	la figlia del re dei madra in privato a Pāṇḍu diceva le parole:

   2 	“ mai io feci a te o tormenta-nemici, affesa seppur piccola,
     	non essendo di minore rango, ma standovi sempre generosa o senza-macchia,

   3 	cento figli o sovrano sono nati a Gāndhārī, 
     	e questo udendo ne ho avuto dolore o rampollo dei kuru,

   4 	questo è per me un grande dolore che essendo pari a lei sono senza figli,
     	e per fortuna che ora anche di mio marito vi è una progenia da parte di Kuntī,

   5 	se però la figlia del re dei kunti, in me continuare la figliolanza
     	facesse, un favore per me sarebbe e un beneficio per te,

   6 	è difficile per me dato il comune marito parlare alla figlia del kunti,
     	ma se hai favore per me, tu stesso  dunque chiedi a lei.”

   7 	Pāṇḍu disse:
     	“ pure a me o Mādrī, si agita in cuore questo intento,
     	ma non fui capace di dirtelo per il dubbio se tu volessi o no,

   8 	ma conosciuta questa tua idea, io mi sforzero da questo momento,
     	io penso che da me richiesta ella certamente acconsentirà alle mie parole.”

   9 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	quindi Pāṇḍu di nuovo in privato diceva questo a Kuntī:
     	“ agisci per il bene del mondo e per la continuazione della mia stirpe,

  10 	per evitare la mancanza di riti per me, per gli antenati e per te,
     	e per mio amore, compi questo supremo beneficio o nobildonna, 

  11 	e per ottenere gloria compi un'azione ardua a farsi,
     	attraverso i sacrifici, per averne gloria Indra ottenne la sovranità,

  12 	e così fanno i savi sapienti dei mantra particando il tapas arduo da compiersi,
     	e vanno alla ricerca dei guru, per averne gloria o bellissima,

  13 	e così tutti i re ṛṣi, e i brahmani ricchi in tapas,
     	compirono imprese grandi e piccole e difficili, per averne gloria,

  14 	e tu pure come una nave conducendo Mādri o irreprensibile,
     	a condividere con te la figliolanza otterrai suprema gloria.”

  15 	così apostrofata, ella diceva: “subito pensa ad una divinità,
     	e da questa ne avrai figliolanza di apetto simile senza dubbio.”

  16 	allora Mādrī quasi dubbiosa con la mente pensava ai due aśvin,
     	e giunti questi due con lei generavano due gemelli,

  17 	Nakula e Sahadeva, impareggiabili per bellezza sulla terra,
     	e anche ai due gemelli una voce incorporea diceva:

  18 	“ questi due hanno bellezza e la qualità sattva più degli altri nati,
     	e superiori sono per energia e splendidi, e dotati di forza e bellezza.”

  19 	l'imposizione dei loro nomi la fecero gli abitanti del śataśṛṅga,
     	con fede e con le azioni e con benedizioni o signore di popoli,

  20 	il maggiore fu chiamato Yudhiṣṭhira, e Bhimasena il mezzano,
     	e Arjuna il terzo, così misero nell'ordine i figli di Kuntī,

  21 	e il primo nato Nakula e l'altro Sahadeva,
     	chiamarono i due figli di Mādrī, quei savi contenti in cuore,
     	e sono nati un anno dopo l'altro questi migliori dei kuru.

  22 	ancora Pāṇḍu incitava Kuntī in favore di Mādrī,
     	ma Pṛthā o re, da lui in privato richiesta, sempre gli diceva quella virtuosa:

  23 	“ concessa da me, una coppia insieme ella ottenne, da ciò io fui ingannata
     	io temo un'altro suo inganno, questo è lo scopo di tali donne,

  24 	io non sapevo sciocca che ero, dell'evocazione della coppia e dei due frutti,
     	perciò io non devo essere da te obbligata, questo sia il mio privilegio.”

  25 	così furono cinque i fortissimi figli di Pāṇḍu, per dono degli dèi
     	nati, pieni di gloria essi continuarono la stirpe di kuru,

  26 	dotati di splenditi attributi, come la luna erano belli a vedersi,
     	orgogliosi come leoni, grandi arcieri, dalle movenze e coraggio di leoni,
     	con colli leonini, questi re fra gli uomini, crebbero simili a dèi,

  27 	e cresciuti là sui puri monti dell'himavat,
     	facevano nascere la meraviglia dei grandi ṛṣi là riuniti,

  28 	questi cinque e gli altri cento rampolli delle stirpe dei kuru,
     	tutti crebbero in breve tempo come loti nell'acqua.


     	
                              CXVI

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	e Pāṇḍu allora questi bellissimi cinque figli nella grande selva guardando,
     	e proteggendoli con la forza del proprio braccio, su quell'amena montagna, 

   2 	al tempo dei mesi primaverili con la selva piena di fiori,
     	nello stupore dei viventi il re, con la moglie percorreva la foresta,

   3 	tra i fiori di sesamo, di mango di campaka, e di pāribhadraka,
     	e di molti altri alberi, coperti di fiori e frutti,

   4 	e abbellita da svariati laghetti di loti,
     	vedendo quella foresta, nel cuore di Pāṇḍu sorgeva la passione,

   5 	e a lui che con mente gioiosa si trascinava quasi verso la morte,
     	Mādrī si avvicinana allora indossando un bellissima veste,

   6 	e scorgendola nel fiore degli anni, vestita di abiti leggeri,
     	il suo desiderio crebbe, come il fuoco sorto in un bosco,

   7 	e di nascosto avendola vista dagli occhi di loto uguali a sé stesso,
     	non riusciva a trattenere il desiderio, preso dalla forza dell'eros,

   8 	e quindi il re con forza la afferrava in un luogo appartato,
     	respinto dalla regina, che si agitava con tutte le forze,

   9 	egli col cuore rapito dall'eros, dimenticava la maledizione,
     	compiendo quasi con la forza l'unione matrimoniale con Mādrī,

  10 	e giunto alla fine della sua vita il kaurava, cadeva preda della passione,
     	e cacciata la paura della maledizione, prendeva con la forza l'amata,

  11 	la sua stessa ragione confusa in breve tempo, preso dal desiderio,
     	avendone tutti i sensi agitati, perduta ogni ragione,

  12 	con la moglie unendosi o rampollo dei kuru,
     	Pāṇḍu quell'anima supremamente pia, incontrava le legge del destino,

  13 	allora Mādrī abbracciando il re senza vita,
     	mandava ripetutamente grandi grida di dolore,

  14 	e allora Kuntī coi suoi figli e i due pāṇḍava figli di Mādrī,
     	accorrevano insieme là dove il re giaceva,

  15 	allora Mādrī afflitta diceva o re, queste parole a Kuntī:
     	“tu sola avvicinati, che i figli lì si fermino.”

  16 	udendo le sue parole ella fermando i figli,
     	e gridando: “sono morta.” rapida si avvicinava

  17 	e vedendo Pāṇḍu e Mādrī, entrambi distesi al suolo,
     	Kuntī con le membra soverchiate dalla sofferenza, si lamentava piena di dolore,

  18 	“ sempre il valoroso da me fu protetto come fosse me stessa,
     	perché tu conoscendo la maledizione dell'abitante della selva l'hai trasgredita?

  19 	forse che dunque il sovrano non doveva essere da te protetto?
     	perché dunque hai sedotto appartandoti, il monarca?

  20 	perché tu di quel misero che ti ha incontrata in luogo appartato, 
     	di lui che pensava alla meledizione, hai fatto sorgere l'eccitazione?

  21 	tu certo sei più felice e fortunata di me o bāhlīkī,
     	che hai veduto il viso del signore della terra, felice.”

  22 	Mādrī disse:
     	“quando tentava di sedurmi, molte volte lo fermavo,
     	ma egli non trattenendosi in alcun modo cercava il suo fato.”

  23 	Kuntī disse:
     	“ io sono la prima moglie legittima, e mio è dunque il miglior frutto nel dharma,
     	quindi Mādrī non allontanare da me il rango che di certo mi aspetta,

  24 	io seguirò il marito che ha raggiunto la dimora dei morti,
     	alzati tu, lascialo e abbi cura dei figli.”

  25 	Mādrī disse:
     	“ io seguirò il marito che ancora non è andato,
     	non mi soddisfa che questo sia tra i privilegi dati alla prima moglie, 

  26 	unendosi con me per amore, quel migliore dei bhārata è morto,
     	come posso dunque calmare il suo desiderio se non nella dimora di Yama?

  27 	e pure io non so agire senza alcuna differenza coi tuoi figli,
     	se io compirò o nobile questa condotta, il male mi toccherà, 

  28 	perciò Kuntī tu devi trattate i miei due figli come i tuoi,
     	pieno di amore per me il re è andato alla dimora dei morti,

  29 	assieme al corpo del re anche il mio corpo
     	deve essere bruciato, sul suo, questo beneficio o nobile, compi per me,

  30 	e tu sarai la cura dei figli e mia benefattrice,
     	altro io non vedo cosa debba comunicare.”

  31 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	così avendo parlato quella legittima moglie, posto il toro fra gli uomini sul fuoco,
     	la figlia del re dei madra rapidamente vi saliva quella splendida.



     
                              CXVII

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	compiuto il rito funebre di Pāṇḍu, i grandi ṛṣi simili agli dèi,
     	riunitisi per prendere consiglio quegli asceti:

   2 	“ lasciato il trono e il regno il grand'anima, dal grande tapas,
     	in questo luogo a praticare il tapas, cercando rifugio tra gli asceti,

   3 	i figli appena nati e le mogli nelle vostre mani quaggiù
     	affidando, il re Pāṇḍu è andato in cielo.”

   4 	essi contenti del bene di tutti gli esseri l'un l'altro consultandosi,
     	posti in testa i figli di Pāṇḍu verso la città che ha nome dagli elefanti,

   5 	posero mente ad andare, quei siddha dal nobile pensiero,
     	per affidare i pāṇḍava a Bhīṣma e a Dhṛtarāṣṭra,

   6 	in un istante tutti partirono, prendendo con sè
     	la moglie e i figli e il corpo di Pāṇḍu quegli asceti,

   7 	felice diventata lei che era sempre affezionata ai figli,
     	la poverina pensava fosse lungo il cammino che era breve,

   8 	ella in non lungo tempo avendo raggiunta kurujāṅgala,
     	si avvicinava alle porte della città di vardhamāna, quella splendida donna

   9 	dell'arrivo di migliaia di muni e cāraṇa allora
     	avendo saputo, nella città degli elefanti grande meravaglia sorgeva agli uomini,

  10 	al sorgere del sole tutti avendo atteso prima al dharma,
     	i cittadini partirono con le mogli, a vedere gli asceti,

  11 	schiere di donne e di kṣatriya, si trovavano su vari veicoli,
     	e assieme ai brahmani uscivano le donne dei brahmani,

  12 	e grande era la confusione delle schiere dei vaiśya e degli śūdra,
     	nessuno era invidioso dell'altro, erano raccolti nel dharma,

  13 	quindi Bhīṣma il figlio di Śaṃtanu, e Somadatta il re dei bāhlika,
     	e il ṛṣi regale il re cieco, e lo kṣattṛ Vidura in persona,

  14 	e la regina Satyavatī, e la splendida Kausalyā, 
     	e Gāndhārī attorniata dalle mogli dei re, uscivano,

  15 	e i figli di Dhṛtarāṣṭra con Duryodhana in testa,
     	adornati di vari ornamenti, tutti e cento uscivano,

  16 	e a tutte quelle schiere di grandi ṛṣi inchinandosi con le teste,
     	tutti i kaurava sedettero assieme ai capellani,

  17 	e quindi a terra inchinate le teste salutando onorevolmente,
     	si sedettero pure tutti gli abitanti della città,

  18 	avendo percepito la moltitudine quasi ovunque in silenzio,
     	Bhīṣma offriva il trono e il regno a quei grandi ṛṣi,

  19 	alzatosi allora il più anziano di costoro vestito di pelli e coi capelli raccolti, 
     	il grande ṛṣi, conoscendo l'opinione dei grandi ṛṣi questo diceva:

  20 	“il rampollo dei kuru, il sovrano che ha nome Pāṇḍu,
     	beni e desideri rigettando, è venuto sul śataśr̥ṅga,

  21 	per grazia divina a lui che era fermo nel voto di castità
     	da Dharma in persona questo figlio è nato: Yudhiṣṭhira,

  22 	e quindi al re grand'anima il vento dava il migliore dei forti
     	un figlio fortissimo dava di nome Bhīma,

  23 	da Indra che molti invocano, naque da Kuntī, il vero valoroso,
     	la cui fama sorpasserà ogni altro grande arciere,

  24 	questi due grandi arcieri, i migliori dei kuru che Mādrī ha partorito,
     	dal due aśvin, queste due tigri tra gli uomini sono qui in piedi,

  25 	da lui che sempre nel dharma agiva, splendido nella residenza silvestre,
     	da Pāṇḍu la discendenza ancestrale di nuovo è sorta,

  26 	la nascita dei figli, la loro condotta e lo studio dei veda,
     	sempre osservando Pāṇḍu, il bene universale incrementava,

  27 	e avendo percorso il sentiero dei virtuosi, e ottenuta la figliolanza,
     	Pāṇḍu ha raggiunto il mondo degli avi, diciassette giorni fa,

  28 	e vedendo lui morto avvolto nella bocca del fuoco che tutto divora,
     	Mādrī entrava nel fuoco, abbandonado la propria vita,

  29 	ella devota, con lui andando al mondo del marito,
     	di lei e di lui immediatamente sia eseguito il rito funebre,

  30 	questi i corpi dei due, e questi sono i figli e i beni dei due,
     	e con i debiti riti siano accolti assieme alla madre questi tormenta-nemici,

  31 	e compiuti i riti funebri il grande sacrificio degli avi ottenga 
     	il glorioso Pāṇḍu, sapiente di ogni dharma, e continuatore della stirpe dei kuru.”

  32 	così avendo parlato a tutti i kuru, davanti al loro sguardo,
     	in un attimo sparivano tutti i cāraṇa assieme ai guhyaka,

  33 	e simile ad una città di gandharva nel cielo, sparire 
     	vedendo quella schiera di ṛṣi e di siddha essi ne ebbero suprema meraviglia.
     	
     
                              CXVIII



   1 	Dhṛtarāṣṭra disse:
     	“ o Vidura compi tutti i riti funebri per Pāṇḍu,
     	leone tra i re, come spetta ad un re, e per Mādrī secondo il suo rango,

   2 	animali, abiti, gemme, e ricchezze varie
     	per Pāṇḍu e per Mādrī dona, quanto ciascuno ne desideri,

   3 	e gli onori che Kuntī voglia fare a Mādrī, questi compi,
     	e affinchè né il vento né il sole la veda rivestila,

   4 	che non soffra Pāṇḍu il senza-macchia, l'eccellente sovrano,
     	i cui cinque figli valorosi sono nati come figli divini.”

   5 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	rispondendo di si, Vidura assieme a Bhīṣma o bhārata,
     	adornava Pāṇḍu in un luogo estremamente protetto,

   6 	quindi con davanti dei portatori di ājyahoma rapidamente dalla città
     	portarono fuori dei fuochi accesi per Pāṇḍu, dai purohita reali,

   7 	e quindi con fiori e ghirlande profumate, e con vari altri beni,
     	la portantina adornarono dappertutto ricoprendola di teli,

   8 	e ad essa adornata di ghirlande di drappi e di grandi ricchezze,
     	stavano vicini ministri, parenti e amici,

   9 	e quel leone tra gli uomini con ornamenti supremi adatti a lui,
     	veniva trasportato coperto da drappi con un ottimo carro assieme a Mādrī,

  10 	con un parasole bianco e con un ventaglio di yak,
     	e con musiche di ogni strumento, lo abbellivano allora,

  11 	e moltissimi gioielli a centinaia raccogliendo gli uomini,
     	le davano a quelli che lo desideravano là sul corpo morto di Pāṇḍu,

  12 	quindi bellissimi bianchi e grandi ombrelli 
     	e splendide vesti portarono per il kaurava,

  13 	e le offerte ai fuochi furono compiute dagli offerenti biancovestiti,
     	e si recavano davanti a lui ben adornati e splendenti,

  14 	brahmani, kṣatriya, vaiśya e śūdra a migliaia,
     	lamentandosi, toccati dalla sofferenza, seguivano quel sovrano,

  15 	“ dipartendo egli, in un eterno dolore siamo caduti,
     	dove andrà il sovrano supremo protettore dei deboli?”

  16 	piangevano tutti i pāṇḍava, Bhīṣma e Vidura,
     	in quella gradevole foresta sulle belle rive della Gaṅgā,

  17 	e allora quegli uomini di sincera parola, trasportavano la portantina
     	di Pāṇḍu, leone tra gli uomini dalle instancabili imprese, assieme alla moglie,

  18 	quindi il suo corpo sparso di ogni profumo,
     	spalmato di polpa gialla di albero, e prima di polveri profumate,
     	rapidamente lo spruzzavano con le acque di cento giare di terracotta,

  19 	e prima lo ungevano con eccellente polpa bianca di sandalo,
     	mescolata con aloe nera, dall'alto aroma,

  20 	quindi lo rivestivano con bianchi abiti fatti in quei luoghi,
     	quel toro fra gli uomini vestito di abiti come fosse vivo,
     	splendeva quella tigre fra gli uomini giacendo su un preziosissimo letto,

  21 	e da quei sapienti officianti furono permessi i riti funebri,
     	e sparso di burro rituale il re, adornato assieme a Mādrī,

  22 	lo cospargevano di profumatissimo sandalo mescolato con forte padmaka,
     	e con altre varie profumate sostanze, lo cospargevano,

  23 	quindi vedendo quei due corpi, caduta in deliquio
     	Kausalyā cadeva al suolo dicendo: “ahime! figlio mio.”

  24 	e vedendola caduta e afflitta le genti della città e delle campagne,
     	lanciavano tutti un grande lamento pieni di compassione per la devozione al re,

  25 	e tutti, afflitti lanciarono un grido di dolore,
     	anche gli esseri nati in grembi animali, uniti agli uomini,

  26 	quindi Bhīṣma il figlio di Śaṃtanu e il grande saggio Vidura, 
     	e tutti i kaurava, gridavano forte presi dal dolore,

  27 	allora Bhīṣma e Vidura e il re assieme ai parenti,
     	e tutte le donne dei kuru compirono il suo rito funebre,

  28 	e compiuti i funerali, presi i pāṇḍava soverchiati dalla sofferenza,
     	tutti i sudditi o re, circondarono quei dolenti,

  29 	e quando i pāṇḍava si addormentarono a terra assieme ai parenti,
     	anche i cittadini o re, a cominciare dai brahmani si coricarono,

  30 	allora stando là senza gioia, senza piacere anche i bimbi,
     	l'intera città stava coi pāṇḍava per dodici interi giorni.


     
     
                              CXIX

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	quindi il re, lo kṣattṛ e Bhīṣma assieme ai parenti,
     	fecero allora l'offerta funebre per Pāṇḍu fatta con oblazioni e nettare,

   2 	e avendo nutrito i kuru a cominciare dai savi, a migliaia,
     	e mucchi di gemme avendo dato ai principali brahmani e pure ai capi villaggio,

   3 	e avendo purificati quei tori fra i bhārata dei pāṇḍava,
     	presili con loro i cittadini entravano nella città che ha nome dagli elefanti,

   4 	e continuamente si lamentavano addolorati per quel toro dei bhārata,
     	tutti gli abitanti della città e delle campagne, come se fosse morto un loro parente,

   5 	e compiuto lo śrāddha, vedendo la gente piena di dolore,
     	Vyāsa diceva alla madre desolata, afflitta dal dolore e dalla sofferenza:

   6 	“ passati i tempi felici,  tempi terribili si appressano,
     	prossimamente giorni peggiori vi saranno, la terra ha perduto la giovinezza,

   7 	sorgente di molti tradimenti, pieno di svariati peccati,
     	un terribile tempo vi sarà, in cui si violeranno le leggi del dharma,

   8 	recati tu, praticata la rinuncia e concentrata a vivere nella selva degli asceti,
     	non vedrai così la terribile distruzione della tua stirpe.”

   9 	a ciò acconsentendo ella entrata diceva alla nuora:
     	“Ambikā, per colpa di tuo figlio i bhārata,
     	coi loro parenti e nipoti periranno così abbiamo udito,

  10 	perciò la sfortunata Kausalyā, afflitta e colpita dal dolore per il figlio,
     	prendendo ci recheremo nella foresta se credi, la fortuna sia con te.”

  11 	avendo Ambikā risposto di si, quella ferma nei voti consigliatasi con Bhīṣma,
     	Satyavatī si recava nella foresta assieme alle due nuore o bhārata,

  12 	le regine praticato un terribile tapas, o migliore dei bhārata, 
     	lasciati i corpi o grande re, la meta desiderata raggiunsero,

  13 	e i pāṇḍava ottennero i perfetti insegnamentei dei veda,
     	e crebbero consumando i beni aviti nella dimora paterna,

  14 	e giocando assieme ai figli di Dhṛtarāṣṭra nel palazzo paterno,
     	e in tutti quei giochi di fanciulli i pāṇḍava erano i migliori,

  15 	nella velocità, nel vincere premi, nel mangiare, nel gettare a terra,
     	Bhīmasena tutti i figli di Dhṛtarāṣṭra, superava,

  16 	con gioia li afferrava mentre giocavano coi nidi di corvi,
     	e il pāṇḍava combatteva con loro afferrandoli per la testa,

  17 	quei cento e uno fanciulli di grande forza
     	da solo ventre-di-lupo dunque batteva senza troppa pena,

  18 	e afferratili per i piedi li abbatteva con forza quel forte,
     	li sbatteva a terra con le ginocchia e le fronti sbucciate,

  19 	egli afferrando dieci fanciulli con le braccia giocando nell'acqua,
     	si sedeva immerso nell'acqua, e li liberava mezzo morti,

  20 	quando essi salivano su un albero per coglierne i frutti,
     	allora Bhīma con un calcio squoteva il tronco,

  21 	allora dall'albero colpito dal calcio, essi fatti squotere,
     	precipitavano assieme ai frutti i fanciulli rapidamente caduti,

  22 	mai nella lotta o nella corsa o nei giochi ginnici, 
     	quei fanciulli competendo, ebbero la meglio su ventre-di-lupo,

  23 	e così competendo ventre-di-lupo coi figli di Dhṛtarāṣṭra,
     	fin da fanciullo era con loro in inimicizia, ma non con intenzioni perfide,

  24 	quindi quel tormenta-nemici, il figlio di Dhṛtarāṣṭra, trascurando la forza,
     	che sapeva essere di Bhīmasena, guardava a mezzi malvagi,

  25 	a lui che allontanatosi dal dharma, guardava alle mali azioni,
     	nasceva un malvagio pensiero, confuso essendo dalla brama di potere:

  26 	“quel migliore dei forti il figlio di Kuntī ventre-di-lupo,
     	il secondo dei figli di Pāṇḍu con l'inganno sia ucciso,

  27 	allora con ciò, sia il minore che il maggiore Yudhiṣṭhira,
     	conquistati e gettati in catene io governerò la terra.”

  28 	questa decisione avendo preso, il malvagio Duryodhana,
     	sempre osservava di nascosto Bhīma, grande anima,

  29 	quindi per poter giocare nell'acqua faceva costruire o bhārata,
     	svariati grandi padiglioni di legno e di teli,

  30 	e raggiunto a pramāṇakoṭi un qualche luogo elvato,
     	tolte le vesti da gioco, adornati e con vestiti puliti, 
     	con calma mangiavano il cibo secondo i loro desideri,

  31 	alla fine del giorno stanchi e separandosi quei rampolli dei kuru,
     	nei padiglioni di piacere, quei valorosi, godevano la residenza, 

  32 	esausto il forte Bhīma per i prodigiosi sforzi intrapresi,
     	trasportando i fanciulli a giocare nell'acqua, quello splendido,
     	a pramāṇakoṭi, uscendo dall'acqua, desiderando trovar dimora in quel luogo,

  33 	raggiunta quella fresca abitazione, stanco, intontito dal veleno,
     	privo di sensi il pāṇḍava o re, dormiva come un morto,

  34 	allora Duryodhana legando con strisce di lacci Bhīma con calma,
     	dalla riva con violenza gettava Bhīma nell'acqua profonda,

  35 	allora si svegliava il kuntīde, e lacerato ogni legame,
     	di nuovo usciva dall'acqua, Bhīma il migliore dei lottatori,

  36 	e di nuovo addormentato, da grandi serpenti velenosi dagli acuti denti,
     	e furiosi, fu morso in tutte le parti del corpo,

  37 	ma pur colpendo le sue membra i denti di quei mordaci serpenti,
     	non trapassavano la sua pelle per la durezza del suo ampio petto,

  38 	svegliatosi Bhīma, uccideva tutti quei serpenti,
     	e il suo caro auriga uccidendo con un manrovescio	

  39 	nel cibo di Bhīmasena, di nuovo mescolava il veleno
     	con nuovo fortissimo veleno in quantità da far rizzare i capelli.

  40 	il figlio della vaiśa allora rivelava ai figli di Pṛthā per il loro bene.
     	ma pur questo avendo mangiato lo digeriva senza alterazioni, ventre-di-lupo,

  41 	neppure quel potentissimo veleno gli arrecava qualche male,
     	Bhīma terribilmente robusto, anche quello digeriva.

  42 	così Duryodhana, Karṇa e Śakuni il figlio di Subala,
     	con molti espedienti tentarono di uccidere i pāṇḍava,

  43 	e i pāṇḍava uccisori di nemici pur di tutto accorgendosi,
     	ascoltando il consiglio di Vidura facevano finta di niente.


     
                              CXX

   1 	Janamejaya disse.
     	“ anche di Kṛpa o grande brahmano mi devi raccontare la nascita,
     	in che modo egli nacque da un cespuglio di canne, e come ottenne le armi?”

   2 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	del grande ṛṣi Gautama, vi era un figlio di nome Śaradvat,
     	un figlio invero o grande re, nato con le frecce o illustrissimo,

   3 	in lui allora non nasceva tanta conoscenza nello studio dei veda,
     	quanta ne aveva nell'arte dell'arco o tormenta-nemici,

   4 	quanto i veda studiavano attraverso il tapas i sapienti del brahman,
     	tanto lui attraverso il tapas tutte le armi otteneva,

   5 	e per la superiorità nell'arte dell'arco e col suo grande tapas,
     	quel gautamide preoccupava violentemente i re degli dèi,

   6 	allora il signore dei celesti ad un fanciulla divina di nome Jālapadī,
     	comandava: “ smuovilo dal suo tapas.” così o kaurava,

   7 	ella raggiunto il gradevole āśrama di Śaradvat, 
     	quella fanciulla seduceva il gautamide armato di arco e frecce,

   8 	il gautamide, vedendo nella foresta vestita di un solo abito, quell'apsaras 
     	sembrandogli incomparabile al mondo egli restava a bocca aperta,

   9 	l'arco e le frecce dalle sue mani caddero a terra,
     	e un tremore nel corpo sorgeva in lui vedendola,

  10 	e dal grande peso della conoscenza e dai meriti del tapas, 
     	si allontanava quel grande saggio pur dotato di suprema intelligenza,

  11 	per la passione che all'improvviso o re, sorgeva in lui,
     	per questa egli eiaculava il suo seme e non se ne avvedeva,

  12 	il muni quindi si allontanò dall'āśrama e dall'apsaras,
     	se ne andava e il suo seme cadeva su un cespuglio di canne,

  13 	e caduto sul cespuglio di canne in due parti si divideva o sovrano,
     	e così un coppia di gemelli nacque dal gautamide Śaradvat,

  14 	ed essendo impegnato nella caccia il re Śaṃtanu, per caso 
     	un soldato nella foresta scorgeva la coppia,

  15 	e vedendo l'arco e le frecce, con le pelli di antilope nera,
     	pensava fosse la progenie di un brahmano esperto nell'arte dell'arco,
     	e quindi mostrava al re la coppia assieme alle frecce,

  16 	il re allora preso da compassione prendeva la coppia,
     	e tornava a casa dicendo questi due sono miei figli,

  17 	quindi li allevava e anche con sacre cerimonie li adottava:
     	“il gautamide pur andando via era preso dall'arte dell'arco,

  18 	per compassione questi due fanciulli son da me allevati,
     	perciò questo sia il nome di entrambi.” e così fece il sovrano,

  19 	dei due abbandonati allora il gautamide attraverso il tapas veniva a sapere,
     	e tornato al suo primogenito tutto insegnava allora

  20 	i quattro veda e l'arte dell'arco, e di varie armi,
     	e rivelava interamente tutto questo segreto allora,
     	ed egli in breve tempo divenne il supremo maestro,

  21 	quindi tutti quei grandi guerrieri studiarono l'arte dell'arco,
     	sia i figli di Dhṛtarāṣṭra, sia i fortissimi pāṇḍava
     	e anche altri sovrani dei vṛṣṇi giunti da varie regioni.


     
                              CXXI

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	allora l'industrioso Bhīṣma per l'educazione dei nipoti, 
     	cercava dei maestri di grande valore ed esperti nell'arco,

   2 	uno non sciocco, non privo di gloria, e sapiente di varie armi,
     	e non privo di divina sattva che potesse istruire nelle armi i fortissimi kuru, 

   3 	il grande ṛṣi Bharadvāja, una volta mentre era sul luogo del sacrificio,
     	quel ṛṣi, scorgeva una apsaras, Ghṛtacī in persona al bagno,

   4 	l'impetuoso Vāyu strappava la veste da lei,
     	e allora il ṛṣi eiaculava il suo seme e lo versava in una secchia,

   5 	da quel recipiente a tempo debito nasceva il saggio Droṇa, 
     	egli studiava i veda e i vedāṅga interamente,

   6 	un tempo Bharadvāja, quel potente, al glorioso Agniveśya,
     	aveva conferito quel migliore dei sostenitori del dharma, l'arma detta agneya,

   7 	e quel muni sorgendo dal fuoco sacro allora o migliore dei bhārata,
     	al figlio di Bharadvāja la grande arma agneya conferiva,

   8 	vi era un amico di Bharadvāja, un principe di nome Pṛṣata,
     	a lui nasceva pure un figlio di nome Drupada, 

   9 	il figlio di Pṛṣata sempre stando nell'āśrama assieme a Droṇa,
     	giocava e compiva gli studi quel toro degli kṣatriya,

  10 	quindi morto Pṛṣata, Drupada divenne re,
     	dei pāñcāla settentrionali quel grandi-braccia era il sovrano,

  11 	e pure il venerabile Bharadvāja saliva al cielo allora,
     	quindi quel glorioso con l'animo rivolto agli avi per averne figliolanza
     	Droṇa prendeva in moglie la figlia di Śaradvat Kṛpī,

  12 	sempre intenta nell'agnihotra, nell'autocontrollo e nel dharma, la
     	gautamide, aveva dunque un figlio di nome Aśvatthāman,

  13 	egli appena nato gridava come il destriero Uccaiḥśravas, 
     	e udendolo un essere invisibile nell'aria diceva:

  14 	“ il forte nitrito di questo cavallo raggiunge ogni luogo,
     	perciò Aśvatthāman sia il nome di questo bambino.”

  15 	contento per questo figlio, era il figlio di Bharadvāja, 
     	e là risiedendo divenne quel saggio un esperto dell'arte dell'arco,

  16 	egli studiava col grand'anima, col figlio di Jamadagni tormenta-nemici,
     	il quale o re allora distribuiva tutte le sue ricchezze ai brahmani,

  17 	e il figlio di Bharadvāja raggiuntolo nella foresta diceva a Rāma:
     	“sono qui per desiderio di ricchezza, sappi che io sono Droṇa, toro fra i ri-nati.”

  18 	Rāma disse:
     	“ il mio oro e quant'altro avevo di ricchezze
     	già l'ho dato tutto ai brahmani o ricco in tapas,

  19 	e pure l'intera divina terra circondata dal mare, con le sue fortezze
     	e inghirlandata di città, io interamente la diedi a Kaśyapa,

  20 	solo il mero mio corpo ora mi è rimasto,
     	e meravigliose armi e frecce di vario tipo,
     	scegli dunque o Droṇa dimmi in fretta cosa ti devo dare.”

  21 	Droṇa disse:
     	“ tutte le armi col loro funzionamento o bhṛguide,
     	e con le parole magiche mi devi dare interamente.”

  22 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	dicendo di si, a lui allora il bhṛguide conferiva le armi,
     	e la conoscenza segreta e l'arte dell'arco interamente,

  23 	e quel migliore dei ri-nati, tutto accettando, ormai esperto d'armi,
     	felice si recava dal caro amico Drupada.


     
                              CXXII

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	quindi raggiunto Drupada il potente figlio di Bharadvāja,
     	diceva al figlio di Pṛṣata o re: “sappi che io sono il tuo amico.”

   2 	Drupada disse:
     	“ non formata è la tua saggezza o brahmano, tu non sei troppo corretto,
     	quando mi dici impropriamente che sei mio amico o ri-nato,

   3 	mai vi è cogli uomini comuni l'amicizia dei re, che sono superiori
     	per ricchezza agli infelici privi di ricchezza o sciocco,

   4 	anche le amicizie con tempo finiscono diventando vecchie,
     	un tempo io avevo amicizia con te cementata dalla frequentazione,

   5 	l'amicizia giovanile al mondo più non rimane, 
     	o l'amore la distrugge, oppure l'ira la riduce in pezzi,

   6 	non rimaner attaccato ad una vecchia amicizia, procuratene una nuova,
     	vi era amicizia tra te e me o migliore dei ri-nati, per parità di condizioni,

   7 	il povero col ricco non può aver amicizia, né lo sciocco col saggio,
     	il debole non è amico del guerriero, perche desideri un'amicizia vecchia?

   8 	tra due che sono di uguale ricchezza e di uguale stirpe,
     	tra questi due vi può essere amicizia e matrimonio, non tra il povero e il ricco,

   9 	l'ignorante non è amico del sapiente, nè il guerriero sul carro di chi non ce l'ha,
     	né chi non è re è adatto al re, perché vuoi una amicizia vecchia?”

  10 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	da Drupada così apostrofato il potente figlio di Bharadvāja,
     	pensava per qualche istante, sommerso dalla rabbia,

  11 	poi quell'uomo intelligente presa una risoluzione contro il re dei pāñcāla,
     	si recava alla città dei principali kuru, che prende il nome dagli elefanti,

  12 	i giovani tutti insieme essendo usciti dalla città degli elefanti,
     	giocando al gioco della vīṭā, là felici si aggiravano,

  13 	la loro vīṭā mentre giocavano cadeva allora in un buco,
     	ed essi non trovavano allora un modo per recuperare la vīṭā,

  14 	allora Droṇa vedendo i fanciulli occupati in quello,
     	sorridendo, quel valoroso dolcemente con affabilità diceva:

  15 	“vergogna sia alla forza kṣatriya, vergogna alla vostra abilità nelle armi,
     	a voi che nati nella stirpe di Bharata, non riuscite a recuperar la vīṭā,

  16 	questo è un pugno di steli d'erba da me come arma, attivato da un mantra,
     	guardate il suo potere che non si trova in nessun'altra cosa,

  17 	io ritroverò con gli steli la vīṭā, stelo dietro stelo,
     	e con un altro unirò la vīṭa alla mia mano.”

  18 	i fanciulli guardarono ciò con gli occhi spalancati dalla meraviglia,
     	e vedendo recuparata la vīṭā avendo la vīṭā perforata, dicevano:

  19 	noi ti veneriamo o brahmano, questo in altri non si trova,
     	chi sei tu? come ti possiamo conoscere, e cosa possiamo fare per te?”

  20 	Droṇa disse:
     	“ riferite a Bhīṣma sia il mio aspetto che le mie qualità,
     	egli che ha grandissima saggezza mi verrà ad incontrare.”

  21 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	dicendo di si, tutti loro riferivano al patriarca Bhīṣma,
     	le parole del brahmano in verità e quanto aveva fatto,

  22 	Bhīṣma uditi i fanciulli, si recava dunque da Droṇa,
     	“ questo è il maestro che occorre.” così pensando,

  23 	e raggiuntolo, allora di persona onorandolo,
     	Bhīṣma, il migliore degli armati con gentilezza gli chiedeva
     	lo scopo della sua venuta e a lui Droṇa tutto rivelava:

  24 	“ presso il grande ṛṣi Agniveśya, io o incrollabile
     	un tempo mi recai per armi volendo acquisire la scienza dell'arco,

  25 	da casto discepolo, con anima controllata, coi capelli raccolti, per molti anni,
     	là risiedevo così a lungo per ottenerere l'arte dell'arco,

  26 	il figlio del re dei pāñcāla, il fortissimo Yajñasena,
     	divenne mio amico, insieme studiando la scienza del guru,

  27 	egli era allora mio amico e amato benefattore,
     	assieme a lui accompagnandomi, io a lungo fui davvero felice,
     	fin dalla fanciullezza o kaurava, insieme studiando,

  28 	egli allora ricolgendosi a me benefico, e con care parole,
     	mi diceva o Bhīṣma queste parole che mi scatenavano la gioia,

  29 	' io sono l'amatissimo figlio o Droṇa, di un padre dalla grande anima,
     	quando il re dei pāñcāla mi consacrerà nel regno, allora

  30 	il regno sarà a tua disposizione o amico, te lo giuro in verità,
     	i miei beni e la mia ricchezza e ogni piacere è a tua disposizione.'

  31 	così parlando, partiva ormai esperto d'armi, e io per desiderio di ricchezza
     	saputo che era stato consacrato, ' sono a posto.' pensando,

  32 	felice raggiungevo il caro amico, intallato nel suo regno,
     	ricordando la frequentazione e le sue parole,

  33 	allora giunto da Drupada, il mio antico amico o potente,
     	gli dicevo o tigre fra gli uomini: 'sappi che sono il tuo amico.'

  34 	ma a me che stavo lì giunto da amico, Drupada
     	sorridendo diceva a me come fossi un poveraccio:

  35 	'non completa è la tua saggezza o brahmano, e non sei nel giusto,
     	quando impropriamente mi dici che io sono tuo amico, o ri-nato,

  36 	non vi amicizia coi semplici uomini da parte dei superiori re,
     	non vi è amicizia o sciocco, del ricco coi miseri senza denaro,

  37 	l'gnorante non è amico del sapiente, né il guerriero sul carro di chi non ce l'ha,
     	e neppure del sovrano chi non è re, perché desideri un amicizia passata?'

  38 	io così apostrofato da Drupada, sommerso dalla rabbia,
     	venni qui dai kuru o Bhīṣma, in cerca di discepoli di qualità.”

  39 	Bhīṣma lo accoglieva come guru assieme ai figli di Pāṇḍu,
     	e presi i nipoti tutti e svariate ricchezze,

  40 	come allievi li affidava o re, a Droṇa, in accordo con le antiche regole,
     	quel grande arciere accoglieva i kaurava come discepoli,

  41 	e avendoli accolti a tutti, Droṇa diceva queste parole,
     	da solo e in segreto, con anima lieta, a loro che gli facevano omaggio:

  42 	“ una certa impresa che desidero, sempre ho nel cuore,
     	fatti esperti in arme, questo promettetemi, con sincerità parlando o senza-macchia.”

  43 	quello udendo il kaurava divennero silenziosi o signore di popoli,
     	ma Arjuna tutto questo prometteva quel tormenta-nemici,

  44 	allora egli baciando la testa di Arjuna ripetutamente,
     	con affetto abbracciandolo piangeva di gioia allora,

  45 	quindi Droṇa, ai figli di Pāṇḍu le varie armi,
     	insegnava, sia divine che umane, quel valoroso,

  46 	e gli altri figli del re tutti insime, o toro tra i bhārata,
     	si recarono da Droṇa il migliore dei ri-nati, per acquisir l'uso delle armi,
     	vṛṣṇi, e andhaka, principi da svariate regioni,

  47 	e anche il figlio del sūta e di Rādhā si recava da Droṇa,
     	competendo furiosamente col pṛthāde quel figlio del sūta,
     	e rifugiandosi da Duryodhana, disprezzava i pāṇḍava.


     
                              CXXIII

   1 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	Arjuna grandi sforzi compiva per onorare il guru,
     	ed una suprema applicazione alle armi, e caro divenne a Droṇa,

   2 	da Droṇa invitato in privato fu detto al cuoco che preparava i cibi:
     	“al buio ad Arjuna non dare mai del cibo!”

   3 	ma un giorno mentre Arjuna mangiava soffiava il vento,
     	e spegneva la lampada che era là accesa,

   4 	e mangiando allora Arjuna con mancava la sua bocca,
     	la mano di quel potente, sempre portava il cibo alla bocca,
     	quindi pensando di ripetere ciò, di notte si esercitava il pāṇḍava,

   5 	Droṇa udiva dunque il suono della sua corda o bhārata,
     	e raggiuntolo, abbracciandolo gli diceva:

   6 	“mi impegnerò a fare in modo che nessun altro arciere, 
     	al mondo sarà mai pari a te, la verità ti sto dicendo.”

   7 	allora Droṇa ancora ad Arjuna, sul carro sugli elefanti,
     	sui cavalli, e a terra, l'arte del combattimento insegnava,

   8 	nella lotta con le mazze, nel maneggiare la spada, nello scagliar lance,
     	e nella lotta con altre armi, Droṇa istruiva il pāṇḍava,

   9 	e vedendo la sua abilità, desiderosi di apprendere l'arte dell'arco,
     	i re e i principi, sopraggiunsero a migliaia,

  10 	quindi il figlio di Hiraṇyadhanuṣa, re dei niṣāda,
     	Ekalavya o grande re, raggiungeva Droṇa,

  11 	ma lui, pensando che era un niṣada, non lo accoglieva,
     	come allievo nell'arco, quel sapiente del dharma, guardando agli altri,

  12 	ma quel tormenta-nemici, toccando con la testa i piedi di Droṇa,
     	raggiunta una foresta, e costruita un immagine di Droṇa fatta di terra,

  13 	qui dunque, praticando una suprema devozione al maestro,
     	dell'arco praticava la disciplina, fermo stando in supremo controllo,

  14 	e unito a suprema fede, e con supremo yoga,
     	nel prendere incoccare e scagliare otteneva una grandissima abilità,

  15 	quindi un giorno col permesso di Droṇa i kuru e i pāṇḍava,
     	sui carri tutti si recarono a caccia quegli uccisori di nemici,

  16 	un uomo là assieme agli attendenti, per caso 
     	o re, seguendo i pāṇḍava, aveva con sé un cane, 

  17 	e questi aggirandosi là intenti alle loro azioni,
     	quello sciocco cane aggirandosi nella selva si incontrava col niṣada,

  18 	e vedendo nella foresta nero, coperto di polvere, vestito di nera pelle,
     	quel niṣāda, il cane abbaiava fermo davanti a lui,

  19 	egli allora nella bocca di quel cane che abbaiava, sette frecce,
     	scagliava quasi contemporaneamente, mostrandosi abilissimo,

  20 	quel cane con la bocca piena di frecce, raggiungeva i pāṇḍava
     	lui vedendo i valorosi pāṇḍava, cadevano in suprema meraviglia,

  21 	e vedendo la velocità e la suprema abilità di lancio,
     	questo scorgendo tutti imbarazzati lo elogiavano, 

  22 	allora essi cercando nella foresta, vedevano
     	i pāṇḍava, o re, quell'abitante della foresta che scagliava incessanti frecce,

  23 	e non lo riconobbero allora per l'aspetto alterato,
     	e a lui allora chiedevano: “ chi sei tu o signore e di chi figlio?”

  24 	Ekalavya disse:
     	“ sappiate o valorosi, che sono il figlio di Hiraṇyadhanuṣa, re dei niṣāda
     	e allievo di Droṇa, mi esercito nell'arte dell'arco.”

  25 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	i pāṇḍava saputa la verità di nuovo ritornarono,
     	e tutto quel portento come accaduto riferirono a Droṇa,

  26 	ma il kuntīde Arjuna o re, rammentando Ekalavya,
     	in privato avendo raggiunto Droṇa, con franchezza a lui diceva:

  27 	forse che tu, abbracciandomi con gentilezza non mi dicesti questo discorso:
     	' un altro mio allievo pari a te mai vi sarà!'

  28 	e perché dunque al mondo un altro valoroso a me superiore,
     	vi è, il tuo allievo figlio del sovrano dei niṣāda?”

  29 	Droṇa qualche momento avendo pensato alla decisione da prendere,
     	preso con sé l'ambidestro, si recava dal niṣāda,

  30 	e scorgeva là coperto di polvere, coi capelli raccolti, e vestito di corteccia,
     	Ekalavya, arco in mano che scagliava incessanti frecce,

  31 	ma Ekalavya vedendo Droṇa, venirgli vicino,
     	accogliendolo con onore, si inchinava con la testa al suolo,

  32 	e avendo venerato Droṇa secondo le regole, il principe niṣāda,
     	proclamatosi suo allievo gli stava davanti a mani giunte,

  33 	allora Droṇa diceva ad Ekalavya o re, questo discorso:
     	“ se sei mio discepolo subito dammi le mie spettanze.”

  34 	Ekalavya questo udendo, con mente lieta gli diceva:
     	“ cosa ti devo dare o venerabile, che il guru me lo riveli,

  35 	nulla esiste che io non possa dare al mio guru o sapiente brahmano.”
     	allora gli diceva: “ dammi il tuo pollice destro!”

  36 	Ekalavya queste crudeli parole di Droṇa udendo, 
     	mantenendo  la sua promessa, e sempre devoto alla verità,

  37 	e dunque con viso lieto, e con nobile cuore,
     	tagliatosi il pollice senza pensiero, lo consegnava a Droṇa,

  38 	quindi con le altre dita il niṣāda tendeva l'arco,
     	ma non era così veloce come prima, o sovrano di uomini,

  39 	allora Arjuna compiaciuto divenne, libero dall'ansia,
     	e Droṇa restava sincero, che nessun altro era superiore ad Arjuna

  40 	allora due allievi di Droṇa nel combattimento di mazze, specialmente
     	eccellevano tra i kuru, Duryodhana, e Bhīma,

  41 	Aśvattāma superiore era in tutte le dottrine segrete,
     	entrambi i gemelli nel maneggio della spada erano superiori agli altri uomini,
     	Yudhiṣṭhira era sul carro il migliore di tutti a parte il conquista-ricchezze, 

  42 	che era riconosciuto sulla terra il primo dei combattenti sul carro,
     	e in tutte le armi per energia, forza e applicazione di ingegno lo era il pāṇḍava,

  43 	e per attaccamento al guru il migliore era Arjuna,
     	e quel valoroso, per eccellenza nella sapienza di tutte le armi,
     	lui solo Arjuna divenne il miglior guerriero di tutti i principi,

  44 	la superiorità di Bhīmasena, e l'abilità nelle armi del conquista-ricchezze,
     	i malvagi figli di Dhṛtarāṣṭra, non sopportavano o sovrano di uomini,

  45 	tutti loro riuniti, avendo ormai completato ogni istruzione, 
     	Droṇa, desiderando provar la loro abilità o toro fra gli uomini,

  46 	posto sulla cima di un albero un finto uccello costruito da artefici,
     	lo indicava ai principi che non l'avevano visto come il bersaglio.

  47 	Droṇa disse:
     	“ rapidamente prendete tutti gli archi e le frecce,
     	e puntatili verso l'uccello restate fermi con la freccia incoccata,

  48 	e al mio ordine immediatamente colpite la testa,
     	uno per volta vi comanderò, e così agite o figlioli.”

  49 	Vaiśaṁpāyana disse:
     	allora per primo a Yudhiṣṭhira ordinava il migliore degli aṅgirasidi:
     	“tendi la freccia o invincibile, e al mio ordine scagliala”

  50 	allora Yudhiṣṭhira per primo preso l'arco prezioso,
     	si fermava puntando l'uccello, pronto all'ordine del guru,

  51 	allora Droṇa a quel rampollo dei kuru con l'arco teso,
     	dopo un momento diceva queste parole o toro dei bhārata:

  52 	“ vedi l'uccello sulla cima dell'albero o figlio del miglior uomo?”
     	“ lo vedo.” così rispondeva al maestro Yudhiṣṭhira,

  53 	dopo un po' di nuovo Droṇa a lui chiedeva:
     	“e scorgi l'albero, o me, oppure i tuoi fratelli?”

  54 	a lui rispondeva il kuntīde:” vedo quell'albero,
     	e pure te, e i fratelli, l'uccello contemporaneamente.”

  55 	e Droṇa con animo scontento gli diceva: “ritirati,
     	non sei in grado di colpire il bersaglio.” quasi con disprezzo,

  56 	quindi tutti i gloriosi figli di Dhṛtarāṣṭra, a cominciare da Duryodhana,
     	desiderando provarli chiamava in successione,

  57 	e tutti gli altri discepoli con Bhīma in testa e quelli venuti da altre regioni,
     	e tutti così dicendo:” tutto vediamo” furono scartati,

  58 	allora Droṇa sorridendo si rivolgeva al conquista-ricchezze,
     	“ tu ora devi mirare e colpire il bersaglio,

  59 	al mio comando immediatamente, scaglia la freccia,
     	tendi l'arco o figlio e resta fermo così per qualche istante.”

  60 	così apostrofato, l'ambidestro, avendo teso l'arco,
     	si fermava puntando il bersaglio, pronto all'ordine del guru,

  61 	dopo qualche momento, Droṇa gli chiedeva:
     	“ vedi dunque fermo l'uccello, e l'albero o anche me?”

  62 	“vedo l'uccello.” rispondeva il pṛthāde a Droṇa,
     	ma non vedo né l'abero né te.” o bhārata,

  63 	allora Droṇa felice, dopo qualche istante di nuovo
     	quell'invincibile diceva a quel toro tra i guerrieri pāṇḍava:

  64 	“se vedi l'uccello, allora descrivimilo a parole.”
     	“ solo la testa vedo dell'uccello e non il resto.” così diceva

  65 	e cosi apostrofato da Arjuna Droṇa coi capelli ritti dal piacere,
     	“scaglia!” diceva al pṛthāde, ed egli immediatamente la scagliava,

  66 	allora di quell'uccello la testa con una freccia tagliente,
     	tagliando, rapidamente la abbatteva il pāṇḍava,

  67 	compiuta questa azione, abbracciava Phalguna,
     	e pensava che Drupada con tutti i suoi accoliti era ormai sconfitto in battaglia, 

  68 	dopo qualche tempo coi suoi allievi il migliore degli aṅgirasidi,
     	si recava lungo la Gaṅgā a bagnarsi o toro dei bhārata,

  69 	Droṇa immerso nell'acque da un coccodrillo che nuotava
     	nell'acqua e che era spinto dal fato, fu afferrato alla coscia,

  70 	egli allora con forza incitava tutti i discepoli:
     	“ uccidendo il coccodrillo liberatemi.” così con urgenza diceva,

  71 	immediatamente  a queste parole Bībhatsu, con cinque acute frecce,
     	micidiali, la bestia immersa nell'acque colpiva,
     	gli altri invece, presi da grande confusione correvano qua e là,

  72 	Droṇa vedendo il pāṇḍava in azione, pensava che lui 
     	fosse il migliore di tutti i discepoli, e molto contento divenne,

  73 	il coccodrillo, dalle varie frecce del pṛthāde tagliato a pezzi,
     	moriva ridotto ai cinque elementi, liberando la coscia del grande anima,

  74 	allora il figlio di Bharadvāja diceva al grande guerriero, grand'anima:
     	accetta quest'arma, o grandi-braccia, la migliore, la più invincibile,
     	che ha nome brahmaśiras, assieme ai suoi segreti,

  75 	mai essa deve essere scagliata contro gli uomini,
     	l'universo si distruggerebbe, anche se scagliata con poca energia,

  76 	di speciali proprietà o caro, nei mondi è ritenuta quest'arma,
     	come lanciata puoi richiamarla, ascolta queste mie parole,

  77 	se un nemico, un eroe non umano ti assalisse, 
     	per distruggerlo allora puoi scagliare quest'arma in battaglia.”

  78	assentendo, Bībhatsu e ascoltando a mani giunte,
	acquisiva la suprema arma, e il guru a lui di nuovo diceva:
 	“nessun altro uomo al mondo sarà un arciere pari e te.”