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80. Jalapradānika parvan

( Il libro dell'offerta dell'acqua. XI, 1-15)

                              I

   1 	Janamejaya disse:
     	“ abbattuto Duryodhana, e ucciso interamente l'esercito,
     	che fece il grande re Dhṛtarāṣṭra udendo ciò o muni?

   2 	e cosa il re kaurava, il figlio di Dharma dal grande intelletto?
     	e quei tre a cominciare da Kṛpa che fecero,

   3 	agendo insieme in quell'impresa udito il giuramento di Aśvatthāman?
     	e dimmi quanto accadde in seguito e cosa disse Saṃjaya.”

   4 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	uccisi che furono i suoi cento figli, abbattuto come un albero dai rami tagliati,
     	soverchiato dal dolore per i figli, mentre era il signore della terra Dhṛtarāṣṭra,

   5 	a lui che meditava in silenzio, immerso nei pensieri, 
     	avvicinandosi il grande saggio Saṃjaya questo discorso diceva:

   6 	“ perche ti duoli o grande re? non vi è aiuto nel dolore,
     	sono stati uccisi diciotto akṣauhiṇī o signore di popoli,
     	vuota di uomini è l'intera terra al momento,

   7 	da ogni direzione sono giunti i sovrani di varie regioni,
     	e tutti insieme a tuo figlio hanno trovato la morte,

   8 	per i padri, per i figli e i nipoti, per i famigliari e gli amici,
     	e per i maestri secondo l'ordine compi i riti funebri.”

   9 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	udite quelle pietose parole, afflitto per la morte di figli e nipoti,
     	cadeva a terra quell'invincibile, come un albero abbattuto dal vento.

  10 	Dhṛtarāṣṭra disse:
     	“ uccisi i figli, uccisi i consiglieri, uccise tutte le genti amiche,
     	diverrò il dolore in persona vagando per questa terra,

  11 	come posso vivere io oggi dopo la distruzione di tutti parenti,
     	ridotto come un uccello dalle ali tagliate e afflitto dalla vecchiaia? 

  12 	privo del regno, uccisi gli amici, e privo della vista,
     	più non risplenderò o grande saggio, come un sole privo di raggi,

  13 	non ascoltai le parore degli amici, quelle dette dal figlio di Jamadagni,
     	dal ṛṣi divino Nārada, e da Kṛṣṇa il dvaipāyana,

  14 	e quello che Kṛṣṇa in mezzo all'assemblea indicava come il meglio per me:
     	'basta con la guerra o re, trattieni tuo figlio.'

  15 	io non ho seguito questo consiglio, e forte me ne dolgo da sciocco,
     	io non ascoltai il discorso pieno di dharma di Bhīṣma,

  16 	e udita la morte di Duryodhana che muggiva come un toro,
     	e quella di Duḥśāsana, e della sventura di Karṇa,
     	e dell'eclissi del sole che era Droṇa, il mio cuore si spezza,

  17 	io non ricordo di aver compiuto prima un qualche male o Saṃjaya,
     	di cui ora quaggiù ne debba consumare il frutto,

  18 	forse ho compiuto qualcosa di male, nelle precedenti vite,
     	per cui il creatore mi abbia dato questa sorte di dolore,

  19 	io ho un declino delle forze, nella morte di tutti i parenti,
     	nella distruzione dei cari amici, giunta per volere del fato,
     	quale altro uomo c'è più dolente di me qui al mondo?

  20 	che mi vedano oggi i pāṇḍava fermo nel voto,
     	apertamente saldo sul lungo sentiero verso il mondo di Brahmā.”

  21 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	a lui che immerso in molti dolorosi pensieri così si lamentava, 
     	per alleviare la sofferenza del re dei re, Saṃjaya queste parole diceva:

  22 	“allontana il dolore o re, tu hai udito le convinzioni dei veda,
     	e le altre varie che vengono dagli śāstra, e dagli anziani o migliore dei sovrani,
     	quanto un tempo i muni dissero a Sṛñjaya afflitto dal dolore per il figlio,

  23 	essendosi tuo figlio affidato all'orgoglio nato dalla gioventù,
     	e non avendo tu ascoltato le parole che dicevano gli amici,
     	non hai compiuto il tuo interesse, per avidità e desiderio di frutti,

  24 	tuo consigliere fu Duḥśāsana, e il figlio di Rādhā dall'animo malvagio,
     	e il malvolente Śakuni, e l'ignorante Citrasena,
     	e Śalya per cui tutto il mondo è diventato pieno di spine,

  25 	le parole di Bhīṣma anziano dei kuru, di Gāndhārī, e di Vidura, 
     	tuo figlio non ha ascoltato o bhārata,

  26 	nessun dharma onorava, sempre di guerra parlando,
     	tutti gli kṣatriya sono così morti aumentando la gloria dei nemici,

  27 	tu potevi essere un mediatore, ma non hai mai parlato in modo adeguato,
     	portando quel compito non hai bilanciato bene i pesi,

  28 	dal principio un uomo deve agire in modo adeguato,
     	giacchè passato il momento, poi non si debba pentire,

  29 	per attaccamento a tuo figlio tu o re, per fargli piacere,
     	hai poi avuto questo dolore, non ti devi ora dolere,

  30 	chi vedendo il solo miele, non scorge il precipizio,
     	caduto per avidità di miele se ne duole come fai tu,

  31 	non si ottengono ricchezze dolendosi, non si trova la felicità dolendosi,
     	no si ottiene la prosperità dolendosi, dolendosi non si trova la suprema meta,

  32 	chi dopo aver acceso un fuoco lo copra colle sue vesti,
     	e bruciando ne riceva un dolore, costui non è un saggio,

  33 	tu con tuo figlio col vento delle tue parole hai agitato
     	il fuoco acceso che è il pāṇḍava alimentandolo col burro della tua avidità,

  34 	e in questo fuoco acceso, sono caduti i tuoi figli come locuste,
     	la fiamma che è il Lunghi-capelli li ha bruciati, non devi dolerti,

  35 	il viso coperto di lacrime che porti o sovrano,
     	non è conforme agli śāstra, e non lo approvano i sapienti,

  36 	come scintille di fuoco le lacrime bruciano gli uomini,
     	colpisci la sofferenza colla ragione, sostenendoti da te stesso.”

  37 	così essendo confortato da Saṃjaya grand'anima,
     	Vidura ancora parlava allo stesso scopo o tormenta-nemici.
     


                              II


   1 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	quindi Vidura come parole simili ad amṛta cercava di rallegrare
     	il figlio di Vicitravīrya toro fra gli uomini, e quanto disse ascolta:

   2 	Vidura disse:
     	“ perché così giaci, alzati o re, sostenendoti da te,
     	questa è la decisione adatta a tutti i mortali che vivano saldi,

   3 	tutte le moltitudini finiscono distrutte, quelle che vanno in alto cadono,
     	l'unione finisce con una separazione, la vita finisce colla morte,

   4 	Yama distrugge sia il prode che il vile o bhārata,
     	perché dunque gli kṣatriya non dovrebbero combattere o toro degli kṣatriya?

   5 	chi non combatte muore, chi combatte sopravvive,
     	ma raggiunto il proprio tempo o grande re, nessuno lo può superare,

   6 	non devi dolerti o re, di quelli che furono uccisi in battaglia,
     	se gli śāstra sono un'autorità, essi hanno raggiunto la suprema meta,

   7 	tutti avevano compiuto gli studi, tutti hanno osservato i loro voti,
     	tutti sono morti fronteggiando il nemico, che c'è qui da lamentarsi?

   8 	dall'inesistenza son sorti, e di nuovo sono giunti all'inesistenza,
     	né per te, né per loro qui c'è da lamentarsi,

   9 	ucciso ottiene il paradiso, uccidendo raggiunge la gloria,
     	entrambe sono importanti per noi, non c'è assenza di frutto in battaglia,

  10 	Indra stabilirà per loro i mondi che producono ogni desiderio,
     	e divengono costoro ospiti di Indra o toro fra gli uomini,

  11 	né con sacrifici abbondanti di offerte, né col tapas o la conoscenza,
     	i mortali vanno in paradiso, come vi vanno i prodi uccisi in battaglia,

  12 	migliaia di madri e padri e centinaia di mogli e figli,
     	sono vissuti nel ciclo delle vite, dove sono essi e dove noi? 

  13 	migliaia di stati di dolore, e migliaia di stati di paura,
     	di giorno in giorno colpiscono lo sciocco non il sapiente,

  14 	nessuno è caro al fato, e nessuno è da lui odiato o migliore dei kuru,
     	non è mai parziale il tempo, il tempo ogni cosa distrugge,

  15 	inpermanenti sono vita, bellezza gioventù, ricchezza,  
     	salute, e vivere con le persone amate, a questi non si attacca il sapiente,

  16 	non devi tu da solo dolerti del dolore di tutto il regno,
     	anche dovendo morire, non si può evitarlo,

  17 	se tu ne hai l'energia, devi resistere senza dolerti,
     	questo è il rimedio per il dolore, non si deve considerarlo,
     	pensandoci non si attraversa, ma ancora si alimenta,

  18 	coll'attaccamento al male e col distacco dal bene,
     	gli uomini che hanno scarso intelletto restano attaccati ai dolori dell'animo,

  19 	né ricchezza, né dharma, né felicità devi rimpiangere,
     	non allontanandosi dal proprio dovere, non si decade dai tre motori della vita,

  20 	gli uomini ottenendo continue condizioni di grande ricchezza, 
     	senza accontentarsi si perdono, i sapienti vi trovano soddisfazione, 

  21 	con la saggezza si tolga il dolore dall'animo, come con le medicine dal corpo,
     	questo è il modo del saggio, non si deve seguire la via dei fanciulli,

  22 	gli atti prima fatti, dormono con l'uomo che dorme,
     	vegliano con l'uomo sveglio e corrono con chi corre,

  23 	e in ciascuna di queste situazioni quanto faccia di bene o di male,
     	in ciascuna di queste situazioni ne ottiene il frutto.”
     


                              III


   1 	Dhṛtarāṣṭra disse:
     	“ con bei discorsi o grande saggio, mi hai tolto la sofferenza,
     	ma ancora voglio sentire le tue parole in verità,

   2 	in che modo si liberano i sapienti dai dolori del cuore,
     	nati dal cadere nei mali e dall'essere separati dalle cose amate?”

   3 	Vidura disse:
     	“ ogni qualvolta il cuore si libera dal dolore e dalla felicità,
     	allora ottenuta la pace, il saggio trova la suprema meta,

   4 	impermanente è tutto quanto è pensabile o toro fra gli uomini,
     	il mondo è simile ad una pianta di banano, non ha stabilità,

   5 	i sapienti dicono che i corpi dei mortali sono le loro abitazioni,
     	ma col tempo le perdono, solo l'autocontrollo è superiore,

   6 	come l'uomo lasciando la veste consumata o no, 
     	un'altra veste indossa così fa l'anima coi corpi,

   7 	o figlio di Vicitravīrya, sia il male che il bene quaggiù
     	ottengono i viventi compiendo le proprie azioni,

   8 	coll'agire si ottiene il paradiso, la felicità e il dolore o bhārata,
     	si deve dunque portarne questo compito volenti o nolenti, 

   9 	come un vaso di argilla si rompe sulla ruota del vasaio,
     	prima di essere messo in opera, o anche durante la lavorazione,

  10 	oppure si rompe togliendolo, oppure dopo averlo tolto,
     	o quando è umido, o quando si asciuga, o anche quando è cotto,

  11 	oppure si rompe mentre si toglie dal forno, o bhārata,
     	oppure quanto se ne gode, così fanno i possessori dei corpi,

  12 	o ancora in grembo, o alla nascita, o nato da un giorno,
     	o di quindici giorni, oppure di un mese intero,

  13 	o anche di un anno solo, ovvero di due anni,
     	o da giovane, o nella maturità, oppure da vecchio va alla morte,

  14 	per le precendi azioni, gli esseri esistono e non esistono,
     	così essendo la natura del mondo, per quale motivo te ne duoli?

  15 	come muovendosi per gioco nell'acqua o re,
     	si immerge e riemerge un qualche vivente o sovrano di uomini,

  16 	così dall'abisso del saṃsāra, emergendo e reimergendosi,
     	legati al peso del karma, si tormentano quelli di scarso intelletto,

  17 	ma quelli che sono saggi, saldi nella verità, impegnati nella fine del saṃsāra,
     	sapienti della nascita dei viventi, raggiungono la suprema meta.”
     	


                              IV


   1 	Dhṛtarāṣṭra disse:
     	“ in che modo posso conoscere l'abisso del saṃsāra o migliore dei parlanti,
     	questo voglio udire in verità, dillo a me che te lo chiedo.”

   2 	Vidura disse: 
     	“ tutti i doveri dei viventi fin dalla nascita, ascolta o potente,
     	all'inizio quaggiù il primo embrione risiede per qualche tempo,

   3 	quindi passati cinque mesi, assume la sua carne,
     	quindi in un mese dotato di ogni membra, si produce il feto,

   4 	esso risiede in mezzo a impurità, coperto di carne e sangue,
     	quindi per la forza del vento, i piedi sono spinti indietro e la testa in avanti,

   5 	e raggiunto l'ingresso dell'utero, è tormentato da molte angustie,
     	e per la contrazione dell'utero, esce col carico delle precedenti azioni,

   6 	perciò uscito dal saṃsāra, subisce altre disgrazie,
     	le apprensioni lo sommergono come cani su un pezzo di carne,

   7 	quindi passato ulteriore tempo anche le malattie
     	attaccano il vivente, legato alle proprie azioni,

   8 	legato dai lacci dei sensi, e afflitto dall'attaccamento ai piaceri,
     	svariate passioni egli agita o signore di uomini,
     	e di nuovo attaccato ad esse, egli non trova soddisfazione,

   9 	egli non si accorge finché non è giunto al mondo di Yama,
     	e dagli attendenti di Yama condotto, raggiunge la morte a tempo debito,

  10 	e senza parole, qualsiasi cosa abbia prima fatto di desiderato o no,
     	di nuovo da sé stesso si vede legato,

  11 	dunque il mondo è rovinato e soggiogato dall'avidità,
     	avvelenato da furia, ira e avidità, non riconosce sé stesso,

  12 	si rallegra della buona nascita, disprezzando i mal nati, 
     	è arrogante per l'orgoglio della ricchezza, disprezzando i poveri,

  13 	dice stupidi agli altri e non scorge sé stesso,
     	disprezza lo studio degli altri, e non vuole istruirsi,

  14 	essendo impermanente il mondo dei vivi, chi proteggendo il dharma,
     	fin dalla nascita agisce, otterrà la suprema meta,

  15 	così conoscendo ogni cosa, chi segua le verità,
     	costui raggiunge il sentiero della liberazione o signore di uomini,”
     


                              V


   1 	Dhṛtarāṣṭra disse:
     	“ quanto con l'intelletto si possa penetrare la profondità del dharma,
     	tutta intera questa via della ragione esponi a me.” 

   2 	Vidura disse:
     	“ qui dunque ti esporrò, inchinandomi al Nato-da-sé,
     	quanto dicono i supremi ṛṣi dell'abisso del saṃsāra,

   3 	qualche ri-nato vivendo nel grande mondo invero,
     	raggiunta una fiera e grande foresta piena di belve,

   4 	da grandi divoratori, terribili e dall'aspetto di tigri, leoni ed elefanti,
     	ovunque piena, e spaventevole anche per la Morte,

   5 	e vedutala il suo cuore cade in suprema agitazione,
     	gli si rizzano i capelli in testa e tremano o tormenta-nemici,

   6 	vagando per questa foresta, e correndo qua e là,
     	guardando in tutte le direzioni, dove possa dunque trovare rifugio,

   7 	cercando un varco tra questi, correndo pieno di paura,
     	non va molto lontano, né si libera di loro,

   8 	e vede che quella foresta terribile è interamente coperta da una rete,
     	è abbracciato dalle braccia da un donna di supremo orrore, 

   9 	e da dei nāga dalle cinque teste, alti come monti,
     	dai corpi giganteschi che toccano il cielo, è piena quella grande selva,

  10 	in mezzo alla foresta, vi è là un pozzo interamente coperto
     	di rampicanti e sommerso da erbe sconosciute e nascoste,

  11 	e  il ri-nato cade in quel pozzo nascosto,
     	e resta attaccato in quell'impenetrabile intreccio di liane,

  12 	come il grande frutto appeso al suo gambo nato dall'albero del pane,
     	e così egli pende là coi piedi in lato e la testa in basso,

  13 	e là ancora pure un'altro pericolo a lui nasce,
     	egli scorge un grande elefante vicino alla bocca del pozzo,

  14 	variegato di scuro, con sei facce e che si muove su dodici zampe,
     	e che si sta avvicinando al pozzo coperto di liane e di alberi,

  15 	e tra i rami di un albero, appese al ramo di quell'albero
     	delle api di varie forme, di terribile aspetto e terrificanti,
     	sono sedute dopo aver portato il miele, uscendo dal favo,

  16 	e sempre più desiderano del miele o toro dei bhārata,
     	prelibato per i viventi, ma che da quello neppure un bimbo si sazierebbe,

  17 	e un flusso di questo miele, in varie direzioni sempre si versa,
     	e l'uomo là appeso beve continuamente questo fiume di miele,
     	ma la sua sete mentre beve in quella difficoltà non cessa, 

  18 	egli continuamente vuole prenderlo, e mai si sazia,
     	eppure o re, in lui non nasce disgusto per la vita,

  19 	ma anche là è radicata nell'uomo la speranza di vivere,
     	e dei topi bianchi e neri, rosicchiano quell'albero,

  20 	e per le fiere, e per quella terribile donna al limite della fiera foresta,
     	per il serpente sul fondo del pozzo e per l'elefante alla sua bocca,

  21 	e per quinta cosa per l'albero rosicchiato dai topi,
     	e per sesta cosa per le api in cerca di miele si dice vi sia un grande pericolo,

  22 	anche così egli vive là, scagliato nell'oceano del saṃsāra,
     	e non ottiene nessun disgusto verso la speranza di vivere.”
     


                              VI


   1 	Dhṛtarāṣṭra disse:
     	“ ah, dunque, un grande dolore egli aveva caduto in quella disgrazia,
     	in che modo egli ottenne piacere o anche soddisfazione o migliore dei parlanti?

   2 	e quale luogo dunque era quello dove egli stava in quell'impossibile dharma?
     	e come quell'uomo può liberarsi da questo grande pericolo?

   3 	tutto questo raccontami, e bene noi si impegneremo, 
     	una grande compassione mi è nata, per aiutarlo.”

   4 	Vidura disse:
     	“ questo o re, viene citato dai sapienti della liberazione come una similitudine,
     	con la quale la miglior meta nell'altro mondo trova l'uomo,

   5 	la foresta prima citata è il grande saṃsāra,
     	una dura selva che è l'abisso stesso del saṃsāra,

   6 	le belve che sono state citate, sono note come le malattie,
     	la donna gigantesca che vi sta là sopra,
     	i saggi dicono sia la vecchiaia, distruttrice di colorito e bellezza,

   7 	quello che là era il pozzo o sovrano è il portatore dei corpi,
     	il grande serpente che sta in basso, è il tempo,	
     	egli è il distruttore di tutti gli esseri, che prende tutti i corpi,

   8 	le liane che sono nate in mezzo al pozzo, alle cui radici 
     	è appeso, queste sono le speranze di vita dei dotati di corpo,

   9 	l'elefante che si avvicina all'albero alla bocca del pozzo,
     	dalle sei facce o re, si dice che sia l'anno,
     	le facce sono le stagioni e i dodici piedi sono i mesi,

  10 	i topi che son sempre intenti a rosicchiare l'albero, 
     	quelli che riflettono sull'esistente dicono che siano i giorni e le notti, 
     	e le api che sono là sono indicati come i desideri,

  11 	e quel flusso che continuamente scorre versando miele, 
     	è conosciuto come la dolcezza dei desideri dove gli uomini sprofondano,

  12 	questo è il girare della ruota del saṃsāra, quelli che la conoscono,
     	i saggi, tagliano i legami della ruota del saṃsāra."
     


                              VII


   1 	Dhṛtarāṣṭra disse:
     	“ oh, dunque è stato chiarito il racconto da te che vedi il vero,
     	ma ancora ho gioia di sentire le tue immortali parole.”

   2 	Vidura disse:
     	“ ascolta, ancora ti parlerò diffusamente di questo percorso,
     	udendo il quale i saggi si liberano dal continuo rinascere,

   3 	come l'uomo o re che percorre una lunga via, 
     	di tanto in tanto, si fermerà per la stanchezza, o si accampa, 

   4 	così nel corso delle rinascite, nei vari grembi o bhārata
     	gli sciocchi trovano residenza, dove i sapienti si liberano,

   5 	perciò le genti sapienti degli śāstra chiamano questa la via,
     	e i saggi la chiamano la profonda foresta del saṃsāra,

   6 	si deve ritornare al mondo da parte dei mortali, o toro dei bhārata,
     	sia mobili che immobili, ma il sapiente non desidera ciò,

   7 	quelle che sono le malattie dei mortali, mentali e corporali,
     	visibili e invisibili, dai saggi sono dette le belve carnivore,

   8 	e tormentati e colpiti sempre da queste o bhārata,
     	quelli di scarsa intelligenza non si tormentano per le proprie azioni grandi belve,

   9 	e anche l'uomo che si liberi dalle malattie o sovrano, 
     	viene avvolto poi dalla vecchiaia che distrugge la bellezza,

  10 	e immerso interamente nel grande fango senza supporto, 
     	dei vari profumi, suoni, forme, gusti e piacevoli tocchi,

  11 	le stagioni, gli anni e i mesi, le quindicine, i giorni e le notti, e le albe, 
     	progressivamente consumano la bellezza e la vita,

  12 	questi sono le parti del tempo, e gli sciocchi non li conoscono,
     	si dice che tutti i viventi siano descritti dal loro agire,

  13 	e il corpo degli esseri si dice il carro, il principio vitale è invece l'auriga,
     	i sensi sono i cavalli, e si dice che il karma e la ragione siano le redini, 

  14 	chi segue la violenza di questi cavalli che corrono,
     	nella ruota del continuo rinascere come una ruota gira,

  15 	il conducente che però questi con la ragione freni, non ritorna,
     	questo è detto il carro di Yama, da cui lo sciocco non si libera,

  16 	egli ottiene o re, quanto tu hai ottenuto o signore di uomini,
     	la distruzione del regno, degli amici, e dei figli o bhārata,

  17 	seguire i desideri diviene un dolore o bhārata,
     	il virtuoso applica il giusto rimedio ai supremi dolori,

  18 	né il coraggio, né la ricchezza, né l'amico o i compagni,
     	possono liberare dal dolore, come può l'anima dal fermo controllo,

  19 	perciò saldo in una condotta amichevole, procedendo o bhārata,
     	autocontrollo, rinuncia e vigilanza, sono i tre cavalli di Brahmā,

  20 	chi con la mente frenata dalle briglie della buona condotta sta sul carro,
     	lasciata la paura della morte o re, raggiunge il mondo di Brahmā.”
     


                              VIII


   1 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	terminate le parole di Vidura, il migliore dei kuru,
     	soverchiato dal dolore per i figli, cadeva a terra svenuto,

   2 	e i parenti vedendolo così caduto a terra privo di sensi,
     	Kṛṣṇa il dvaipāyana, e Vidura lo kṣattṛ allora

   3 	e Saṃjaya e gli altri amici, e le guardie che stavano alla porta,
     	con acqua fresca e flabelli o bhārata,

   4 	gli accarezzarono le membra con le mani ventilandolo intensamente,
     	stavano per lungo tempo attorno a Dhṛtarāṣṭra in quella condizione,

   5 	quindi dopo lungo tempo il sovrano ripresi i sensi, 
     	si lamentava a lungo sommerso dal dolore per i figli:

   6 	“ vergogna sia dunque all'umanità e alla condizione umana, 
     	dalle loro radici nascono i dolori continuamente,

   7 	nella perdita dei figli, e della ricchezza, e pure di famigliari e parenti,
     	si cade in un grandissimo dolore simile all'ardore del fuoco o potente,

   8 	da questo bruciano le membra, da questo si distrugge la saggezza,
     	da questo colpito, l'uomo pensa solo alla morte,

   9 	questa sventura mi è capitata, per un rovescio di fortuna,
     	e alla morte io penserò ora o migliore dei brahmani.”

  10 	così avendo parlato al padre grand'anima e sapientissimo del brahman,
     	Dhṛtarāṣṭra divenne confuso, caduto in supremo dolore,
     	e divenne silente quel re, immerso nei pensieri o signore della terra,

  11 	udite le sue parole, il potente Kṛṣṇa il dvaipāyana,
     	addolorato per il dolore del figlio, a questi diceva queste parole:

  12 	“ Dhṛtarāṣṭra grandi-braccia, ascolta quanto ti dirò,
     	hai appena udito quel saggio esperto di dharma e artha,

  13 	non è rimasto nulla che tu debba ancora sapere o tormenta-nemici,
     	conosci con certezza l'impermanenza dei mortali,

  14 	essendo incerto il mondo dei viventi, e impermanente ogni situazione,
     	e finendo la vita con la morte, perché ti addolori o bhārata,

  15 	davanti ai tuoi occhi o re dei re, fu il sorgere della guerra,
     	ne ha reso tuo figlio la causa, e fu condotta dal peso del fato,

  16 	inevitabilmento dovendo esserci la distruzione dei kuru o sovrano,
     	perché piangi quei prodi che hanno raggiunto la suprema meta,

  17 	e sapendolo il grand'anima Vidura o grandi-braccia,
     	si è impegnato con ogni mezzo verso la pace o signore di genti,

  18 	ma questo percorso tracciato dal destino nessun vivente poteva
     	fermarlo, anche impegnandosi per lungo tempo, questa è la mia opinione,

  19 	quanto stabilito dagli dèi, fu udito da me personalmente,
     	e te lo racconterò affinché tu possa trovarvi saldezza,

  20 	un tempo io, andato veloce senza stancarmi, alla dimora di Indra,
     	vidi allora là riuniti gli abitanti del cielo,
     	e anche tutti i ṛṣi divini a cominciare da Nārada,

  21 	e là io vidi pure la Terra o signore della terra,
     	lì venuta per un suo problema alla presenza degli dèi,

  22 	 e lì giunta allora la Terra diceva agli dèi riuniti:
     	' quento voi dovete fare per me, che un tempo nella dimora di Brahmā,
     	avete promesso o beatissimi, sia rapidamente approntato.'

  23 	udite le sue parole, Viṣṇu, venerato nel mondo,
     	diceva ridendo queste parole alla Terra nell'assemblea divina:

  24 	' il maggiore dei cento figli di Dhṛtarāṣṭra,
     	Duryodhana è chiamato, egli compirà quanto dovuto,
     	attraverso questo sovrano della terra tu diverrai soddisfatta,

  25 	per lui i principi della terra riunendosi a kurukṣetra,
     	reciprocamente si uccideranno, attaccandosi con potenti armi,

  26 	quindi con la guerra tu o dea, sarai alleviata del tuo carico,
     	torna rapida alla tua sede a sostenere i mondi o virtuosa.'

  27 	questo tuo figlio o re, per fare la distruzione del mondo,
     	è nato da una parte di Kali, nel ventre di Gāndhārī o sovrano,

  28 	egli è sdegnoso, sconsiderato, iracondo, arduo da averci a che fare,
     	e per l'azione del fato i suoi fratelli sono nati uguali a lui,

  29 	e lo zio materno è Śakuni, e Karṇa il suo supremo amico,
     	e uniti a lui sono nati i sovrani sulla terra per questa strage,
     	questo scopo o grandi-braccia, Nārada lo conosce in verità,

  30 	i tuoi figli per le loro offese sono andati distrutti o signore della terra,
     	non dolerti per loro o re dei re, non vi è motivo di dolore,

  31 	i pāṇḍava non ti fecero la minima offesa o bhārata,
     	sono di animo malvagio i tuoi figli, dai quali questa terra fu distrutta,

  32 	Nārada, che tu sia benedetto, un tempo senza dubbio,
     	lo ha rivelato a Yudhiṣṭhira nel corso del rājasūya:

  33 	'i pāṇḍava e i kaurava, scontrandosi reciprocamente,
     	moriranno o kuntīde, compi quanto devi fare.'

  34 	udite le parole di Nārada, allora se ne dolevano i pāṇḍava,
     	tutto questo eterno segreto divino ti è stato raccontato,

  35 	affinché tu ne abbia la fine del dolore, e compassione per la vita o potente,
     	e affetto verso i figli di Pāṇḍu, sapendo che tutto fu stabilito dal fato,

  36 	questa ragione o grandi-braccia, un tempo fu da me udita,
     	e l'ho raccontata al dharmarāja durante il rājasūya supremo sacrificio,

  37 	e avendolo io in segreto informato, il figlio di Dharma si impegnava
     	nell'accordarsi coi kaurava, ma il destino fu più forte,

  38 	in nessun modo evitabile sappi o re, questa azione
     	del Distruttore, da parte di un vivente sia mobile o immobile,

  39 	tu sei fedele al dharma e il migliore intelletto o bhārata,
     	e sei confuso pur conoscendo la meta dei viventi e il suo contrario,

  40 	sapendo che tu soverchiato dal dolore continuamente svieni,
     	il re Yudhiṣṭhira, può persino abbandonare la vita,

  41 	sempre è compassionevole quel valoroso persino verso gli animali,
     	come può non avere compassione verso di te o re dei re?

  42 	per mio ordine ed essendo inevitabile quanto stabilito,
     	e per la gentilezza dei pāṇḍava, mantieniti in vita o bhārata,

  43 	e così agendo ne avrai la gloria dal mondo,
     	e un grandissimo dharma o figlio, e potrai a lungo praticare il tapas,

  44 	il dolore sorto per i figli, simile ad un fuoco fiammeggiante,
     	coll'acqua della saggezza o grande re, spegnilo in ogni momento.”

  45 	udite le parole di Vyāsa dall'infinito splendore,
     	a lungo meditando, Dhṛtarāṣṭra rispondeva:

  46 	“da una grande rete di sofferenza sono avvolto o migliore dei ri-nati,
     	e io non intendo più me stesso svenendo continuamente,

  47 	ma udite queste tue parole nate dall'azione del fato,
     	io mi manterrò in vita, e mi sforzerò di non dolermi.”

  48 	udite queste parole di Dhṛtarāṣṭra, Vyāsa 
     	il figlio di Satyavatī o re dei re, da là scompariva.
     	
     


                              IX


   1 	Janamejaya disse:
     	“ partito il venerabile Vyāsa, il sovrano Dhṛtarāṣṭra,
     	come si comportava o ṛṣi brahmano? tu me lo devi dire.”

   2 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	udito ciò, quasi privo di sensi, pensando a lungo o migliore degli uomini, 
     	dopo aver detto a Saṃjaya di attaccare il carro, si rivolgeva a Vidura:

   3 	rapido conduci qui Gāndhārī e tutte le donne dei bhārata,
     	e conduci qui la cognata Kuntī, e le altre donne.'

   4 	così avendo parlato quell'anima pia a Vidura sapientissimo del dharma,
     	coi sensi presi dal dolore, saliva sul carro,

   5 	e anche Gāndhārī piena di sofferenza, chiamata dal marito,
     	assieme a Kuntī dove stava il re assieme alle donne si recava,

   6 	dopo aver raggiunto il re, esse violentemente sommerse dal dolore,
     	chiamandosi reciprocamente vennero e forte gridavano allora,

   7 	lo kṣattṛ le confortava, per esse egli stesso sofferente,
     	e fattele salire piene di lacrime, allora lui usciva dalla citta,

   8 	allora grida di dolore sorgevano in tutte le case dei kuru,
     	tutta la città fin dai fanciulli era sommersa dal dolore,

   9 	e delle donne mai viste prima neppure dalle schiere degli dèi,
     	si mostravano allora alla misera gente, dopo che furono uccisi i loro signori, 

  10 	sciogliendosi i capelli, togliendosi i bellissimi ornamenti, 
     	portando una sola veste, quelle donne si aggiravano senza protezione,

  11 	esse uscendo dalle loro case simili a bianche montagne,
     	come antilopi che, ucciso il capobranco escono dalle grotte montane, 

  12 	molteplici gruppi di queste elevate donne, piene di sofferenza,
     	allora correvano o re, come ragazze in un cortile,

  13 	afferandosi per le braccia, piangendo figli, fratelli e padri,
     	apparivano là esse come fosse la distruzione del mondo a fine yuga,

  14 	lamentandosi e piangendo, correvano qua e là,
     	con la coscienza rapita dal dolore non sapevano cosa fare,

  15 	quelle donne che prima cadevano in imbarazzo anche con le amiche,
     	con una sola veste, senza vergogna, stavano davanti alle suocere,

  16 	loro che l'un l'altra si consolavano nei più piccoli dolori,
     	ora sopraffatte dalla sofferenza si guardavano reciprocamente,

  17 	il re circondato da quelle piangenti a migliaia,
     	partiva dalla città, triste, rapidamente verso il campo di battaglia,

  18 	gli artigiani, i mercanti, i vaiśya e tutti quelli che vivono del loro lavoro,
     	con il sovrano alla loro testa, uscirono fuori dalla città,

  19 	e da queste che gridavano afflitte, in questa distruzione dei kuru,
     	si produceva un grande frastuono, che faceva tremare gli esseri viventi,

  20 	come la morte dei viventi che bruciano, giunta la fine dello yuga,
     	fosse allora avvenuta, così pensavano i viventi,

  21 	con le menti fortemente agitate, i cittadini, nella distruzione dei kuru,
     	li lamentavano violentemente o grande re, con grande devozione.
     


                              X


   1 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	giunti alla distanza di un krośa, là videro i grandi guerrieri,
     	Kṛpa il figlio di Śaradvat, il droṇide e Kṛtavarman,

   2 	questi vedendo il re, il signore che ha la saggezza per vista,
     	sospirando con le lacrime in gola, a lui che piangeva dissero:

   3 	“ tuo figlio o grande re, avendo compiuto una impresa molto ardua,
     	il sovrano ha raggiunto col suo seguito, il mondo di Śakra,

   4 	dell'esercito di Duryodhana siamo salvi solo noi tre sui carri,
     	l'intero altro esercito è andato distrutto o toro dei bhārata.”

   5 	così avendo parlato al re allora Kṛpa il figlio di Śaradvat,
     	a Gāndhārī afflitta dal dolore per i figli, queste parole diceva:

   6 	“ senza paura combattendo, e uccidendo molte schiere nemiche,
     	compiendo valorose imprese, i tuoi figli hanno trovato la morte,

   7 	certamente raggiungendo i luminosi mondi che si conquistano con le armi,
     	avendo uno splendido corpo vivono come gli immortali,

   8 	nessuno di quei prodi combattendo ha girato le spalle, 
     	nessuno ha implorato pietà, ma hanno avuto la morte per armi,

   9 	e dicono gli antichi che per lo kṣatriya, sia la suprema meta
     	la morte per armi in battaglia, non devi dunque dolerti per loro,

  10 	e neppure i nemici pāṇḍava o regina, hanno prosperato su di loro,
     	ascolta quanto da noi fu compiuto sotto la guida di Aśvatthāman,

  11 	udendo che da Bhīmasena slealmente fu ucciso tuo figlio,
     	entrando nell'accampamento addormentato, fu fatta una strage dei pāṇḍava,

  12 	tutti i pāñcāla sono stati uccisi a cominciare da Dhṛṣṭadyumna,
     	i figli di Drupada e quelli di Draupadī sono stati uccisi,

  13 	quindi fatta una strage delle schiere nemiche di tuo figlio,
     	fuggimmo sul campo noi tre incapaci di star loro di fronte,

  14 	i prodi grandi arcieri dei pāṇḍava rapidamente giungeranno,
     	caduti in preda della furia, volendo catturare il nemico,

  15 	udendo che i loro figli sono stati uccisi, saranno furiosi quei tori fra gli uomini,
     	e seguiranno velocemente le nostre tracce quei prodi o virtuosa,

  16 	dopo aver compiuto questa infamia ai pāṇḍava, non possiamo affrontarli,
     	dacci licenza o regina, non por mente al dolore,

  17 	e anche tu o re, dacci licenza, e rimani nella suprema fermezza,
     	tu considera solo di raffermarti nel dharma kṣatriya.”

  18 	detto questo dopo aver fatto la pradakṣiṇa al re,
     	Kṛpa, Kṛtavarman, e il figlio di Droṇa o bhārata,

  19 	senza distogliere lo sguardo dal saggio re Dhṛtarāṣṭra,
     	quelle grandi anime rapidamente spinsero i cavalli lungo la Gaṅgā,

  20 	e partiti tutti questi grandi guerrieri o re,
     	salutandosi vicendevolmente turbati, partirono in tre direzioni,

  21 	Kṛpa il figlio di Śaradvat si recava ad hāstinapura,
     	il figlio di Hṛdika andava al suo regno, e il droṇide si recava all'āśrama di Vyāsa,

  22 	così dunque partirono quei valorosi guardandosi l'un l'altro,
     	pieni di paura avendo fatto un'infamia ai pāṇḍava grandi anime,

  23 	avendo incontrato il re, allora prima del sorgere del sole, quei valorosi
     	uccisori di nemici partirono o grande re, secondo le loro scelte.
     	


                              XI


   1 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	essendo stati uccisi tutti gli eserciti, il dharmarāja Yudhiṣṭhira,
     	udiva che il vecchio padre era uscito dalla città che ha nome dagli elefanti,

   2 	ed egli afflitto dal dolore per i figli, andava incontro all'altro sofferente per i figli,
     	dolendosi allora o grande re, assieme ai fratelli,

   3 	e seguito dal valoroso dāśārha grand'anima,
     	e da Yuyudhāna, e anche da Yuyutsu

   4 	e lo seguiva anche l'addoloratissima Draupadī sommersa dalla sofferenza,
     	assieme alle donne dei pāñcāla, che là erano convenute,

   5 	ed egli vedeva lungo la Gaṅgā, queste schiere di donne o migliore dei bhārata,
     	che si lamentavano dolenti come femmine di falchi pescatori, 

   6 	il re era circondato da queste migliaia piangenti,
     	e dolenti a braccia alzate, che gridavano cose buone e cattive:

   7 	"dov'è la sapienza del dharma del re? dov'è ora la sua assenza di violenza?
     	quando uccise padri, fratelli, maestri, figli e amici,

   8 	avendo fatto uccidere Droṇa, e il patriarca Bhīṣma come 
     	sarà il tuo animo  o grandi-braccia? e avendo ucciso Jayadratha,

   9 	che vale aver avuto il regno a te che non vedi più padri e fratelli,
     	e pure l'nvincibile Abhimanyu, e i figli di Draupadī o bhārata?"

  10 	attraversando queste che gridavano come femmine di falchi pescatori, 
     	il grandi-braccia Yudhiṣṭhira onorava il fratello maggiore del padre,

  11 	e inchinandosi al padre secondo il dharma, quei tormenta-nemici
     	i pāṇḍava annunciavano tutti i loro nome,

  12 	il padre afflitto per la morte dei figli, pieno di dolore,
     	senza gioia abbracciava il pāṇḍava, causa della fine dei suoi figli,

  13 	abbracciato il dharmarāja, parlandogli gentilmente o bhārata, 
     	con malanimo cercava Bhīma volendolo bruciarlo come un fuoco,

  14 	egli col fuoco dell'ira, alimentato dal vento della sofferenza,
     	appariva come voler bruciare la foresta che era Bhīmasena,

  15 	Hari conoscendo la sua cattiva intenzione verso Bhīma, 
     	spinto via Bhīma con le mani, gli consegnava un Bhīma di ferro,

  16 	Hari dal grande intelletto precedentemente intuita la sua intenzione, 
     	il grande saggio Janārdana aveva allora dato disposizioni, 

  17 	abbracciando con le mani quel Bhīmasena di ferro,
     	lo spezzava il fortissimo re, pensandolo Ventre-di-lupo,

  18 	dotato della forza di un branco di elefanti, il re quel Bhīma di ferro,
     	avendo rotto, ma col petto a pezzi, perdeva sangue dalla bocca, 

  19 	e quindi cadeva a terra, imbrattato di sangue,
     	come un albero corallo, colle cime piene di fiori,

  20 	lo afferrava allora il saggio sūta, il figlio di Gavalgaṇa, 
     	e gli diceva:” non fare così.” e lo calmava confortandolo

  21 	abbandonata la collera, finita la furia quel grande intelletto,
     	di nuovo sommerso dalla sofferenza gridava: “ oh, oh! Bhīma!”

  22 	vedendo che era cessata la collera di voler uccidere Bhīmasena,
     	Vāsudeva il migliore degli uomini, queste parole diceva:

  23 	“ non dolerti o Dhṛtarāṣṭra, tu non hai ucciso Bhīma,
     	un suo sembiante di ferro tu hai abbattuto,

  24 	vedendo che eri caduto in preda alla collera o toro dei bhārata,
     	io ho tirato via il kuntīde finito ormai tra i denti della morte,

  25 	nessuno vi è o tigre fra i re che ti sia pari per forza,
     	quale uomo o grandi-braccia, può resistere alla stretta delle tue braccia,

  26 	come nessuno raggiunto dal Distruttore può uscirne vivo,
     	così stretto tra le tue braccia, nessuno rimarrebbe vivo,

  27 	perciò la statua di ferro di Bhīma che fu fatta fare 
     	da tuo figlio, da me fu fatto prima portare o kaurava,

  28 	la tua mente è allontanata dal dharma perché sommersa dal dolore per i figli,
     	per questo o re dei re, tu volevi uccidere Bhīmasena,

  29 	non ne avresti pace o re, avendo ucciso Ventre-di-lupo,
     	e i tuoi figli o grande re, certo non rivivrebbero in alcun modo,

  30 	perciò quando da noi è stato fatto pensando alla tua pace,
     	tutto questo approva dunque, non por mente al dolore.”
     	


                              XII


   1 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	alcuni servitori si impegnarono a renderlo puro,
     	ritornato pulito, ancora l'uccisore di Madhu gli diceva:

   2 	“ o re, tu hai studiato i veda e i vari śāstra,
     	hai udito i purāṇa e interamente i dharma dei re,

   3 	e pur così conoscendo o grande saggio, allora non hai seguito il mio consiglio,
     	pur sapendo che i pāṇḍava erano superiori in forza e valore o kaurava,

   4 	il re che sia di ferma saggezza, scorge le proprie colpe,
     	e le distinzioni di tempo e luogo, e trova il suo supremo bene,

   5 	ma chi consigliato non accetti quanto è meglio, bene o male,
     	caduto nella sventura, egli si dorrà della sua cattiva condotta,

   6 	quindi guarda a te stesso in altra maniera o bhārata,
     	tu o re, non hai governato te stesso, dominato da Duryodhana,

   7 	tu sei afflitto dalla tua stessa colpa, perché volevi uccidere Bhīma?
     	perciò calma la tua ira, e ricorda la tua stessa cattiva condotta,

   8 	il vile che per invidia trascinò nella sala la pāñcāla,
     	fu ucciso da Bhīma per vendicare l'offesa,

   9 	guarda gli eccessi tuoi e di tuo figlio dall'animo malvagio,
     	quando hai abbandonato i pāṇḍava senza colpe o tormenta-nemici.”

  10 	così apostrofato da Kṛṣṇa con l'intera verità o signore di genti,
     	il signore della terra Dhṛtarāṣṭra diceva al figlio di Devakī:

  11 	“ è così o grandi-braccia, come tu dici o mādhava,
     	l'amore del figlio, o anima giusta, mi ha allontanato dall'intelligenza,

  12 	per fortuna quel fortissimo dal sincero ardimento, tigre fra gli uomini, 
     	Bhīma, da te protetto o Kṛṣṇa non venne tra le mie braccia,

  13 	ora io sono in me, abbandonata la furia e ogni ansia,
     	e voglio toccare il valoroso pāṇḍava secondogenito o Lunghi-capelli,

  14 	essendo stati uccisi i miei figli e abbattuti quei grandi sovrani,
     	sui figli di Pāṇḍu, è radicata la mia pace e gli affetti.”

  15 	quindi toccava colle sue membra le belle membra di Bhīma, del Conquista-ricchezze,
     	dei due figli di Mādrī eroi tra gli uomini, e confortandoli diceva loro buona fortuna.
     


                              XIII


   1 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	avendo salutato Dhṛtarāṣṭra allora quei tori dei kuru,
     	tutti i fratelli si recarono da Gāndhārī assieme al Lunghi-capelli,

   2 	quindi riconoscendo il dharmarāja Yudhiṣṭhira uccisore di nemici,
     	l'irreprensibile Gāndhārī sommersa dal dolore per i figli, voleva maledirlo,

   3 	conoscendo questa sua cattiva intenzione verso i pāṇḍava,
     	il ṛṣi figlio di Satyavatī, precedentemente l'aveva capita,

   4 	bagnatosi nella Gaṅgā, colle sue pure acque dal santo profumo,
     	il supremo ṛṣi, con la velocità del pensiero giungeva a quel luogo,

   5 	vedendo con la sua divina vista, e con l'insuperabile mente,
     	la natura di tutti i viventi, là aveva capito,

   6 	 a tempo debito diceva alla nuora il grande asceta con voce sonora:
     	“allontanandoti dal tempo delle maledizioni muovi verso quello della pace,

   7 	non devi avere collera verso il pāṇḍava o Gāndhārī, raggiungi la pace,
     	trattieni la passione, ascolta queste mie parole,

   8 	per diciotto giorni tuo figlio bramoso di vittoria ti diceva:
     	' benvolemente bendicimi o madre, che vado a combattere contro i nemici.'

   9 	e così richiesta ogni volta da lui che bramava la vittoria,
     	gli dicesti o Gāndhārī: ' dov'è il dharma là c'è la vittoria.'

  10 	e neppure una tua parola in passato o Gāndhārī io ricordo
     	sia stata falsa, quando hai pronunciato ora devi mantenere,

  11 	tu ricordando il dharma e le parole pronunciate o sapiente,
     	calma la tua collera o Gāndhārī, non fare così o sincera nelle parole.”

  12 	Gāndhārī disse:
     	“ o venerabile, io non ho indignazione, non voglio distruggerli,
     	ma dal dolore per i figli, la mia mente si è allontanata dalla fermezza,

  13 	come Kuntī deve proteggere i kuntīdi, così io lo devo,
     	e come deve proteggerli Dhṛtarāṣṭra, così io lo devo,

  14 	per le manchevolezze di Duryodhana, e di Śakuni figlio di Subala,
     	e di Karṇa e di Duḥśāsana, è occorsa questa strage dei kuru,

  15 	Bībhatsu non ha mancanze, né il pṛthāde Ventre-di-lupo,
     	né Nakula o Sahadeva, e neppure mai Yudhiṣṭhira,

  16 	combattendo i kaurava, e facendosi a pezzi vicendevolmente,
     	sono stati da altri abbattuti, non vi è nulla di spiacevole per me,

  17 	ma l'azione che ha compiuto Bhīma sotto lo sguardo di Vāsudeva,
     	sfidando Duryodhana al duello di mazze, quel grande intelletto,

  18 	sapendo che era superiore in abilità, mentre in vari modi agiva sul campo,
     	sotto l'ombelico lo colpiva, questo scatena la mia collera,

  19 	come dunque il dharma stabilito da grandi anime e sapienti del dharma,
     	hanno potuto abbandonare questi prodi in battaglia per salvarsi la vita?”
     	


                              XIV


   1 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	udite queste sue parole allora Bhīmasena intimorito,
     	rispondeva a Gāndhārī, queste concilianti parole:

   2 	“ se il dharma o l'adharma da me fu fatto là, lo fu per paura,
     	e per proteggere me stesso, e tu lo devi perdonare,

   3 	con un combattimento leale il fortissimo tuo figlio,
     	da nessuno poteva essere fermato, da qui io ho agito slealmente,

   4 	perché unico rimasto dell'esercito quel valoroso in un duello di mazze,
     	non potesse avere il regno dopo avermi ucciso, io ho agito così,

   5 	tutto quanto tuo figlio disse alla principessa pāñcāla,
     	mestruata e con una sola veste, tu lo sai,

   6 	senza aver preso Suyodhana, la terra intera coi suoi mari non poteva
     	essere goduta da noi, per questo io l'ho fatto,

   7 	e un altro atto malvagio ci ha fatto tuo figlio,
     	mostrava a Draupadī la sua coscia sinistra in mezzo alla sala,

   8 	e allora doveva essere ucciso da noi o madre, il malfattore di tuo figlio, 
     	e per ordine del dharmarāja noi stemmo fermi allora nell'accordo,

   9 	ma una grande inimicizia fu accesa da tuo figlio o regina,
     	e mentre sempre fummo tormentati nella foresta, per questo l'ho fatto,

  10 	finita è questa guerra, avendo ucciso il nemico Duryodhana in battaglia,
     	Yudhiṣṭhira ha avuto il regno, e noi siamo liberi dalla furia.”

  11 	Gāndhārī disse:
     	“ per quanto tu elogi mio figlio, egli non meritava questa morte o figliolo,
     	egli ha compiuto tutto quanto tu mi hai detto, 

  12 	quando a Nakula gli furono uccisi i cavalli da Vṛṣasena o bhārata,
     	bevesti sul campo il sangue che usciva dal corpo di Duḥśāsana,

  13 	un terribile atto deprecato dai virtuosi, e praticato da ignobili genti,
     	perché hai compiuto una azione così ingiusta o Ventre-di-lupo?”

  14 	Bhīmasena disse:
     	“ anche di uno straniero non si deve bere il sangue, come dunque di uno dei tuoi?
     	come fosse te stesso è un fratello non vi è alcuna differenza,

  15 	ma il sangue non è passato tra la mia bocca e denti, non temere o madre,
     	il figlio del sole, lo sapeva, che solo le mie mani furono imbrattate di sangue,

  16 	vedendo i cavalli di Nakula uccisi da Vṛṣasena in battaglia,
     	l'ansia per far gioire i miei fratelli nacque in me,

  17 	quando Draupadī fu trascinata per i capelli, durante la partita
     	per la collera io allora pronunciai quanto avevo nel cuore,

  18 	io sarei stato per infiniti anni disgiunto dal dharma kṣatriya o regina,
     	se non avessi compiuto il mio giuramento, per questo l'ho fatto,

  19 	non devi ora o Gāndhārī, addossarmi una colpa,
     	senza aver allora fermato i tuoi figli verso di noi senza colpe.”

  20 	Gāndhārī disse:
     	“ tutti i cento figli di questo vecchio hai ucciso tu da invincibile,
     	perché non hai risparmiato nessuno che fosse di più piccola offesa

  21 	che fosse successione per noi due vecchi privi del regno o figlio?
     	perché non è rimasto un unico supporto per questi due cechi?

  22 	fosse rimasto qualcuno dei figli che tu hai ucciso o figlio,
     	non ne avrei dolore, se tu avessi agito nel dharma.”
     


                              XV


   1 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	così avendo parlato Gāndhārī, però chiedeva di Yudhiṣṭhira:
     	“dov'è il re?” adirata, e afflitta per la morte di figli e nipoti,

   2 	si avviciniva a lei, piangendo a mani giunte, il re dei re
     	Yudhiṣṭhira, e queste dolci parole le diceva:

   3 	“il sono Yudhiṣṭhira il crudele uccisore dei tuoi figli o regina,
     	merito di essere maledetto, divenuto causa della distruzione della terra, maledicimi,

   4 	io non ho motivo per vivere, per il regno o le ricchezze,
     	avendo ucciso tali amici, sono solo un folle uccisore di amici.”

   5 	a lui che che così le parlava, da vicino timoroso, 
     	Gāndhārī non diceva nulla, supremamente e violentemente sospirando,

   6 	mentre stava per cadere ai suoi piedi inchinando il corpo,
     	la sapiente del dharma che vede ogni dharma, da sotto la benda,
     	la regina guardava l'unghia dell'alluce del sovrano Yudhiṣṭhira

   7 	e allora il sovrano mostrava la sua unghia divenuto brutta,
     	vedendolo, Arjuna andava dietro a Vāsudeva,

   8 	e a loro che così si muovevano da qui in là o bhārata,
     	Gāndhārī finita la collera come una madre si rivolgeva conciliante,

   9 	da ella licenziati, tutti insieme quegli eroi dai larghi petti,
     	si recarono dalla madre Pṛthā, madre di eroi,

  10 	a lungo guardando i figli, sommersa dall'ansia per i figli,
     	la regina versava lacrime, coprendosi il viso con la veste

  11 	quindi Pṛthā versando lacrime assieme ai figli,
     	li vedeva, coperti dalle ferite di molteplici quantità di armi,

  12 	e toccando i figli ad uno ad uno, per molte volte,
     	si doleva piena di dolore per Draupadī che aveva avuto i figli uccisi,
     	e guardava la pāñcāla che piangeva caduta a terra.

  13 	Draupadī disse: 
     	“ nobildonna, dove sono tutti i tuoi nipoti morti insieme al figlio di Subhadra?
     	essi non corrono oggi da te asceta, per vederti dopo molto tempo,
     	che mi vale il regno, privata come sono dei miei figli?”

  14 	Vaiśaṃpāyana disse:
     	Pṛthā dal grandi occhi, la confortava,
     	facendo alzare la figlia di Yajñasena, che piangeva scossa dalla sofferenza,

  15 	e assieme a lei, e seguita dai figli, l'afflittissima Pṛthā,
     	si recava di persona dalla afflitta Gāndhārī, 

  16 	quindi Gāndhārī diceva alla virtuosa e alla sua nuora:
     	"non essere così addolorata o figlia, guarda pure me dolente,

  17 	io credo che questa distruzione del mondo, sia voluta dal corso del tempo,
     	essendo inevitabile per sua natura sia accaduta cosi terribile,

  18 	si sono avverate le grandi parole di Vidura,
     	che disse quel grande intelletto, quando non fu fatta la pace richiesta da Kṛṣṇa,

  19 	perciò essendo inevitabile, e specialmente già avvenuto il fatto,
     	non dolerti, non sono da piangere quelli che hanno trovato la morte in battaglia,

  20 	come sei tu, anch'io sono, e chi dunque mi consolerà?
     	per mio fallo, questa suprema stirpe è andata distrutta.”