Quaderno n. 16
A cura di Lino e Laura
17/04/2005
Nella mia vita ho conosciuto moltissimi appassionati di bicicletta, appassionati di tutti i tipi:dagli artigiani telaisti e costruttori (mio zio Sandro era uno di questi) ai professionisti (casa mia era frequentata anche da Giuseppe Olmo), dagli allievi ai dilettanti, dai semplici turisti a quelli che usavano ed usano la bicicletta per recarsi a scuola o al lavoro ed ancora oggi, che sono oltre gli “anta”, sono sempre presente nell’ambiente del ciclismo.
Sulla bicicletta si è detto e scritto di tutto ed oggigiorno poi si sa, siamo tutti un po’ “professori”; cari amici, non voglio prendere in giro nessuno con questa mia asserzione, ma tra la televisione e le tante riviste specializzate ognuno di noi ha ormai la possibilità di conoscere a fondo il proprio mezzo meccanico e di tenersi aggiornato sulle continue novità, forse troppe, offerte dal mercato. Non si fa in tempo a godere di un nuovo dispositivo che il giorno dopo è già obsoleto! Siamo in pieno consumismo e quindi dobbiamo adattarci anche se penso che sarebbe importante non lasciarci abbagliare da tutto ciò che “luccica” e saper apprezzare davvero il bene che cavalchiamo.
Detto questo penso che una panoramica sulle macchine che hanno preceduto la nostra “superleggera” si utile. Uno sguardo al passato può farci considerare il presente sotto un altro punto di vista, sicuramente più ottimistico, ed il futuro…. Che dire per il futuro, io posso solo consigliare di stare accorti!
La mia panoramica si concentra sui sistemi di “spinta” che sono stati escogitati da tanti anni fa fino ai nostri giorni per far avanzare un mezzo con due ruote, in altre parole parleremo della propulsione della nostra “macchina bicilindrica”.
Per fare ciò ho dovuto “spulciare” tutto il materiale cartaceo in mio possesso ed estrarre le notizie utili per questo quaderno. Non ho inventato nulla, ho solo usato il materiale sia scritto che fotografico e grafico prodotto da altri, sicuramente più esperti di me in materia, ed unire tutte queste tessere fino a comporre un unico mosaico, un testo più o meno completo ed interessante a disposizione degli appassionati di ciclismo.
Spero di esserci riuscito, se ci sono delle critiche da parte di qualche lettore sarò ben lieto di ascoltarle e discuterne assieme.
Un saluto a voi tutti e…buona lettura!
Vorrei comunque subito chiarire che durante le varie presentazioni mi permetterò qualche commento personale, ma non voglio certo fare né il moralista né il critico a tutti i costi, saranno commenti dettati dall’esperienza e dall’amore per le realtà tecniche.
Cominciamo dalla ruota che è chiaramente la parte più importante ed indispensabile della nostra macchina.
É stata una invenzione oppure è nata per caso?
Non ci sono notizie precise su chi, come e quando sia stata inventata la ruota. In natura non ci sono esempi di ruota da poter imitare e così l’uomo primitivo all’inizio trasportava i pesi sulle proprie spalle, poi usò delle slitte su pattini ed infine, (ma questo probabilmente non prima del 4000 a.C. cioè 6000 anni fa!), nella zona del delta dei fiumi Tigri ed Eufrate un certo tizio, un Sumero, inventò una ruota col perno.
La più antica rappresentazione di una ruota si trova in un mosaico d’argilla a Ur, in Mesopotamia e risale al 3500 a.C., si tratta di una ruota piena di legno fatta di elementi legati con traverse, incastrati fra di loro e rivestiti da una fascia di cuoio.
La figura che segue rappresenta invece un modello in argilla di un carro impiegato dalla civiltà Harappa nella valle del fiume Indo all’incirca nel 2000 a.C.
La prima ruota a raggi sembra sia stata inventata dagli antichi Egizi per rendere più leggeri e veloci i loro carri da guerra. Per evitare il loro rapido consumo, le ruote venivano ricoperte con bande di rame ( i primi copertoni!).
Con questa invenzione l’uomo ha fatto il primo passo verso la nostra bici fino ad arrivare ai giorni nostri in cui le ruote girano quasi da sole!!!
Notare che tra le due ruote ci sono circa 6000 anni di storia e di tecnologia.
Come ben sanno gli amici ciclisti le ruote moderne girano quasi da sole, rimane però quel “quasi” che ci disturba (o ci fa felici!?), cioè la bicicletta bisogna “spingerla” per farla andare e in tanti hanno pensato.......
Sembra doversi al genio del nostro grande Leonardo da Vinci, nel secolo XVI, la prima idea concreta di bicicletta. Leonardo infatti studiò la possibilità di costruire un veicolo a due ruote con trasmissione a catena. Nello suo schizzo sottoriportato si evidenziano benissimo un telaio portante, due ruote uguali fra loro, la trasmissione a catena azionata da un meccanismo a pedali. Manca però un sistema per curvare e quindi per mantenere in “piedi” la sua macchina. ( vedi quaderno n.1 – perché la bici sta in piedi). Purtroppo tale prototipo non è mai stato costruito e dopo l’intuizione di Leonardo dobbiamo attendere parecchi tempo prima di rivedere una “macchina”simile alla bicicletta.
Ecco la copia del suo schizzo.
Per incontrare il primo vero antenato della nostra bicicletta dobbiamo aspettare fin dopo la Rivoluzione Francese. Infatti l’invenzione di un veicolo a due ruote chiamato ”celerifero”o “velocifero” pare sia del 1790 -1791 ad opera di un francese, il conte Mede di Sivrac. Era costituito da un’asse di legno che aveva anche funzione di sella, due forche e due ruote uguali, sempre di legno e divenne ben presto popolare soprattutto come gioco per adulti. Il conte non brevettò la sua invenzione che così fu ripresa da molti costruttori.
Le cronache mondane dell’epoca raccontano che i giovani signorini di allora caracollavano trionfanti nei parchi delle grandi città facendo bella mostra della loro nuova attività davanti a eleganti e un po’ intimorite signorine e si pensa che addirittura nei primi del 1800 il velocifero venisse usato da alcune ditte per il servizio a domicilio, una specie degli attuali pony-express su motorino!......
La incontentabilità della mente umana e la sua curiosità stuzzicarono l’ingegno di qualcun altro, un tale sig. X, pensò di migliorare questa macchina, aumentare il suo rendimento e la sua comodità; la fantasia di artigiani o di inventori si è sbizzarrita e sono stati applicati alla nuova macchina vari sistemi di propulsione: spinta con i piedi (stavolta non per terra) o con le mani.
Come funziona? Il sistema è basato sulla possibilità che una serie di “cricchetti” spinti da molle si incastrino in apposite tacche quando il pignone gira nel senso di produrre il movimento della bici mentre si possono abbassare quando il corpo dentato sta fermo o gira indietro in occasione di una contropedalata.
La foto mostra un cricchetto con la propria molla fissato alla parte “avvitata” sul mozzo, la parte scura è il corpo pignone.
particolare del bloccaggio Campagnolo
Bisogna dedicare un capitolo completo a questo nome.
Bartali al tour col cambio a bacchette Campagnolo
Il valore dei rapporti in questi tipi di cambi sono dati in modo diverso rispetto a come siamo abituati con i cambi tradizionali (per noi); vengono esclusi dal computo la moltiplica ed il pignone e vengono indicati le variazioni che avvengono nel cambio rispetto alla situazione “zero” cioè quando non c’è variazione di rapporto tra il pignone e la ruota. Segue un esempio per un cambio di 4 rapporti.
Marcia 1 2 3 4
Rapporto 1 1,24 1,5 1,84
Corrisponde a: 20 d 16 d 13 d 11 denti
Esempio: se la bici monta una moltiplica di 40 denti si hanno i seguenti rapporti “usuali”
Marcia 1 2 3 4
Rapporto 2 2,5 3 3,6
Calcolo 40/20 40/16 40/13 40/11
Si può notare che i rapporti sono piuttosto “lunghi”, cioè distanti
Nel caso del cambio a 7 rapporti si ha:
Marcia 1 2 3 4 5 6 7
Rapporto 0,63 0,74 0,84 1 1,15 1,34 1,55
Corrisponde 32d 27d 24d 20d 17d 15d 13d
In questo cambio i rapporti sono più ravvicinati, lascio al lettore la gioia di fare il calcolo dei rapporti secondo il metodo “usuale”.
Sempre per il famoso appetito che viene mangiando diversi “inventori” hanno pensato alla automatizzazione dell’operazione della cambiata.....(sempre più comodità!).
Dall’ Italia 2
Qualche decina di anni fa ho letto su una seria rivista che anche Colnago e Ferrari si erano cimentati in questo campo; anche la loro realizzazione era basata su un sistema di cambio inserito nella zona “moltiplica”, però ancora non c’è stato un lancio commerciale.
vista del sistema Deal Drive senza coperchio
Bike – o Matic
Inizio con lo scusarmi con gli inventori dei precedenti cambi automatici se hanno notato un certo pessimismo tra le mie righe, però la mancanza di bici circolanti dotati dei loro cambi non depone a loro favore, comunque voglio augurare loro che gli sforzi (ed i soldi) profusi, arrivino a produrre sistemi efficienti e commerciabili.
Secondo me i sistemi sopra elencati hanno in comune un grosso difetto (salvo in parte il Deal Drive), cioè il sistema tiene conto solo dello sforzo sui pedali mentre altri fattori sono legati al rapporto di trasmissione quali la velocità del momento, il tipo di strada, le attitudini del pedalatore e il suo desiderio del momento; inoltre c’è anche il problema della potenza necessaria per l’attuazione dell’ordine (forza muscolare, pile, dinamo, ecc.).
É un problema difficile quello dei cambi automatici, lo è stato anche per quelli delle auto; non ci sono auto da corsa con cambio automatico, hanno si l’attuatore automatico, ma è sempre l’uomo che comanda.
Shimano
Ce ne sono di diverse Marche (c’è pure la Mercedes Benz) e di diversi tipi; quasi tutte hanno il motore inserito in un grosso mozzo della ruota posteriore, la loro potenza si aggira sui 200 Watt, alcuni tipi possono fornire anche 750 Watt di spunto. La batteria è generalmente al piombo, inserita in un apposito contenitore si stacca facilmente per essere portata nel posto più consono per essere caricata. La velocità massima raggiungibile, senza pedalare, è dell’ordine dei 23 Km/ora.
Voglio anche aggiungere che i prezzi sono, o almeno erano, veramente contenuti.
Naturalmente la pedalate risulta ellittica ed il tutto appare molto ingombrante
Sempre ad una Mostra è stata presentata una pedivella sagomata ad angolo retto, come il simbolo che segue, ” é”; il lato più lungo era calettato alla moltiplica e quello più corto al pedale.
I sistemi moderni relativi alla propulsione della nostra fedele bici non li ho presi in considerazione, sono troppo alla portata visiva e manuale di ognuno di noi; forse, tra una decina d’anni, (se Dio vorrà), quando anche i nostri sistemi moderni saranno “vecchi”, ne potrò parlare a beneficio di quei giovani che da poco sono scesi dal “triciclo” per salire sulla loro prima Mountain Bike.
Sono sempre stato dell’opinione che diverse innovazioni riguardanti la nostra macchina erano, e sono, sopratutto un fatto commerciale e non sono realmente dei miglioramenti utili per le prestazioni del ciclista; fatto il lancio commerciale della novità, positivo o no, dopo qualche anno torna il silenzio, anzi alle volte si presenta un’altra innovazione opposta alla precedente....un colpo al cerchio e uno alla botte....e la gente spende... Ci sono state e ci saranno sempre, in tutti i campi, tante lucciole vendute per lanterne, comunque anche questi fatti sono stati di aiuto, e lo sono ancora, per tenere vivo l’interesse per la bici.
Saluti cordiali a tutti e BUONE PEDALATE Lino
domenica 17 aprile 2005