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Qualsiasi

Una stanza qualsiasi di una casa qualsiasi, in una città qualsiasi. In un letto dorme un uomo, un uomo qualsiasi, una luna qualsiasi illumina pallidamente i piedi del suo letto. L’uomo che possiede una faccia qualsiasi, improvvisamente apre gli occhi, un rumore lo ha svegliato.  Si alza a sedere, sente il rubinetto del lavandino che perde: una goccia dopo l’altra, dopo l’altra.
L’uomo scende dal letto, appoggia i suoi piedi sul pavimento freddo, la luna per un attimo glieli illumina.
Va in cucina, guarda il rubinetto e le sue gocce, con forza lo chiude.
Ora si gira c’è una finestra davanti a lui e di là di essa uno sguardo sulla città qualsiasi. Ad un tratto di nuovo rumore di goccia che cade e che si fa via via sempre più intenso. L’uomo sente un brivido lungo la schiena, i suoi occhi qualsiasi scrutano lentamente intorno, si gira verso il lavandino che però tace! Il rumore si fa più forte. L’uomo può sentire l’acqua aumentare goccia dopo goccia, sente il suo corpo farsi acqua, sciogliersi come pioggia, prima i piedi poi le gambe. L’uomo si tocca il petto in cerca del rubinetto per fermare quell’inondazione, le sue mani affondano e tirano fuori un  cuore fradicio d’acqua. L’uomo lo guarda con occhi sereni e accenna un sorriso, va in bagno tenendo il suo cuore in una mano, lo strizza prende due mollette e lo stende e mentre fa ciò esclama : “ stupido cuore, tutte le notti la stessa storia, per fortuna la mattina è sempre asciutto, pronto da indossare!”
L’uomo qualsiasi torna nel suo letto qualsiasi e chiude i suoi occhi qualsiasi, nella stanza qualsiasi di una casa qualsiasi nel mezzo di una notte qualsiasi.

La notte...

Amo la notte perché è magia e solitudine, perché è il momento in cui cadono i pudori, i veli del peccato. La notte! Esisti solo tu quando è notte, le parole si trasformano in note nere e bianche, che girano impazzite dentro mille sogni addormentati. Dea scura! Le distanze si annullano, i muri si sgretolano e le anime notturne si chiamano e si rispondono seguendo i moti delle onde radio.
La notte, dove tutto è vero, e nessuno ha bisogno di fingere: regina dei sogni, delle lacrime, dei sospiri. Puoi urlare, saltare, credere di volare, puoi piangere e cadere ed essere sempre te stesso, libero da sguardi cinici ed incatenati, libera l’istinto e la fantasia; la notte, amante ambigua, dolce agonia: t’aspetto…

...I sogni

I sogni. Forse noi siamo sogni: speranze, incubi, utopie che nascono e muoiono come bolle di sapone. Alcuni volano lontano, lontano…raggiungono lidi invisibili, isole perdute e ritrovate. Altri strisciano, neri, insidiosi, tra i cunicoli di cervelli falsamente pieni e sputano parole, e ancora parole, versi, urla, grida.
I sogni chiusi in un cassetto che sanno di naftalina, imprigionati nelle righe e nei quadretti dei diari di teen-agers innamorate. Persi, disseminati, a volte, spesso, abbandonati chissà dove.
Incubi incessanti, i sogni: rimorsi che mordono cuori addormentati nell’attesa del tramonto. Dreams accumulati, incasinata catasta di frammenti, in un angolo polveroso dell’anima d’ogni manager.

I sogni che scivolano leggeri sullo schermo a 24 pollici, sogni colorati o in bianco e nero: pur sempre sogni. Tutti i miei sogni volati via, sogni di carta, sogni di follia.

 

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Cristina Zeppini

 

 

La "campagna" elettorale

Il catrame sulle foglie. Ossigeno infestato da menti “plastificate”. L’odore. Ricchi colori perduti nel grigio di “quel” fumo. Corpi magri d’animo e cervelli spianati dal caos. Rumore elettrico che invade l’inaccettabile solitudine…

Gli altoparlanti della politica si accendono, si animano. Strillano come pazzi per incollare pasticciati “francobolli” di malvagie ricchezze.
Cerco di non sentire…cerco di non guardare. Non serve! Il loro urlo è più forte del mio sfiancato bisbiglio.
Capire? Analizzare? Sognare e, forse, sperare!
Si aprono le danze e i burattini del “campo” cominciano a saltellare. Sembrano impazziti…a cosa serve?
Continuo a ripetermi: “forse a migliorare, forse a cambiare”.
D’accordo! Allora ci vado!
Mi infilerò in quella cabina ed esprimerò “quel” malessere. Un diritto che nessuno può più negarmi: il malessere.
Aspetto il mio turno ed osservo. Volti spenti dalla noia che viene sporcata da maledette illusioni. Sorrisi che ringraziano simboli, manifesti, liste e parole. Le mani si stringono e le ossa si sgretolano.
Nella cabina guardo i colori sulla scheda…non c’è il grigio: sigle, lettere.
Ecco la mia “X”. Niente di più…solo la mia “X”.

Ore dopo, giorni dopo, mesi dopo, anni dopo…

Il catrame sulle foglie. Ossigeno infestato da menti “plastificate”. L’odore. Ricchi colori perduti nel grigio di “quel” fumo. Corpi magri d’animo e cervelli spianati dal caos. Rumore elettrico che invade l’inaccettabile solitudine…solo il pensiero salva quelle “sporche” vedute.

Un passato di storie. Un futuro di bazzeccole.

<connessione> mio nonno aveva da esprimere l’odio per quegli scarponi coperti dal fango. Urlava per la rabbia. Sudava e piangeva quando trasportava, per ore, quello zaino pesante. L’orribile leggerezza di quell’arma…la sua voce bruciava e soffocava il suono d’una campana lontana.

io non posso raccontare… <disconnessione>

<connessione> mia nonna parlava, sorrideva e sperava. Poi, i pensieri persero le parole. Può dire ciò che le hanno rubato…oggi è lì, in un angolo, che lo urla.

non posso… <disconnessione>

<connessione> mio padre credeva e, con lui, mia madre. Rivoluzioni, cambiamenti, guerre di parole. Idee che crebbero con loro…sogni che strisciarono verso mete profonde migliaia di chilometri.

io non posso raccontare… <disconnessione>

<connessione> mi ritrovo a portare una borsa vuota che, però, pesa sulle mie spalle. Ho trovato migliaia di pensieri già senza parole. Osservo come se cercassi qualcosa, mi volto in ogni direzione come se avessi paura. Il buio mi circonda. Credere non è più…

 

<il modem non risponde. Riprovare?>

no!.

 

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Michele Avola

 

 

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