titmusica.jpg (5063 bytes)
 

 

Il patetico baraccone Sanremese.
Malvagio resoconto di una serata già vista

Il 50° Festival della canzone italiana ha mollato le cime, innalzato le vele ed è finalmente partito...allontanandosi in un mare blu pieno di pesci boccaloni e di scrofani con la puzza sotto il naso. Sul molo migliaia di telespettatori osservano incuriositi la partenza, sfoggiando intere collezioni di fazzoletti bianchi griffati dai peggiori stilisti. Il capitano del baraccone, Fabio Fazio, preso in mano il timone con quell'inesperienza da bambino alla prima pedalata di triciclo, si è subito messo a distribuire gli ordini per la navigazione. Il gusto dell'orrido ha, però, subito preso il sopravvento: il vestitino nero dello skipper Fazio, in questa prima serata, ha rasentato l'impossibile, ha sfiorato l'inimmaginabile ed ha fatto il pelo al cattivo gusto. Potevamo aspettarci di tutto, ma un completo nero fascista, arricchito con ricamini bizzarri dal gusto barocco, ha decisamente regalato agli invidiosi "aspiranti al trono" dei buoni propositi per criticare l'inizio della carmesse.

Come vice, un Teo Teocoli impacciato, teso come una corda di violino usata ed impettito come un marine, che ha dato, però, quel tono gioioso ad una serata a dir poco scontata. Mentre il sudaticcio Maestro Pavarotti, con un faccione che pareva appena uscito da una sauna cinese, ha fatto del suo meglio: quattro parole stonate.

Note dolenti: la bella Ines e le canzoni. Lascerei stare la "non-italiana", già duramente attaccata e criticata da qualsiasi categoria (persino i cobas del latte) passando così alla seconda. Le canzoni. Spente, tutte simili e con melodie così vecchie che mia nonna ha fatto un salto nel passato e con le lacrime agli occhi ha detto: "mi ricorda tanto...!". Ogni anno le note sugli spartiti si mescolano, girano spaesate tra le pagine ed escono dagli strumenti stanche di doversi ripetere. Un frullato di chiavi di violino, re diesis e do bemolli che, una volta versato nel bicchierone macchiato del Festival di San Remo, ti fa riscoprire quel sapore di sempre. Un deludente "amaro".

Eppure il baraccone continua nella sua (usando un termine di moda) regata e scavalcando mari in burrasca, oltrepassando tempeste e schivando saette impazzite corre verso una meta, per ora, lontana.

Una fine che tutti sperano sempre dignitosa o, quantomeno, degna delle aspettative del bel italiano medio che, come per Luna Rossa, si svacca sul divano di casa, con il telecomando nel congelatore ed in compagnia della celeberrima frittata di cipolle. Un "the end" da favola Disney che coronerà, in una prassi da decenni sperimentata, il principe azzurro il quale, anziché svegliare con un bacio romantico la bella addormentata, darà uno strattone al produttore per far si che il nuovo (si fa per dire) album venda migliaia di copie.

Michele Avola

De Istoria Boybandae

Ho deciso di scrivere oggi per dare delucidazioni riguardo ad una setta traviante, che spezza il nerbo della nostra spensierata gioventù: le Boyband. La definizione, del succitato fenomeno, che sono riuscito a trovare è la seguente: gruppo pseudomusicale, composto generalmente da 5 individui di sesso maschile, ripartibili nelle seguenti categorie:

atakethat.jpg (15276 bytes)
Il bisessuale: siccome è brutto dire in tv, davanti a 20 milioni di telespettatori, "sono culo", lo showbiz ha inventato questo termine che evita al giovane pederasta figure di sterco.

 

Il culturista: è il palestrato del gruppo, non canta ma fa esibire i suoi ormoni in uno show funambolico.

Il falso alternativo: dovrebbe essere il più funky del gruppo, purtroppo risulta essere solo il più trash tra i 5 miserabili.

 

abackstreet.jpg (17145 bytes)

 

a5ive.jpg (14241 bytes)
Il bimbo: è un 35enne che dimostra 14 anni per colpa della crudeltà di madre natura; ai fini della band serve solo a creare quell'alone di tenerezza che le donne amano tanto.

 

L'inutile: non canta, non balla, fa solamente presenza. Nessuno è mai riuscito a capire cosa ci faccia sul palco.

 

Dopo questa breve parentesi, è ora d'uopo soffermarsi sul dato storico. E' difficile datare la prima apparizione di questo fenomeno sulla terra, ma alcuni archeologi hanno trovato presso Liverpool tracce fossili di un possibile antenato delle Boyband: i Beatles. Infatti, i primi fenomeni di isteria femminile per un gruppo di baldi giovanotti, armati di chitarra e microfono, risalgono proprio ai primi anni '60, periodo in cui i 4 scaraffoni si esibivano. Ma le analogie con le band di adesso si fermano qua. La scintilla si accende negli anni '80, con gruppi come gli Aha-Aha, i Duran Duran e i New Kids on the Block, anche se tra questi esistono enormi differenze ( in effetti paragonare i Duran con i New Kids risulta mooolto difficile); è l'anarchia, milioni di ragazzine cominciano a sognare i visini efebici dei loro eroi, creando situazioni di dubbio gusto (pensiamo solo al film "Sposerò Simon Le Bon " (situazioni agghiaccianti).

E finalmente arriviamo al pezzo forte, la portata principale, ovvero i Take That! Come un ciclone devastarono il cuore di milioni di adolescenti brufolose e con apparecchio odontoiatrico annesso, e la penisola italiota non fu immune dalla suddetta pestilenza. Poi fortunatamente scomparvero, lasciando però dietro di se' una scia di emuli più o meno riusciti, che ancora oggi infestano l'etere musicale e televisivo: Backstreet Boys, East 17, Five (che fantasia!), N'sync, Ultra e sarcazzocenesonotroppeaiutostosclerando.

Purtroppo non c'è Vape o Autan che regga, non si può fermarli, tutti, prima o poi, cadiamo nell'errore di dire "non sono poi così male! In fin dei conti la loro musica è orecchiabile!". Questa frase è il punto di non ritorno verso la musica inesistente, fatta di jingle che sembrano usciti da una pubblicità di deodoranti.

Meditate gente, meditate.

 

Matteo Brandi

 

 

Mappa del Sito
Home